Storia della pubblicità PDF

Title Storia della pubblicità
Course Linguaggi della pubblicità
Institution Libera Università di Lingue e Comunicazione IULM
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Linguaggi e strategie della comunicazione pubblicitaria

Libro: storia della pubblicità

1. I pionieri della persuasione Le origini dell’advertising La pubblicità esiste da quando hanno iniziato a esserci dei beni da vendere e un mezzo per poterli promuovere e ha certamente compiuto un balzo in avanti con la comparsa della stampa (Gutenberg nel 1447). Importante fu Renaudot, le sue riflessioni riguardanti i poveri di Parigi lo condussero a creare quello che lui definì un ufficio di collocamento e una bacheca di offerte per i disoccupati. Tale istituto divenne presto un punto di riferimento per chi cercava e offriva lavoro o per chi comprava e vendeva merci. Nel 1631 creò il primo giornale francese che chiamò Le Gazette e di conseguenza divenne il primo giornalista francese e l'inventore della pubblicità legata alla ricerca del personale. Nel Regno Unito il primo agente pubblicitario fu Tayler che aprì un ufficio e operò come rappresentante di vendita e pubblicitario per stampatori. In ogni caso, la maggior parte delle storie riguardanti la pubblicità comincia più tardi, a metà del 19º secolo. L'advertising è andato di pari passo con la rivoluzione industriale, Grazie ai progressi tecnologici i beni di consumo potevano essere prodotti e imballati in una scala prima immaginabile. Questo incoraggiò i fabbricanti a cercare mercati più lontani e, per far splendere il nome del loro prodotto, cominciarono a pubblicizzarli. In Gran Bretagna uno dei clienti più importanti al tempo era la A&F Pears, produttrice del Sapone Pears. Il successo dell'azienda fu assicurato dal pioniere nella pubblicità Thomas Barrett. Egli convinse il famoso artista Everett a vendergli un quadro raffigurante un ragazzino che guardava ammirato delle bolle di sapone. Non contento lo persuase a inserire una saponetta Pears nella scena. “Bubbles” divenne una delle prime icone dell'advertising e condusse a una campagna pubblicitaria di grande successo. Promuovendo i propri prodotti al pubblico, i produttori furono in grado di far lievitare enormemente le vendite. Nel frattempo, la stessa tecnologia che aveva spinto la rivoluzione industriale stava rinnovando il settore della stampa, rendendo i quotidiani più economici da produrre ed acquistare. Per la prima volta, i pubblicitari avevano una stampa da circolazione di massa attraverso la quale promuovere le proprie merci. In Francia vi era un altro veicolo pubblicitario, i manifesti o poster che approfittarono dello sviluppo della litografia, che permetteva colori più ricchi e lotti di stampa più ampi. In America la pubblicità era cominciata in modo più turbolento. Tra le prime merci pubblicizzate su scala nazionale ci furono i preparati farmaceutici. Questi furono i primi prodotti a mirare direttamente al cliente finale tramite campagne pubblicitarie vivide e psicologicamente intelligenti, le prime a mostrare, nel bene o nel male, il potere latente dell’advertising. Le prime agenzie pubblicitarie Si ritiene che negli Stati Uniti la prima agenzia pubblicitaria sia stata aperta da Palmer nel 1842. Le prime agenzie lavoravano per i giornali piuttosto che per le aziende inserzioniste. Agivano come intermediari, vendendo spazi e ricevendo commissioni sulle tariffe. Significava che le prime agenzie non avevano nulla che fare con la creazione della pubblicità. Un personaggio che sommosse nel settore fu George Rowell, un agente pubblicitario di Boston. Egli aveva stilato un elenco contenente le tariffe degli annunci pubblicitari di ogni giornale, la sua maggior fonte di profitto proveniva dall'acquisto in blocco di spazi pubblicitari e dalla loro successiva rivendita in piccoli pezzi. Nel 1869 pubblicò la prima rassegna sui mass media: una guida che includeva dati sulla loro circolazione e tariffe degli annunci pubblicitari. I primi creativi a emergere furono i copywriter indipendenti. Il più influente tra loro fu John Powers descritto come “il padre della pubblicità creativa”. Il suo successo ispirò un altro copywriter degno di nota, Bates, che arrivò a fondare una sua agenzia. Egli diventò anche il primo critico pubblicitario professionista. Una figura centrale in questo processo di sviluppo fu un uomo chiamato Ernest Calkins, che cominciò come copywriter e finì a creare degli annunci lontano dei clienti e vicino alle agenzie. Assunto da Bates tentò di inserire negli annunci immagini che colpissero il cliente e rimanessero impresse nella sua mente. Bates però non lo lasciò fare e quindi fondò una sua agenzia insieme a Holden, disegnando gli annunci per i clienti piuttosto che scriverli. 1

Negli Stati Uniti iniziò a emergere una nuova generazione di illustratori, che lavoravano partendo da una base commerciale. Le immagini che creavano erano accattivanti ed accessibili mentre l'advertising avevo un impatto di grande portata sulla cultura popolare (es. campagne della Arrow Collars&Shirts) le illustrazioni ebbero un impatto sugli acquirenti a un livello che nessuno avrebbe osato immaginare. Anche i copywriter si evolvono con uno stile più politico e d’atmosfera. Nell’agenzia Lord&Thomas di Chicago Lasker aveva intuito una scuola di copywriting con Kennedy, il suo metodo combinava la prosa chiara con delle evidenti eccentricità tipografiche, che prevedevano un’ampia libertà nell'uso di maiuscole e corsivo. Secondo Hopkins l'unico scopo della pubblicità è quello di vendere, credeva nella ricerca prima e dopo l'acquisto da parte del consumatore. L'essenza dell'approccio Hopkins era che per ogni prodotto bisognava trovare un fattore unico che lo differenziasse dei suoi concorrenti. Un copywriter fa un buon lavoro solo se conosce bene il prodotto, i suoi benefici e potenziali. Sebbene Hopkins fosse un genio dell'advertising, per il resto della sua carriera avrebbe sempre fatto riferimento al suo capo: Albert Devis Lasker. La maggior parte degli storici è concorde nel sostenere che Albert Lasker sia il vero padre dell'advertising moderno. Egli iniziò a cambiare il modo di fare business nell’advertising: mentre la maggior parte delle aziende aveva ancora solo due copywriter, Lasker creo un ufficio con dieci. Controllo con precisione l'efficacia delle campagne dell'azienda, studiando le curve di vendita dei clienti rispetto ai collegamenti degli annunci.

2. Dalla propaganda alle saponette Con lo scoppiare della Prima Guerra Mondiale, l’advertising fu usato per attrarre volontari. Il ministro della guerra apparve su un manifesto che sollecitava i giovani a unirsi all’armata della patria, con uno sguardo d'acciaio e il dito puntato. A causa della prima guerra mondiale la società da entrambi i lati dell'Atlantico era stata sconvolta e disgregata: questo non significava però che l'advertising fosse stato frenato. Negli Stati Uniti l’agenzia che si affermò fino a dominare un'intera epoca fu la James Walter Thompson. Thompson fu assunto da una piccola agenzia pubblicitaria ancora coinvolta nell’attività di collocare annunci su quotidiani e riviste. Furono quest’ultime ad interessare Thompson che cominciò a specializzarsi nell'advertising per riviste e, dieci anni dopo essere entrato in agenzia, la rivelò e affisse il suo nome alla porta. Assunse il suo staff con il preciso intento di soddisfare i bisogni dei suoi clienti, creando il ruolo di account executive. Questa fu la prima moderna agenzia pubblicitaria. Helen Lansdowne venne ingaggiata come copywriter e fu la prima donna ad avere un forte impatto su un settore che rimane tuttora dominato dagli uomini. Stanley Resor prende le redini dell’agenzia nel 1916. Il suo stile era destinato ad un’audience facoltosa e istruita. Assunse inoltre ricercatori e psicologi. L’unione tra le capacità amministrative di Stanley e il genio creativo di Helen rese JWT l’agenzia pubblicitaria di maggior successo fino a quel momento. Bruce Barton divenne il pubblicitario più famoso dei suoi tempi. Figlio di un ministro della chiesa, consigliava ai suoi clienti di mettersi in contano con l’anima delle proprie aziende prima di comunicare con il pubblico. Fu coinvolto nella creazione di slogan per la prima guerra mondali e fu così che conobbe i pubblicitari Osborn e Durstine, che lo invitarono successivamente a unirsi alla loro azienda. Batten aveva dato vita a un’agenzia individuale alla fine del XIX secolo, includendo il servizio di tipografia dato che credeva nell’uso di caratteri semplici e omogenei per attrarre il lettore. Gli anni ’20 furono un'età dell'oro per l’advertising: i brand erano definitivamente entrati nella coscienza della società; le grandi aziende stavano diventando globali e vi fu un rafforzamento nel settore del tabacco. Dopo la crisi del ’29 le agenzie pubblicitarie predicare ottimismo, la vendita “aggressiva” divenne ancora di più e la pubblicità comincio a fare più spesso riferimento al sesso. La Young&Rubicam però riuscì ad approfittare della depressione, con nuove tecniche che avrebbero avuto un impatto di lunga durata sull'intero settore. Il loro mantra era “idee basate sui fatti” e il pubblicitario doveva saperne più del concorrente, e mettere questa conoscenza a disposizione di creativi. Gli annunci ideali erano quelli riguardanti qualità, vanità e sex appeal. La formula vincente di idee creative basate sulla ricerca era impermeabile alla guerra e alla recessione. Negli anni ’30 la pubblicità su manifesto aveva raggiunto un livello artistico grazie a Jack Beddington, che commissionando rivestimenti per dei camion da rifornimento della Shell trasformarono la flotta in una vera e propria galleria d'arte mobile.

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Alcuni dei lavori più innovativi in quel campo furono opera di Getchell, influente figura negli anni ’30. Aprì la sua agenzia nel 1931 e il suo metodo consisteva nell'assumere i fotografi più talentuosi e nel creare annunci intorno alle loro immagini. La sua pubblicità più famosa fu quella del 1932 per il lancio della Chrysler. La fotografia comunque non era l'unica evoluzione tecnologica. Negli Stati Uniti la radio fu un business commerciale quasi dall’inizio. Il nome leader nella radio fu Frank Hummert, creatore delle soap operas. Decise di sperimentare un'evoluzione delle storie a puntate che apparivano sui giornali (serial dramas). Grazie alle radio Hummert era l'uomo più ricco del mondo pubblicitario. Nella Seconda Guerra Mondiale le agenzie pubblicitarie, oltre ad essere coinvolte con l'obiettivo di sollevare il morale, si affannarono nel dare l'impressione che i brand fossero nel cuore del conflitto (Cadillac e Guinness). Nel Regno Unito la voce del governo risuonava attraverso la pubblicità. Gli slogan in territorio britannico riguardavano le preoccupazioni riguardo lo spionaggio e il bisogno di coltivare ortaggi per i cittadini. La guerra fu la dimostrazione del potere della pubblicità moderna. L'advertising venne utilizzato come mezzo di comunicazione e per spingere la gente a fare le cose volontariamente piuttosto che costringerle.

3. L’aristocrazia di Madison Avenue Madison Avenue fu la dimora non ufficiale delle business dell'advertising fin da prima della Seconda Guerra Mondiale e, così come oggi, simboleggia il settore pubblicitario statunitense. Negli anni ’50 l'advertising era considerato una professione alla moda. Durante questo periodo si formò un'intera mitologia intorno alle business della pubblicità. David Ogilvy giocò un ruolo importante nella creazione del suo stesso mito che spesso è difficile dire dove finisca la verità dove cominci la leggenda. Secondo lui l'advertising era semplicemente una sofisticata forma di vendita. Il suo stile pubblicitario fu una sintesi di tutto ciò che era stato provato prima: la scienza di Hopkins, la sofisticatezza della dellaJWT di Stanley Resor e la creatività basata sulla ricerca di Young&Rubicam. Trovò lavoro presso il ricercatore Gallup e dopo un periodo passato in campagna, coltivando tabacco, ritornò all’advertising. Si rese riconoscibile come persona e come creativo. Due delle campagne che lo resero famoso erano basate sul concetto di creazione di un brand tramite la personalità. La prima fu “L’uomo in camicia Hathaway”: Ogilvy fu ingaggiato da una piccola azienda di abbigliamento per creare una campagna su scala nazionale per una linea di camice. Adottava un approccio efficiente e strategicamente coerente nel comprare spazi pubblicitari e negli annunci venivano pubblicati solo sulla rivista New Yorker. Bastava la fotografia di un uomo senza nemmeno il nome del prodotto perché i lettori compravano un’immagine, non una proposta di vita. La seconda fu per l'acqua tonica “Schweppers” e Ogilvy ripeté lo stesso processo: la figura dell'appeal nautico catturò l'immaginazione del pubblico e comportò un significativo aumento delle vendite. Era un eccellente copywriter che dava peso alle immagini e al testo. Il testo era semplice, immediato, diretto il più accessibile possibile. Non gli piacevano le pubblicità che vendevano il creativo più del prodotto, piuttosto che trasformare l'advertising in una forma d'arte cerco di elevare il suo status professionale. Ogilvy giocava sul suo look e per lui era importante conoscere il più possibile l'azienda per cui si lavorava. Parlò spesso della necessità di fare una riforma dell’advertising. Ernest Dichter fu il padre della ricerca motivazionale, alla fine degli anni ’30, studiando gli atteggiamenti dei consumatori e confronti dei prodotti. La McCann Erickson è stata la prima agenzia ad assumere degli psicologi come staff di ricerca, seguaci del total marketing, indirizzando l'agenzia verso discipline quali le relazioni pubbliche e la promozione delle vendite. Pose un'enfasi maggiore sulla psicologia dei consumatori e sulle motivazioni d’acquisto.

4. I rivoluzionari della creatività Bill Bernbach (anni ’50) era noto per aver sfidato le colossali agenzie che dominavano Madison Avenue sostenendo che i loro lavori erano diventati disonesti, noiosi, offensivi e folli. Criticò inoltre Reeves per le sue tattiche ripetitive e per aver ridotto il settore a “un unico misero annuncio”. Era un copywriter con una forte sensibilità visiva ma soprattutto una macchina sforna idee. Nel 1949 fondò la sua agenzia con un gruppetto di compagni, la Doyle Dane Bernbach, influenzato molto dall’agenzia William H Weintraub, nella quale aveva lavorato come copywriter insieme a Paul Rand. I due formarono il primo TEAM CREATIVO nella storia della pubblicità, dove copywriter e art director lavoravano sempre fianco a fianco piuttosto che in uffici separati.

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La Doyle Dane Bernbach sfornò una serie di immagini di grande impatto per la Ohrbach’s, tutte indirizzate a posizionare il brand come alta moda a prezzi accessibili con un testo spiritoso e immagini forti (“porta tua moglie e per pochi dollari ti sostituiremo una donna nuova”). Levy’s Bakery produceva pane ebraico e Bernbach suggerì di indirizzare la campagna a un pubblico non ebraico. Da qui la campagna “non dovete essere ebrei per amare Levy’s”. Pubblicità di Avis con il titolo “We try harder”. Tuttavia la campagna più famosa della DDB fu per la Volkswagen. Krone era più interessato al design che all’advertising, si focalizzata sulla bellezza sull'impatto dell’immagine mentre Koening forgiò le parole “Think small”. Bernbach vide la Volkswagen per quello che era: onesta, semplice, affidabile e diversa. E voleva che la pubblicità fosse lo stesso. Anche se fu difficile vendere auto tedesche dopo la Seconda Guerra Mondiale. George Lois, insieme a Bob Gage, Bill Taubin e Helmut Krone, era uno dei migliori art director al mondo. Ammirava lo stile semplice e d’impatto della DDB, diceva che era l’unica agenzia creativa al mondo. Lavorò per loro e Bernbach lo stimava molto, tanto da difenderlo e non farlo licenziare quando litigò con un cliente. Lois successivamente lasciò comunque la DDB aprendo una propria agenzia, la Papert Koenig Lois nel 1960. Per la prima volta un art director era alle redini di un’agenzia. Ebbe immediatamente successo, lavorando su campagne TV per la Peugeot e la Xerox. Se eri un art director con delle grandi idee potevi fare qualsiasi cosa. La TV significava semplicemente prendere una grande idea e metterla in movimento. Carl Ally abbandonò la PKL e nel 1962 aprì la propria agenzia appoggiandosi all’account Volvo e Hertz. Una delle donne più importanti nella storia dell’advertising fu Mary Wells, cofondatrice della Wells Rich Greene nel 1967. Mary considerava l’advertising televisivo come una forma di teatro. La sua carriera però ingranò davvero nel 1957, quando iniziò a lavorare per la DDB e restandoci per 7 anni. Riuscì ad aiutare una città che era stata testimone della sua ascesa: New York. La sua agenzia rese popolare un annuncio a cui nessun visitatore neanche oggi può sfuggire. Grazie al designer Milton Glaser presentarono una serie di poster, un logo “I love New York” con un cuore al posto della parola love. Alla fine degli anni ’80 la Wells iniziò a considerare l’idea di vendere e di dedicarsi ad altro così, dopo molte esitazioni, vendette la Wells Rich Greene alla BDDP (un’agenzia francese) nel 1990.

5. La scuola di Chicago La Leo Burnett Worldwide è sempre stata considerata un’agenzia solida, affidabile e non pretenziosa. Sotto il comando di Bernardin era un’agenzia globale, piuttosto che una compagnia con sede a Chicago e uffici in tutto il mondo. Burnett scoprì le grandi matite nere Alpha 245 grazie a suo padre e queste influenzarono tutta la sua carriera (brand identity). Ebbe la fortuna di lavorare con il celebre copywriter MacManus che gli insegnò il potere della verità, detta in modo semplice. Si spostò ad Indianapolis e trovò il primo impiego in agenzia presso la Homer McKee. Si trasferì a Chicago nel 1929 e, dopo aver lavorato un paio di anni in un'agenzia, decise di mettersi in proprio perché non sopportava gli annunci prodotti dalle agenzie di Chicago e sapeva di poter fare di meglio. Iniziò la sua attività nel 1935 basandosi sui valori della famiglia. Nel 1949 la sua agenzia venne contattata dalla P&G (Procter&Gamble) la più grande utilizzatrice di pubblicità negli Stati Uniti. I due però erano diametralmente opposti: la P&G non ripartiva il budget senza effettuare prima una ricerca, mentre Burnett aveva fondato la sua agenzia sul principio della creatività libera da vincoli. Nel corso degli anni la P&G ha comunque trasformato la Burnett in un'organizzazione di marketing più matura, incoraggiandola a basare la creatività su una solida base di ricerca. Sempre nel 1949 la Kellogg affido all'agenzia due brand e Burnett propose campagne televisive. Le idee dell'agenzia furono talmente convincenti che poco dopo la Kellogg’s gli affidò tutta la sua attività di advertising negli Stati Uniti e nel Canada. L'invenzione di maggior successo dell'agenzia fu però la Marlboro. Si misero in contatto con Burnett perché l'azienda voleva cambiare l'immagine delle sigarette, che erano considerate un brand per donne. In quegli anni però erano in vigore pesanti restrizioni per quanto riguardava le sigarette, i brand comunque trovarono vie alternative. Gli anni ’60 furono rosei per la Leo Burnett ma nel 1967, ormai settantenne, Leo capì che era giunto il momento di farsi da parte. Molte agenzie, alla fine degli anni ’60, traevano una grossa fetta del proprio fatturato dall’estero così la Leo Burnett Company si fuse con la London Press Exchange, un'agenzia con 23 uffici in tutto il mondo. Divenne la quinta più grande agenzia pubblicitaria al mondo.

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6. La scena inglese Nei primi anni ’60 avevano lottato per emergere delle ombre del decennio precedente ma quando le agenzie statunitensi come la Doyle Dane Bernbach aprirono i loro uffici a Londra, il loro approccio fu contaminato dalla sperimentazione che stava caratterizzando la musica, la moda e la fotografia. L'agenzia più famosa era la Collett Dickenson Pearce fondata da John Pearce e Ronnie Dickenson il 1 aprile del 1960. Crearono tantissimi annunci pubblicitari con sorprendenti metafore visive come quello delle sigarette Benson & Hedges “la felicità è un sigaro chiamato Hamlet” oppure quello della Fiat “fatte a mano da robot”. Nella sua agenzia portò con sé Colin Millward, che divenne il direttore creativo e creò immagini inconfondibili. La CDP fu una delle prime agenzie britanniche ad appaiare copywriter e art director. Alan Parker diede all'agenzia una struttura più omogenea inoltre capì che la CDP, per attrarre creativi di ta...


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