Storia Medievale appunti Plebani e Manuale FRANCO CARDINI, MARINA MONTESANO PDF

Title Storia Medievale appunti Plebani e Manuale FRANCO CARDINI, MARINA MONTESANO
Author francesca gaia pagano
Course Storia medievale
Institution Sapienza - Università di Roma
Pages 101
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Summary

L’impero romano iniziava a presentare gravi debolezze, che ne rendevano complessa la gestione. Uno dei motivi più gravi era rappresentata dall’estensione territoriale dell’impero, che rendeva difficile esercitare il potere centrale. Questa difficoltà si estendeva poi sul piano militare, per via dell...


Description

L’impero romano iniziava a presentare gravi debolezze, che ne rendevano complessa la gestione. Uno dei motivi più gravi era rappresentata dall’estensione territoriale dell’impero, che rendeva difficile esercitare il potere centrale. Questa difficoltà si estendeva poi sul piano militare, per via della lentezza dei mezzi di comunicazione, il che rendeva necessario che i governatori avessero nelle proprie province ampio spazio d’autonomia. In tal modo però questi personaggi venivano a disporre di forze tali che essi stessi potevano diventare una minaccia per la stabilità dell’impero non appena il potere centrale fosse entrato in crisi. Lo stato romano aveva un altro punto debole, ovvero la successione imperiale: molti erano gli imperatori elet dal popolo, dal senato o dai pretoriani, e pochi erano coloro che riuscivano a susseguirsi per linea dinastica per più di tre generazioni. Il periodo compreso fra la morte di Settimo Severo e l’ascesa al trono di Diocleziano, ossia dal 211 al 284, è noto come “crisi del III secolo”. Si trattò di un periodo di grave instabilità politica dove si ebbero più di venticinque imperatori elet, talvolta contemporaneamente, e a questo va aggiunto al gran numero di usurpatori. L’impero era sempre a rischio di disgregazione dato che l’esercito era sempre più impegnato a sanare le guerre civili. Fra l’età repubblicana ed il primo impero, l’espansionismo romano si era autoalimentato grazie alle guerre vittoriose che fruttavano enormi ricchezze. Però questo meccanismo andò a fallire nel I secolo d.C. quando vennero a mancare obietvi appetibili, poiché a sud il territorio imperiale confinava con il deserto del Sahara e a nord con le foreste della Germania. Lo stesso problema si pose quando Traiano occupò la Dacia (attuale Romania) ed il nord del Danubio. In Medio Oriente si era inoltre andata ad affermare una nuova potenza che era l’impero persiano, costituitosi sotto la dinastia dei SASANIDI, che dominava su Iran ed Iraq. Nel 260 avevano infat sconfitto l’imperatore Valeriano in battaglia, dove quest’ultimo rimase ucciso. La crisi del III secolo dimostrò che era necessaria una riforma per l’impero, che venne attuata da Diocleziano che prese il potere con le armi nel 284 d.C. Egli riscrisse le regole della successione imperiale e del modo in cui governare lo stato: 1. Il territorio venne diviso nell’Occidente latino e nell’Oriente greco, ognuna delle quali avrebbe avuto un proprio imperatore con il titolo di augusto. I due augusti avrebbero poi eletto due viceimperatori, det cesari. Ogni vent’anni, gli augusti si sarebbero dimessi ed i cesari sarebbero divenuti i nuovi augusti e avrebbero a loro volta nominato dei nuovi cesari. L’impero venne così diviso fra Domiziano (Oriente ed Egitto) e Massimiano (Italia, Africa, Spagna), e con i cesari Galerio (Balcani) e Costanzo Cloro (Britannia, Gallia). La tetrarchia si rivelò efficace per la stabilità dell’impero e rese possibile agli augusti di celebrare i VICENNALIA, ossia i vent’anni di regno. Vennero create dodici circoscrizioni amministrative (le DIOCESI, tre per ogni tetrarchia) elette dai vicari e suddivise in 101 provincie. 2. Le due sedi imperiali vennero poste a Nicomedia in oriente e a Milano in occidente, abbandonando Roma che fu considerata troppo lontana dai confini. Questo aveva già manifestato i suoi esordi nel 212 quando Caracalla emanò la Constitutio Antoniana dove estendeva la cittadinanza a tut i cittadini liberi dell’impero, e questo aveva sottratto a Roma il ruolo politico dello Stato. Essa rimase ugualmente sede politica del Senato, la cui importanza era sempre più ridotta siccome la maggior parte delle decisioni venivano prese autonomamente dalla corte imperiale. 3. La corte imperiale venne modificata a livello gerarchico: l’imperatore era considerato come un dio, e soltanto un piccolo gruppo di funzionari chiamato concistoro poteva avvicinarlo e conferire con lui. La corte divenne il centro di tutte le decisioni importanti e da essa dipendeva il funzionamento dell’impero. Gli uomini che vi lavoravano divennero più numerosi e furono raggruppati in uffici con gerarchia di stampo militare e questo personale seguiva l’imperatore. La corte, soprattutto in oriente, era diventata l’unica vera sede del potere e gli uomini venivano chiamati a farne parte con criteri arbitrari, soppiantando il cursus honorum. Diocleziano riformò anche la anche l’amministrazione periferica cercando di limitare la concentrazione di potere nelle mani dei governatori locali, e di norma espressione della stessa aristocrazia senatoria. Le provincie raddoppiarono di numero, mentre al loro interno gli incarichi civili furono separati da quelli militari e questi ultimi furono affidati a nuovi ufficiali det conti. 4. L’esercito fu adattato alle nuove necessità difensive: una parte delle truppe fu destinata al presidio dei confini, i limitanei; in ogni provincia fu annesso un reparto mobile pronti ad intervenire in caso di sfondamento nemico, ovvero i comitanenses; infine esisteva una riserva strategica rappresentata dai

corpi di élite det Palatini, in gran parte formati dalla cavalleria pesante che operava agli ordini dell’imperatore; le legioni furono ridotte a unità più piccole di 500 legionari dette numeri. Divenne possibile sottrarsi all’arruolamento versando una tassa che avrebbe permesso di pagare un sostituto, e la maggior parte dei sostituti furono Barbari. 5. L’economia del regno di Diocleziano fu ristagnante, poiché caratterizzata da una forte inflazione, causata dall’alta demografia dell’impero, che a causa dei mezzi a disposizione, non poteva essere calcolata e quindi non poteva essere studiata e risolta dall’imperatore. Quest’ultimo per combattere l’inflazione mise in circolazione delle monete auree, il CONIO AUREO, strappando così i beni alle comunità cristiane, comunità all’epoca clandestine, essendo la cristianità non ancora considerata religione di stato, e quindi non accettata. 6. La maggior parte delle tasse pagate dai cittadini serviva a finanziare l’esercito. Le imposte venivano riscosse in ragione del numero di contadini presenti in una determinata legione ( CAPITATIO) e sulla quantità di terra che essi lavoravano (IUGATIO). Molti coloni e piccoli proprietari dovettero dunque porsi sotto la protezione (patronato) dei latifondisti i quali tutelavano gli abusi di obbedienza e ossequio. Le legislazioni di Domiziano portarono al seguente cambiamento sociale ed economico: 







In campo economico e fiscale ci furono dei cambiamenti a causa del diffondersi del cristianesimo che portò a un trattamento degli schiavi più umano e più dispendioso. La sostituzione degli schiavi con la manodopera libera implicò una radicale polarizzazione della società tardo romana. Nel basso impero le differenze sociali già acute in precedenza, divennero abissali: poche centinaia di famiglie potentissime, riunite in due senati a Costantinopoli e a Roma erano dotate di contat con la corte imperiale e spadroneggiavano su tutta la romanità. I proprietari fondiari rappresentavano il 10% della popolazione e costituivano un gruppo chiuso: essi soli erano in grado di far studiare i figli e di far apprendere loro la cultura letteraria classica. In tal modo, si esprimevano in un latino dotto e datato, molto diverso dalla lingua parlata dalla maggior parte della popolazione. I potenti avevano il pieno controllo dell’apparato amministrativo dello Stato, che utilizzavano spietatamente per difendere la propria superiorità sociale. In particolare, per mantenere i margini di guadagno nonostante il diradarsi della manodopera schiava, i grandi proprietari terrieri e gli imprenditori manifatturieri dovettero imporre una dura politica di limitazione dei salari. La polarizzazione sociale era particolarmente evidente nelle campagne. La maggior parte della popolazione contadina era così costituita da coloni, ossia affittuari delle terre che dovevano corrispondere un profitto ai proprietari per i beni che lavoravano. Il peggioramento delle condizioni degli agricoltori portò ad una serie di rivolte in cui la protesta antifiscale e l’ostilità verso i grandi proprietari si mischiavano talvolta a rivendicazioni di autonomia su base entica o ideologie religiose. Fra i grandi movimenti rivoluzionari dell’epoca vanno ricordati i CIRCUMCELLIONI, (ossia gli abitanti delle celle, le abitazioni contatine), che scosse l’Africa nord-occidentale degli anni quaranta agli anni sessanta del IV secolo, e quello dei bacaudi o bagaudi, (termine celtico che significa, “gruppo di combattenti”) atvi in Gallia fra il 283 ed il 286. All’omogeneità dell’impero si sostituì un panorama complesso, in cui alla prosperità di alcune regioni faceva riscontro la crisi di altre. Lungo questi assi commerciali, sovvenzionati dallo Stato, si muovevano però anche altri tipi di merci: partendo dai grandi porti di Cartagine e di Alessandria, olio, vino e ceramiche dell’Africa occidentale e tessuti egiziani invasero i mercati di tutto l’impero. Soffrivano invece le regioni europee, con l’eccezione delle zone di confine, dove la presenza dell’esercito generava una domanda e dei consumi a sé stanti. L’Italia, in particolare, perse la sua centralità economica già dal III secolo ed entrò in una lunga epoca di stagnazione. Soltanto l’immensa metropoli di Roma continuava a prosperare grazie agli aiuti statali, che garantivano forniture di pane gratuite a tutta la popolazione. Anche la separazione politica fra le due metà dell’impero contribuì alla frammentazione economica. Finché Roma aveva effetvamente dominato sul resto dell’impero, la bipartizione fra mondo latino e greco si era basata sulla supremazia del primo. La separazione amministrativa dell’Oriente e dell’Occidente mise in discussione questo stato di cose, limitando la sottrazione delle ricchezze che



tasse e tributi indirizzavano verso Roma, la divisione dell’impero permise infat una fioritura economica della parte orientale. In particolare il grano egiziano dirottato verso Costantinopoli. L’importante asse commerciale da Alessandria d’Egitto a Ostia venne di conseguenza ad inaridirsi. La separazione politica e linguistica divenne così anche economica. L’Italia per il peso del fisco venne parificata alle altre provincie Romane

Nel 305 Diocleziano lasciò il governo e a fare ciò fu costretto anche Massimiano, e nel 306 Costanzo Cloro muore, dopo il suo governo di a malapena un anno. Costanzo Cloro non aveva eletto alcun cesare, per questo motivo l’esercito assume come imperatore Costantino, figlio di Costanzo Cloro, ma reclama il suo trono Massimiano. Diocleziano viene chiamato nuovamente in carica per riassettare l’impero, ma rifiuta per portar coerenza alle sue decisioni. Galerio muore nel 311, lasciando la carica di augusto al suo cesare Licinio. Le tensioni di governo sfociarono nella battaglia di Ponte Milvio, - in realtà svoltasi nella zona di Saxa Rubra-, dove Costantino ha la meglio sulle truppe di Massenzio, e quest’ultimo muore in battaglia annegato nelle acque del Tevere. Si dice che nella battaglia di Ponte Milvio, Costantino abbia avuto la visione della croce. Costantino e Licinio legano inoltre un legame di parentela e un legame politico molto forte. Costantino, inizia ad apportare delle modifiche in ambito politico- territoriale, spostando la capitale a Milano, per poter controllare al meglio il confine settentrionale. Nel 313 l’imperatore Costantino assieme a Licinio, emanò a Milano un editto, rendendo la religione cristiana RELIGIO LIGITA, ma non religione di stato. Dopo ciò Costantino restituì le proprietà acquistate ed ottenute dopo la persecuzione di Diocleziano ai cristiani. Nell’editto stabilisce che i pagani erano costret a risarcire i beni dei cristiani e di avere da parte dello stato un risarcimento a loro volta, così avvenne lo spoglio dei templi pagani. Costantino infat comprese che i cristiani potevano fornire un forte appoggio politico e che la loro fede rappresentava un valido collante per una società sempre più divisa, per cui non mancò di dimostrare il suo appoggio con grandi donazioni di terre ai suoi rappresentati, che si andavano organizzando in provincie ecclesiastiche (diocesi) a capo di ognuna delle quali si trovava un vescovo. Con l’eccezione di Giuliano, per questo soprannominato l’Apostata, tut i successori di Costantino furono battezzati. Il cristianesimo si affermò come religione più importante e questa situazione fu sancita poi ufficialmente da Teodosio I, che nel 380 emanò l’Editto di Tessalonica. Con esso la fede cristiana divenne religione ufficiale dell’impero, mentre i culti tradizionali furono vietati o marginalizzati. Per molti intellettuali come sant’Agostino da Ipponia, l’incontro fra Vangelo e impero fu occasione di tormentose riflessioni e a cavallo fra il IV ed il V secolo, i cristiani cominciarono a contrastare con violenza i non credenti e vi furono aggressioni e omicidi ai danni di ebrei, pagani ed intellettuali (celebre il caso di Ipazia assassinata nel 415). Altri invece lo rifiutarono radicalmente e si radicarono in un’esistenza di riflessione e preghiera dando vita al fenomeno del monachesimo latino. Nella maggior parte dei casi l’alleanza fra la Chiesa ed il potere politico funzionò: le conversioni alla nuova religione furono più numerose. In seno alla comunità andavano poi a distinguersi i laici dal clero che amministrava i sacramenti e si distanziava dagli altri fedeli perché tenuti alla castità e al celibato. I sacerdoti venivano sorvegliati e governati dai vescovi. Questi ultimi si insediarono nelle città romane e di fatto le circoscrizioni ecclesiastiche (diocesi) vennero a coincidere con quelle civili. Grazie alle grandi donazioni degli imperatori e dei laici devoti, le chiese episcopali erano sempre più ricche e prestigiose e godevano di ampio consenso. I vescovi, che non di rado provenivano da famiglie dell’aristocrazia imperiale, assunsero dunque un ruolo sociale sempre più importante e spesso affiancavano gli ufficiali pubblici nell’amministrazione della giustizia e nel governo delle città e dei loro territori. Costantino bramava però l’unicità della carica imperiale, così iniziarono delle lotte per il potere tra Costantino e Licinio, ma seppur quest’ultimo avesse perso tutte le sue battaglie egli sopravvisse e pregò Costantino di risparmiare lui la vita, concedendogli il suo potere in oriente e proponendo un

esilio volontario a Tessalonica. Costantino accettò la clausola ma comunque fece uccidere Licinio a Tessalonica. Divenuto imperatore, Costantino, detentore del potere temporale, convoca il Concilio di Nicea, primo concilio ecumenico, con il quale intendeva ristabilire la pace religiosa e raggiungere l’unità dogmatica, minata su varie dispute, in particolare l’arianesimo. Il suo intento era anche politico, dal momento che se tali dispute non fossero state risolte avrebbero dato un ulteriore impulso centrifugo all’impero nel momento in cui esso si trovava in una fase di disgregazione. Il concilio ebbe inizio il 20 maggio del 325, e data la posizione geografica di Nicea, la maggior parte dei vescovi partecipanti proveniva dalla parte orientale dell’impero. Presente al concilio era Silvestro I, vescovo di Roma, e capo rappresentante della cristianità. Questa è anche la prima occasione in cui papa ed imperatore appaiono sulla scena politica. Il vescovo di Roma non aveva ancora così tanto potere poiché rappresentava solamente il capo della chiesa, senza avere ancora nessun potere legislativo sulla comunità. Le questioni trattate al concilio di Nicea furono le seguenti: 1) QUESTIONE CRISTOLOGICA: La controversia ariana scoppiò ad Alessandria d’Egitto fra i seguaci di Ario ed i seguaci di Alessandro, vescovo di Alessandria, in un periodo in cui la dottrina della Trinità non aveva ancora preso una forma definitiva, cioè composto della stessa sostanza (nel senso aristotelico del termine). Gli ariani, sostenevano che Padre e Figlio fossero due distinti esseri divini: in particolare il Figlio, pur essendo perfetto come creatura era stato comunque creato dal Padre. Gli ariani dicevano che i due concet erano la stessa cosa, i seguaci di Alessandro, no. In effet, molti dei termini usati nel concilio di Nicea erano abbastanza oscuri per coloro che non parlavano greco; le parole del greco ellenistico ουσία (essenza), προσωπον (persona), φυσις (natura), contenevano una varietà di significati che creavano incomprensione se non adeguatamente spiegati. In particolare la parola hoomusion (della stessa essenza) che venne approssimativamente tradotta nel latino del credo come consustantialem, fu accolta poco convintamente dai padri conciliari, per la sua vicinanza formale ai temi propri degli gnostici, che ne facevano un uso abbondante nella loro teologia. In particolare il termine hoomusion era stato proibito dal Sinodo di Antiochia (264-268), per l’interpretazione sabelliana della Trinità, nota anche come monarchismo, (concezione politica che ritiene la monarchia la miglior forma di governo). I propugnatori dell’hoomusion credevano che seguire l’eresia ariana significasse spezzare l’unità della natura divina, e rendere il Figlio ineguale al Padre, in palese contrasto con le scritture ( G.V 10,30). Gli ariani, dal canto loro, credevano che, siccome il Padre ha creato il Figlio, il Figlio deve essere, meno del Padre, in quanto il Padre è eterno, ma il Figlio è stato creato dopo di lui e quindi non è eterno. I fautori dell’ hoomusion rispondevano dicendo che la paternità di Dio, come tut i suoi attributi è eterna: il Padre è sempre stato Padre, e quindi il Figlio è sempre stato Figlio, indipendentemente dalla sua incarnazione avvenuta in un preciso momento della Storia. Perciò, il Figlio non è una creatura, pur superiore, elevata a uno status divino, né è un essere divino “inferiore”. Egli partecipa nella natura divina in misura uguale al Padre. Il concilio decretò il trionfo dell’hoomusion cioè che Padre e Figlio sono della stessa sostanza e sono co-eterni: i padri conciliari basarono questa dichiarazione sull’autorità apostolica e sulla tradizione cristiana. La formulazione finale di questo dogma si ritrova nel credo niceno. 2) QUESTIONE BARBARICA: conversione dei barbari al cristianesimo.

1.Il vescovo Atanasio= Atanasio di Alessandria 2. Solo nel VII secolo i Longobardi non considerano più la condanna per arianesimo.

L’Occidente per Costantino non è più difendibile, solo la parte orientale è per lui importante e da consolidare con la presenza dell’imperatore. Dopo Nicea, sceglie come capitale una città legata al passato, Nicomedia, che era sul versante europeo, nel Bosforo, naturalmente difesa dal mare. Costantinopoli

divenne capitale dell’impero, dove Costantino si traferì con il ceto senatorio, che aderisce alla religione cristiana, quindi si va a formare un nuovo senato. In tutto ciò Roma viene marginalizzata, e Costantino muore nel 337 senza stipulare alcuna successione. In punto di morte Costantino si fa battezzare da un sacerdote ariano. L’impero lasciato da Costantino è un impero caratterizzato ancora da una forte inflazione poiché veniva utilizzato un sistema monetario aureo, il solidus aureo, con monete create dalle riserve auree dell’impero. Ed inoltre era caratterizzato da una poca efficienza delle milizie, poiché Costantino non arruolò nuovi soldati, ma creò per sé un corpo numeroso di guardie personali, ingigantendo così la sua figura di imperatore. Inoltre ci furono nei cambiamenti nell’impero anche per quanto riguarda la società e la quotidianità: cambiò il modo di vestire subito dopo l’editto di Caracalla, che estendeva a tut la cittadinanza romana, che causò la scomparsa dell’uso della toga, e che portò ad utilizzare al suo posto una tunica, con le maniche strette, che scendeva sino alle ginocchia. Si mandò avanti l’utilizzo della camicia, ( camisia), un capo di lino leggero e aderente, mentre le gambe erano protette da una novità portata dai germani ovvero i pantaloni (brachae). Sopra si ci poteva ricoprire con mantelli di vario tipo. Ai piedi venivano portate le tradizionali caligae e le zanchae, ovvero gli stivali, importati dalla persia. Con la fondazione di Costantinopoli si sostituì all’uso del papiro, l’uso della pergamena, ricavata dalla pelle conciata delle pecore. Questa era molto più robusta, ma anche pens...


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