Storia Moderna Manuale Criscuolo, pt 1 PDF

Title Storia Moderna Manuale Criscuolo, pt 1
Author Virginia Gandini
Course Storia
Institution Università degli Studi di Milano
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Riassunto del Manuale di Storia moderna pt. 1 (cap 1-15)...


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CAP. 1 ECLISSI DELLA MODERNITÀ 1.1I LIMITI DELL’ETÀ MODERNA Le Goff si interroga sull’utilità e sulla legittimità delle periodizzazioni soffermandosi sulla frattura fra Medioevo e Rinascimento dalla quale convenzionalmente si fa cominciare l’età moderna. La parola periodizzazione indica una suddivisione del processo storico in epoche che si ritiene di poter distinguere per le loro caratteristiche, sulla base di una concezione generale della storia o rispetto alle trasformazioni che hanno prodotto in un ambito specifico. Nessuna periodizzazione è mai neutra, ognuna predispone sempre un’interpretazione, un punto di vista particolare che coglie alcuni aspetti dello svolgimento storico ma ne trascura altri. L’inizio della storia moderna viene fatto risalire convenzionalmente al 1942, anno della scoperta dell’America. Però più che a una data specifica il punto di partenza dell’età moderna (terminus a quo) deve essere ricondotto a un periodo tra metà Quattrocento e i primi del Cinquecento. Il problema del punto di arrivo (terminus ad quem) si è posto quando dal tronco della storia moderna si è staccata la storia contemporanea; al di là delle varie posizioni il passaggio dalla storia moderna alla storia contemporanea può essere posto fra la seconda metà del Settecento e i primi decenni dell’Ottocento. Bisogna considerare anche che lo stesso concetto di moderno ha subito una trasformazione che rendono più complicati i riferimenti a quella categoria; bisogna quindi porre un focus sul termine moderno. 1.2 MODERNO Il termine modernus comparve fra fine del V e inizio del VI secolo come derivazione del verbo modo, che significa “recentemente, or ora”. Quando comparve erano passati pochi decenni dal 476 d.C. e si era fatta strada la consapevolezza che il mondo antico era tramontato e nasceva l’esigenza di un termine per indicare l’attualità. Nella concezione cristiana poteva esserci un solo momento periodizzante, ossia la nascita di Cristo; da questa parte ancora oggi nella maggior parte dei paesi occidentali la misurazione del tempo. Furono gli umanisti che nel XV secolo manifestarono la convinzione della nascita di una nuova età, con la ripresa dei modelli dell’antichità (gretoromani), dopo un’età di mezzo che ne aveva deformato i valori. Nasce così la divisione tra storia antica, storia medievale e storia moderna. Il programma dell’umanesimo presupponeva un’idea di progresso ciclico, come rinascita della grandezza dell’epoca antica. Quindi il termine moderno aveva una connotazione positiva. “antico” ha ancora una connotazione positiva, a differenza di “vecchio”. Va sottolineata anche la differenza tra “moderno” e “nuovo”, quest’ultimo identifica un qualcosa che prima non c’era, di appena nato. Un ulteriore passo si fece nella disputa avvenuta tra fine Seicento e inizio Settecento tra antichi e moderni; il dibattito sancì l’affermazione della superiorità dei moderni. Nello stesso periodo si pongono le basi per una separazione definitiva tra storia sacra e storia profana. Era la premessa per l’affermazione dell’idea di progresso che dall’illuminismo assume un carattere lineare: fiducia nell’avanzamento illimitato della civiltà. In questa prospettiva il termine moderno assumeva una connotazione positiva in virtù del fatto che esso incarnava il nuovo rispetto al passato.

1.3 IL MITO DEL RINASCIMENTO Concetto di Rinascimento come alba della civiltà moderna (Burckhardt). Alla base di questa prospettiva c’era una fiducia nel progresso di una borghesia europea trionfante. Il progresso di cui era fiera la civiltà ottocentesca poteva anche essere respinto in nome della tradizione. Questa era la posizione di Pio IX. Si affermò anche, sempre nel corso dell’Ottocento, la parola “modernizzazione” come estensione, imposizione del modello europeo al resto del mondo. Il concetto di età moderna era l’espressione di un punto di vista laico incentrato sull’affermazione dell’individuo, che aveva rivendicato la capacità di costruirsi il proprio destino e conquistato la propria libertà contro il dogmatismo che lo aveva limitato. La borghesia europea trovava le proprie radici in questa svolta perché si era avviato il processo di formazione degli stati nazionali. L’idea di una nuova visione del mondo destinata a superare la mentalità medievale si espresse nella cultura dell’umanesimo.

1.4 L’INIZIO DELL’ETÀ CONTEMPORANEA Riguardo la Rivoluzione francese il “revisionismo storiografico” ha negato che essa abbia rappresentato la fine del sistema feudale e aperto la strada all’avvento della società borghese insistendo sugli elementi di continuità tra l’antico regime e la Francia rivoluzionaria e napoleonica. Non si può però negare la capacità periodizzante della rivoluzione francese che aprì a una nuova fase distruggendo le fasi della società tradizionale. Riguardo la rivoluzione industriale venne osservato che si estese agli altri paesi europei in ritardo senza provocare cambiamenti repentini. È anche vero che la struttura economico-sociale dell’Inghilterra ha conosciuto a partire dalla metà del Settecento dei mutamenti irreversibili. 1.5 NUOVI ORIENTAMENTI DELLA STORIOGRAFIA La periodizzazione tradizionale è sembrata sempre più inadeguata quando l’interesse della storiografia si è spostato dalle èlite culturali verso le classi subalterne e si è rivolto allo studio della società e dei comportamenti individuali. Punto di riferimento di questa direttrice è la rivista “Annales” fondata nel 1929 da Bloch e Febvre che si propone di studiare quei condizionamenti che permangono immutati per lungo tempo. Si è affermata la categoria della longue durèe, che ha focalizzato l’attenzione dello storico sui fenomeni che conoscono un’evoluzione lentissima rispetto alla quale sono poco significative le periodizzazioni che riguardano svolte o rotture. Ha agito nello stesso senso la storiografia d’ispirazione marxista che ha considerato l’avvento del modo di produzione capitalistico per effetto della rivoluzione industriale come il vero momento periodizzante nel corso della storia dopo il trapasso dall’economia schiavistica del mondo antico al sistema feudale del Medioevo. Effettivamente non è possibile individuare alcun significativo mutamento nell’arco di tempo che si considera come l’alba della civiltà moderna. Un altro motivo per voler superare la periodizzazione attuale è la prospettiva eurocentrica. Di fatto la periodizzazione è fortemente incentrata sulla cultura europea che ha creduto di lo incarnare lo sviluppo della civiltà. Oggi appare superato il pregiudizio e di qui l’aspirazione a una storia globale (world history).

Questo ampliamento è la naturale conseguenza della crisi del concetto stesso di modernizzazione, per il quale il modello del mondo occidentale avrebbe dovuto essere adottato necessariamente dai paesi “in via di sviluppo”. Oggi questa prospettiva viene rifiutata in nome di identità etniche, religiose e culturali che non si omologano alla civiltà d’Occidente. È stata importante anche la crisi dello stato nazionale che era stato uno dei cardini dell’affermazione della modernità nella storiografia ottocentesca. Soprattutto lo stato nazionale è stato considerato principale responsabile delle tragedie provocate dai totalitarismi del XX secolo. 1.6 POSTMODERNO Il movimento del modernismo in architettura ha privilegiato un modello di costruzione razionale e funzionale. A partire dagli anni sessanta del Novecento, la vena produttiva di questa stagione è parsa prossima a esaurirsi e si è affermata l’idea del postmodernismo, che nasce dalla constatazione del fallimento del tentativo modernista di dominare con scelte razionali il rapporto tra uomo e ambiente. Il concetto è stato definito da un libro di Lyotard del 1978. Elementi centrali della postmodernità sono il rifiuto delle concezioni generali del mondo e della storia e la sfiducia nella possibilità di un’interpretazione razionale e unitaria di una realtà complessa e mutevole. 1.7 UN MONDO SENZA FUTURO Il postmodernismo non è tale perché viene dopo il moderno o perché lo supera: nell’età postmoderna cadde definitivamente il concetto di progresso che era stato il fondamento della modernità. Di qui la critica a ogni ideologia che presuppone l’avvento di un futuro promesso come necessariamente migliore del presente. La precarietà con la quale ci rapportiamo oggi al concetto di moderno non può non riflettersi sulla considerazione dell’età moderna. Questo mutamento di prospettiva condiziona il nostro rapporto con il passato. Appaiono oggi più evidenti alla coscienza contemporanea i costi della modernità, alla quale guardiamo senza proiettarla necessariamente verso uno sviluppo futuro che non siamo più in grado di immaginare. Questo cambiamento di prospettiva nel modo di concepite l’uomo e il suo rapporto con la natura, comportò per le generazioni che ne furono protagoniste una responsabilità nuova. D’altra parte il consolidamento dei poteri politici e religiosi comportò un aumento della regolamentazione e dei controlli, tanto che molti storici hanno considerato il disciplinamento delle azioni e delle convinzioni individuali. 1.8 PERCHÈ FARE STORIA? Rimane la grande questione sulla funzione della storia nel mondo contemporaneo. Le difficoltà di concepire un futuro sembra essersi riflessa anche sulla considerazione del passato, che anche nella memoria esistenziale di ciascuno sembra essersi accorciato. Si interroga il passato per comprendere come è nato il mondo in cui si vive e attraverso quali vie è possibile renderlo migliore. Restiamo convinti del fatto che l’ignoranza del passato rappresenta uno dei problemi più gravi della società contemporanea.

CAP. 2 LA POPOLAZIONE 2.1 LA NASCITA DELLA DEMOGRAFIA

Nel 1721 Montesquieau nelle Lettres persanes esprimeva una convinzione diffusa ai suoi tempi in quanto in quegli anni era in atto una crescita della popolazione europea destinata a diventare notevole nel corso del secolo. Alcuni anni dopo Hume giudicò assurda la pretesa di formulare stime attendibili sulla popolazione delle epoche lontane. In quel periodo si era fatta strada nelle classi colte la consapevolezza che fosse necessario porre su basi più solide lo studio dei fenomeni relativi a popolazione e a economia. I primi passi in tal senso erano stati compiuti nel XVII secolo dalla scuola inglese dell’”aritmetica politica”, i principali esponenti della quale furono Graunt che nel 1662 analizzò i bollettini della mortalità, e Petty che studiò la composizione della popolazione di Londra e Dublino. Fu per la prima volta in Germania che si utilizzò il termine statistik nel Settecento. Nel 1741 nell’opera di Sussmilch dimostrò la possibilità di ricavare leggi di carattere generale dall’osservazione dei fenomeni demografici. Così gli studi sulla popolazione cominciarono a distinguersi nell’ambito della scienza statistica, come una campo autonomo che prende il nome di demografia, usato per la prima volta da Guillard nel 1855. Nel 1798 comparve l’opera di Malthus che formulò il problema del rapporto fra popolazione e mezzi di sussistenza La popolazione in condizioni naturali si accresce secondo una progressione geometrica mentre le risorse aumentano secondo una progressione aritmetica; questo squilibrio è corretto periodicamente dai freni naturali (guerre, carestie…) Nell’analisi la miseria delle classi inferiori era la conseguenza di questa asimmetria fra crescita della popolazione e sviluppo dei mezzi di sussistenza; egli riteneva che fosse possibile attenuare gli effetti di questa legge naturale solo attraverso freni morali o preventivi all’aumento demografico (castità o matrimoni tardivi). Mentre giudicava dannose le misure di carattere assistenziale che miglioravano la condizione dei poveri portando all’incentivo della natalità. Malthus espresse questa concezione pessimistica nel momento in cui erano già in atto profonde trasformazioni che avrebbero accresciuto la disponibilità dei mezzi di sussistenza. Alla fine del Settecento si realizzarono le condizioni per un cambiamento nella disponibilità di fonti per lo studio della popolazione. Nella seconda metà del secolo i tentativi di rendere più efficiente la pubblica amministrazione portarono a rilevazioni più precise. Importanti furono il censimento in Spagna del 1787 e quello degli Stati Uniti del 1790. La svolta si determinò durante la rivoluzione francese quando l’Assemblea nazionale costituente rivendicò allo Stato il compito di registrare nascite, matrimoni e morti per mezzo di uffici pubblici, principio attuato dalla legge del 20 settembre 1792 che istituì lo stato civile gestito dalle municipalità esteso poi a tutti i paesi occupati dalle armate rivoluzionarie e napoleoniche. Nei primi anni dell’Ottocento tutti gli stati europei organizzarono appositi uffici incaricati di raccogliere le informazioni relative alla popolazione e all’economia. In Italia i censimenti sono partiti dopo l’unificazione del 1861 e sono proseguiti con cadenza decennale, la raccolta quindi ha prodotto effetti solo a partire dalla seconda metà dell’Ottocento. Poiché l’età moderna rientra nell’epoca “prestatistica” bisogna ripercorrere le principali tipologie di fonti disponibili in quel periodo. 2.2 FONTI E METODI DELLA DEMOGRAFIA STORICA

Lo storico deve conoscere approssimativamente il numero degli individui che vivevano all’epoca considerata sul territorio oggetto della ricerca. Il primo compito della demografia storica è ricostruire lo stato della popolazione, la sua entità e struttura. È importante anche lo studio dell’andamento della popolazione, a tal fine è importante lo studio degli indici di natalità, mortalità e matrimonio, che in correlazione con indicatori della dinamica economica forniscono una serie di dati preziosi per l’analisi delle società di antico regime. Per le epoche più antiche si può pervenire solo a una stima. Nel Medioevo le rilevazioni della popolazione furono occasionali e limitate ad ambiti territoriali ristretti, inoltre furono promosse per fini militari o fiscali quindi la loro attendibilità deve essere valutata caso per caso. In generale i censimenti sono poco attendibili prima del XIX secolo. Non sono molto utili neanche i calcoli dei contemporanei spesso fantasiosi. Sono più numerose le fonti di natura fiscale, che però oltre ad essere inattendibili, censiscono a volte i nuclei familiari e non gli individui. Per l’età prestatistica la fonte più importante è rappresentata dai registri ecclesiastici che riguardano l’età moderna in quanto appaiono intorno al XV secolo in modo frammentario per diventare più regolare neo secoli successivi. Furono importanti i decreti del concilio di Trento che nel 1563 resero obbligatoria la tenuta dei libri di battesimo e matrimonio da parte dei parroci, i quali a partire dal 1614 furono tenuti anche a redigere uno stato delle anime e un registro delle sepolture. Si pongono molti problemi nei territori dove erano presenti diverse confessioni religiose. Gli stati delle anime presentano un elenco nominativo degli abitanti inseriti nei gruppi familiari di appartenenza con l’indicazione del luogo di residenza e della professione del capofamiglia. Essi sono fondamentali per conoscere l’entità della popolazione. Mentre i registri di battesimo, matrimonio e sepoltura sono importanti per lo studio dell’andamento della popolazione. È necessario conoscere il numero degli individui che facevano parte della comunità considerata, in particolare la distinzione in sesso, età e stato civile, per questo bisogna analizzare i registri di battesimo, matrimonio e sepoltura per conoscere i dati sullo stato della popolazione in ciascuno degli anni considerati. A questo punto è possibile calcolare la densità della popolazione. Un'altra operazione fondamentale è il calcolo della speranza di vita. Tutte queste tecniche si fondano sull’aggregazione dei dati disponibili. A partire dal secondo dopoguerra si è sviluppata un tecnica di utilizzo dei registri ecclesiastici che ha consentito alla demografia storica di compiere progressi nella conoscenza dei comportamenti delle popolazioni dell’età moderna. 2.3 L’ANDAMENTO DELLA POPOLAZIONE MONDIALE Osservando l’evoluzione della popolazione mondiale appare evidente che in corrispondenza del periodo indicato come l’inizio dell’età moderna non si notano rotture o discontinuità significative. Però si possono individuare due punti di svolta: 1. Sviluppo dell’agricoltura in età neolitica a partire dal 10000 a.C. in alcune zone del pianeta l’uomo superò gradualmente l’economia fondata sulla caccia, pesca e raccolta dei prodotti spontanei e iniziò a lavorare la terra. Agricoltura e allevamento permisero all’uomo di ottenere con

regolarità alimenti facilmente conservabili e favorirono una crescita della popolazione che giunse a circa 250 milioni all’inizio dell’età cristiana. 2. Dopo la popolazione mondiale è aumentata a un ritmo costante ma lento fino al 1750 quando prese avvio una fase di crescita, tuttora in atto. Mentre all’inizio dell’era cristiana fino al 1750 la popolazione è aumentata mediamente del 0,6% all’anno, dalla metà del XVIII secolo alla metà del XX secolo si registra un incremento del 5,9% fino al 18% tra il 1950 al 2000. Il fenomeno è stato definito “transizione demografica” in quanto modificando la mentalità, le tendenze e i comportamenti caratteristici della società preindustriale ha segnato la rottura dello statico sistema delle società di antico regime e aperto una fase nuova. 2.4 IL SISTEMA DEMOGRAFICO DELLE SOCIETÀ PREINDUSTRIALI La crescita lenta della popolazione mondiale nel periodo compreso tra metà del Trecento e metà del Settecento fu garantita da una lieve prevalenza del tasso di natalità su quello di mortalità ; il sistema demografico di antico regime era caratterizzato da un andamento per cicli e conosceva ricorrenti crisi per effetto delle quali la mortalità poteva arrivare addirittura al 100%, fino al 300% 400%. I principali fattori di queste impennate di mortalità erano epidemie, guerra e carestia. 2.4.1 le epidemie Non sempre è facile distinguere le varie malattie sulla base delle testimonianze. A partire dal Cinquecento regredì la lebbra, mentre faceva la sua comparsa alla fine del Quattrocento la sifilide. Incisero sulla mortalità il tifo, il vaiolo, ma nessuna di queste malattie fu mortale quanto la peste. La malattia nota nel mondo antico riapparve a metà del XIV secolo rimanendovi fino a inizio Settecento. Il bacillo della peste arriva dalle pulci dei topi. La forma più diffusa è la peste bubbonica che ha una mortalità del 70% circa. Se però l’infezione si manifesta attraverso le vie respiratorie, peste polmonare, la mortalità è del 100%. La storia demografica dell’Europa moderna è stata condizionata dalla peste nera che fra il 1347 e il 1352 colpì l’intero continente provocando la morte di 25 milioni di persone. La peste giunse in Europa quando i tatari, che assediavano la colonia genovese di Caffa sul mar Nero, lanciarono all’interno delle mura i corpi di alcuni appestati, il bacillo fu portato da marinai genovesi nei porti della Sicilia e di lì si diffuse nel continente. La peste fece la sua ultima comparsa a Marsiglia nel 1721 e a Messina nel 1743, dopodiché sparì dall’Europa occidentale ma continuò a colpire in Europa orientale e negli altri continenti. Le cause di questa sparizione sono ignote, fra le ipotesi c’è la diffusione di una nuova specie di ratti che avrebbe sostituito il ratto nero. 2.4.2 le guerre Gli effetti della guerra sull’andamento demografico furono indiretti: saccheggi e violenze ai danni della popolazione civile, sfruttamento e distruzione delle risorse, con conseguente carestia, diffusione di malattie. Un esempio è la Germania dove durante la guerra dei trent’anni scomparve fra il 20 e il 30% della popolazione 2.4.3 la carestia Lo spettro della carestia si presentò periodicamente nel corso dell’età moderna. La causa principale era l’eccessiva dipendenza dell’alimentazione della

maggioranza della popolazione dal consumo dei cereali che dominavano l’agricoltura e fornivano i 2/3 delle calorie alla dieta delle classi inferiori. Nel Settecento si tentò di variare questa alimentazione introducendo ad esempio la patata e il mais, entrambi alimenti americani, e il riso. Ma questi alimenti solo più tardi si affermarono definitivamente mentre nel Settecento rimasero complementari rispetto al consumo di cereali. Q...


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