storia notturna.una decifrazione del sabba PDF

Title storia notturna.una decifrazione del sabba
Author Carmine Cangero
Course Storia Moderna
Institution Università degli Studi di Firenze
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Summary

resoconto della nascita del sabba e della stregoneria...


Description

Storia notturna Una decifrazione del sabba

Voli notturni verso luoghi solitari, rapporti sessuali con il demonio, orge e infanticidi, profanazione della croce e dei sacramenti: per alcuni secoli, tra Quattro e Settecento, l'immagine del sabba affiorò da un capo all'altro d'Europa (e poi in altri continenti, nei paesi colonizzati dagli europei) descritta da donne e da uomini accusati di stregoneria, di fronte a tribunali laici ed ecclesiastici. Confessioni raramente spontanee, più spesso estorte dalla tortura e dalle sollecitazioni dei giudici: ma che cosa si nascondeva dietro l'immagine del sabba? Questo libro ricostruisce una traiettoria secolare in cui l'ossessione di un complotto contro la società, attribuito a gruppi via via diversi (lebbrosi, ebrei, musulmani, eretici e streghe), s'intrecciò a credenze popolari a sfondo sciamanico. Il complotto immaginario prese forma in un territorio limitato, dalla Francia all'arco alpino. Ecco che emerge pian piano, grazie al meticoloso lavoro di documentazione, un doppio filone: da una parte abbiamo i cortei notturni a cui streghe e stregoni affermano di recarsi in sogno, capeggiati dalla figura di una misteriosa divinità femminile chiamata con diversi nomi (Abundia, Richella, Oriente, ma soprattutto Erodiade); dall'altra, abbiamo le processioni dei morti, che si scoprono essere collocate in precisi momenti temporali appunto legati al culto - o al timore - dei defunti. La dea notturna - spesso a capo della Caccia Selvaggia o del "gioco", dalla quale le streghe apprendono i segreti delle erbe e a alla quale rendevano omaggio, generalmente sempre dopo essersi recate al luogo del sabba a livello di "anima", separate dal corpo e a cavallo di animali, o trasformate loro stesse in animali - era un'entità presente a livello paneuropeo e oltre, i cui strascichi si intravedono ancora oggi in figure come quella della Befana. La processione dei morti era invece percepita in maniera fisica, e Ginzburg fa notare che queste "anime" non fossero altro che persone in carne e ossa mascherate da animali o da demoni, visti dagli spettatori esterni come e veri e propri spiriti. Questo ritratto del sabba e dei cortei di defunti è in realtà solo il punto di partenza del libro. Ginzburg, per nulla intimidito dalla comparazione, svela numerose connessioni tra questi voli notturni: dietro ai viaggi al seguito delle fate in Scozia, o delle donne di fuori in Sicilia, o di Perchta in ambiente germanico, c'è sempre un'esperienza di tipo estatico. Allargando ancora il campo verso le steppe eurasiatiche, capiamo che dietro a queste esperienze si nascondono dei rimasugli di sciamanesimo derivanti da epoche molto, molto remote. Ne emerge un ritratto affascinante di un Europa legata da fili che si sono intrecciati nello spazio e nel tempo in maniera indefinibile ma palese, in cui la riverenza verso i morti e il viaggio onirico verso il sabba cela la stessa matrice iniziatica: i viaggi astrali come "piccola morte", morte necessaria per accedere a un'iniziazione le cui origini sono ormai perse nel tempo. Ecco allora chiarirsi anche la natura dei vari partecipanti alle battaglie notturne per la fertilità, combattute da benandanti, da lupi mannari, da mazzeri, da kresniki: sono tutti personaggi situati in una posizione liminale, che per un motivo o per l'altro (essere nati con la camicia, essere ai margini della società, essere nati in periodi particolari) stanno nel mezzo, tra il mondo dei viventi e quello dei morti.

Ginzburg non cerca di razionalizzare gli elementi emersi dalle sue ricerche: quello che gli interessa è andare alla ricerca delle radici folkloriche e mitologiche delle testimonianze sul sabba. Le conclusioni su quello che accadesse davvero a questi personaggi che entravano in estasi, sul motivo per cui i resoconti dei loro viaggi sono tutti così simili, spettano solo al lettore. Un libro illuminante, che non ha paura di gettare luce su un aspetto controverso della stregoneria, e che forse è destinato a rimanere uno dei più misteriosi. Consigliato a tutti, soprattutto a chi voglia scardinare concetti ormai inculcati a forza dalla wicca: le streghe della prima età moderna non veneravano alcuna divinità pagana, né Diana, né Afrodite, né Ecate, né tantomeno Aradia - questi solo alcuni nomi che sono stati attribuiti alla dea notturna dagli inquisitori incapaci di ricondurla a una figura a loro nota; le streghe partecipavano al sabba, in un modo o nell'altro, ma non si trattava di incontri di piacere in cui si "venerava la natura". Sotto tutte queste testimonianze si intravede un fondo oscuro, fatto di sacrificio, di morte e rinascita, un sostrato che va indietro fino ai tempi in cui l'uomo combatteva ogni giorno una battaglia per la sopravvivenza.

I Benandanti, i “buoni camminatori”, erano legati ad un culto pagano e, per vari aspetti, sciamanico di origine germanica che ebbe diffusione anche nel Friuli, in parte nel Veneto (Vicenza e Verona), nell’Istria e nella Dalmazia tra il XVI e XVII sec. Carlo Ginzburg, tra gli altri, racconta meravigliosamente nei suoi I benandanti. Ricerche sulla stregoneria e sui culti agrari tra Cinquecento e Seicento e Storia Notturna. Una decifrazione del Sabba, l’intera vicenda che segnò questi piccoli gruppi nel Friuli che furono segnati dall’intervento dell’Inquisizione. I Benadanti erano i fortunati e i privilegiati, i “nati con la camicia” perché ancora avvolti nel sacco amniotico. Una parte del sacco veniva conservata dopo il parto e, collocata in un involucro, era appesa come amuleto benefico al collo del bambino. Il bambino cresceva e, divenuto adulto, in particolari giorni dell’anno, in genere durante le notti delle Quattro Tempora*, usciva dal proprio corpo durante il sonno e sotto forma di spirito andava per i campi. Tale “viaggio” o sabba non aveva influssi maligni, secondo gli stessi protagonisti, poiché il loro andare di notte per le campagne era un atto benefico e propiziatorio. Nulla a che vedere, insomma, col tentativo di incontrare il diavolo e di unirsi a lui, piuttosto il benandante personificava le forze del bene e della generosità, della fertilità e della fecondità. Il suo sforzo era legata alla volontà di preservare la sua terra dall’avvento di carestie e epidemie, laddove il male avrebbe trionfato. In questa prospettiva, d’altra parte, deve essere interpretata anche la processione dei morti o caccia selvaggia** che permetteva al benandante di vedere i morti, in una processione lamentosa, e unirsi a loro. Scopo di tutto ciò era soprattutto la commemorazione dei morti e l’idea di loro una vicinanza anche fisica.

Non ci volle molto, perciò, perché la Chiesa mettesse gli occhi sui Benandanti e decidesse di agire con forza come sempre in questi casi. L’Inquisizione si mosse con sospetto e tra la fine del Cinquecento e la seconda metà del Seicento ne fu decretata l’eresia, ponendo fine a qualsiasi forma di pratica fino ad allora svolta. Malgrado la loro difesa sostenendo che combattevano in nome della fede in Cristo contro le streghe che rivolgevano i loro malefici verso i Benandanti stessi e i raccolti dei campi, non ci fu modo di convincere l’Inquisizione. La Chiesa non avrebbe mai potuto accettare una simile difesa anche perché il culto di questi gruppi di persone era di origine pagana e ciò rappresentava un grave pericolo agli occhi di chi era tenutario dell’ortodossia cristiana e cattolica. Ciò, in definitiva, servì ad identificare i Benandanti col demonio stesso e riconoscerli come suoi affiliati, quindi furono perseguitati dall’Inquisizione anche se nessuno di loro, da quanto si sa dalle approfondite ricerche storiche effettuate, sia mai stato messo a morte. E’ evidente che la Chiesa, pur nel dubbio e nel timore che potessero esercitare un’azione negativa, non arrivò mai a decretarne il rogo o la forca. La loro eresia, tutto sommato, fu considerata “minore” rispetto ad altre perseguite ben più duramente....


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