Storia DEL Linguaggio PDF

Title Storia DEL Linguaggio
Author Carmen Gurrado
Course Semiotica
Institution Università per Stranieri di Siena
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Semiotica...


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SEMIOSI UMANA: è la sintesi di Natura (ciò che dipende dal nostro patrimonio genetico) e Cultura (cio che viene appreso dopo la nascita attraverso l’inserimento in una società ed un ambiente) Il campo semiotico prende in considerazione tutti i settori in cui si intravedono quelle regolarità chiamate codici, esorbitanti dal settore specifico del linguaggio verbale, per investire potenzialmente tutti gli aspetti della vita umana associata. Cultura: al centro dell’attenzione degli studi sul linguaggio umano Natura: peso e natura sono stati riconosciuti con più difficoltà Cosa giustifica questa scarsa attenzione? Ragioni religiose e filosofiche legate al timore di diminuire o negare la posizione privilegiata dell’uomo rispetto alle specie animali. Chi sosteneva questa tesi? Réné Descartes (1596-1650) Noam Chomsky (1928-). Hanno negato agli animali diversi dall’uomo il possesso di un vero e proprio linguaggio, facendo di questo ultimo il tratto distintivo della specie umana Animali: pure macchine Uomo: unico essere dotato di linguaggio Queste ragioni erano fondate? No, perché i risultati scientifici maturati nell’ambito di discipline diverse (neuroscienze, psicologia, antropologia, linguistica) concordano sul fatto che la semiosi dipende da una gamma di presupposti naturali inerenti al funzionamento del nostro corpo (cervello, mani, apparato di fonazione, muscoli del volto, ecc.) che si sono gradatamente evoluti. Tesi oppositori di Cartesio La semiosi, nata come risultato casuale dell’evoluzione, costituisce un eccezionale dispositivo vincente ai fini della selezione naturale (teoria evoluzionista e continuista di Darwin). La specie divenuta capace di usare simboli si sarebbe dunque imposta, grazie al vantaggio selettivo garantito da tale capacità, non solo sugli animali cognitivamente e semioticamente inferiori, ma anche sulle specie ominidi concorrenti. Alla luce di questa ipotesi, L’animale-uomo riprende il suo posto nel sistema complessivo della natura: un posto che implica importanti analogie con le specie più vicine ma anche formidabili differenze che gli hanno consentito di sviluppare il patrimonio di conoscenze appreso, nonché i sistemi di espressione e comunicazione. La semiosi è quindi una sintesi di NATURA e CULTURA. Ma cosa significa esattamente? Gli esseri umani ereditano geneticamente la capacità di utilizzare

qualcosa di percepibile come ‘significante’ e qualcosa di immateriale come ‘significato’ (NATURA) mentre imparano tramite l’educazione e l’inserimento sociale a ‘riempire’ tale capacità con concreti sistemi di segni, cioè di codici (linguistici e non): CULTURA. La capacità di cui si fa riferimento è il frutto di un percorso evolutivo iniziato, forse 2,5-2 milioni di anni fa, con i nostri più antichi progenitori (Australopiteci) e giunto a piena maturazione con l’Homo sapiens sapiens, cui si attribuisce il possesso di lingue analoghe a quelle oggi in uso. Tale capacità si può chiamare: ‘facoltà di linguaggio’ (Saussure), ‘capacità simbolica fondamentale (Cassirer) ‘capacità semiotica’ potenzialità associativa che si realizza in abilità di tipo percettivo (riconosce segnali acustici o visivi) e sensomotorio (produrre suoni, gesti o immagini) NATURA: QUALI SONO LE BASI COMUNI? Un bambino normodotato ha alla nascita capacità semiotiche uguali a tutti gli altri bambini normodotati del pianeta. Quale delle oltre 6000 lingue parlate nel mondo imparerà come lingua materna? Dipenderà solo dalla famiglia e dall’ambiente sociale nel quale sarà accolto e crescerà. Il bambino e la sua lingua materna (le sue lingue, se bi- o plurilingue) Questo bambino: a) apprenderà un sistema di suoni e di significati; b) apprenderà i schemi prosodici e intonativi (‘paralinguistici’) con cui realizzare i suoi enunciati; c) maturerà regole di applicazione e comportamento linguistico; d) svilupperà senza sforzo un sistema di comportamenti non verbali (espressioni del volto, vocabolario dei gesti) per dare senso e corpo alla parola cogliendone le sfumature. Etnia e razza non hanno nessuna importanza da questo punto di vista. NATURA: QUALI SONO LE CONDIZIONI? La natura (patrimonio genetico) mette a disposizione della nostra specie un vero e proprio «sistema operativo» capace di supportare programmi semiotici diversi. A differenza dei sistemi artificiali, nell’essere umano la potenzialità di sviluppare codici semiotici è «a tempo». Cosa succederebbe a un bambino che dopo la nascita è costretto a vivere in isolamento per follia o perversione dei suoi genitori? Facoltà di linguaggio: un processo evolutivo? La facoltà di linguaggio: qualcosa che rechiamo nel nostro patrimonio genetico: ma non è sempre stata lì. Essa è divenuta parte del programma genetico umano, codificato nel nostro DNA, grazie a un lunghissimo processo evolutivo, che ha portato, simultaneamente, ad attrezzare il cervello di tutte le strutture e i circuiti

necessari per far funzionare la semiosi e ad adattare in modo corrispondente altre parti del corpo a questa interessate. L’acquisizione della postura eretta, e dunque la liberazione della mano da compiti di locomozione ha proceduto di pari passo con la prima elaborazione della facoltà di linguaggio. In realtà, ciò ha implicato una lentissima ma decisiva ristrutturazione aggiuntiva per la fonazione. Gesto e primordiali vocalizzi si sono probabilmente accompagnati e sostenuti a vicenda nella vita delle antichissime comunità, gli Australopiteci, capaci di organizzare campi comuni e provvedere socialmente alla difesa, alla caccia, alla distribuzione del cibo. Tale sinergia si rafforzò nelle fasi successive del processo di ominazione (Homo habilis, apparso circa 2 milioni di anni fa, e Homo erectus, 1,8 milioni – 350.000): realizzazione dei primi utensili e il loro graduale perfezionamento. Lateralizzazione, processo che conduce a specializzare uno dei due emisferi del cervello in vista di determinate funzioni, sembra essere stata guidata da questo intreccio di esigenze semiotiche. Se di gesti e suoni primitivi non è rimasta traccia, il maturare di una più generale capacità simbolica è documentato dai fossili associati ai siti preistorici che illustrano l’evolversi delle tecniche di fabbricazione di strumenti. Il risultato evolutivo del processo di lateralizzazione è che oggi l’emisfero sinistro presiede, nel 90% dei casi, sia alle funzioni linguistiche sia a quelle comunicativogestuali. Le odierne lingue segnate dei sordomuti attingono alle stesse risorse cerebrali. L’uomo moderno Attraverso le specie ominidi note come Homo habilis e Homo erectus si giunge alle specie più vicine alla nostra: l’Homo Neanderthalensis (vissuto all’incirca fra 350.000 e 35.000 anni fa) e l’Homo sapiens, che convissero e probabilmente si contesero il campo per decine di migliaia di anni, sino al definitivo prevalere dell’uomo moderno, vissuto in Africa e da lì lentamente diramato in Europa, nel Vicino Oriente e in parti dell’Asia. L’uomo moderno, dal quale direttamente discendiamo possedeva il linguaggio verbale. La datazione presuntiva di tale acquisita capacità oscilla fra i 150.000 e i 50.000 anni fa. Le prime testimonianze di scrittura datano invece a circa solo 3.400 anni fa. Linguaggio Homo sapiens  Linguaggio fortemente ‘contestuale’ legato in modo assai più organico della verbalità odierna ai propri supporti mimico espressivo, facciali, gestuali, ecc.  Linguaggio molto più ‘multimediale’ del nostro.  Linguaggio pienamente simbolico in grado di utilizzare i segni come forme astratte, come sistemi di recupero del dato concreto in assenza di questo e come dispositivo di una sua potenzialmente illimitata elaborazione cognitiva.  Impastato di gestualità, il linguaggio verbale risultava chiaramente più forte dal punto di vista evolutivo;

 Poteva essere usato al buio o in condizioni di illuminazione precaria;  Poteva, entro certi limiti, scavalcare gli ostacoli di tipo fisico;  Non impegnava prioritariamente le mani, lasciando dunque queste libere per tutte le funzioni di approvvigionamento o difesa  Si offriva come mezzo di comunicazione ‘leggero’ in tutte le circostanze e le necessità della vita associata,  Garantiva rispetto al gesto, una trasmissione più efficace dell’esperienza.

L’acquisizione della capacità d’uso di parole, frasi, lingue è iscritta nella natura, cioè nel codice genetico degli esseri umani. Questa acquisizione appare come il risultato di un processo. A quando risale l’apparizione della capacità d’uso di parole e lingue analoghe a quelle che conosciamo oggi? Il campo degli studi è diviso in due correnti: 1. I fautori di una datazione bassa 2. I fautori di una datazione alta. I fautori della datazione bassa: Philip Lieberman (1934-) indica la data dell’apparizione del linguaggio verbale come noi lo pratichiamo a -50 mila, -30mila anni. - Homo sapiens Neandertalensis: laringe alta, cioè il cavo orale era limitato (come è oggi nei neonati fino ai sei mesi) - Homo sapiens sapiens: abbassamento della laringe Crani neandertaliani: assenza dell’area di Wernicke che presiede all’autoascolto e alle modulazioni della voce; Homo sapiens sapiens: possibilità di articolare la varietà di suoni minutamente distinti che è oggi tipica delle realizzazioni linguistiche. I Neandertal latravano, ma non parlavano; Si può ricondurre (secondo Lieberman) l’origine della capacità di usare espressioni come quelle previste dalle nostre lingue solo dopo la scomparsa dei Neandertal (-50 mila, -30 mila) Lieberman, come a lungo Chomsky(1928-) Pregiudiziale antievoluzionistica che negava ogni rapporto tra linguaggi di altre specie e il linguaggio verbale «uniquely human». Coup de théâtre: 2003. Noam Chomsky (in collaborazione con un etologo e neurobiologo) ammette che la collocazione alta della laringe può essere un ostacolo superabile per una fonazione duttile.

 Possibile anticipazione rispetto alla data di apparizione delle lingue a realizzazione fonico-acustica;  creativita capovolge la sua pluridecennale pregiudiziale antievoluzionistica in materia di linguaggio;  Chomsky afferma e sottoscrive che la capacità linguistica umana rappresenta lo sviluppo delle capacità comunicative di altre specie evolutivamente anteriori. I fautori della datazione alta Il paleoetnologo André Leroi-Gourhan (1911-1986) attua una ricostruzione sistematica delle tecniche e delle culture della preistoria più remota. Assai prima di Homo sapiens sapiens (un milione di anni prima), l’organizzazione sociale e produttiva dei gruppi umani imponeva il ricorso a segnali e segni capaci di dilatare i loro significati fino a includere nuovi sensi ricchi delle caratteristiche semantiche proprie della parole e frasi delle nostre lingue. Testimonianze: Circa 25.000 anni fa comparsa delle elaborazioni pittoriche:  Caverne di Altamira (Spagna) e Lascaux (Francia)  Prima coscienza artistica dell’umanità  Linguaggio saldamente iscritto nel patrimonio cognitivo della specie umana  Menti già organizzate linguisticamente, capaci di aprirsi ad altri media espressivi Sulla base di un ritrovamento relativamente recente, un neandertaliano balcanico, il cosiddetto Homo triliensis (a -80.000) risulta capace di suonare un flauto e dunque risulta in possesso di un già fine apparato uditivo e di una sensibilità melodica

Leroi-Gourhan: Homo erectus (un milione e mezzo di anni fa): complessità delle tecniche produttive e progettuali  Richiedeva la trasmissione del sapere e di istruzioni non solo per via imitativa, ma per via di segni tali da contenere istruzioni su oggetti, atti ed eventi non presenti, anche futuri o passati.  Complessità delle tecniche equivale complessità semiotiche usate. Cento e più anni fa, Charles S. Peirce e Ferdinand de Saussure riutilizzarono indipendentemente termini in uso nella diagnostica medica, ma già trasposti nel Sei e Settecento alla sfera dell’esprimersi: semiotics e sémiologie Quella che preconizzavano con questi due sinonimi doveva essere la scienza generale del comunicare e dei codici che lo regolano, entro cui collocare i fenomeni propri del linguaggio verbale.

Questa prospettiva ha cominciato a concretarsi in ricerche e studi nella seconda metà del Novecento lungo due direzioni: 1) Riflessioni di Louis Hjelmslev, Eric Buyssens, Luis Prieto, Umberto Eco: studio delle forme anche non verbali della comunicazione umana, linguaggi gestuali, iconici, simbolici. 2) Studi di Karl von Frisch: capacità di comunicazione di specie viventi diverse dalla specie umana: zoosemiotica Evidenze della capacità simbolica dei viventi si sono trovate in diverse specie: • Insetti sociali (formiche, api, vespe, ecc.) • Grandi scimmie Homo Erectus: Possedeva certamente la capacità di usare un codice semiologico non lontano dalle potenzialità semiotiche delle lingue. Resta più aperto cercare di precisare quando nella realizzazione hanno prevalso la vocalità e l’uditività William Dwight Whitney (‘800) Le lingue segnate delle comunità sordomuti esemplificano assai bene lingue che, servendosi del canale gestovisuale, hanno potenzialità pari a quella delle lingue a prevalente realizzazione fonico-uditiva. In generale la gestualità con funzioni simboliche e interessanti aspetti semantici come la forte metaforicità è ben presente anche tra gli udenti in molte aree culturali. Ancora oggi la gestualità ha la funzione di accompagnare le realizzazioni foniche sia per scandirle e sottolinearne il ritmo sia con più sottili e determinati contributi alla precisazione del senso. In virtù di tutto questo … Homo erectus e forse anche Homo habilis si servivano di semiotiche i cui segni erano affidati a realizzazioni gesto-visuali e solo secondariamente fonico-uditive. Il prevalere di queste ultime si è correlata in Homo sapiens sapiens con novità geneticostrutturali: l’abbassamento della laringe e la formazione dell’area cerebrale detta di Wernicke e di Broca. Quali sono i fattori che hanno spinto a privilegiare le realizzazioni audio-orali rispetto a quelle gestuali e ad altre possibili? 1) Favorevoli condizioni di produzione e ricezione dei segnali; 2) Scarso impegno corporeo nella produzione 3) Basso costo energetico 4) Produzione nel corso di altre attività al momento dominanti 5) Possibilità di graduare, variando volume e tono, il raggio di destinazione del segnale; 6) Ricezione e, quindi, comunicazione anche oltre ostacoli e nel buio; 7) Possibilità di ascolto senza l’impegno a una posizione determinata.

Questi vantaggi hanno fatto sì che per centinaia di migliaia di anni l’uso delle lingue, il linguaggio verbale umano, una volta acquisito dalla specie, si sia legato all’audiooralità. Soltanto in fasi assai recenti rispetto all’antichità si diffusero scrittura e lettura. Se il linguaggio verbale umano non è altro che una qualunque semiotica e se la audio-oralità è un carattere importante ma non costitutivo, a che cosa esso deve la sua importanza? E’ giusto affermare che tale linguaggio sia «uniquely human» come diceva Lieberman? Che cosa ha di particolare rispetto alle altre semiotiche? Più esploriamo l’universo delle semiotiche e più siamo tratti ad ammettere che, effettivamente, il linguaggio verbale umano ha alcunché di straordinario. Qual è la conclusione che possiamo trarre? In principio era la parola? No, né dal punto di vista della vita individuale, cioè dell’ontogenesi, né dal punto di vista della filogenesi. Ontogenesi: Acquisizione individuale delle capacità linguistiche. Gli studi dimostrano che già nel giro delle prime 36 ore di vita il bambino è in grado di: a) Riconoscere la voce della madre che parla la prima lingua che ha inizialmente udito b) Riconoscere la voce anche di estranei che parlano la prima lingua del bambino c) Riconoscere la voce della madre quando parla una lingua diversa dalla prima Ontogenesi 1. Discriminazione tattile: sin dalle prime ore di vita: contatto della bocca e del corpo del bambino con il corpo della madre 2. Discriminazione uditiva (ricezione): discernere ritmi e toni nella voce di chi lo accudisce 3. Periodo delle lallazioni: esercizi vocali apparentemente privi di senso che sfociano nella produzione delle fonie più disparate, sia pertinenti alle realizzazioni della Muttersprache [lingua madre] sia del tutto estranee. Grazie a questi esercizi i bambini a) imparano a udirsi b) imparano ad accorgersi che questi suoni sono un gioco che attrae l’attenzione di chi è vicino 4. Fase silente (dopo i sei mesi di vita): periodo di osservazione e non di distrazione. Il bambino impara a: a) distinguere sillabe e blocchi che si ripetono; b) osservare e tesaurizzare l’uso che ne viene fatto per ridestare e orientare la sua attenzione;

c) isolare le parole; d) riconoscere l’unità di suono e senso. Il piccolo è ben lontano dal livello in cui può dirsi che «conosce la lingua» ma può riconoscere:  le realizzazioni  il ritmo  le modalità intonative  le scansioni 1. Prime balbettanti parole NB. Se mancano i punti 1-4 l’empowerment linguistico tarda. Se mancanza e ritardi si prolungano fino a 7-8 anni (soglia fatale), oltre tale soglia i bambini non imparano più a parlare. Questa soglia è costruita da un intreccio stretto di natura e cultura. Filogenesi Acquisizione della capacità d’uso di parole, frasi, lingue è iscritta nella natura, cioè nel codice genetico degli essere umani. 1. Datazione bassa ;2. Datazione alta. Datazione bassa Philip Liberman: apparizione del linguaggio verbale come noi lo pratichiamo oggi a -50 mila, -30 mila anni (scomparsa Homo sapiens Neandertalensis, comparsa Homo sapiens sapiens). L’acquisizione sarebbe avvenuta per un «salto» genetico, cioè improvvisa. Nell’evoluzione del linguaggio verbale ebbe una funzione essenziale la formazione dell’apparato di fonazione. Grazie alla sua flessibilità e al controllo neurale che gli sottende, questo oggi consente all’individuo umano gesti espressivi di grandissima raffinatezza, abilitandolo a usare lingue possono contare fino a cento fonemi. Gli scimpanzé, nonostante le loro potenzialità semiotiche, non hanno questa capacità. Il neonato ha un apparato di fonazione più simile a quello di uno scimpanzé che a quello di un adulto umano, e ha bisogno di sette-dieci anni per maturare, sia da un punto di vista anatomico che articolatorio, tutte le caratteristiche necessarie al ‘nostro’ linguaggio. Ma il distacco dell’essere umano dalla scimmia non si risolve nella differenza anatomica, occorre un cervello capace di coordinare le manovre articolatorie, nella produzione e nella ricezione. Il nocciolo della capacità semiotica non sta dunque negli apparati sensomotori periferici (udivo-fonatorio, mani) bensì nell’organizzazione cerebrale che governa in entrata e in uscita le informazioni provenienti da / dirette a tali apparati. La semiosi umana dipende evolutivamente dallo sviluppo della ‘corteccia’ che presiede a tutte le funzioni cognitive superiori: ricordare, vedere, capire, ecc.

Tesi localizzazionista: individuare aree specifiche deputate all’elaborazione dell’informazione linguistica. Pierre-Paul Broca (1824-1880) 1861: ha localizzato l’area addetta alla produzione del linguaggio, grazie alle lesioni ritrovate nei cervelli di pazienti che, in vita, erano stati affetti da afasia ‘motoria’, cioè incapacità di esprimersi mediante la parola e la scrittura. LOBO FRONTALE Tesi localizzazionista: individuare aree specifiche deputate all’elaborazione dell’informazione linguistica. Karl Wernicke (1848-1905) 1874: ha localizzato l’area preposta alla comprensione, grazie alle lesioni ritrovate nei cervelli di pazienti che, in vita, erano stati affetti da afasia ‘sensoria’, cioè incapacità di comprendere il significato delle parole dette o scritte da altri. CORTECCIA CELEBRALE

Linguaggio e cervello: non solo aree di Broca e Wernicke, preposte rispettivamente alla produzione e alla comprensione del linguaggio. Aree identificate in base all’afflusso di sangue che si verifica nelle singole zone durante l’esecuzione di singoli comportamenti linguistici. Si conclude confermando che dal punto di vista dell’ontogenesi e della filogenesi, le parole arrivano dopo. «Le parole non sono tutto» De Mauro 1980  Neonati: stare seduti, camminare sui piedi, giocare, ragionare, ecc.: queste capacità straordinarie, sono apprese prima del linguaggio. (Il vocabolo infanzia viene dal latino ed è formato dal prefisso in “non” e dal verbo latino fari ...


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