Un prisma agostiniano di filosofia del linguaggio PDF

Title Un prisma agostiniano di filosofia del linguaggio
Author Roberta Guerrera
Course Filosofia del linguaggio
Institution Università degli Studi di Catania
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Riassunto dettagliato tutti i capitoli al fine di sostenere esame orale di filosofia del linguaggio con prof. Sebastiano Vecchio...


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UN PRISMA AGOSTINIANO DI FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO Philosophy Università degli Studi di Catania 11 pag.

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UN PRISMA AGOSTINIANO DI FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO [SEBASTIANO VECCHIO]

PREMESSA Raccolta di interventi del prof di attinenza agostiniana apparsi negli ultimi anni. L’ottica è ascrivibile alla prospettiva che da una 40ina di anni chiamano “epistemologia storica delle scienze del linguaggio” , cioè la prospettiva del far teoria facendo storia. 1 . DAI SEGNI ALLE LINGUE Condensato del tracciato teorico disegnato da Agostino d’Ippona. Il suo contributo alla filosofia del ling è stato notevole. Sue riflessioni sulla significazione, comunicazione, parlare , interpretare. Alcuni suoi TEMI: •

FONDAMENTO SEMIOTICO ATTRIBUITO AL LINGUAGGIO: il + rilevante. Le lingue, tra gli altri segni occupano 1 posto speciale. È importante vedere anche che: ai tempi di agostino l’appellativo greco “logos” con cui il prologo del vangelo di Giovanni aveva designato la persona divina , era comunemente reso in latino: verbum. Ma a differenza del termine geco (che può significare ragione, linguaggio, spiegazione, discorso, frase), il verbum latino esibisce una gamma di accezioni meno ampia e si riferisce all’elemento del discorso, alla singola parola. → restringimento di significato con conseguenze nell’impiego delle metafore linguistiche in funzione teologica. Su questo dislocamento semantico Agostino ha innestato di propria iniziativa 1 secondo dislocamento di carattere epistemologico con cui ha inaugurato LA LINGUISTICA SEMIOLOGICA: risoluzione del verbum in signum. Dunque in virtù di cio: l’assunto di base non è + solo che parlare consiste nel produrre simboli verbali ma precisamente che ogni singola parola , ogni verbum, costituisce un singolo segno : NOVITà INTRODOTTA DA AGOSTINO. È proprio questo infatti il punto di inizio del suo dialogo giovanile: De MAgistro, un classico della filosofia del ling, incentrato sul segno e sull’idea delle parole come segni: parlare serve a far sapere o venire a sapere qualcosa e ciò che permette di farlo è la ricezione di quei segni che sono le parole. Tesi del dialogo: mediante i segni-parole non si viene a sapere nulla perchè quel che sappiamo o l’abbiamo saputo per esperienza diretta, oppure ci è stato insegnato dal maestro interiore che è Cristo, i segni hanno funzione monitoria di richiamo all’attenzione ma non conoscitiva.

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Il pessimismo del dialogo è superato nel trattato “De doctrina christiana” dove sono esplicitate in maniera sistematica le basi semiotiche della linguistica agostiniana: le cose si apprendono mediante i segni. Segno: ogni cosa che si usa per significare qualcosa / cosa che a partire da sè fa venire in mente qualcos’altro. Lui fa una distinz tra SEGNI NATURALI, tipo il fumo e l’impronta e SEGNI INTENZIONALI (signa data), prodotti a scopo comunicativo, come i versi degli animali , gesti e insegne… . questi ultimi sono unici perchè onniformativi , cioè possono parlare di tutto. •

De MAgisro: problema di conciliare l’appellativo teologico del logos-verbum con la concezione semiotico- linguistica del verbum-signum. Il figlio di dio e suo verbum sarebbe dunque anch’egli un segno? Sarebbe negarne la natura divina. In fatti agostino nel dialogo non lo chiama verbum ma CHristus, Virtus.. . per poter applicare quell’appellativo deve modificare la propria concezione del ling. → la modifica si rivelerà fondamentale e sarà costituita dall’articolazione del verbum in 3 livelli o tipi. :

1. Verbum in quanto parola pronunciata ,appartenente questa o quella lingua 2. Verbum - immagine mentale di tale parola, non pronunciata a voce 3. Verbum - concetto puramente intellettuale che non ha a che fare con alcuna lingua e attinge al

vero linguaggio, il “mentalese”. Solo quest’ultimo tipo di verbum può esser paragonato al verbum divino. La voce è per l verbum mentale o concetto qualcosa di simile a quel che la carne è per il Cristo e viceversa. In questi 3 livelli ci sono 2 dimensioni: corporea ed esterna VS. mentale e interna. Le parole che pronunciamo non sono altro che il rivestimento dei concetti o verba interni e sono da questi ultimi guidati. Quindi nella comunicazione umana il versante esterno si rivela secondario. Il corpo come materiale quindi ostacolo alla scoperta piena dell’autentico linguaggio. •

Conseguenze di questa impostazione: riduzione dello statuto del linguaggio a quello dei suoi componenti minimi; la naturalità del ling si dissolve nella istituzionalità delle lingue: le parole che attuano la capacità innata di parlare cono convenzionali e il carattere non naturale delle parole si riflette sull’insieme; la lingua risulta sganciata dai processi cognitivi che manifesta, senza esaurirli. Ultimo punto importante per la concezione occidentale del processo linguistico: c0è qualcosa che si svolge al di dentro e ci sono al di fuori i mezzi fisici per esprimerlo (analogia: parola di Dio che ha assunto la carne per poter essere veduta). Sembra che Saussure si rifaccia a lui quando parla di parole: un concetto fa scattare nel cervello 1 certa immagine acustica → il cervello trasmette agli organi della fonazione 1

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impulso correlativo alla immagine, poi le onde sonore si propagano dalla bocca di A all’orecchio di B. allo stesso modo Agostino diceva: ho una parola dentro di me se penso a ciò che dirò, ma se voglio parlarti cerco di farla arrivare anche al tuo cuore, quindi la parola la comunico tramite la mia voce che ti reca il significato della parola, il suono passa oltre ma la parola recata è ormai nella tua mente e non si è allontanata dalla mia; il suono della voce ha prestato servizio e poi è scomparso. MODELLO DELLA COMUNICAZIONE LINGUISTICA CHE HA DOMINATO TUTTA L’ETà MODERNA, nelle sue diverse correnti gnoseologiche, fino al 900. •

Non si tratta di 1 modello rigido. Nucleo riconoscimento della fluidità di rapporto tra l’universo del pensabile e i suoi controvalori espressivi, con la quale si può significare in molti modi diversi attraverso il corpo quel che è pensato con la mente, e con la mente si può pensare in molti modi quel che attraverso il corpo viene significato in un modo unico. → flessibilità semantica di sinonimia e polisemia. Espressione e contenuto non stanno in rapporto di biunivocità. L’instabilità del linguaggio si riflette sull’intero suo funzionamento ed è alla base del fenomeno della diversità linguistica (dal p.d.v. inter e intra linguistico). Ciò che si riscontra tra le lingue si riscontra anche nelle lingue - principio motore. LINGUE: REALTà PLASTICHE E CANGIANTI, perchè sono numerose e diverse e perchè ciascuna al proprio interno è mobile e varia. Il più delle volte parliamo in modo improprio ma si capisce lo stesso ciò che diciamo. La grammatica è una consuetudo antica che può non corrispondere a quella attuale, quindi non sono importanti le pretese dei grammatici. Inoltre a volte le espressioni figurat servono a stimolare interpretazioni diverse. ( approccio pragmaticocomunicativo).



La stessa liberalità avviene dal p.d.v. interlinguistico. La difficoltà di comprensione tra popoli per Agostino non è un male. Visione positiva della confusione delle lingue nel primo libro della bibbia: sì punizione ma anche un prendersi cura da parte di dio degli uomini, per evitar disastri. Per lui la diversità è importante, è un valore, espressione della bellezza del creato. La sua concezione è della coniugazione di pluralità e unità. Anche in momenti di incomprensione, tendiamo a comprendere l’altro, spinti dall’intuizione. Quindi sono le altre lingue che ci stimolano ad imparare meglio la nostra. È grazie alla diversità che ci rendiamo consapevoli dell’identità, nostra e altrui. 2. COME SI IMPARA A PARLARE

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Responsabilità affibiate ad Agostino: 1. Di aver accreditato la teoria della come nomenclatura 2. Di aver frenato con la sua nozione di segno-parola, la nascita della teoria sintattica nella linguistica moderna. Secondo l’autore entrambi però sono infondati. La prima verrà discussa tramite un commento all’opera “Le Confessioni”. 2.1 UN PROCESSO IN TRE FASI Concezione interessante di agostino sulla frase-sententia. Coesiste con la centralità assegnata alla parola-verbum. Se ne deduce che le parole si apprendono per via sintattica. Ma l’acquisiz del ling è ben + che l’apprendimento delle singole parole. L’acquisiz secondo agostino avviene in 3 fasi ( primo libro delle Confessioni): 1 - i neonati sono totalmente dipendenti dagli stimoli e si riducono a interazioni simboliche con gli adulti. Il lattante è privo di ogni coscienza riflessa. Le loro menti sono concentrate sui sensi esterni. STATO DI NEBULOSA SEMIOTICO-COGNITIVA. Poi pian piano cresce la coscienza di sè e la consapevolezza dell’esistenza altrui. Ma serve comunque ancora una mediazione semiotica. 2 - momento ancora individuale ma si inizia a proiettare verso una socialità. Ricerca dei segni all’esterno per rendere noto quello che prova è un passaggio dal protoimperativo al protodichiarativo, cioè dall’espressione di un bisogno a una prima condivisione di informazioni. 3 - acquisizione piena della strutturalità e della comunicatività. 2.2 “UNDE LOQUI DIDICERAM” Wittgenstein criticò molto Agostino, e riprese una parte delle sue confessioni [la parte in cui lui parla delle parole come denominazioni di oggetti . frasi come connessioni di tali denominazioni] per dire che questo sistema può esser valido per un sistema di comunicaz circoscritto, ad es. Per i nomi delle persone e degli oggetti materiali, ma non tutto ciò che chiamiamo linguaggio corrisponde a questo sistema. Si tratta secondo lui di una concezione troppo elementare che offre una rappresentaz primitiva del linguaggio. Ovviamente agostino descrive ciò che ricorda dopo la consapevolezza e acquisizione del linguaggio, ma ciò che accade prima lui lo descrive come un montaggio. Dopo la terza fase si innesta il meccanismo della memoria. 2.3. COME FU CHE IMPARAI A PARLARE LE CONFESSIONI: l’incipit introduce il tema del come. Agostino non recupera un ricordo diretto ma lo crea dopo,per il lettore, a posteriori. “Mi ricordo che non ero + infante ma un bambino che

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parlava”. Dice che non era + un maestro che insegnava, ma era lui che esprimeva le sue emozioni, grazie all’intelligenza datagli da Dio (si rivolge a lui). [docere...] Poi dice che il linguaggio è una forma di azione e come tale vive in una rete di interazioni pragmatiche all’interno di comunità strutturate, di cui i bambini fanno parte integrante. La comunicazione avviene come scambi linguistici in cui la gente parla ed accompagna ciò che dice con igesti e mentre fa altro. [...] Diventa centrale il ruolo della memoria - non semplice immagazzinamento ma attivazione cognitiva. Le parole come oggetto di trattazione appaiono solo ora. Sono una conquista autonoma. Le prime parole di un bambino non sono quele che dice ma quelle che ha imparato ad isolare e riconoscere nei discorsi altrui. Le verba (parole) appaiono sotto un duplice aspetto: nella loro natura semiotica basilare di segni, ma anche nella loro funzionalità grammaticale in atto, perchè vengono menzionate insieme alle frasi-sententiae che ne permettono l’interpretazione semantica. Siamo al passaggio dal semplice enunciare al comunicare consapevole. Molto lo imparava giocando , diceva agostino. 2.4. TRA ATTENZIONE CONGIUNTA E TEORIA DELLA MENTE Continuando egli afferm che a questo punto osservava molto parlare gli adulti, e capì che a certe enunciazioni gli adulti accompagnavano dei movimenti e comportamenti, da cui lui inferiva la funzione degli enunciati. (tesaurizzazione) quella che offre agostino non è per niente una descrizione primitiva, anzi la si può definire come il manifesto di una teoria pragmatica dell’acquisizione della parola. Dunque si avvia la simbolizzazione lingusitica vera e propria. Lo sviluppo lessicale e grammaticale sono strettamente correlati e lo dimostrano 3 ipotesi: 1- i bambini devono possedere un certo numero di parole prima di poter capire una costruz sintattica 2 - conoscere le costruzioni linguistiche aiuta a apprendere parole 3 - apprendere le parole e le costruzioni grammaticali sono entrambi parte dello stesso processo complessivo. Proprio la VALENZA LESSICO-GRAMMATICALE DELLO SVILUPPO LINGUISTICO E LA SUA CORNICE SOCIO PRAGMATICA caratterizzano la posizione agostiniana. Paul Bloom rivaluta le posizioni di agostino: oggi quella posizione non appare + stramba, perchè viene accolta l’idea che l’acquisiz del ling dipenda non dall’intuizione del suo scopo comunicativo ma da altre abilità cognitive e che sia preceduta dalla capacità di capire le intenzioni altrui “TEORIA DELLA MENTE”. La cosa interessante è pero che bloom legge questa parte anche lui come concezione nomenclaturistica. Dunque nelle speculazioni moderne agostino appare da una parte attuale ma resta ignorato , e dall’altra è tenuto in conto ma viene frainteso.

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3. LA FRASE DELLE PAROLE La visione agostiniana individuava nella nozione di segno-parola il motore semiotico delle lingue > rallentamento nascita teorie sintattiche. Ma questa accusa però è eccessiva nelle conclusioni che ne trae. Capitolo d’apertura del De magistro: funzione del parlare. Parlare è emettere parole, sia a voce che mentalemente; le parole sono i segni delle cose che la memoria fa venire in mente. Secondo cap: le parole sono segni - ciascuna parola è un segno. Tutte le parti del discorso sono riducibili a nomi. La sententia intesa come frase, non possiede particolari importanze, che ha invece nel DE dialectica: frase come secondaria rispetto alla parola su cui si fonda. Ciò su cui si discute sono pur sempre parole, semplici o unite tra loro. Le prime hanno significato unico, le seconde + significati. Ma solo alcune frasi sententiae hanno dignità di tali, altre sono semplici unioni di parole. CENTRALITà PAROLA + SUA QUALIFICA DI SEGNO→ innovazione teorica di agostino. Le singole parole sono individualmente altrettanti segni della semanticità compiuta. Parole: chiave d’accesso al meccanismo della lingua e insieme il modello di ogni genere di segno. Dunque una lingua + che un sistema di costruz di strutture proposizionali appare essere un deposito di unità nucleari, le parole, da scegliere e combinare in modo da formare strutture di livello superiore. Il paradigma di agostino è lingusitico-semiotico basato sulla primarietà della parola-segno VS. Aristotele e Humboldt - primarietà della frase e impostazione non semiotica. La particolarità di agostino è che dice che certe parole unite insieme RACCHIUDONO una frase, cioè la riempiono. Cioè le parole e la frase sono realtà d’ordine diverso. La sententia è una realtà d’ordine semantico, relativa cioè alla facoltà percettiva interna: senso. La particolare natura del rapporto tra sententia e verba, in quanto entità linguistiche di natura e livello diversi, appare in maniera evidente nelle sue opere filologico-esegetiche. LA SENTENTIA NON è LA FRASE COME SIAMO ABITUATI A PENSARLA NOI (struttura linguistica linearmente organizzata nella catena sintagmatica), MA è UN’ENTITà CHE IN PRIMA ISTANZA POSSIAMO DEFINIRE “ASTRATTA”, POICHè PERTIENE AL PIANO DEL CONTENUTO. Non è genericamente il significato o il concetto o l’idea in quanto realtà semantica, non è cioè una singola unità mentale prelinguistica allo stesso titolo del verbum interiore. Ma è un’UNITà SEMANTICA COMPOSTA E ARTICOLATA. Essa tuttavia ha a che fare con la frase perchè è in essa che si realizza come esito e compimento delle res plures significate. Agostino ne parla si come entità astrratta ma che si esibisce nel concreto, in funzione di oggetto di verbi di espressione. Una sententia certamente significa + cose perchè risulta da + parole. La si può considerare come frase MA non come una successione definita di

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parole ma come complesso semantico unitario e dinamico. Tutto ciò rend la figura di agostino interessante. Posto che le parole sono comunque i mattoni costitutivi del linguaggio, bisogna capire le modalità della loro acquisizione. Da grandi come si fa a capire il significato di parole nuove? Anche in questo caso ,come da bambini, osservando il flusso del discorso altrui. La funzionalità delle singole parole resta solo potenzial finchè non si raccorda a quella di altre parole, ottenendo un significato complesso che possa essere affermato o negato. DUNQUE anche nella visione agostiniana in cui le parole hanno il rango di segno, la frase può mantenere la sua centralità , purchè la si intenda nel modo discusso: come composto semanticoformale di natura dinamica, variabile, piuttosto che come rigida sequenza di forme determinate. 4. DUE EQUIVOCI E MEZZO SUL TEMPO COME DISTENTIO Fra i testi classici dedicati al tema del TEMPO spicca il libro 11 delle Confessioni che contiene la celeberrima domanda: cos’è il tempo? Ma siamo sicuri che questa domand voglia veramente piegare cos’è il tempo? Esistono due equivoci e mezzo sulla sua concezione del tempo, che la tradizione critica ha ormai consolidato e che bisogna eliminare: 1 - il + grave. Equivoco del ritenere che la notissima discussione contenuta nelle Confessioni riguardi il tmpo i quanto flusso continuo all’intenro del quale gli eventi si verificano. Cioè il tempo sostanziale. Mentr eil tempo su cui il santo si interroga è quello dei singoli eventi e dunque il tempo eventuale. Quindi Agostino con la domanda Quid est tempus? Vuole scoprire che cos’è un fenomeno temporale, un tempo e non IL tempo. Intanto bisogna capire cosa significa la parola latina tempus. Significa tempo sicuramente ma in quali accezioni? Anche oevum significa tempo ma nella sua DURATA, mentre tempus in quanto frazione della durata , aspetto puntuale della durata. Infatti per epoche si utilizza tempora (porzioni di tempo) e non oevum. I romani non avevano una nozione astratta e attiva qual era per i greci (chronos). Non lo concepivano cioè come estensione indefinita di una durata che sarebbe una sostanza, ma come successione di eventi ed epoche. In questo quadro Agostino dimostrandosi incapace di rispondere alla domanda Quid est tempus? Risponde con la stessa domanda al plu Quid sun tempora? Definendo i tempi come le ampiezze ed i giri dei secoli. Ma non è necessario enfatizzare la forma plurale, anche quando tempus è impiegato alla forma sing , indizi testuali mostrano che si tratta di una realtà individuale. Dunque scrivendo tempus Agostino non pensa alle astrazione del Tempo omogeneo Ma al RISULTATO PLURIMO DEL SUO DARSI FRAZIONATO. Domandarsi cos’è un fenomeno tmeporale equivale a

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domandarsi come lo si identifica e identifiare un fenomeno temporale vuol dire rapportarlo ad altri, cioè appunto misurarlo. Non si ha percezione del tempo se non appunto misurando i tempi. Parrebbe che Agostino al di la del tempo fisico cerchi di comprendere la natura del tempo cronico attraverso l’analisi del tempo linguistico. Si sa che per Agostino il tempo è DISTENTIO (distensione ???). In conseguenza del primo equivoco, il secondo vede in tale distentio un’estensione mentale, espansione dell’anima capace di renderla affine allo scorrere del tempo unico. MA AL CONTRARIO IL TERMINE DESIGNA IL PLURALIZZARSI DELLA MENTE IN RAPPORTO AI TEMPI CHE SI RINCORRONO E SOVRAPPONGONO. DUNQUE NON UN ALLUNGARSI o UN AMPLIARSI al fine di poter abbracciare la continuità del flusso che contiene gli eventi MA UN DISARTICOLARSI NELLA PLURALITà DEI FENOMENI TEMPORALI contrassegnati nella discontinuità. Il termine andrebbe tradotto come tensione o dist...


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