L istinto del linguaggio pinker PDF

Title L istinto del linguaggio pinker
Author Anonymous User
Course Linguistica italiana
Institution Università degli Studi di Napoli Federico II
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L’ISTINTO DEL LINGUAGGIO CAPITOLO 1 : UN ISTINTO PER ACQUISIRE UN’ARTE In qualsiasi storia naturale della specie umana, il linguaggio compare sempre come una caratteristica predominante. Un linguaggio comune immette i membri di una comunità in una rete di condivisione di informazioni che ha poteri collettivi formidabili. Il linguaggio è così fittamente intessuto dell’esperienza umana che immaginare una vita senza di esso è quasi impossibile. Circa 35 anni fa è nata una nuova scienza : chiamata oggi scienza cognitiva o cognitivismo, essa si serve degli strumenti della psicologia, dell’informatica, della linguistica, della filosofia e della neurobiologia per spiegare il funzionamento dell’intelligenza umana. Le recenti scoperte sulle capacità linguistiche hanno implicazioni rivoluzionarie per la nostra comprensione del linguaggio e del suo ruolo nell’esistenza umana e per la nostra visione dell’umanità stesso. Il linguaggio è un pezzo a sé del corredo biologico del nostro cervello. Il linguaggio è un’abilità complessa e specializzata, che si sviluppa spontaneamente nel bambino senza sforzo conscio o istruzione formale che viene usato senza la coscienza della sua struttura logica, che è qualitativamente lo stesso in ogni individuo e che è distinto da capacità più generali come l’elaborare informazioni o il comportarsi in modo intelligente. Anche se il linguaggio è una capacità meravigliosa propria solo dell’ Homo sapiens tra le specie viventi, questo non giustifica che lo studio degli esseri umani debba essere separato dalla biologia perché una capacità meravigliosa propria solo di una specie non è una cosa unica nell’universo. La complessità del linguaggio, dal punto di vista scientifico è parte di quello che ci spetta di diritto dalla nascita. L’implicita conoscenza della grammatica che un bambino possiede in età prescolare è più sofisticata del più denso manuale di stilistica o del più aggiornato linguaggio di programmazione per computer, e questo vale per tutti gli esseri umani, anche i famigerati campioni sportivi che storpiano la sintassi e gli adolescenti sullo skate-board incapaci di esprimersi. La concezione del linguaggio come istinto fu articolata per la prima volta nel 1871 dallo stesso Darwin. Nell’origine dell’uomo egli dovette affrontare la questione del linguaggio che, limitato com’era agli esseri umani, sembrava porre un ostacolo alla sua teoria. Darwin concluse che la capacità linguistica è una “tendenza istintiva ad acquisire un’arte”, un progetto non solo degli esseri umani ma osservato anche in altre specie, come gli uccelli che cantano. Uno dei seguaci di Darwin, William James, osservò che il possessore di un istinto non necessariamente agisce come un autonoma predestinato. Egli sostenne che noi abbiamo gli stessi istinti degli animali, e molti altri ancora; la nostra intelligenza flessibile deriva dall’interazione di più istinti in competizione. La difesa più famosa in questo secolo del linguaggi come istinto è dovuto a Noam Chomsky, il linguista che primo svelò la complessità del sistema e forse il maggio responsabile della rivoluzione moderna nella scienza cognitiva e nelle scienze del linguaggio. Negli anni ’50 le scienze sociali erano dominate dal comportamentismo, la scuola di pensiero resa famosa da John Watson e B.F. Skinner, Termini come “conoscere” e “pensare” erano banditi in quanto non scientifici; “mente” e “innato” erano parolacce. Il comportamento era spiegato mediante poche leggi di apprendimento per stimolo-risposta che potevano essere studiate su topi che premono pulsanti e cani che sbavano a comando. Ma Chomsky portò l’attenzione su 2 fatti fondamentali del linguaggio: 1. Ogni enunciato che una persona formula o comprende è una combinazione del tutto nuova di parole, che appare per la prima volta nella storia dell’universo. Il linguaggio non può essere un repertorio di risposte; il cervello deve contenere una ricetta o un programma che può costruire un insieme illimitato di enunciati a partire da un insieme finito di parole (grammatica mentale). 2. I bambini sviluppano tali grammatiche complesse rapidamente e senza istruzioni formali e crescono dando interpretazioni coerenti a nuovi enunciati che non hanno mai incontrato prima. Secondo Chomsky i bambini devono avere uno schema innato comune a tutte le lingue, una Grammatica Universale che dice loro come distillare forme sintattiche a partire dai discorsi dei loro genitori.

CAPITOLO 2 : MACCHINE VOMITAPAROLE La grammatica universale rifletterebbe semplicemente le esigenze universali dell’esperienza umana e le limitazioni universali umane nel trattamento dell’informazione. Il linguaggio complesso è universale perché i bambini in realtà lo reinventano, generazione dopo generazione, non perché viene loro insegnato, non perché sono generalmente svegli e non perché è loro utile ma perché non possono fare a meno di fare così. Bickerton osserva che se la grammatica di una lingua creola è in gran parte il prodotto della mente dei bambini, non adulterata dal complesso input linguistico dei genitori, essa dovrebbe fornire una buona visione dei dispositivi grammaticali innati del cervello. Le conclusioni di Bickerton sono controverse, poiché dipendono dalla ricostruzione che egli opera di eventi che avvennero decenni o secoli fa. Ma la sua idea di fondo è stata incredibilmente collaborata da due recenti esperimenti naturali in cui la creolizzazione da parte dei bambini può essere osservata in tempo reale. Molte di queste scoperte affascinanti provengono dallo studio del linguaggio gestuale dei sordi. Quando i bambini sordi sono educati da genitori che fanno uso della lingua dei segni, imparano tale lingua allo stesso modo in cui i bambini che sentono imparano il linguaggio verbale. Ma i bambini sordi che non nascono da genitori non udenti spesso non hanno accesso alle persone che usano la lingua dei segni e anzi a volte ne sono deliberatamente tenuti lontani dai loro educatori che nella tradizione “oralista” vogliono forzarli ad imparare a parlare e a leggere le labbra. Quando diventano adulti i bambini sordi tendono ad avvicinare le comunità di persone non udenti e ad imparare la lingua dei segni che consente di valersi dei mezzi di comunicazione a loro disponibili. Ma a quel punto solitamente è troppo tardi : devono affrontare la lingua dei segni come se fosse un difficile rompicapo intellettuale, così come accade ad un adulto udente durante un corso di lingue straniere. La loro destrezza è considerevolmente minore di quella delle persone sorde che hanno imparato il linguaggio ei sordi da bambini, allo stesso modo in cui coloro che sono immigrati in età adulta spesso non riescono più a liberarsi da un accento straniero e da cospicui errori di grammatica. I sordi confermano con le loro difficoltà il fatto che il pieno apprendimento di una lingua avviene nell’infanzia, durante una ben precisa “finestra” formativa. Gli straordinari atti di creazione dei bambini non richiedono circostanze altrettanto straordinarie quanto la sordità o la Babele delle piantagioni. Tutte le volte che un bambino impara la lingua madre dà prova dello stesso genio linguistico. Chomsky ragionò che se la logica del linguaggio è innata nei bambini allora la 1° volta che questi si trovano di fronte ad un enunciato dichiarativo con due ausiliari dovrebbero essere capaci di trasformarlo nella corrispondente forma interrogativa mediante l’ordine appropriato delle parole; e ciò dovrebbe essere vero nonostante il fatto che la regola sbagliata, quella che legge l’enunciato seguendo l’ordine lineare è più semplice e probabilmente più facile da imparare. La tesi di Chomsky fu oggetto di un esperimento condotto in una scuola materna su bambini di 3,4,5 anni. I modi particolari con cui le lingue costruiscono gli enunciati interrogativi sono convenzioni arbitrarie estese a tutta la specie : non le troviamo nei sistemi artificiali come i linguaggi di programmazione di calcolatori o la notazione matematica. Il progetto universale che sottende il linguaggio sembra suggerire una somiglianza fra i cervelli dei parlanti, perché avrebbero potuto essere altrettanto funzionali molti altri progetti. La conferma dell’idea che la mente contenga il progetto delle regole grammaticali proviene, ancora una volta, dalla bocca dei bambini e dei neonati. L’apprendimento del linguaggio non può essere spiegato nei termini di una forma di imitazione. Se il linguaggio è un istinto , deve avere una collocazione precisa nel cervello e forse anche uno speciale gruppo di geni che aiutano a “metterlo a punto”. Nel caso in cui vadano distrutti questi geni o questi neuroni, solo il linguaggio dovrebbe risentirne, mentre le altre parti dell’intelligenza dovrebbero restare intatte; invece nel caso in cui si conservino in un cervello che subisca altre lesioni, si avrebbe un individuo ritardato con il linguaggio intatto, un idiot savant. Se al contrario il linguaggio fosse solo una delle forme di espressione dell’intelligenza umana, danneggiamenti e lesioni dovrebbero pregiudicare globalmente le facoltà della mente, linguaggio incluso. Le lesioni nell’età adulta non sono l’unico modo in cui i circuiti che sottendono il linguaggio possono essere compromessi. Alcuni bambini per il resto sani non sviluppano il linguaggio durante l’età appropriata. Quando cominciano a parlare, hanno difficoltà ad articolare le parole, e anche se questo difetto si attenua con l’età continuano a compiere una serie di errori grammaticali, spesso fino all’età adulta. Etichetta diagnostica : Specifico deterioramento Linguistico. Il deterioramento linguistico è un tratto ricorrente nelle famiglie e se è presente in un membro di una coppia di gemelli identici le probabilità che anche l’altro ce l’abbia sono molto alte. In essi è pregiudicato il linguaggio, ma non come nel

caso di afasici di Broca: l’impressione è piuttosto quella di un turista che fatica a farsi comprendere in una città straniera. Parlano piuttosto lentamente e in modo deliberato, progettando con attenzione quello che diranno e incoraggiando gli interlocutori a venir loro in aiuto completando le frasi. Spesso commettono errori grammaticali. Nei test sperimentali hanno difficoltà a risolvere i quiz che ai bambini di 4 anni non pongono problemi. A quanto sembra il gene difettoso in qualche modo impedisce il normale sviluppo delle regole che i bambini normali usano inconsciamente. L’afasia di Broca ed il Deterioramento Linguistico sono casi in cui è compromesso il linguaggio mente il resto dell’intelligenza sembra più o meno intatto. Ma ciò non dimostra che il linguaggio sia separato dall’intelligenza. Forse il linguaggio richiede al cervello sforzi maggiori di qualsiasi altro problema la mente abbia da risolvere. Per avere una risposta dobbiamo trovare la dissociazione opposta, gli idiot avants linguistici, ossia persone con un buon linguaggio e un cattivo funzionamento mentale. Sindrome di Williams : la sindrome sembra essere associata ad un gene difettoso sul cromosoma 11, coinvolto nella regolazione del calcio e durante lo sviluppo agisce in modi complessi sul cervello, sullo scheletro e sugli organi interni, anche se nessuno sa quali sono gli effetti che provoca.

CAPITOLO 3: MENTALESE La semantica generale fa risalire la colpa della follia umana all’insidioso “danno semantico” a carico del pensiero perpetrato dalla struttura del linguaggio. L’ipotesi di Sapir-Whorf sul DETERMINISMO LINGUISTICO sostiene che i pensieri delle persone sono determinati dalle categorie rese disponibili dalla loro lingua, e la sua versione più debole, il RELATIVISMO LINGUISTICO che sostiene che le differenze tra le lingue causano differenze nel pensiero di chi le parla. Non ci sono dati scientifici a dimostrazione che le lingue diano un’impronta sostanziale al modo di pensare dei loro parlanti. L’idea che il linguaggio dia forma al pensiero sembrava plausibile al tempo in cui gli scienziati non conoscevano ancora il funzionamento del pensiero stesso né come studiarlo. Ora che i cognitivisti sanno come pensare il pensiero ha preso forza la tentazione di uguagliarlo al linguaggio solo perché le parole sono più palpabili dei pensieri. L’ipotesi del determinismo linguistico è strettamente legata ai nomi di Edward Sapir e Benjamin Lee Whorf. Molti esperimenti hanno confermato l’idea che il pensiero visivo non usa il linguaggio ma un sistema di grafica mentale. Ragionare è sostanzialmente dedurre nuove conoscenze da vecchie conoscenze. Questa è in breve la storia del pensiero chiamata “ipotesi del sistema fisico simbolico” o teoria “computazionale” o “rappresentazione” della mente. Gli psicologi cognitivi e i neuroscienzati stanno cercando di capire che tipo di rappresentazioni e di processori usa il cervello. Le rappresentazioni che sottendono il pensiero da un lato, e gli enunciati del linguaggio dell’altro hanno per molti versi scopi che non si incontrano. Ogni pensiero particolare nella nostra testa abbraccia una grande quantità di informazioni; ma qualcun altro, l’arco di attenzione è breve e le labbra sono lente. A paragone di qualsiasi altro linguaggio il mentalese deve essere per certi versi più ricco e per altri più semplice. Più ricco per esempio perché alla parola gru o stadio devono corrispondere diversi simboli, quindi ci deve essere qualche accessorio extra che differenzi i tipi di concetto logicamente distinti, come le zanne di Ralph rispetto alle zanne in generale, e che colleghi simboli differenziati che si riferiscono alla stessa cosa. D’altra parte il mentalese deve essere più semplice delle lingue parlate: parole e costruzioni specifiche della conversazione sono assenti e non c’è bisogno di informazione sulla pronuncia delle parole o sul modo di ordinarle.

CAPITOLO 4 : COME FUNZIONA IL LINGUAGGIO Essenza dell’istinto linguistico : il linguaggio trasmette notizie. Primo Principio: articolato dal linguistica svizzero Ferdinando De Saussure è “l’arbitrarietà del segno linguistico”, l’accoppiamento totalmente convenzionale tra un suono ed un significato. Secondo Principio: “il linguaggio fa un uso infinito di mezzi finiti” di Wilhelm von Humboldt. Noi usiamo un codice per tradurre l’ordine delle parole in combinazioni di pensieri, il codice, o l’insieme di regole, si chiama grammatica generativa. In un sistema combinatorio discreto come il linguaggio ci può essere un numero illimitato di combinazioni completamente distinte con una quantità infinita di proprietà. Il modo in cui funziona il linguaggio è che il cervello di ogni persona contiene un dizionario di parole o dei concetti che esse rappresentano ( un dizionario mentale) ed un insieme di regole che combinano le parole per trasmettere le relazioni tra i conetti ( una grammatica mentale). Il fatto che la grammatica sia un sistema combinatorio discreto ha due importanti conseguenze: La prima è l’immensa vastità del linguaggio. La seconda conseguenza dell’architettura della grammatica è che si tratta di un codice autonomo dalla conoscenza. Un sistema a catene di parole è un insieme di liste di parole ( o di sintagmi prefabbricati) e una serie di istruzioni per andare da una lista all’altra. Un processore costruisce un enunciato selezionando una parola da un paradigma, poi una parola da un altro paradigma e così via. Un sistema a catene di parole può generare insiemi infiniti di enunciati grammaticali. Alcuni psicologi hanno ipotizzato che nell’uomo il linguaggio sia basato su un’enorme catena di parole immagazzinata nel cervello. L’idea è congeniale alle teorie stimolo-risposta: uno stimolo suscita in risposta l’enunciazione di una parola, dopodichè il parlante percepisce la propria risposta, che serve come stimolo successivo, suscitando un’altra parola tra tante come risposta successiva e così via. Lo studio moderno della grammatica è iniziato quando Chomsky ha mostrato che i sistemi a catena di parole non solo suscitano sospetti, ma rappresentano un modo profondamente, fondamentalmente sbagliato di intendere il funzionamento del linguaggio umano. Sono sistemi combinatori discreti ma del tipo sbagliato. Presentano 3 problemi ed ognuno illumina un aspetto di come il linguaggio funziona davvero: 1. In una lingua un enunciato è una cosa completamente diversa da una sequenza di parole incatenate insieme secondo le regole di probabilità di transizione proprie di quella lingua. La discrepanza tra gli enunciati di una lingua e le catene di parole che le somigliano soltanto comporta 2 osservazioni : quando si studia una lingua si impara come mettere in ordine le parole, ma non registrando quale di esse segua quale altra, bensì quale categoria di parole segua quale altra categoria. I nomi, i verbi e gli aggettivi non sono semplicemente attaccati da un capo all’altro in una lunga catena : c’è qualche schema precostituito dell’enunciato che assegna ad ogni parola un posto preciso. Un sistema a catene di parole soffre di amnesia e ricorda solo da quale paradigma di parole ha appena scelto e niente prima. La differenza tra il sistema combinatorio artificiale che vediamo nei sistemi a catene di parole e quello naturale che vediamo nel cervello umano è riassunto nel verso di una poesia di Joice Kilmer: “Solo Dio può fare un albero”. Un enunciato non è una catena: è un albero. In una grammatica umana le parole sono raggruppate in sintagmi, come i ramoscelli uniti su di un ramo. Al sintagma viene dato un nome, un simbolo mentale, ed i sintagmi piccoli possono essere uniti in sintagmi + grandi. “Una struttura sintagmatica” definisce un enunciato legando le parole ai rami di un albero rovesciato. L’idea chiave è che un albero è modulare, come le prese del telefono o certi accessori delle canne per innaffiare i giardini. Un simbolo come “SN” è come un connettore o un adattatore di una certa forma. Esso permette che una componente si ripresenti in molte posizioni dentro altre componenti. Una volta che u tipo di sintagma è definito una regola ed ha il suo simbolo di connessione, non ha più bisogno di essere definito ; il sintagma può essere inserito dovunque ci sia una “presa” corrispondente. I rami di un albero sintagmatico agiscono come memoria complessiva o pianificazione dell’intero enunciato. Ciò permette di trattare con facilità dipendenze annidate a grande distanza. Il linguaggio ed il pensiero devono essere differenti: una particolare stringa di linguaggio può corrispondere a due pensieri differenti. Le strutture sintagmatiche sono la materia prima di cui è fatto il linguaggio.

Una delle scoperte più intriganti della linguistica moderna è che sembra esserci un’anatomia comune in tutti i sintagmi di tutte le lingue del mondo. Il primo principio per costruire il significato di un sintagma a partire dal significato delle parole all’interno del sintagma: l’intero sintagma “parla” di quello di cui parla la sua testa. Il secondo principio permette ai sintagmi di riferirsi non solo a singole cose o azioni nel mondo, ma ad insiemi di agenti che interagiscono l’uno con l’altro in un modo particolare, ognuno con un ruolo specifico. Il terzo ingrediente di un sintagma consiste in uno o più modificatori (chiamati solitamente “ complementi aggiunti”). Un modificatore è diverso da un agente. La distinzione di significato tra agenti e modificatori detta la geometria del sintagma e la struttura dell’albero sintagmatico. L’agente sta vicino al nome di testa, all’interno dl N-barra ma il modificatore va più su, anche se sempre nella casa del “SN”. La restrizione sulla struttura degli alberi sintagmatici non è solo un gioco grafico : è un’ipotesi su come le regole del linguaggio sono sistemate nel nostro cervello e governano il nostro modo di parlare. Esse stabiliscono che se un sintagma contiene sia un agente che un modificatore, l’agente deve essere più vicino alla testa di quanto lo sia il modificatore. E’ interessante che quello che vale per gli N-barra e per i sintagmi nominali vale anche per V-barra e i sintagmi verbali. La quarta ed ultima componente di un sintagma è una posizione speciale riservata ai soggetti (SPEC). Il soggetto è un agente speciale, solitamente l’agente causale se ce n’è uno. I sintagmi nominali ed i sintagmi verbali hanno molto in comune: - una testa, che da al sintagma il suo nome e determina di cosa si tratta. -alcuni agenti che sono raggruppati con la testa all’interno di un sottosintagma (N-barra o V-barra). - i modificatori, che app...


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