Riassunto l abc del linguaggio cinematografico PDF

Title Riassunto l abc del linguaggio cinematografico
Course video editing
Institution Accademia di Belle Arti di Palermo
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Riassunto libro e tecniche di fotografia/Video editing/Cinema. Dettagliato e con dispense dei professori, con appunti personali.
tecniche pratiche e teoriche....


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Riassunto "L'ABC del linguaggio cinematografico" Linguaggio Audiovisivo Accademia di Belle Arti di Sassari 35 pag.

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CAPITOLO 1 INQUADRATURA E SPAZIO FILMICO Fotogramma, piano, scena, sequenza, film Il fotogramma è ogni singolo quadro che poi va a rappresentare una fase di movimento ma che non può essere percepito nella sua singolarità. Si inizia con tre, quattro o cinque fotogrammi a parlare di qualcosa di percettibile all’occhio umano, soprattutto se racchiudono forme semplici. In L’uomo con la macchina da presa vi sono immagini di brevissima durata alternate in modo da creare un effetto stroboscopico. In Corazzata Potemkin un leone di marmo da sdraiato si drizza grazie al montaggio di tre diverse inquadrature di tre diversi leoni e grazie al calcolo della durata di ciascuna. Il primo cineasta a utilizzare singoli fotogrammi fu Abel Gance che nel suo La rosa sulle rotaie costruì una sequenza basata su brevissime inquadrature. In La Roue Elie scorrono immagini di Elie e Norma già mostrate nelle scene iniziali ma creando una rapidissima successione di istantanee troppo brevi per essere registrate dall’occhio. L’effetto ottenuto è uno sfarfallio dell’immagine. Robert Breer sperimenta nei primi anni Cinquanta la ripresa a passo uno (stop-motion), tecnologia utilizzata nell’animazione: in Ricreazione del 1956 immagini astratte roteano con primi piani di utensili, oggetti di cancelleria, giocattoli, foto e disegni.

L’inquadratura è ritenuta, esteticamente, il primo frammento del linguaggio cinematografico. A determinarla è: • La posizione della mdp in rapporto al soggetto; • La distanza reale tra mdp e soggetto; • L’obiettivo impiegato; La scena è una serie di inquadrature nelle quali l’azione si svolge ininterrottamente in uno stesso ambiente. Essa è caratterizzata da unità di tempo e luogo. Sulla sceneggiatura la scena reca un’intestazione in cui sono indicati il numero progressivo che la contraddistingue, l’ambiente, le condizioni di luce e se l’azione si svolge in interno, in esterno, in interno-esterno o in esterno-interno. All’interno di essa sono indicate le scene con una numerazione separata da quella delle scene. La sequenza è un insieme di scene caratterizzata da un inizio, uno sviluppo e siglata da una conclusione. Può svolgersi in luoghi e tempi diversi. Si può definire sequenza anche la parte di una singola scena purché abbia un’unità narrativa, tematica e stilistica autoconclusa. Un esempio di sequenza che si svolge in un'unica scena è l’omicidio nella doccia in Psycho di Hitchcock.

Esistono alcuni tipi di sequenza: • La sequenza ordinaria: caratterizzata da successione cronologica che comporta ellissi temporali più o meno importanti. • La sequenza alternata: mostra in alternanza due o più azioni che si svolgono simultaneamente • La sequenza in parallelo: mostra l’alternanza di cose che non presentano legami cronologici marcati per stabilire ad esempio una comparazione fra di essi.

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Ad esempio, in Aurora di Marnau si vede la madre che culla il figlio in alternanza con le immagini del marito in compagni dell’amante. • La sequenza ad episodi: mostra un’evoluzione che abbraccia un ampio periodo separata da ampi periodi con piani caratteristici separati da lunghe ellissi temporali. • La sequenza ricognitiva: è costituita dal montaggio di alcuni piani che mostrano uno stesso genere di evento. Il film costituisce l’unità più grande, costituita da un insieme di sequenze. Agli albori del cinema i film avevano lunghezza variabile ma poi una standardizzazione delle durate si è stabilizzata intorno ai 100-110 minuti.

L’inquadratura L'inquadratura è lo sguardo della macchina da presa sul mondo, una sorta di narratore denominato l'istanza narrante del racconto. L'inquadratura può essere individuata sotto due punti di vista: • Quello della sua durata temporale (take): essa si definisce quindi Come una ripresa ininterrotta Posta fra la fine dell'inquadratura precedente e l'inizio della seguente. • Quello spaziale (framing): essa è la porzione di realtà inquadrata dalla mdp da una particolare angolazione e delimitata da una cornice ideale. Il concetto di quadratura può essere definito considerando: • La distanza della mdp rispetto alla scena. • L'angolazione di ripresa e l'altezza della mdp. • Il cosiddetto profilmico, cioè l'organizzazione dello spazio, dei personaggi e degli oggetti filmati all’interno del campo. • Il suo relazionarsi o no a uno spazio fuori campo. • Il suo essere oggettiva o soggettiva. • Il suo avere una maggiore o minore profondità di campo. • Il suo essere statica o dinamica. altri parametri sono specificatamente fotografici: l'obiettivo impiegato. l'illuminazione della scena, l’alterazione dell'immagine tramite strumenti meccanici o digitali. Il cinema delle origini era caratterizzato da film costituiti da un'unica inquadratura, da assenza di movimenti di macchina e di montaggio, da un punto di vista che riproduceva quello di uno spettatore teatrale. Il cinema aveva trovato nel teatro il codice più vicino alla rappresentazione di un'azione. Il cinema come linguaggio nasce tuttavia quando ci si svincola da quest'ottica teatrale, che prevede un punto di vista unico e immutabile, e si cominciano a variare la distanza e l'angolo di ripresa della macchina da presa in una stessa scena, con la conseguenza della moltiplicazione e della permutabilità pressoché infinite del “punto di vista”. Lo spazio viene frazionato in una serie di campi e di piani inizialmente per rendere meglio intelligibile l'azione e successivamente per produrre significativi effetti di senso. Dobbiamo a David Wark Griffith la messa a punto e la codifica della suddivisione dello spazio dettata da esigenze di narrazione. La grandezza di Griffith consiste nell'assumere varie tecniche di ripresa e montaggio che si sperimentavano in diverse parti del mondo trasformandole in procedimenti di scrittura cinematografica, in elementi di linguaggio.

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La scala dei campi e dei piani Il termine campo riguarda la porzione di spazio inquadrata mentre piano designa una grandezza minore, in quanto riferito alla figura umana. La grandezza scalare non dipende solo dalla distanza della macchina da presa dalla oggetto inquadrato ma anche dal tipo di obiettivo usato, ad esempio, l'Impiego di un teleobiettivo consente un primo piano anche effettuando la ripresa da notevole distanza e inversamente un grandangolo produce un’accentuazione della profondità e quindi un effetto di distanza apparente maggiore di quella realmente esistente fra macchina da presa e soggetto ripreso. • Campo lunghissimo: il piano più lontano dal punto di presa, come ad esempio l'inquadratura di un paesaggio molto pasto in cui la figura umana è assente o appena discernibile. • Campo lungo: in ordine di distanza dal punto di presa, è il piano più vicino dopo il campo lunghissimo. Si tratta di una ripresa in esterni in cui la figura umana rimanendo molto piccola è già comunque distinguibile. • Campo medio detto anche mezzo campo lungo: il campo medio riprende la figura umana in modo che questa occupi un terzo o la metà della verticale dell'inquadratura. Lo spazio ancora predominante rispetto alla figura umana. • Figura intera: la figura umana viene inquadrata nella sua interezza. È la prima inquadratura in cui è il personaggio ad acquistare predominanza sull'ambiente circostante. • Piano americano: la figura umana è ripresa dalle ginocchia in su. • Mezza figura detta anche mezzo primo piano: quando la figura umana è ripresa dalla vita in su. • Primo piano: la figura umana viene tagliata all'altezza delle spalle. • Primissimo piano: il quadro è riempito dalla testa dell'attore. • Dettaglio detto anche particolare: piano estremamente ravvicinato in cui viene ripreso un oggetto o una parte del corpo umano che occupano tutto lo schermo. Campo totale o totale: equivale all'incirca ad un campo lungo ma la sua caratteristica è di designare la totalità di una scena, sia che si tratti di un esterno o di un interno. • Campo semi totale: viene inquadrata una parte di un ambiente circoscritto. L'introduzione degli obiettivi multifocale negli anni 60 e l'influsso dello stile di regia televisiva ha portato negli ultimi due decenni a una predominanza dei campi medi e, soprattutto, ad un’inflazione dei primi piani. Quasi del tutto scomparsi nel passato recente, i campi lunghi e lunghissimi conoscono oggi un periodo di reviviscenza grazie alla diffusione del genere fantasy nelle sue accezioni di fantascienza, fantastoria, mitologie nordiche più o meno immaginarie e al ritorno in auge del genere bellico. In generale una certa omologazione espressiva caratterizza oggi il cinema mondiale e nella ricerca di nuovi modi di approccio al reale si cimentano proprio le cinematografie emergenti, che suppliscono alla scarsezza dei mezzi produttivi con la tensione espressiva del linguaggio. •

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Il punto di vista. Angolazioni e inclinazioni. L'espressione “punto di vista” al cinema può essere interpretata in tre modi: • Punto di vista in senso strettamente visivo: quello cioè per cui ci si chiede: dov'è piazzata la macchina da presa? • Punto di vista in senso narrativo: da chi è raccontata la storia? Dal punto di vista di quale personaggio? • Punto di vista ideologico scelto dall'autore della narrazione: egli può raccontare imparzialmente, senza prendere posizione, senza giudicare. Il punto di vista al cinema, espressione del lavoro di produzione dell'istanza narrante, è determinato dalla particolare posizione della macchina da presa rispetto al rappresentato. Ci sono tre variabili che concorrono a determinarlo: angolazione, altezza ed inclinazione della macchina da presa. Rispetto dunque al piano-base possiamo ottenere una serie quasi innumerevole di varianti, riconducibili a tre grandi famiglie di piani: • da destra, da sinistra: ovvero ripreso tenuta angolando la macchina da presa rispetto al set lungo l'asse orizzontale; • dal basso: ottenuta ponendo la macchina da presa un ’altezza inferiore a quella dell'occhio e inclinando l'asse ottico verso l'alto; • dall'alto: quando la macchina da presa è situata a un'altezza maggiore del soggetto rappresentato, con l'asse ottico rivolto dunque verso il basso. Vi sono poi angolazioni estreme, da usare con parsimonia proprio perché finalizzate a particolari effetti: • A piombo: la macchina da presa riprende dall'alto il soggetto rappresentato, trovandosi con l'asse ottico sulla perpendicolare di esso. Esempi di inquadrature in plongée sono la soggettiva degli uccelli su Bodega Bay in The birds di Hitchcock, le inquadrature vertiginose dall'altro dei grattacieli di Matrix, le riprese di ballerine trasformati in forme grafiche nei film musicali di Busby Berkeley. •

Supine: quando la macchina da presa, puntata verso l'alto con l'asse ottico perpendicolare al suolo, riprende da terra o da una buca il soggetto posto sopra di lei. Vedi la scena della ballerina ripresa da sotto un vetro, in Entr’acte (1924) di Rene Clair o l'inquadratura del rosone della doccia che spruzza direttamente sull'obiettivo in Psycho di Hitchcock. L'auberge Rouge, adattamento del regista, poeta e filosofo Jean Epstein da un racconto di Balzac, introduceva per la prima volta nella storia del cinema inquadrature angolate dall'alto verso il basso che riprendevano particolari significativi in prese ravvicinate, conferendo alle cose una sorta di vita autonoma, di impronta quasi animistica.

Nella pratica corrente l'angolazione dall'alto – quando non è immediatamente riferibile allo sguardo di un personaggio posto in posizione sopraelevata – ha come funzione prevalente quella, connotativa, di diminuire il personaggio, di schiacciarlo verso il basso in commento su di lui. Ma può servire anche ad esprimere un senso di oppressione interiore provato dal personaggio ovvero può introdurre uno sguardo, elevato e distaccato, che abbraccia le cose dall'alto inducendo nello spettatore, proprio per la sua innaturalezza, un senso di spaesamento, o di minaccia misteriosamente incombente. È il caso di certe inquadrature dei film di Hitchcock che, non riconducibile alla visione soggettiva di un personaggio, corrispondono alla personificazione di un autore onnisciente che guardi le cose dall'alto.

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L'inquadratura angolata verso l'alto serve invece ad enfatizzare il soggetto ripreso, ad ingigantirne l'importanza all'interno della scena. Nei western, nel cinema epico, bellico e mitologico, l'attore inquadrato dal basso che si staglia scultoreo contro lo sfondo del cielo è stato a lungo uno stereotipo iconico ricorrente. Si pensi alle mezze figure e ai primi piani di El Cid, Ben Hur o Sierra Charriba in cui un sull'ampio schermo panoramico si rileva la sagoma monumentale di Charlton Heston, sempre inquadrato dal basso in prese ravvicinate per staccare il personaggio dalla realtà ordinaria e connotarlo come appartenente ad un'altra realtà, a una sfera mitica dell'essere. Le inquadrature dal basso di Wells e del suo operatore il Gregg Toland hanno una funzione peculiare, solo in apparenza simile a quella tendente a mitizzare il personaggio. Esse, da una parte, ci riportano alla formazione teatrale di Wel ls, esperienza imprescindibile per chi vuole affrontare criticamente la sua filmografia, ponendo il personaggio su un palcoscenico ideale, per cui lo vediamo sempre incombere su di noi.

Considerando invece la sua posizione rispetto alla linea dell'orizzonte l'inquadratura può essere: • orizzontale o normale quando la macchina da presa è in piano e i margini superiori ed inferiori del quadro sono di conseguenza paralleli alla linea dell'orizzonte; • inclinata a destra quando l'orizzonte scende verso destra in conseguenza dell'inclinazione verso sinistra della macchina da presa; • inclinata a sinistra quando l'orizzonte scende verso sinistra a causa dell'inclinazione a destra della macchina da presa; • capovolta usata per inquadrature in soggettiva o per creare effetti insoliti, spiazzanti, perturbanti. Esse esaltano le composizioni in diagonale dell'immagine: con la diagonale inclinata verso il basso il personaggio darà l'impressione di cadere scivolare o comunque essere in precario equilibrio, mentre verso l'alto il personaggio sembrerà dover fare lo sforzo di salire quasi fosse oppresso dalla forza gravitazionale. Entrambi i casi sono mezzi per affrontare il realismo rappresentativo nella direzione di uno stile visivo di ascendenza espressionista.

Composizione dell’immagine Il cinema eredita dalla pittura le regole che presiedono alla composizione dell'immagine all'interno del quadro, le quali sono ancor più quelle della perspectiva artificialis ovvero quella scienza di cui Brunelleschi compì la prima sistematica trattazione, codificata e divulgata nel 1436 del Trattato di Leon Battista Alberti, ripresa e applicata poi da Leonardo, Piero della Francesca, eccetera. In base a quelle regole è infatti possibile dotare l'immagine bi-dimensionale di una profondità apparente, cioè di una terza dimensione virtuale. Secondo Rudolf Arnheim, la composizione un'operazione di CENTRATURA che, istituendo centri visivi all'interno del quadro, costituisce un’interazione dinamica fra le masse visive, il loro rispettivo “peso”, la loro prossimità o lontananza dal centro. Il fine di una buona composizione è il conseguimento della simmetria. Vi è una simmetria bilaterale quando tutte le forze, i pesi, i colori, i movimenti sono distribuiti in modo

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equilibrato tra parte destra e sinistra del quadro, tra l'altro e basso e controbilanciati dalle diagonali . Quel reticolato ottico, usato dai pittori nei secoli passati per garantirsi composizioni armoniche e ben equilibrate, è una perfetta metafora della visione cinematografica e delle REGOLE DI COMPOSIZIONE FOTO-CINEMATOGRAFICA MUTUATE DALLA PITTURA. Inquadrando si può scegliere fra due opzioni: • sottolineare la centratura, ponendo il soggetto filmato all'interno del rettangolo centrale della griglia; • scegliere una soluzione meno convenzionale decentrando la posizione del soggetto e collocandolo vicino a uno dei punti di intersezione della griglia immaginaria (decadrage). In questo caso otterremo una composizione più dinamica. La centratura può sortire però un effetto espressivo quando si vuole creare una composizione che sottolinei la centralità e la frontalità del soggetto. Pasolini, ispirandosi alla pittura di Giotto, Masaccio e Piero della Francesca ha impaginato inquadrature ispirate a tali criteri.

Le forme compositive più diffuse sono: • a triangolo, quando le linee di forza si dispongono nello spazio a triangolo; • a linee radianti; • a ellissi; • a cerchio, con le figure disposte a cerchi concentrici; • a S, quando nell'inquadratura è presente una strada un fiume una fila di soldati disposti a serpentina. Una composizione particolare è quella in diagonale in cui centri di attenzione sono collocati lungo la direttrice di una diagonale che divide in quadratura in due semipiani, talvolta di diversa intensità luminosa. Un'altra modalità di composizione dell'inquadratura è quella che pone in primo piano un oggetto che fa da cornice al soggetto principale, da cui deriva la definizione di INCORNICIATURA O EFFETTO “QUADRO NEL QUADRO”. Troviamo composizioni simili in Hitchcock, un autore particolarmente sensibile agli aspetti metalinguistici del lavoro cinematografico e ossessionato da talune strutture visuali. In Psycho ad esempio è il finestrino dell'auto che inquadra Janet Leigh interrogata dal poliziotto, le sue inquadrature in soggettiva del paesaggio visto attraverso il parabrezza o il lunotto posteriore dell'auto in movimento ovvero, nella sequenza in cui lei si ritiene inseguita dal poliziotto, sarà lo specchietto retrovisore ad inquadrare il paesaggio retrostante, sorta di schermo nello schermo. Un caso particolare di incorniciatura è costituito dalla presenza nell'inquadratura di specchi o superfici vetrate che, grazie al loro potere di “raddoppiamento riflessivo” creano un quadro all'interno del quadro. Andrej Rublëv (1969), grandioso affresco sulla vita del pittore di icone diretto da Andrej Tarkovskij, presenta numerose inquadrature composte con la tecnica dell’incorniciatura. Nel primo episodio, Il buffone, alcuni popolani assistono alle esibizioni di un saltimbanco, all'interno di un’isbah le cui finestre – che, a forma di feritoie orizzontali, rinviano al rettangolo allungato del formato scope in cui è girato il film – inquadrano l'esterno. Brian De Palma ha suddiviso lo schermo in due con la tecnica dello split-screen per rappresentare la contemporaneità di due azioni.

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Il tentativo più audace di “forzare” i limiti del rettangolo schermico appartiene alle composizioni “a polittico” di Abel Gance, che in alcune scene del suo Napoléon allo schermo centrale ne affianca due laterali, a far da ali e a creare un contrappunto di immagini diverse da quella centrale o presentando una stessa immagine duplicata ed invertita.

Dialettica di due spazi: campo e fuori campo Etimologicamente “inquadrare” vuol dire mettere in quadro, cioè estrapolare dal continuum della realtà fisica un frammento di essa. La nozione di campo presuppone dunque una suddivisione dello spazio in due entità: lo spazio in campo costituito da ciò che viene mostrato e quello fuori campo, quanto, cioè non ci viene mostrato ma fa comunque parte dell'ambiente circostante. Il campo cinematografico e infatti normalmente percepito come facente parte di uno spazio più ampio che lo comprende e che, pur non essendo visibile, gli esiste comunque attorno. il fuori campo non è limitato a ciò che sta al di fuori dai bordi del quadro ma...


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