IL Linguaggio DEL Video Sandra Lischi PDF

Title IL Linguaggio DEL Video Sandra Lischi
Course Studi visuali
Institution Università di Bologna
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Riassunto del libro...


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1.IL VIDEO TRA I MEDIA 1.1 TRA CINEMA E RADIO Il cinema nasce ufficialmente nel 1895- ”fotografia del movimento”. All’inizio era muto, ma contemporaneamente nasce la radio. La radio diventa domestica, come la televisione. Entrambi chiamati media della SIMULTANEITÁ. 1.2 LA TELEVISIONE La televisione si afferma nel 1952, diventando familiare e poi individuale. La tv attrae per il suo potere di portare nella quotidianità domestica l’attualità planetaria e comodità d’uso “flusso programmato”, che si accoppia con l’idea fluida e incessante che caratterizza la formazione dell’immagine elettronica sullo schermo. 1.3 IMMAGINE ELETTRONICA niente di nuovo 1.4 LA SCATOLA LUMINOSA Questo oggetto luminoso incuriosisce soprattutto gli artisti, facendolo entrare nelle gallerie d’arte. Gli artisti che si rivolgevano al video negli anni 60 non avevano modo di produrre da sé le immagini da immettere sui piccoli schermi tv: le attrezzature video non erano disponibili e ci si accontentava di giocare con le immagini già realizzate delle reti pubbliche. Nam June Paik aderisce al movimento FLUXUS e inizia a fare esperimenti pratici sopra l’apparecchio televisivo (se metti un magnete sopra la tv l’immagine si distorce). La televisione svela così nuove caratteristiche di linguaggio. La provocazione è quella di togliere realismo alla cronaca, giocare con l’immagine quotidiana dei programmi. 1.5 TELEVISIONE E VIDEO Il video è un medium che si affianca alla tv e insieme se ne distacca. È la forma indipendente che assume l’immagine elettronica. Si distacca dai generi e dalle durate codificate, esplora tematiche che i media lasciano in ombra. Per Video s’intende: come schermo tv, come nastro magnetico o cassetta, come tecnica (la videocamera) o genere particolare (videomusica o videoteatro).

2.UN NUOVO LINGUAGGIO? 2.1 VIDEO, FILM, CINEMA ELETTRONICO Per televisione non si deve parlare di proiezione ma di trasmissione; l’immagine televisiva può esistere anche senza il supporto di registrazione e la sua trasmissione è virtualmente ininterrotta; la trama dell’immagine è formata da linee e punti in continua vibrazione ed è modificabile in tempo reale. Tuttavia, gli steccati troppo rigidi tra i vari media non aiutano a

capirne a pieno il ruolo e il linguaggio, elementi questi che sono frutto di contesti e scambi culturali. La tv è anche parte integrante delle ricerche sulle immagini in movimento che hanno condotto all’invenzione del cinema, dialogo appunto fra i due media mai interrotto. Registi come Godard, Fritz Lang, Jean Renoir hanno sperimentato il linguaggio televisivo nelle loro opere cinematografiche (come lo sguardo in macchina o lo stile del reportage). Altri registi invece, come Antonioni, hanno effettuato riprese con le telecamere invece che con le cineprese: l’immagine elettronica può infatti consentire modificazioni dei colori delle scene nella fase del montaggio, con vari ritocchi sulle immagini “in diretta”. 2.2 IL VIDEO E LE ARTI: MUSICA, PITTURA, CINEMA ESPANSO. Il video nasce come possibilità di pensare l’immagine elettronica in modo diverso; video come anti televisione, come leggerezza opposta alla pesantezza degli apparati e come trasparenza dell’informazione. Video anche come cinema a basso costo, di intervento rapido nelle situazioni da documentare. Il video, quindi presenta due componenti: una realistica, collegata alla facilita d’uso e l’altra sperimentale e astratta, collegata alla natura malleabile dell’immagine elettronica. Molti pionieri del video provengono dalle arti plastiche e dalla musica: scoprire il video è stato come scoprire uno strumento che consentiva di proseguire in altri modi una ricerca estetica di linguaggi preesistenti. Robert Cahen, compositore francese, ha iniziato a sperimentare gli effetti dei “generatori di trucchi” dell’oscilloscopio, che deforma l’immagine e vi produce stratificazioni quasi geologiche e prova ad alterare elettronicamente il ritmo, il colore e le forme, partendo da riprese cinematografiche già esistenti. Per Bill Viola il video gli rivela la sua natura pittorica: il colore, i contorni, le figure potevano essere alterati con il videosintetizzatore, intensificando le tonalità e modificandole in senso antinaturalistico. PAINTBOX: usare frammenti di immagine video indifferentemente come texture grafica di sottofondo o come pennellate fedeli al tratto dell’originale, per creare nuove immagini statiche o in animazione, ritagliare un soggetto dal suo sfondo e metterlo in un contesto diverso, elaborare, alterare e ridimensionare a piacere qualsiasi porzione dell’immagine elettronica. 2.3 SUONO E IMMAGINE La televisione è nata direttamente con il suono, definita da alcuni critici come una “radio illustrata”, tanto che nella valutazione quantitativa di questo o di quel programma si usa l’espressione “indici di ascolto”. Al di fuori degli apparati televisivi sono stati invece gli artisti, gli autori video a ripensare al rapporto tra suono e immagine e la loro gerarchia nella produzione televisiva. Un video di varie ore come il pioneristico “Anna” di Alberto Grif (1970-72), è diventato esemplare di una nuova tendenza del documentario consentita dalle nuove tecnologie del tempo: le riprese in continuità consentivano di acquisire familiarità con l’interlocutore; grazie alla continuità, si riduce la tirannia dei costi del cinema sul tempo

delle riprese. I bassi costi del video consentono il lusso della calma e non confinano la prestazione dell’attore nell’angusto spazio del ciak. Si ritrova quindi, un’estetica e poetica che troviamo anche nel cinema neorealista. Gli autori del cinema “documentario” intuiscono subito le potenzialità e la versatilità del mezzo elettronico e affiancano i videoartisti in un’esplorazione diversa ma parallela nella sua sperimentazione. I primi videoartisti provenivano in gran parte dalla musica ed è per questo che la ricerca con l’immagine elettronica è stata ricerca insieme audio e visiva: rivendicazione dell’astrazione, della “non narratività” della musica o lo studio delle sue alterazioni. La televisione invece sembra resistere ai dispositivi per una resa acustica perfetta e avvolgente e ai perfezionamenti sonori. 2.4 PAROLA E IMMAGINE La video arte si è contrapposta al “vocentrismo” che caratterizzano il panorama audiovisivo e ha tentato di insistere sul potere evocativo dei suoni e della musica. Nella videoarte non esiste una sceneggiatura a cui attenersi e l’opera vera e propria si plasma in fase di montaggio, a partire dall’elaborazione delle riprese. La ricerca videoartistica si ricollega al cinema muto, perché tenta di costruire un senso a partire dalla composizione e dalla concatenazione delle immagini senza il sostegno dei dialoghi. La parola a volte viene usata a mo’ di didascalia oppure la elimina del tutto. Dalla metà degli anni 60 fino ai primi anni 80 la ricerca si incentra infatti prevalentemente sulla versatilità dell’immagine elettronica e le sue affinità con il suono. Un esempio è l’istallazione di Robert Cahen che costruisce un’istallazione su una serie di parole che fluttuano in uno spazio acquatico e lo attraversano dall’altro verso il basso. 2.5 GLI EFFETTI Prima nel cinema si parlava di trucco, come i trucchi magici di Melies, ora si parla di effetto speciale: esso designa in particolare tutti quegli effetti che si ottengono usando in cinema l’elettronica e ripassando poi tutti queste sequenze in pellicola per la distribuzione in sala, sono speciali perché vengono elaborati a parte e si inseriscono con la loro specialità in film dall’andamento spesso normalmente narrativo. Gli esperimenti degli anni Sessanta, quando Paik usava a scopo provocatoriamente artistico i disturbi e le alterazioni dello schermo TV, erano solo i primi risultati di una serie di intuizioni e invenzioni che hanno consentivo un ventaglio di effetti potenzialmente infinito. I primi erano in diretta, poi si inizia a lavorare sui nastri, a riprese già effettuate. I primi effetti video sono stati dunque le alterazioni delle immagini, le scomposizioni dello schermo, i giochi di velocizzazione e di rallenti e la loro interazione, le astrazioni a partire dai segnali visivi e sonori. I primi registratori video consentivano infine agli artisti e autori indipendenti ad accedere alla materialità del nastro e del suo scorrere, giocando con effetti di ripetizione e di eco di un’immagine. I vari effetti speciali:

Feedback: provocato dal puntare la telecamera sul monitor ad essa collegato. Variando l’angolazione e di ripresa e l’inclinazione della telecamera si potranno generare ulteriori effetti, figure astratte e spirali in mutazione. Croma-key: chiamato anche blue studio consente di combinare in una stessa inquadratura due diverse immagini. Praticamente è il green screen degli studi televisivi. Diviene di grande utilità per creare scenografie virtuali.

3.LA “TELEVISION ART” E IL RIPENSAMENTO DEI GENERI

3.1 LA SPERIMENTAZIONE TELEVISIVA: GLI ANNI SETTANTA Negli USA la WGBH TV di Boston mise in onda nel 1969 in poi una serie di opere sperimentali a colori basate sul rapporto con la musica; presero esempio da essa successivamente anche altre reti come quella di New York e San Francisco. Ma sono state le emittenti radiofoniche già negli anni Cinquanta a promuovere gli esperimenti di artisti indipendenti. Negli Stati Uniti, varie emittenti televisive accolgono “in residenza” artisti in grado di trafficare senza paura con i generatori di effetti mixer e video: se questi autori sperimentavano mossi dall’intento di “umanizzare la tecnologia”, per le emittenti si trattava di capire appieno la potenzialità della propria strumentazione e di lanciare qualche ardita sperimentazione (per esempio in Giappone vengono offerte dalla Sony). La tv era vista in modo negativo, ma anche come un materiale da deformare in modo grottesco o a cui attingere e costruire. 3.2 GLI ANNI OTTANTA E LA “TELEVISION ART” Ragghianti, nel 1970 sottolinea l’importanza delle ricerche televisive della tv francese. solo negli anni Ottanta peró la RAI istituisce un settore dedicato alla “Ricerca e sperimentazione programmi” aperto al contributo di registi cinematografici, televisivi e teatrali, specialmente dedicato all’esplorazione di una nuova “narratività” ispirata alle risorse dell’immagine elettronica. Questa breve stagione vide esperimenti di scenografia elettronica con il chromakey, tentativi di un nuovo modo di fare teatro in tv con una serie di effetti video, documentari su arte e artisti realizzati dispiegando la “tavolozza” cromatica della postproduzione video. Un esempio è il lavoro del regista Gianni Toti, che realizza delle video poesie che intendevano interrompere la routine del palinsesto tv. Negli anni Ottanta la videoarte si apre ad una sperimentazione meno astratta, attenta a forme narrative; alcune televisioni dedicano una parte della propria programmazione a esperimenti di prestigio o a forme e linguaggi che attirino un pubblico colto e interessato all’arte. Nel 1984, Paik propone un programma ispirato alla profezia orwelliana del Grande Fratello: una diretta Parigi- New York

con lo schermo diviso in due e una mescolanza di tradizione televisiva e innovazioni video artistiche. Anche la BBC inizia a promuovere opere, artisti e serie concepite per la diffusione televisiva. Un esempio è la serie A TV DANTE, otto puntate della durata da dieci minuti ciascuna. Si inizia a parlare quindi di TELEVISION ART, dove le trasmissioni vengono affidati ai maggiori videoartisti internazionali,< come Gary Hill, Bill Viola e anche registi come Godard. Collaborano quindi artisti, autori indipendenti e le reti tv particolarmente lungimiranti. 3.3 IL DOCUMENTARIO DI CREAZIONE Sempre negli anni Ottanta il video astratto inizia a porsi il problema di “raccontare”, mentre il documentario quello di diversificare i modi dell’espressione, arricchire le forme e impaginare la realtà in un modo diverso, cercando quindi di mescolare lo spazio urbano con musica, grafica, arte, danza ecc. In Francia viene chiamato Documentaire de création: in queste opere, lo spazio urbano è ritratto attraverso immagini, suoni, rumori, gesti rivisitato con alterazioni temporali o effetti pittorici. Un’altra tendenza è quella di elaborare creativamente materiali di repertorio: ovvero reimpaginare e talvolta sonorizzare le vecchie pellicole consentendo loro una nuova circolazione grazie alle videocassette, oppure rileggere la storia utilizzando memorie private ed amatoriali. Quest’ultimo genere artistico è rappresentato dalla serie “Diari”, una produzione della casa di produzione di Nanni Moretti, che narra in video assemblando testimonianze, film d’archivio ecc. Si sviluppa tra gli Ottanta e Novanta un uso del video “semplice”, privo di effetti e di elaborazioni dell’immagine e del suono. 3.4 NUOVE NARRAZIONI E POESIA ELETTRONICA In questi stessi anni il riferimento degli autori video è a testi letterati: lo scopo non è quello di sceneggiarli, ma di riproporli usando le avventure formali che l’elettronica consente. Spesso, in queste nuove narrazioni l’autore mostra apertamente che si tratta di una versione del tutto personale del testo di riferimento; una lettura parziale e soggettiva che non pretende di narrare tutto ma si offre all’interpretazione. Bill Viola afferma che la video arte è una forma di poesia che non esiste in tv. 3.5 IL VIDEO E LA SCENA Una delle grandi novità degli anni Ottanta è l’incontro fra teatro e video. VIDEO in questo caso indica sia la produzione e la programmazione televisiva, sia il televisore, ma anche gli effetti consentiti dall’immagine elettronica. Molti autori e compagnie si accostano al video applicandone le metamorfosi alla rappresentazione teatrale, usando i colori pre creare scenografie non realistiche, deformando il volto dell’attore, contaminando i linguaggi. Un esempio è La camera astratta (1987): mette in scena una rete fitta di dialoghi tra macchine e persone, ripresa realistica e messa in scena teatrale, enigmaticità ed evidenza. Una rete che dà vita ad una narrazione metaforica e stratificata. La videodanza invece si sviluppa negli

USA, Canada, Francia e Gran Bretagna. Queste innovazioni di linguaggio si uniscono spesso alla stessa dimensione innovativa della danza novecentesca, per cui i ballerini escono dal teatro e compiono le proprie evoluzioni nello spazio urbano.

3.6 VIDEOARTE E VIDEO D’ARTISTA Il video d’artista si colloca sul versante della performance: l’autore usa cioè alcune caratteristiche del medium, come la durata, l’economicità per registrare una propria performance o una situazione coerente con la propria performance. Si tratta di autodocumentazioni da cui in genere è assente l’elaborazione dell’immagine, azioni spesso semplici che evidenziano la gestualità, il corpo, una certa ritualità. Di solito il video d’artista preferisce un’immagine a bassa definizione, non solo in senso proprio ma anche metaforico. Molti video d’artista hanno anche una loro distribuzione, che è interna al mercato dell’arte e che ha una modalità e costi molto diversi rispetto alla distribuzione tradizionale della videoarte.

4. TRA ARTE E TECNOLOGIA

4.1 LE VIDEOINSTALLAZIONI Per videoinstallazioni si intende quando l’artista utilizza il monitor come materiale da inserire in altri o da esporre come modulo di una costruzione semplice o complessa; oppure assemblato per formare figure antropomorfe come i robot di monitor di varie epoche (elaborate da Paik). Gli artisti avevano scoperto che collegando la telecamera ad un monitor potevano rivedersi immediatamente, e usarono questa possibilità per creare rapporti sorprendenti tra lo spettatore e la sua immagine sullo schermo. Le videoinstallazioni sono in genere difficili da descrivere, sia a parole che con una documentazione: sono costruzioni e dispositivi che prevedono l’esperienza diretta dello spettatore-attore, spazi creati per essere vissuti. 4.2 CENTRI DI PRODUZIONE E NUOVE COMMITTENZE Le arti elettroniche cominciano a fare il loro ingresso nelle accademie d’arte, nelle università e nelle pubblicazioni accademiche. Il video viene usato anche nelle mostre temporanee, magari con istallazioni e postazioni per la consultazione di immagine o con un uso scenografico dei monitor. Sono modalità nuove concepite per un’esperienza museale, cui spesso si affianca l’ideazione di percorsi o spettacoli multimediali per tracciare la storia di un territorio. 4.3 L’AVVENTO DEL DIGITALE

L’immagine analogica è la conversione di energia luminosa in energia elettrica. Il digitale invece si basa come tutta l’informatica su un codice binario. La computer art raccoglie e ricrea alcune utopie cinematografiche e alcune ricerche sull’immagine astratta, creando in base a una serie di calcoli tutta una gamma di variazioni ritmiche e cromatiche. Il digitale consente di creare punti di vista che sfidano ogni legge fisica, simulando situazioni impossibili da raggiungere. La possibilità di conversione di un segnale in codice numerico è la grande novità della fine del Novecento e del nuovo secolo: l’era informatica modifica i nostri modi di vivere. 4.4 L’IMMAGINE NUMERICA: ELEMENTI DI RIFLESSIONE non c’è un casso da dire più. 4.5 IL DIGITALE E IL VIDEO manco qua....


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