Sulle Rotte DI Ulisse Riassunto libro PDF

Title Sulle Rotte DI Ulisse Riassunto libro
Course Letteratura italiana
Institution Università degli Studi Gabriele d'Annunzio - Chieti e Pescara
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Riassunto di uno dei testi del programma "Viaggio in letteratura"...


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SINTESI “SULLE ROTTE DI ULISSE”

PREFAZIONE Non è possibile parlare di una localizzazione determinata dei luoghi dell’Odissea. La geografia di quest’opera potrebbe essere posizionata senza problemi anche nei mari dei Caraibi o della Scandinavia. In questo libro non è presente nemmeno una conferma della tesi secondo cui le Colonne d’Ercole si troverebbero in Sicilia e non sullo stretto di Gibilterra (idea forse presente nel secondo millennio, ma non durante la colonizzazione greca), con relativo sconvolgimento della geografia del Mediterraneo occidentale. Il saggio intende riscoprire l’identità dei primi navigatori greci, che hanno solcato il Mediterraneo, ai quali si deve la localizzazione delle avventure di Ulisse proprio in questo mare. Questi naviganti, che potevano essere marinai, mercanti o coloni, si sono spinti da oriente ad occidente, arrivando anche a superare le mitiche colonne d’Ercole. Costoro navigavano verso l’ignoto e lenivano la propria ansia esistenziale, immaginando di attraversare le rotte percorse già da Ulisse. Ciò comporta che lo scenario delle avventure di Ulisse sia estremamente mobile e che si dilati in occidente tanto più lontano quanto in regioni sempre più sconosciute si attesta l’attività mercantile dei greci che ne codificano sul terreno il teatro d’azione. Il sistema di localizzazione che tutti conoscono grazie agli studi scolastici, non è che l’ultimo in ordine di tempo tra i tanti che sono stati elaborati. Importante è notare che la codificazione della geografia dell’Odissea si compie definitivamente già nella seconda metà dell’VIII secolo, stagione delle prime fondazioni coloniali elleniche (come Cuma e Nasso) e che essa si manterrà immutata fino alla tarda età ellenistica, quando i Romani, vinta Cartagine, si proietteranno su rotte atlantiche, riciclando la leggenda dell’eroe navigatore.

CAPITOLO 1 UNA PREMESSA GENERICA, MA NECESSARIA 1. L’Odissea e il mare L’espansionismo greco ha avuto luogo nel Mediterraneo e nei mari ad esso adiacenti e intensa è stata la mobilità umana sulle rotte del Mediterraneo e del Mar Nero. In quest’area si muovono diversi personaggi del mondo ellenico: mercanti, colonizzatori, profughi politici, aristocratici che intrattengono personali relazioni internazionali. Anche i poeti arcaici raccontano l’esperienza per mare propria o altrui: il diseredato Archiloco diventa mercenario e colono, Saffo narra le navigazioni del fratello per via di traffici internazionali ecc… Tuttavia è l’Odissea a consentirci di comprendere, più di ogni altra opera o testimonianza, il mondo, l’ambiente, l’ansia esistenziale e l’esperienza tecnica che l’uomo greco ha sviluppato grazie alle sue avventure transmarine. Inoltre, essendo il popolo greco culturalmente

omogeneo ma politicamente frazionato, l’esperienza marinara finisce per diventare il marchio dell’identità nazionale. Ulisse diviene dunque il modello di riferimento del navigante ellenico: la vita marinara tempra l’ingegnosità di entrambi, permettendogli di ottenere i mezzi di sussistenza. Tipica dello spirito ellenico è infatti la tendenza a sopperire con la tecnica alla povertà dei doni della natura. Questa mentalità, acquisita con la padronanza del mare, consente all’uomo greco di insediarsi in terre lontane, ricreandovi delle proiezioni della patria d’origine. Anche l’assetto geografico della penisola ellenica contribuisce a temprare l’uomo greco, fornendogli la capacità di adattarsi ai luoghi che andrà a colonizzare: in Grecia infatti troviamo una forte escursione termica tra inverno ed estate e paesaggi molto vari, dalle linee di costa, ai rilievi montuosi che cadono a picco sul mare. Questo fa sì che l’uomo greco possa ritrovare in ogni luogo qualcosa della propria terra natia. Queste avventure sono dunque figlie della fame, in quanto dettate da motivazioni puramente economiche, e vedono protagonisti i coloni, che ricreano la propria patria in terre lontane, e i mercanti che, per sete di profitto, commerciano in terre remote. Nel mondo antico il mercante, come del resto Ulisse, è anche un esploratore, che sosta in terre molto lontane ed è sempre proteso al ritorno (nostos): nonostante in ogni porto ci sia una donna che si innamora di lui, l’eroe persegue la meta della casa e dei figli (oikos). La conoscenza del mare da parte del mercante e dell’eroe diventa un motivo di superiorità sulle genti che abitano il continente : non a caso Ulisse definisce i Ciclopi rozzi, in quanto non conoscono il mondo del mare e delle navi e l’indovino Tiresia dirà ad Ulisse che il suo ultimo viaggio per terra avrà luogo in un altro mondo, in cui non si conoscono il mare, il remo, il sale. Le società che non hanno padronanza della conoscenza marittima sono dunque destinate all’isolamento. Due sono le connotazioni che l’uomo di mare ha avuto nel mondo antico, ossia mercante e pirata, di cui Ulisse è sempre prototipo: il ciclope chiede infatti all’eroe omerico, quando lo vede per la prima volta, a quale delle due categorie egli appartenga. Il mercante tuttavia può trasformarsi all’occorrenza in pirata e questa attività in sé non è oggetto di critica. Nel caso specifico dell’Odissea, la razzia delle vacche del sole è oggetto di biasimo, in quanto effettuata a danno della divinità, con successive luttuose conseguenze. I versi iniziali del poema mostrano infatti che la mercatura, la pirateria e la colonizzazione molto spesso erano praticate dalle stesse perone, le quali non avevano limiti socialmente definiti e potevano cambiare questi ruoli a seconda delle circostanze.

2. L’eroe, il colono e il mercante Ulisse può essere prototipo di queste figure che, nonostante le specifiche differenze, hanno delle caratteristiche comuni, ossia il sapere geografico, la conoscenza delle rotte percorribili, l’esperienza di temerari piloti e la spinta all’espansionismo transmarino. Fattore comune dei loro insediamenti è inoltre la vicinanza al mare (dal Mediterraneo al Mar Nero), con un’estensione molto limitata verso l’entroterra, strettamente legata alla sopravvivenza quotidiana. I Greci infatti non vogliono conquistare le regioni continentali, bensì fondare colonie autonome, posizionate nei luoghi strategici delle rotte trasmarine.

Vediamone ora le specifiche differenze: 

APOIKIA: termine che designa la colonia e indica infatti in greco la lontananza da casa. Essa era una poleis, indipendente dalla madrepatria, fondata dal colono, i cui valori si basavano sia sul conservatorismo patrio, sia sull’innovazione sociale, dovuta alla necessità di adattarsi al nuovo ambiente.



EMPORION: rappresenta la realtà insediativa tipica del mercante ed ha una struttura molto elastica e poco definibile: si definiva infatti emporion ogni insediamento costiero che non era apoikia. Tale disomogeneità è dovuta alla necessità di adattarsi ogni volta alle esigenze dei mercanti e delle popolazioni indigene, che convivevano e commerciavano tramite specifiche regolamentazioni in materia di commerci e tributi. La mancata presenza di descrizioni da parte degli storiografi classici è una prova della precarietà di questi insediamenti, che molto probabilmente erano simili a quelli fenici, presenti in Sicilia. Non mancano i casi di emporia trasformatisi in colonia stabile (apoikia), come Naucrati, alla foce del Nilo o Adria, alla foce del Po.

La pratica del mare era comune sia nel colono, sia nel mercante, tuttavia questa attività non godrà di una buona considerazione sociale fino al periodo delle tirannidi: lo stesso Ulisse si vanta di molte cose, ma mai di essere un esperto timoniere. Il mondo aristocratico era legato ai valori del mondo contadino e guardava le prime esplorazioni coloniali con una certa diffidenza: il poetacontadino Esiodo infatti critica il fratello Perse che infrange la vita domestica per cercare fortuna nell’attività mercantesca. Sorprende dunque il paradosso dell’Odissea per cui Ulisse, uomo aristocratico, diventa l’eroe navigatore, protagonista del poema nazionale delle genti elleniche. Il paradosso tuttavia è solo apparente: i rozzi navigatori arcaici, in quanto classe ricca e in ascesa, tendevano ad appropriarsi dei costumi aristocratici, non molto diversamente da come accadrà poi nel medioevo, in cui i fanti al seguito dei crociati perseguivano i valori dell’epica carolingia. Oltretutto l’imitazione da parte dei marinai del modello di Ulisse era stimolata anche dalla simile struttura delle loro imbarcazioni con quelle descritte nel poema: non c’era la coperta (katastroma), l’impalcatura poppiera (ikria) era esile, il remo timone (oiax) era lo stesso. I rozzi navigatori greci di epoca arcaica sopra citati non sono altri che gli Eubei, abitanti delle città di Calcide e di Eretria, nell'isola Eubea ( situata nel mare Egeo davanti alla costa attica) e pionieri della colonizzazione ellenica in Africa, Italia e Sicilia nel VIII secolo. Eretria focalizzava la propria attività coloniale in Tunisia, nell’isola di Corcira sullo Ionio , nel siracusano in Sicilia e a Pitecussa nelle acque golfo di Napoli. Le due città entreranno in conflitto nel 750 e Calcide risulterà vincitrice, diventando leader nell’espansionismo ellenico in Italia e in Sicilia, fondando Cuma e Nasso, legate alla nascente Corinto.

Stretto è il legame tra gli Eubei ed Ulisse, in quanto essi sono stati autori della prima codificazione territoriale della geografia dell’Odissea: le tappe delle peregrinazioni di Ulisse, come di tante altre leggende euboiche, si evolvono assieme all’avventura coloniale di Calcide ed Eretria. Lo stesso nome greco Odisseo, si tramuta in Ulisse per influenza delle lingue italiche con cui gli Eubei entrano in contatto.

3. Un mondo altro e la navigazione dell’oceano La memoria narrata nell’Odissea fa parte dell’immaginario di ogni colono. La geografia definita dagli Eubei rimarrà immobile per i successivi sei secoli, per poi cambiare ancora sotto Alessandro Magno e in epoca Romana, arrivando ad includere anche le coste oceaniche. Anche il personaggio di Ulisse subirà delle trasformazioni, perché non servirà più a lenire l’ansia esistenziale del colono che si avventurava in acque sconosciute, bensì a giustificare l’imperialismo delle grandi potenze, munite di ben più solide imbarcazioni. Il marinaio arcaico, ad eccezione dello spazio di Gibilterra, non conosceva le rotte dell’Atlantico, viste come aree segrete e inviolabili. Probabilmente ciò è dovuto al fatto che esse, a partire dalla fine del VII secolo, sono rigidamente controllate da Cartagine, erede delle rotte commerciali fenice. I Greci e i Romani non riuscivano a varcare l’atlantico, perché mancavano delle conoscenze nautiche necessarie, custodite gelosamente dai punici, che tentano, già nel V secolo, partendo da Cadice, a circumnavigare l’Africa, come narra il periplo di Annone (navigatore cartaginese), e ad esplorare le britanniche isole Cassiteridi, come è descritto nel periplo di Imilcone (altro navigatore ed esploratore cartaginese). Il geografo Strabone narra di una nave romana che tentò di inseguire una nave punica, diretta alle Cassiteridi, e che quest’ultima, pur di non svelare la rotta si è volutamente incagliata: l’ordine in questi casi era tassativo e il navigante punico veniva risarcito dall’intera comunità. Non a caso Alessandro Magno muove guerra ai punici in concomitanza con l’idea di esplorare gli oceani e i Romani riescono ad affacciarsi sull’Atlantico solo dopo aver sconfitto Cartagine. Sembra assai probabile che la terza guerra punica sia scattata proprio per la volontà di Roma di inserirsi nei traffici commerciali atlantici. In questo contesto storico le avventure di Ulisse saranno proiettate in acque sconfinate e climi più algidi e l’eroe omerico sarà deformato in chiave attuale.

CAPITOLO 2 LA ROTTA NORD-MEDITERRANEA: DALLO IONIO AL TIRRENO 1. L’Odissea e la colonizzazione euboica tra Italia e Sicilia Appare impossibile ricostruire la serie dei luoghi che fu teatro delle avventure di Ulisse, in quanto l’Odissea sembra essere ripulita da qualsiasi indizio geografico. Tuttavia è possibile indagare sulla nazionalità dei primi coloni greci, fautori della prima localizzazione occidentale della geografia dell’Odissea, che ubica:  L’isola dei Feaci a Corcira  I gorghi di Scilla e Cariddi nello Stretto di Messina  Il pascolo dei buoi del Sole nella Sicilia nord-orientale

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Le caverne dei Ciclopi presso l’Etna Le sedi dei Lestrigoni a Leontini Il regno di Eolo nell’arcipelago delle Lipari Le sirene presso Sorrento L’Averno nei Campi Flegrei L’antro di Circe sul promontorio del Circeo

Tutte le località elencate sono state oggetto di frequentazione commerciale da parte degli Eubei, i greci di età arcaica, protagonisti della colonizzazione dei mari d’occidente, che si snoda proprio nelle rotte percorse da Ulisse. La più antica tra tutte queste fondazioni greche è l’emporio di Pitecussa (prima metà VIII sec a.C).

2. Esiodo e la geografia occidentale dell’Odissea Si ritiene erroneamente che la prima localizzazione occidentale dell’Odissea sia da attribuire a degli eruditi di età alessandrina, tuttavia in epoca classica la localizzazione sopra citata era già nota agli autori del tempo, come ad esempio Tucidite. Quest’ultimo inoltre ci consente di risalire a livelli cronologici più alti: interrogandosi sulla localizzazione dei Ciclopi e dei Lestrigoni in Sicilia egli ci dice che ci si deve accontentare di quello che hanno già cantato i poeti. Sicuramente non stiamo parlando dei rapsodi omerici, ma di poeti che si collocano tra Omero e Tucidite, nello specifico del poeta Esiodo. Da un papiro mutilo sappiamo che Esiodo localizza i Lestrigoni in Sicilia, quindi è proprio nell’epoca in cui egli è vissuto, ossia la prima metà del VII secolo, che si elabora la prima codificazione scritta della geografia occidentale dell’Odissea. Altro interessante indizio sta nel fatto che, nella Teogonia, Esiodo ci dice che, dall’unione di Ulisse e Circe sono nati Agrio e Latino, primi mitici re di Albalonga. Queste zone non sono casuali: l’Etruria, l’Elba e le isole dell’arcipelago toscano sono state oggetto delle prime frequentazioni in Italia da parte dei greci.

3. Gli Eubei, Itaca e l’Odissea La codificazione occidentale della geografia dell’Odissea è dunque di matrice arcaica e l’Ulisse occidentale segue la rotta scandita dai siti di fondazione euboica (vedi elenco sopra). Ulisse per altro è di Itaca, quindi per raggiungere l’Italia deve necessariamente passare per Corcira, il canale di Otranto e doppiare il promontorio Iapigio. La rotta è nota allo stesso poeta dell’Odissea, che fa parlare Ulisse dell’Occidente sempre in contesti di carattere nautico. Molto probabilmente quindi, gli eubei si saranno impossessati della leggenda marinara di Ulisse, proponendone una lettura in chiave occidentale. Itaca torna ad avere un ruolo centrale nelle avventure di Ulisse, che erano state orientalizzate nel mitico scenario della guerra di Troia, sede dei primi insediamenti greci nell’area del Mar Nero. L’isola dell’Eubea inoltre non è estranea nemmeno ad Omero e viene nominata, per bocca di Acinoo, in un contesto marinaresco e tracciando una precisa rotta di ritorno, battuta da ogni marinaio euboico, che dallo Ionio torna verso l’Egeo.

In senso inverso l’Eubea si situa in una rotta di andata per il navigante che procede, da oriente a occidente , in direzione dell’Italia e della Sicilia. La flotta degli Achei, reduci da Troia, naufraga sulle coste dell’Eubea, quindi è da quest’isola che ha inizio l’avventura dei Nostoi, che organizzano delle spedizioni nei mari dell’occidente. Non a caso il teatro delle spedizioni di Ulisse si sposta sempre più ad occidente, in accordo con le nuove rotte scoperte dagli Eubei: è il caso dell’isola delle sirene che, dallo Stretto, sono spostate nel Mar Tirreno, o dell’isola di Ogigia, che si sposta da Crotone a Gibilterra, dopo la fondazione degli insediamenti di Cuma e Pitecussa. A sostegno della tesi della codificazione euboica della geografia dell’Odissea possiamo portare i seguenti argomenti:  



Nessuna delle avventure di Ulisse si situa tra Taranto e Locri, questo perché quella era una zona abitata dagli achei, concorrenti degli eubei. L’avventura di Ulisse si colloca sulla rotta nord mediterranea, le cui località erano legate a fenomeni di carattere naturale che attraevano la fantasia dei navigatori greci: le acque dello Stretto con i gorghi di Scilla e Cariddi, le pendici vulcaniche dell’Etna con l’antro dei Ciclopi, le solfatare dei Campi Flegrei ecc. Unica eccezione è costituita dalla sede dei pascoli divini, che erano però oggetto di continue scorrerie e atti di pirateria, da parte della gente venuta dal mare. Questa gente è costituita proprio dagli Eubei di Cuma e Calcide, definiti pirati da Tucidite. Esiodo colloca le avventure di Ulisse in Etruria e Sicilia. Come può però un contadino come lui aver attinto queste informazioni, note solo a uomini dediti all’arte della navigazione? È presto detto: egli ha fatto questa scoperta proprio in Eubea, nella città di Calcide, in occasione di quello che potremmo definire il primo festival della canzone, tenutosi in occasione dei giochi funebri in onore del re Anfidamante, risultando vincitore della gara di canto. Lì avrà senz’altro avuto modo di sentire dei rapsodi che hanno cantato le vicende di Ulisse, secondo la nuova codificazione geografica euboica.

4. Gli Eubei, l’Odissea e “la coppa di Nestore” Ulteriori prove ci consentono di affermare che la codificazione della geografia occidentale dell’Odissea sia opera degli Eubei. Stiamo parlando del ritrovamento archeologico della Coppa di Nestore, che ci dimostra che i poemi omerici erano conosciuti già dagli abitanti di Pitecussa. In quest’isola è stata infatti ritrovata, in una tomba, una coppa dell’VIII secolo a C, che presenta un’iscrizione recante una comparazione tra il suo contenuto e quello della coppa di Nestore, descritta nell’Iliade. Il morto, inumato con la sua coppa, afferma che il vino della coppa di Nestore era piacevole solo a bersi, mentre il contenuto della sua coppa diventava automaticamente afrodisiaco. Considerando poi che gli Eubei si insediano a Pitecussa nella prima metà dell’VIII secolo, e che la coppa risale all’ultimo quarto di questo secolo, molto probabilmente il suo possessore appartiene alla prima generazione di colonizzatori dell’isola. La stessa memoria del personaggio di Nestore è significativa, in quanto anch’egli è un reduce da Troia, che viaggia e soffre per mare, arrivando a fondare delle città in Etruria, regione che per gli Eubei costituiva la meta primaria dei loro commerci.

Questi cantari sulla vicenda di Nestore molto probabilmente erano sconosciuti al compositore dell’Odissea. Come hanno fatto dunque gli Eubei a venirne a conoscenza? Anche in questo caso è un ritrovamento archeologico a consentirci di svelare l’arcano: un sigillo proveniente da Pitecussa, raffigurante Aiace che sorregge il cadavere di Achille, ucciso da una freccia di Paride. Questo episodio è narrato SOLO nei cantari del ciclo. Ciò dimostra che la materia dei vari cantari era ben conosciuta a Pitecussa. Tutta la documentazione converge verso Pitecussa e la tradizione conserva anche l’episodio dello sbarco di Ulisse sull’isola, seppure questa aggiunta risalga ad un livello cronologico basso, ossia in età ellenistica. Il poeta Licofrone testimonia la notizia e designa la falsa etimologia dell’isola, definendola “Isola dei Pitechi”, cioè delle scimmie. La notizia di questo sbarco di Ulisse a Pitecussa può essere invenzione tanto degli Eubei, quanto di altri greci di età successiva. La prima ipotesi sembra essere la più suggestiva, altrimenti occorre chiedersi come Licofrone, poeta ellenistico, abbia potuto appropriarsi dell’arcaica memoria del patrimonio euboico. Molto probabilmente, questa conoscenza si deve al fatto che il poeta è originario di Calcide in Eubea. Egli inoltre attinge a memorie euboiche anche per il suo teatro. Ne è un esempio la tragedia Nauplio , leggendario re dell’ Eubea, che avrebbe causato un naufragio di navi achee nelle scogliere di Pitecussa per vendicare la morte del figlio. L’Eubea viene dunque ad essere la terra dove ha inizio la diaspora degli ...


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