Tesi di laurea PDF

Title Tesi di laurea
Author Roxhensa Mara
Course Marketing
Institution Università degli Studi di Trieste
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Tesi di Laurea in Marketing Management...


Description

UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TRIESTE

DIPARTIMENTO DI SCENZE ECONOMICHE, AZIENDALI MATEMATICHE E STATISTICHE “BRUNO DE FINETTI”

CORSO DI LAUREA IN ECONOMIA COMMERCIO INTERNAZIONALE E MERCATI FINANZIARI

TESI DI LAUREA IN MARKETING LA SOSTENIBILITA’ NEL MODELLO FAST-FASHION. IL CASO H&M

RELATRICE: PROF.SSA PATRIZIA DE LUCA LAUREANDA: ROXHENSA MARA ANNO ACCADEMICO 2018/2019

Che cosa è una moda? Da un punto di vista artistico, di solito è una forma di bruttezza talmente intollerabile da doverla cambiare ogni sei mesi. Oscar Wilde

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INDICE INTRODUZIONE......................................................................................................4 CAPITOLO I IL MODELLO FAST-FASHION 1.1 FAST-FASHION: SIGNIFICATO E ORIGINE...................................................6 1.2 IL FAST FASHION NELLA GLOBAL FASHION INDUSTRY.......................9 1.3 LA FILIERA CREATIVA ..................................................................................13 1.4 LA PRODUZIONE NELLE IMPRESE DEL FAST FASHION........................15 1.5 IL SISTEMA DISTRIBUTIVO DEL FAST FASHION ....................................17

CAPITOLO II IL PROBLEMA DELLA SOSTENIBILITA’ 2.1 I DANNI DELL’INDUSTRIA TESSILE............................................................19 2.2 FAST FASHION E INSOSTENIBILITA’..........................................................21 2.3 L’IMPATTO AMBIENTALE E SOCIALE........................................................22 2.4 LA SOSTENIBILITA’ COME FONTE DI VANTAGGIO COMPETITIVO 2.4.1 LA SENSIBILIZZAZIONE DEL CONSUMATORE..........................25 2.4.2 CORPORATE SOCIAL RESPONSABILITY E TRIBLE BOTTOM LINE MODEL...............................................................................................28 2.5 IL CASO H&M 2.5.1 POLITICHE DI SOSTENIBILITA’.....................................................31 CONCLUSIONI........................................................................................................36 BIBLIOGRAFIA.......................................................................................................38

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INTRODUZIONE La moda è un insieme complesso di significati, l’abito non è più ormai solo un mezzo per proteggere il corpo dagli agenti atmosferici ma anche un mezzo di comunicazione. Il concetto è cambiato nel tempo adattandosi al contesto storico e ad una società sempre più frammentata e consumista che spinge gli individui ad acquistare sempre più beni non primari. Tutto questo, avvantaggiato dalla diffusione della tecnologia, ha portato alla nascita della moda veloce che soddisfa la voglia dei consumatori impazienti di ottenere subito ciò che desiderano. Il presente lavoro è nato dalla curiosità di comprendere e analizzare il successo mondiale del fenomeno fast fashion e studiare come le imprese che hanno adottato questo modello di business siano riuscite ad adattarsi al mercato cercando di soddisfare le richieste del consumatore. L'elaborato verrà suddiviso in due capitoli. Il primo capitolo esaminerà lo sviluppo del modello fast fashion dal punto di vista strategico, organizzativo ed operativo. Il successo del fast fashion è stato interpretato come l’effetto di una maggiore capacità di offrire al mercato in tempi molto brevi ed a prezzi molto competitivi prodotti di tendenza da poter rinnovare in continuazione. Nel contesto globale il fast fashion ha contribuito a democratizzare la moda e viene identificato dal segmento di mass market, offrendo una tipologia di prodotti di basso livello qualitativo difficilmente paragonabile a quello che offre il sistema tradizionale del prêt-à-porter. Nonostante questo, i due mondi si stanno sovrapponendo sempre di più: le catene internazionali di moda veloce hanno adottato una strategia di tranding up dove la segmentazione del mercato in base al reddito perde di significato e il consumatore è sempre più disposto a consumare trasversalmente i segmenti di mercato. Il prodotto moda ha sempre goduto di un valore comunicativo e interpersonale, facendo sì che la parte materiale assuma valore grazie agli elementi culturali e creativi. Le aziende di fast fashion anche in questo ambito si distinguono dalle aziende tradizionali poiché la loro filiera creativa è gestita da un team multiculturale che permette alle imprese di potersi interfacciare meglio con le richieste del consumatore, creando ciò che Cietta chiama creatività “diffusa”. L’ultima parte del capito si concentrerà su come le imprese del fast fashion riescano a 4

raggiungere la massima efficienza produttiva attraverso la delocalizzazione della produzione ed infine come la strategia distributiva possa essere la chiave del loro successo. Nel secondo capitolo invece verranno analizzate le criticità dello sviluppo del modello fast fashion. Nonostante questo modello di business si sia rilevato molto profittevole per le imprese, con esso sono nate una serie di problematiche legate alla diffusione dei prodotti low cost, come il consumo eccessivo, l’inquinamento ambientale e lo sfruttamento di manodopera a basso costo. I valori dei consumatori sono cambiati nel tempo e grazie anche alla diffusione di Internet gli individui hanno acquisito sempre più maggior consapevolezza degli impatti che un consumo eccessivo può avere sull'ambiente e sulla società stessa. In una realtà sociale come la nostra, caratterizzata da uno stile di vista estremamente consumistico, la questione della sostenibilità economica, ambientale e sociale dovrebbe essere un elemento che condiziona le scelte quotidianamente. Di certo non si può pensare di evitare il problema riducendo gli acquisti perché essi fanno parte della nostra vita quotidiana, ma in ogni caso risulta al giorno d’oggi quantomeno difficile risultare indifferenti rispetto agli ormai attuali temi di salvaguardia ambientale e tutela sociale. Da una parte le imprese della moda veloce si trovano nella posizione di dover rispondere al cambiamento di questo contesto, attuando delle politiche sostenibili nella loro catena produttiva: l’utilizzo di materie prime ecologiche, riciclabilità dei materiali, tutela dei diritti dei lavoratori. Dall’altra parte devono rimanere attente a non compromettere la strategia di prezzo in considerazione dei costi aggiuntivi che potrebbero portare tali adeguamenti. Infine, verrà analizzato il caso dell’azienda svedese H&M, leader mondiale nell ‘industria del fast fashion e di come essa sia riuscita a gestire il problema della sostenibilità rendendolo un fattore chiave della sua mission aziendale, ottenendone di fatto un vantaggio competitivo nei confronti dei suoi concorrenti. Nel corso degli anni l’azienda ha adottato delle politiche di sostenibilità ambientale e sociale che riguardano il processo di produzione, distribuzione e consumo dei capi di abbigliamento.

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CAPITOLO I

IL MODELLO FAST-FASHION 1.1 FAST FASHION: SIGNIFICATO E ORIGINI Il fast fashion può essere definito come la strategia di alcune aziende di immettere sul mercato dei prodotti alla moda il più veloce possibile, aumentando la capacità di risposta dell’impresa al mercato e diminuendo l’incertezza della domanda (Arrigo, 2015). Alcune fonti riportano che il termine fast fashion sia stato inventato dall'autorevole New York Times nel 1989, anno in cui Zara aprì il suo primo negozio a New York. H&M fu fondata nel 1946 e Zara nel 1975 ma il modo in cui producono e vendono vestiti economici e alla moda ha origini nelle fabbriche tessili dell’Ottocento (Indacavage, 2016). Anche se per l’Ottocento non si può certo parlare di fast fashion le industrie tessili nate all’epoca caratterizzano ancora oggi il modo in cui vengono fabbricati i vestiti economici: i primi abiti realizzati in serie e destinati alle donne della classe media, dato che quelle più ricche si rivolgevano a botteghe di sartoria e quelle più povere si cucivano i vestiti da sole. Infatti, Indacavage (2016) spiega che il sistema di produzione di abiti in serie nato in quel periodo grazie alla Rivoluzione Industriale è, ancora oggi, parte dei processi produttivi delle aziende che operano nel fast fashion. Scozzese riporta questo modello come una “esasperata visione del ciclo della moda” (Scozzese, 2012, pg.9), caratterizzata da tempi molto brevi di produzione, rinnovo continuo dell’assortimento, prezzi di vendita bassi e da un design dei prodotti sempre attuale. Nel settore moda è stato senza dubbio il modello produttivo/distributivo più di successo degli ultimi anni, tanto è vero che Cietta (2008, pg.23) a tale proposito afferma che “[…] i successi imprenditoriali più significativi […] sono tutti riconducibili ad aziende che adottano modelli di produzione e di distribuzione veloce, cioè accelerati rispetto ai tradizionali 24 mesi necessari alla filiera per vedere le collezioni realizzate nelle vetrine dei negozi”. Infatti, il principale obiettivo del fast fashion è quello di riuscire a realizzare capi d’abbigliamento di tendenza e di renderli disponibili alla vendita nei negozi nel minor tempo possibile, minimizzando i costi di produzione. La differenza fra il tessile- abbigliamento e un altro prodotto industriale sta proprio nel fatto che la sua 6

vita è molto più breve e non rimane in produzione per tempi molto lunghi. Un capo di H&M per esempio viene prodotto e venduto in un mese, per poi essere sostituito da un altro. In questo modo il fast fashion mette in crisi il sistema di produzione tradizionale del programmato, cioè quel sistema in cui il flusso dei capi segue il processo: creazione – presentazione – vendita ai distributori – produzione – consegna ai distributori, caratterizzato da un time-to-market elevato e da una produzione basata su ciò che precedentemente è stato venduto (Bini, 2016). Il fast fashion ha portato un’aria fresca nel mondo delle industrie tessili e dell’abbigliamento, creando così un rapporto stretto con il consumatore. La value proposition delle imprese che adottano questo modello di business è strutturata in modo tale da generare valore sia per i consumatori finali che per i negozianti: ai consumatori il fast fashion offre un flusso continuo di nuove proposte durante tutta la stagione, spingendoli a tornare periodicamente in negozio. A sua volta l’alto turnover dei clienti riduce il rischio per i negozianti di avere merci invendute e assicura loro un flusso di capitali costante (Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, maggio 2010). Il fast fashion esprime la nuova cultura globale della moda e costituisce, quindi, il più attuale modello di sviluppo della moda moderna, che risulta essere fortemente industrializzata, costantemente aggiornata, e predisposta a soddisfare ogni richiesta del cliente. Negli ultimi decenni, aziende come Benetton, Zara e H&M hanno rivoluzionato il mondo della moda utilizzando il modello fast fashion, rendendo democratico e accessibile alle masse ciò che viene definito trendy. Queste aziende hanno sostituito il modello push utilizzato dagli stilisti tradizionali, i quali presentano nel mercato una collezione di loro gusto, con il modello pull ( Sull e Turconi, 2008). La strategia pull prevede che il punto di partenza siano le richieste e le necessità del consumatore. La produzione dipende e si attiva in base all’andamento della domanda e il comportamento del consumatore. Questa logica si addotta perfettamente con il modello just in time, che permette alle aziende di ridurre al massimo le loro scorte,

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massimizzando l’efficienza produttiva, rispondendo nel minor tempo possibile al mercato ( Bocconcelli, 2015). Una strategia tanto vincente quanto rischiosa, come riporta ironicamente Sull e Turconi, “Pensi che il tuo settore sia duro? Immagina le preferenze del cliente che possono cambiare letteralmente durante la notte, i cicli di vita del prodotto misurati in settimane e il valore del prodotto che precipita se si perde l'ultima tendenza”. Mentre fast fashion diventa il nuovo paradiso per il consumatore, esso potrebbe diventare un vero inferno per i marchi cosiddetti prêt-à-porter1, tant’ è che anche un grande stilista e vera istituzione della moda italiana come Giorgio Armani afferma “la mia nuova sfida sarà il fast fashion"(Corriere della Sera, 2005). Armani è stato tra i primi stilisti quello a riconoscere che il fast fashion sta generando un mercato molto interessante. Per una maggior competizione sui prezzi una delle risposte più rilevanti dei brand di lusso a questo mercato è stato quello di creare una linea con dei prezzi più bassi, come ha fatto Armani con la sua linea A/X (Armani Exchange), rivolto a un consumatore appartenente a una fascia di età 16-25, o Dolce Gabbana con la sua linea giovanile D&G. Una seconda risposta è stata quella di modificare i tempi con i quali proporre le stagioni, inserendo cosi delle collezioni flash o capsule collection. Le prime sono quelle presentate in periodi dell’anno particolari per dare una spinta al brand, come per esempio nel periodo Natalizio o San Valentino (Memnic e Mihnas, 2011). Le capsule collection si riferiscono invece a delle collaborazioni realizzate tra i brand di lusso e i brand fast fashion, in modo da ideare dei prodotti con una maggiore portabilità come l’ultima creata da Moschino nel 2018 in collaborazione con H&M (fig.1)2. 1 Comprende linee dei maggiori stilisti e deriva da un processo di democratizzazione

della haute couture con l’obiettivo di soddisfare le esigenze di un numero maggiore di consumatori. Mentre la haute couture è caratterizzata da un offerta di capi unici e in serie limitata, forte componente artistico-artigianale e un prezzo di vendita molto elevato, E.Arrigo, Market-Driven Management e Imprese Globali del Fast Fashion, 2015

2 M.Memic, F.N. Minhas, The fast fashion phenomenon. Luxury fashion brands

responding to fast fashion, Degree of Master in Fashion Management – The Sweedish School of Textile, 2001 8

Figura 1- Esempio di Capsule collection: Moschino x H&M Fonte: www.herworld.com

Possiamo amare o odiare il fast fashion, ma una cosa è certa, esso ha cambiato il modo in cui il consumatore spende e percepisce la moda.

1.2 IL FAST FASHION NELLA GLOBAL FASHION INDUSTRY Il mercato globale della moda si distingue per una peculiare complessità legata sia alla presenza di una domanda variabile e incerta, sia dalla diversità dei processi di gestione aziendale messi in atto dalle imprese in esso presente. Tradizionalmente il mercato globale del fashion viene rappresentato da una piramide, all’interno della quale si distinguono cinque categorie (Corbellini e Saviolo, 2011; Arrigo 2015; Cappellari, 2016): al vertice troviamo la categoria dell’extra lusso chiamata anche haute couture, caratterizzata da prodotti unici con un alto contenuto creativo e qualitativo ed un prezzo indicativamente ben dieci volte superiore a quello medio del mercato. A seguire troviamo i beni di lusso intermedio o prêt-à-porter, che costituiscono dei prodotti di maggior accesso da parte del consumatore sebbene il prezzo dei capi rimanga comunque relativamente elevato (Prada, Gucci, Giorgio 9

Armani etc). Vi sono poi i prodotti diffusion , un termine che indica i prodotti di lusso accessibile, caratterizzati sempre da un impronta stilistica ma con prezzi più accessibili rispetto alle due prime linee. La quarta categoria, bridge, connette il diffusion con il mass market. Include creazioni con contenuto stilistico a prezzi due volte superiore a quello medio di mercato (Calvin Clain, Patrizia Pepe, Diesel etc.). Infine, alla base della piramide troviamo i brand che si rivolgono a un mercato di massa e che offrono prodotti di moda con un prezzo di vendita contenuto. È alla base che troviamo posizionate le imprese fast fashion.

Cou ture Prêt-à-Porter

Diffusion

Bridge

Mass Market

Figura 2 - La segmentazione della domanda nel mondo della moda Fonte: Elaborazione personale sulla base della tassonomia del settore moda da Arrigo (2015)

Nonostante la crisi che ha investito il mercato, il settore globale dell’abbigliamento si stima possa raggiungere un tasso di crescita annuale (CAGR), nel periodo dal 2016 al 2021, pari al 4,8 % (MarketLine, 2018). Parte dell’incremento degli acquisti si deve alle imprese fast fashion che hanno condotto alla democratizzazione della moda (Arrigo, 2015). Tale processo ha contribuito ad allargare il mercato diminuendo il prezzo di vendita e ha fatto sì che il prodotto abbigliamento passasse dall’essere 10

considerato elitario a un prodotto di massa. In figura 5, viene analizzato l’andamento del fatturato nell’ultimo decennio (2008-2018) di H&M, si tratta dell’azienda svedese Hennes & Mauritz, una delle aziende più importanti nel mercato globale del fast fashion. Possiamo notare che l’azienda è caratterizzata da buoni tassi di sviluppo e prospettiva di crescita3.

H&M 25

Faturato €mld (Euro)

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H&M

10

5

0 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017 2018

Figura 3 – Evoluzione del fatturato di H&M - Anni 2008-20018 (in miliardi di euro) Fonte: Elaborazione personale

Uno dei fattori che ha che ha contribuito nello sviluppo del fast fashion negli ultimi anni è stato il declino della produzione standardizzata di massa e le trasformazioni nella struttura del mercato di abbigliamento. Prima dell’ingresso delle imprese fast fashion, il mercato mass-market era caratterizzato solo dalla presenza di prodotti low price e low fashion (Arrigo, 2015). Tuttavia, negli ultimi tempi il comportamento del consumatore ha messo in discussione la struttura tradizionale del sistema nel quale la domanda si segmentava fondamentalmente in base al prezzo dei prodotti (Lovati, 2017). Nell'attuale contesto 3 I dati provvengono dagli annual report (per gli anni dal 2008 al 2018) dell’impresa. Poiché i fatturati erano espressi in valuta estera, sono stati convertiti in valuta euro applicando il seguente tasso di cambio: 1SEK/0,09362€.

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comunicativo la diffusione di internet ha permesso al consumatore sia di entrare in contatto con altre culture e abitudini provenienti da tutte le parti del mondo sia di condividere il proprio stile con altri utenti, portando ciò a un crescente bisogno di personalizzazione dei prodotti per mostrare la propria unicità. All’interno di un contesto simile la segmentazione del mercato sulla base del reddito o dell’età perde di significato (Corbellini e Saviolo, 2011). La diffusione di tendenze come mix and match, che consiste nel combinare capi di lusso con vestiti low cost, ha fatto sì che venisse meno la regola secondo la quale chi possiede un reddito maggiore compra nei negozi di lusso (Cappellari, 2016). In questo contesto dinamico e di affermazione della moda democratica, le catene di abbigliamento fast fashion hanno saputo posizionarsi e sottrarre quote al mercato entrando a far parte di quel segmento del settore chiamato masstige. Con questo termine ci si riferisce a quei prodotti che presentano caratteristiche in comune con i capi di lusso ma sono distribuiti a prezzi maggiormente accessibili (Corbellini e Saviolo, 2011). Secondo Corbellini e Saviolo all’interno del masstige troviamo due tipologie di aziende. Le aziende di lusso che hanno adottato una strategia di tranding down mediante la produzione di una linea di prodotti venduti a un prezzo più basso e le aziende fast fashion le quali hanno adottato una strategia di tranding up. La strategia di H&M è stata quella del co-branding che ha portato alla creazione delle capsule collection menzionate precedentemente, mentre Zara ha puntato sulla realizzazione delle flagship stores, con vetrine minimali che evochino al consumatore l’atmosfera dei negozi di lusso(Cappellari, 2016).

1.3 LA FILIERA CREATIVA La creatività viene definita come il processo attraverso il quale nuove idee vengono originate, incrementate e trasformate in valore economico (Saviolo e Testa, 2002). Industrializzare la creatività nella moda significa inizialmente progettare una nuova collezione, attraverso l’interazione e la negoziazione di diversi mem...


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