Tesi Fabio Del Seppia - Tesi di laurea in Scienze Politiche che riguarda il nuovo codice deggli appalti PDF

Title Tesi Fabio Del Seppia - Tesi di laurea in Scienze Politiche che riguarda il nuovo codice deggli appalti
Author Fabio Del Seppia
Course Diritto pubblico
Institution Università degli Studi Niccolò Cusano - Telematica Roma
Pages 82
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Summary

Tesi di laurea in Scienze Politiche che riguarda il nuovo codice deggli appalti aggiornato a febbraio 2019 ed anche le utime innovazioni in senso digitale delle procedure per la scelta del contraente. In particolare è spiegato il funzionamento del MePA (Mercato unico Pubblica Amministrazione) con l'...


Description

FACOLTA’ DI SCIENZE POLITICHE CORSO DI LAUREA TRIENNALE IN SCIENZE POLITICHE E DELLE RELAZIONI INTERNAZIONALI

TESI DI LAUREA

I CONTRATTI PUBBLICI ALLA LUCE DELLA NUOVA NORMATIVA E DELL’EVOLUZIONE TELEMATICA

LAUREANDO/A

RELATRICE Chiar.ma Prof.ssa

Fabio Del Seppia

Anna Pirozzoli

ANNO ACCADEMICO 2017-2018

SOMMARIO SOMMARIO

1

INTRODUZIONE GENERALE

2

1 IL NUOVO CODICE: D.LGS. 18 APRILE 2016 N. 50

3

1.1

LA VICENDA STORICA DEI CONTRATTI PUBBLICI

3

1.2

DALLA LEGGE DELEGA N. 11 DEL 28 GENNAIO 2016 AL CODICE DEFINITIVO

8

1.3

IL DIVIETO DI GOLD PLATING

13

1.4

CARATTERISTICHE E TIPOLOGIE DELL’APPALTO PUBBLICO

16

1.5

I CONTRATTI SOTTO SOGLIA

24

2 I METODI UTTILIZZATI PER SCEGLIERE IL CONTRAENTE

26

2.1

IL DIBATTITO PUBBLICO

26

2.2

PROGRAMMAZIONE E PROGETTAZIONE

28

2.3

IL PROCEDIMENTO AD EVIDENZA PUBBLICA

31

2.4

LA MODALITÀ DI SCELTA DEL CONTRAENTE

35

2.5

REQUISITI DEI CONCORRENTI E CRITERI DI AGGIUDICAZIONE

38

2.5.1

Soccorso istruttorio ed avvalimento

41

2.5.2

Il potere di autotutela

42

2.6

L’ESECUZIONE DEL CONTRATTO

43

2.7

IL CONTENZIOSO

47

3 L’APPROVVIGIONAMENTO TELEMATICO DI BENI E DI SERVIZI

52

3.1

GLI APPALTI ELETTRONICI

52

3.2

IL MEPA

59

3.2.1

Gli attori interessati

59

3.2.2

Gli strumenti della piattaforma

65

3.3

SOGGETTI AGGREGATORI E CENTRALI DI COMMITTENZA

67

3.3.1

Cosa sono e cosa fanno

67

3.3.2

Il Soggetto aggregatore della Regione Toscana

71

3.4

OBBLIGO DEI MEZZI DI COMUNICAZIONE ELETTRONICI NEGLI APPALTI PUBBLICI

BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA

74 78

1

INTRODUZIONE GENERALE

Nella presente tesi di laurea (in Scienze Politiche triennale) che affronta il tema degli appalti pubblici, ho cercato di analizzare l’argomento oltre che da una aspetto teorico (esaminando la normativa vigente) anche da un punto di vista pratico, considerando la prospettiva delle imprese che sistematicamente si trovano a confrontarsi, per concludere contratti, con le pubbliche amministrazioni. Le aziende di qualsiasi dimensione, dopo gli adeguamenti legislativi e funzionali di questi ultimi anni (specialmente quelli riguardanti la digitalizzazione delle procedure) hanno la necessità di un continuo e costante aggiornamento per non trovarsi impreparate ad affrontare le nuove metodologie di approvvigionamento di beni e fornitura di servizi da parte dello Stato. Cercherò con questa analisi di facilitare il compito agli addetti di aziende che forniscono beni o servizi alle P.A., illustrando, senza inutili tecnicismi, la normativa vigente e le procedure da seguire, e spiegando in modo sistematico e dettagliato gli strumenti che da utilizzare per relazionarsi nel migliore dei modi con i vari enti pubblici, nel caso di partecipazione a gare di appalto o semplicemente per diventare fornitori. In un settore molto tecnico e nello stesso tempo delicato, perché a rischio di corruzione e favoritismi, è necessario conoscere bene i tasselli del mosaico, per intraprendere senza incertezze, la strada della partecipazione alle gare di appalto, attività che in questi anni di crisi globale, può aiutare un’azienda di qualsiasi dimensione e settore produttivo alla propria crescita, inserendola nel libero mercato concorrenziale di cui la P.A. si avvale per offrire beni e servizi al cittadino. Gli appalti e le concessioni pubbliche sono un settore il cui sviluppo, come afferma l’economia keynesiana, potrebbe determinare crescita economica grazie ad un aumento dei consumi, degli investimenti e dell’occupazione che derivano principalmente dagli investimenti statali in opere pubbliche. Nel primo capitolo di questa tesi tenterò di spiegare il nuovo codice degli appalti, il d.lgs. n. 50 del 2016 partendo dalla vicenda storica che hanno avuto i contratti pubblici in Italia fino a enucleare i punti salienti della legge delega n. 11 del 2016 che ha recepito la normativa europea per poi arrivare a delineare l’ambito di applicazione del nuovo codice nella pratica. Nel secondo capitolo parlerò della metodologia nella scelta del contraente, analizzando gli attori, i metodi, ed i criteri che il codice indica. 2

In ultima analisi, nel terzo capitolo spiegherò come funziona l’approvvigionamento elettronico della P.A. e come le aziende si dovrebbero interfacciare in modo corretto con i nuovi strumenti, considerando che l’ammodernamento della legislazione e delle procedure è in continuo divenire. Considerando che il 18 ottobre 2018 è stato il termine ultimo, individuato dalle direttive europee, dopo il quale la presentazione delle candidature e delle offerte in una gara di appalto, dovranno avvenire solo con modalità elettronica. Le tecnologie dell'informazione e della comunicazione (il cui acronimo inglese oggi molto utilizzato è ICT, Information and Communications Technology) hanno limitato l’agire dei funzionari statali che non si devono più preoccupare di tutta una serie di processi che prima erano discrezionali. La nuova realtà digitale ha, nella pratica, massimizzato la trasparenza delle scelte della Pubblica Amministrazione ed ottimizzato la concorrenza tra i fornitori.

1 IL NUOVO CODICE: D.LGS. 18 APRILE 2016 N. 50

1.1

La vicenda storica dei contratti pubblici

“Mentre le trattative tra privati non erano previste né dal Codice Civile del 1865 né dal Code Napoléon precedente; per i contratti della pubblica amministrazione, invece, le prime norme sulla loro formazione risalgono a molto tempo prima, almeno al 1853, al tempo del regno di Sardegna (con la l. 23 marzo 1853, n. 1483) collocate tra quelle sull’amministrazione del patrimonio dello Stato. Per quanto un certo grado di specialità della disciplina fosse insito già nell'attribuzione delle controversie alla competenza dei Tribunali del contenzioso amministrativo (organi interni alla P.A. che fornivano tutela ai cittadini nei confronti degli atti amministrativi), sistema introdotto negli stati preunitari ad imitazione delle riforme napoleoniche e conservati anche negli anni della restaurazione. La cd. Legge Rattazzi del 1859 e prima ancora quella del 1842 in vigore nel Regno di Sardegna, la legge napoletana del 31 marzo 1817, tutte attribuivano ai giudici del contezioso le controversie sulla validità, interpretazione, esecuzione dei contratti di opere e lavori pubblici. Il principio di evidenza pubblica dei contratti statali viene adottato originariamente sul territorio italiano con l'art. 24 della 1. n. 1483 del 1853, antesignano di una regola 3

generale che, dopo l'Unità, sarebbe stata estesa a tutto il Regno d'Italia, prevedeva che “Tutti i contratti nell'interesse dello Stato avranno luogo a pubblici incanti”. Successivamente questa e altre disposizioni sul tema rispettarono il principio dell’evidenza pubblica sancito nel 1853, dopo l'unificazione, nella 1. 22 aprile 1869, n. 5026 e nel relativo regolamento r.d. 4 settembre 1870, n. 5852, poi sostituiti dal r.d. 17 febbraio 1884, n. 2016 (testo unico sull'amministrazione dello Stato e sulla contabilità generale) e dal regolamento di cui al r.d. 4 maggio 1885, n. 3074, e successivamente approdati al r.d. 8 novembre 1923, n. 2440 e al relativo regolamento di cui al r.d. 23 maggio 1924, n. 827, che per molto tempo hanno costituito la disciplina di riferimento in materia di contratti pubblici e che in parte, con particolare riferimento ai contratti attivi, sono ancora vigenti nel nostro ordinamento. Alla originaria disciplina sulla contabilità del 1853, che tratta per la prima volta i contratti tra stato e privati, facevano rinvio sia la legge sulle opere pubbliche del 1865, allegato F (v. art. 325) sia la legge comunale e provinciale (art. 128) del 1865, allegato A, questo a testimonianza del carattere generale e di sistema di quelle norme. La regolazione della materia non si esauriva peraltro con la sola legislazione, ma andava oltre, infatti conteneva anche capitolati generali e speciali, ossia testi ordinati per capitoli recanti condizioni predisposte unilateralmente dall'amministrazione e destinate a disciplinare, nel primo caso, tutti i procedimenti di gara e, nel secondo, l'oggetto di un singolo contratto. Alla base vi era l'idea che l'amministrazione pubblica fosse parte debole nella contrattazione con “il ceto degli appaltatori, sempre accortissimo” e che, per questo, l'aggiudicazione dei contratti dovesse seguire particolari forme che costituiscono “prescrizioni di ordine pubblico in quanto impegnano la fede pubblica”, e che sono “prescritte nell'interesse dell'ente e dell'ordine pubblico”. In questo senso la legge del 1865 sulle opere pubbliche definiva per l'amministrazione uno statuto di privilegio, se confrontato con la disciplina che il codice civile del 1865 dettava per l'appalto privato. Ne erano esempi importanti la necessità dell'approvazione del contratto, solamente a seguito della quale l'amministrazione vi era vincolata; il peso dei capitolati, generali e speciali; i poteri di rescissione e di assunzione della gestione e il regime delle varianti, ad esclusivo vantaggio della pubblica amministrazione; il collaudo dell'opera, sempre a tutela della parte appaltante. La disciplina sui lavori pubblici finì per applicarsi, per molti aspetti, a una parte significativa dei contratti dello stato e costituì un esempio anche per i contratti dei comuni, 4

anche se statisticamente quelli ad evidenza pubblica costituirono sempre una minoranza all'interno del vasto mondo dei contratti delle pubbliche amministrazioni, non applicandosi le regole speciali, ad esempio, a molti degli enti pubblici minori è alle aziende autonome. Nell'insieme quella sull'evidenza pubblica era una legislazione orientata a garanzia della “moralità” delle pubbliche amministrazioni, piuttosto che della concorrenza tra i potenziali contraenti privati. L’evidenza pubblica era garantita attraverso forme procedimentali preordinate che giustificavano le singole decisioni, e in ultima analisi, si traducevano in un sistema articolato di controlli amministrativi.”1 Dopo l’unità d’Italia (1861) si ebbe uno sviluppo uniforme della disciplina dei contratti pubblici su tutto il territorio italiano. “Il tema dell’unificazione amministrativa aveva impegnato la classe politica liberale fin dai mesi precedenti all’unificazione politica, per la presenza, nei territori annessi, di leggi e di istituzioni diverse, superate o inefficaci, espressione degli antichi regimi. Con la Convenzione di Firenze del 1864 e il trasferimento della capitale da Torino a Firenze si rese ancora più urgente una semplificazione e un ammodernamento dell’amministrazione, rimuovendo gli ostacoli che rendevano complessa, incerta e non uniforme l’applicazione delle leggi. Il 20 marzo 1865 fu varata la legge n. 2248 per l’unificazione amministrativa, che comprendeva sei provvedimenti riguardanti l’amministrazione comunale e provinciale, la sicurezza pubblica, la sanità pubblica, l’istituzione del Consiglio di Stato, il contenzioso amministrativo e le opere pubbliche, un complesso di norme destinate a incidere profondamente sulla vita civile e sull’organizzazione degli organi del governo locale”2. Vista la peculiarità degli appalti pubblici, che sono da sempre un argomento molto delicato, storicamente, la loro disciplina ha subito il sistematico condizionamento di episodi ricadenti nell’ambito del diritto penale ed il suo sviluppo si è spesso intrecciato con esso. Basti pensare che “La disciplina sulla contabilità pubblica del primo dopoguerra nacque in risposta alle vicende delle forniture in favore dell’esercito durante la prima guerra mondiale quando, come ricorda Giannini nel suo Trattato del 1970, se ne erano viste di tutti i colori. Per arginare le attività criminogene, nel 1930 venne previsto il reato di turbata libertà

1 Fantini, Stefano e Simonetti, Hadrian. 2017. Le basi del diritto dei contratti pubblici. Milano: Giuffré Editore S.p.A., 2017, p. 6, 7. 2 Università degli Studi di Firenze. 2015. Legge per l'unificazione amministrativa. Sistema Bibliotecario di Ateneo. [Online] 19 01 2015. [Riportato: 04 10 2018.] https://www.sba.unifi.it/p569.html.

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degli incanti nel codice penale di quello stesso anno, e molto tempo dopo, la prima legge Merloni del 1994 (pesantemente condizionata dai fatti corruttivi di Tangentopoli) fu attraversata e contrassegnata dalla sfiducia verso gli amministratori pubblici di cui cercava di ridurre in tutti i modi la discrezionalità, irrigidendo le procedure. In risposta ad una nuova ondata di episodi di illegalità, le misure legislative degli anni 2012-2014 condusse alla soppressione dell’Autorità di vigilanza sui lavori pubblici e alla devoluzione delle sue funzioni alla nuova Autorità nazionale anticorruzione (ANAC). Ancora più in generale, da molte parti si è sottolineato come la legalità sia una delle tre anime che pervadono la disciplina dei contratti pubblici, accanto a quella della concorrenza e dell’efficienza della spesa pubblica” 3. In conclusione, anche ai nostri giorni, il rapporto tra operatori economici e contratti pubblici è tutt’altro che trasparente ed è venato da comportamenti se non del tutto illegali, elusivi del principio della libera concorrenza e forieri di favoritismi e corruzione, basta leggere le notizie sui giornali degli ultimi anni. La dottrina moderna sui contratti pubblici e la dinamica delle procedure di gara pone l’accento sulla tutela della concorrenza; “più nel dettaglio alcuni istituti, che derivano dalla giurisprudenza comunitaria, hanno una funzione marcatamente pro-concorrenziale, di apertura del mercato e della platea dei potenziali concorrenti. Gli esempi più noti sono quelli delle associazioni temporanee di imprese, dell'avvalimento, del subappalto. Tutti istituti che, nella fase iniziale della partecipazione alla gara o in quella successiva dell'esecuzione del contratto, permettono a imprese, altrimenti prive dei requisiti necessari, di presentare l'offerta, unendo le forze o facendosi “prestare” i requisiti mancanti, o comunque di svolgere una parte della commessa. Questi stessi istituti, possono peraltro risolversi, se impiegati con malizia e per altri fini, in un freno alla concorrenza ed uno strumento che favorisce comportamenti immorali. L'esperienza delle associazioni temporanee cosiddette sovrabbondanti, dove le singole imprese che compongono l'associazione avrebbero singolarmente i requisiti necessari per partecipare alla gara ma decidono comunque di associarsi, o i casi di ritiro della domanda di gara concordata in cambio della indicazione come impresa subappaltatrice, sono alcune delle fattispecie più discusse ed opache. Uno dei momenti più critici è da sempre rappresentato dalla predisposizione dei bandi di gara, dove attraverso la previsione di requisiti di capacità economica o finanziaria 3

Fantini, Stefano e Simonetti, Hadrian. 2017. Le basi del diritto dei contratti pubblici. Milano: Giuffré Editore S.p.A., 2017, p. 27.

6

non proporzionati per eccesso all'entità reale della commessa, può determinare un effetto restrittivo della concorrenza. Non diversamente la mancata divisione in lotti dell'appalto rischia di provocare lo stesso effetto, penalizzando in particolare le piccole e medie imprese. Ma un effetto anticoncorrenziale ancora maggiore può accompagnarsi alla moltiplicazione ingiustificata dei lotti o comunque alla parcellizzazione della commessa, laddove tutto ciò sia preordinato al solo fine di scendere sotto soglia e di far venir meno l'obbligo della procedura di gara in senso proprio. È facile comprendere, allora, il ruolo che l'Autorità garante per la concorrenza e per il mercato (AGCM) può svolgere anche nel settore dei contratti pubblici: quale autorità che, a tutela del mercato (di altre imprese), apre procedimenti per intese restrittive o abusi di posizioni dominante, esercitando poteri che possono tradursi nell'adozione di misure cautelari, nell'accertamento degli illeciti con conseguente diffida ad eliminare le infrazioni e, nei casi più gravi, la comminatoria di sanzioni pecuniarie (artt. 14 e 15 della 1. n. 287 del 1990); o che, nei confronti dei pubblici poteri, può esercita poteri di advocacy, esprimendo pareri o inviando segnalazioni, laddove l'adozione di atti regolamentari o amministrativi a carattere generale determinino distorsioni della concorrenza e del corretto funzionamento del mercato. Oltre al potere di segnalazione, che presuppone che l'atto pubblico sia stato già adottato, l'art. 22 della 1. n. 287 del 1990 riconosce in capo all'Autorità un'attività consultiva, da esercitare d'ufficio o su richiesta. Il bilancio di questi poteri di advocacy è stato peraltro, per opinione pressoché unanime, insoddisfacente, sul rilievo della loro evidente debolezza al cospetto delle forti resistenze opposte dalle amministrazioni destinatarie, gelose delle proprie prerogative ed insofferenti alle critiche dell'AGCM, quando non apertamente preda di interessi corporativi e condizionate pesantemente dalle lobbies. Questa imperfezione nel disegno originario della legge a tutela della concorrenza è stata acuita dalla progressiva riduzione dei controlli amministrativi sia sugli atti statali che su quelli degli enti locali, realizzatasi con le riforme Bassanini (1997-2000) e con la successiva modifica del titolo V della Costituzione (2001). La riduzione o, talvolta, la vera e propria soppressione dei controlli esterni non è stata bilanciata dal potenziamento dei controlli interni. Né poteva bastare il maggiore intervento riconosciuto negli ultimi anni alla Corte dei conti, ad esempio in sede di responsabilità amministrativa, né si poteva pensare di colmare il deficit di legalità attribuendo un ruolo di supplenza alla magistratura penale, né infine possono bastare le iniziative giurisdizionali dei singoli cittadini o delle singole imprese, non 7

fosse altro perché in non pochi casi gli atti lesivi della concorrenza hanno un carattere generale ed un contenuto organizzativo e perché non sempre i privati hanno reale “interesse” ad impugnarli. Nella consapevolezza di tali lacune e nel dilagare di situazioni di immunità trova la sua ragione fondante il potere di impugnazione in giudizio dell'AGCM, introdotto con il d.l. n. 201 del 2011, di atti amministrativi generali, regolamenti e provvedimenti “che violino le norme a tutela della concorrenza e del mercato”. Il decreto all’art. 35 ha introdotto nella l. n. 287 del 1990 il nuovo art. 21 bis, a sua volta intitolato ai “Poteri dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato sugli atti amministrativi che determinano distorsioni della concorrenza”. Un potere di impugnazione ad ampio spettro, certamente non limitato alla materia dei contratti pubblici, che attribuisce all'Autorità una sorta di legittimazione straordinaria, che presuppone tuttavia la previa emissione di un parere motivato, nel quale debbono essere indicati “gli specifici profili delle violazioni riscontrate”, cui l'amministrazione destinataria non si sia conformata. Le iniziative dell'Autorità, nel corso del primo quinquennio di applicazione dell'art. 21-bis, si sono indirizzate nei confronti non solo delle violazioni delle regole della concorrenza in senso stretto, ivi comprese le norme del Trattato sugli aiuti di stato; ma hanno abbracciato territori più vasti, a tutela, anche delle norme che regolano l'affida...


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