TESI Organizzazione Aziendale PDF

Title TESI Organizzazione Aziendale
Course Organizzazione Aziendale
Institution Università del Salento
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Organizzazione Aziendale: dalle origini alla evoluzione 2.0 Capitolo 1: CENNI STORICI 1.1 Storia dell'Organizzazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.1.1 La Scuola Classica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. 1.1.2 La Scuola Neoclassica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. Capitolo 2: LE STRUTTURE ORGANIZZATIVE 2.1 Approccio Moderno ed Interdisciplinare . . . . . . . . . . . . . . . . . .. 2.1.1 La Struttura Organizzativa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.1.2 La Tecnologia e L'Organizzazione 2.0 . . . . . . . . . . . . . . . . . Capitolo 3: CONCLUSIONI 3.1 L’impersonalità delle teorie Classiche e neoclassiche 3.2 La persona come centro di gravità dell’organizzazione aziendale

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INTRODUZIONE Un primo approccio con l'organizzazione aziendale giunge da alcuni dei più autorevoli studiosi della materia che offrono definizioni e chiarimenti del concetto: secondo Henry Mintzberg1, l'organizzazione aziendale è “il complesso delle modalità secondo le quali viene effettuata la divisione del lavoro in compiti distinti e viene realizzato il coordinamento fra tali compiti.”

Una definizione simile la dà anche Edgar Schein2: “Con organizzazione aziendale si intende un coordinamento razionale delle attività di un certo numero di persone al fine del raggiungimento di uno scopo od obiettivo comune ed esplicito, mediante la divisione del lavoro e delle funzioni, e mediante una gerarchia di autorità e di responsabilità.”

Quantunque sia più moderna, la definizione di Howard Aldrich3, evidenzia lo scopo dell'organizzazione aziendale già riportato da

1

Henry Mintzberg, Edgar Henry Schein 3 Howard E. Aldrich, 2

2

Schein, ovvero il conseguimento degli obiettivi che l'azienda si pone: “Il ruolo che i singoli dipendenti dell'impresa devono svolgere e le relazioni che devono intercorrere fra essi, perché il coordinamento del loro lavoro assicuri un contributo ottimale al conseguimento degli obiettivi aziendali.”

Desiderando dare una definizione moderna, si può affermare che l'organizzazione aziendale disegna un sistema complesso composto da persone unite per il conseguimento di un obiettivo comune, fra cui vengono divise le attività da svolgere (secondo determinate regole) e dei ruoli che sono collegati tra loro in modo più o meno gerarchico: il tutto immerso in un rapporto dinamico con l'ambiente esterno.

Un'organizzazione rappresenta di fatto un'unità sociale, cioè un raggruppamento di individui che hanno due caratteristiche principali:

1. Un fine determinato e comune;

2. Una serie di meccanismi diretti ad assicurare che le attività svolte tendano al raggiungimento di quel fine.

È necessario quindi formalizzare, quanto più sia possibile, il compito del singolo componente dell'organizzazione.

3

È del tutto normale chiedersi, quindi, quanti tipi di organizzazione esistono, considerando che gli obiettivi che un'azienda può porsi possono essere molteplici. Un primo criterio di classificazione può essere formulato proprio partendo da qui: un'organizzazione può essere commerciale, industriale, a fine di lucro, educativo, di trasporto merci e/o passeggeri, ecc.

Ci sono poi organizzazioni pubbliche o private, economiche (quando esiste un contratto di lavoro sia esso individuale o collettivo), associative,

quando

c'è

volontarietà,

coercitive,

quando

la

partecipazione è obbligatoria (ad esempio eserciti con coscrizione obbligatoria, scuole dell'obbligo ecc.). Infine, possiamo pensare ad un modello di tipo accademico o professionale, che Ë quello cui si ispirano tutte le scuole di livello elevato: gli ospedali, le Università, le cliniche, le organizzazioni di ricerca e così via.

Bisogna però in tale criterio identificare con cura il vero fine, in quanto essendo l'organizzazione formata da individui, ognuno di essi percepisce il fine dell'organizzazione in maniera diversa dagli altri e può adoperarsi in maniera differente, secondo un fine che non necessariamente può coincidere con quello istituzionale.

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Capitolo 1: CENNI STORICI

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1.1 Storia dell'Organizzazione Le definizioni citate poco fa evidenziano una diversa interpretazione delle varie componenti riscontrabili nei processi organizzativi, che hanno portato alle più varie teorie dell'argomento. Risulta quindi utile ripercorrere la storia dell'organizzazione e il pensiero dei numerosi studiosi che nel tempo hanno provato a stabilire delle regole, delle linee guida, delle teorie, tenendo conto delle diverse dinamiche sociali e tecnologiche che possono avervi influito. Si distinguono tre periodi:

1.

La scuola classica;

2.

La scuola neoclassica;

3.

L'approccio moderno ed interdisciplinare.

I diversi approcci, che cambiano fondamentalmente in funzione all'evoluzione della necessità dell'informazione nel sistema aziendale, possono essere considerati tentativi di risposta all'interrogativo fondamentale che assilla da sempre il management aziendale: quali sono le variabili su cui è possibile intervenire per modificare l'organizzazione e migliorarne le prestazioni?

6

1.1.1 La Scuola Classica

Una prima risposta fu fornita dalla scuola classica, che si sviluppa agli inizi del 1900: le nuove ingenti entità produttive, che operavano però ancora con metodi artigianali, hanno evidenziato il bisogno di riorganizzare le grandi concentrazioni capitalistiche del periodo. L'attenzione si focalizza sullo sviluppo di figure professionali, specializzate in una determinata mansione: tanto più un operaio è specializzato - e quindi veloce - tanto maggiore è il margine competitivo che può generare. Nasce così un periodo definito Scientic Management, che si basa su tre concetti che racchiudono quanto appena detto:

1.

L'applicazione del metodo scientifico all'analisi dei processi

lavorativi;

2.

Il concetto di divisione del lavoro;

3.

Il concetto di gerarchia attraverso l'istituzione della delega e

della separazione fra compiti amministrativi/direzionali e operativi.

Il primo ed il più importante sostenitore dello Scientic Management è senza dubbio Frederick Taylor4, un ingegnere da sempre interessato

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al miglioramento delle performance nella produzione. Taylor cerca di portare all'interno delle teorie organizzative lo stesso principio metodologico delle teorie ingegneristiche: tratta l'organizzazione come una pura trasformazione, e cerca di massimizzarne l'efficacia attraverso un approccio razionale. L’organizzazione scientifica del lavoro, secondo Taylor, si basa su una netta distinzione tra lavoro intellettuale (di carattere direttivo) e lavoro manuale (puramente esecutivo). La concezione taylorista si spinge ad individuare nel lavoro manuale operazioni da eseguire per ogni tipo di lavorazione, stabilendo in modo meccanicistico i movimenti degli operai, gli spostamenti dei materiali e l’uso delle attrezzature per evitare ogni perdita di tempo ed eliminare gli sprechi. Egli4 sosteneva come obiettivo dell’impresa è, contemporaneamente, la massimizzazione del benessere dell’imprenditore che del lavoratore. Appunto per questo, in nome della massimizzazione dell’interesse dell’imprenditore occorreva migliorare i rendimenti dei lavoratori e rivedere l’organizzazione nel suo complesso. La teoria asseriva che il rendimento dei lavoratori poteva aumentare, attraverso un’analisi, scomposizione, riclassificazione delle attività e delle operazioni da ciascuno effettuate, massimizzando le energie e attraverso la

4

Frederick Winslow Taylor (Germantown, 20 marzo 1856 - Filadelphia, 21 marzo 1915

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scomposizione in fasi del processo produttivo e la razionalizzazione dei compiti. L’organizzazione scientifica muoveva dal presupposto che ogni lavoratore fosse stimolato solo da considerazioni economiche; pertanto la retribuzione migliore fosse a “cottimo”, ossia proporzionale alla quantità prodotta, in modo da stimolare al massimo la produttività degli operai e accelerare i ritmi di esecuzione delle lavorazioni. Veniva introdotto per la prima volta una forma di retribuzione collegata al risultato ottenuto: a maggiori risultati corrispondevano maggiori retribuzioni5. Cruciale in quest’approccio fu studio dei “tempi e metodi di lavorazione”, cioè l’analisi, la progettazione, la rilevazione sistematica di tutte le fasi di lavorazione del processo produttivo. Il “taylorismo” è basato su: -

scientificità metodi di lavoro: le mansioni ed i compiti di ciascun componente dell’organizzazione sono precisi, definiti, ben delineati e ciascuno è addestrato a compierli;

-

scientificità dei tempi: attraverso lo studio accurato dei tempi necessari per lo svolgimento del lavoro;

-

divisione del lavoro: attraverso il frazionamento delle operazioni complesse in operazioni elementari per le quali si dimensionano i tempi standard;

5

Dott. Roberto Prosperi “ORGANIZZAZIONE AZIENDALE E MANAGEMENT SANITARIO”

9

-

separazione

tra

programmazione

(a

carico

Direzione)

ed

esecuzione (a carico dei Lavoratori); -

controllo interno del processo produttivo.

Il taylorismo presenta sia vantaggi: -

aumento della produttività determinata da una diminuzione tempi tecnici lavorazione e da

un aumento della spinta specializzazione; -

aumento qualitativo del risultato ottenuto a causa della maggior precisione nel lavoro;

-

diminuzione dell’affaticamento conseguente alla razionalizzazione della produzione.

Che svantaggi: -

frustrazione ed alienazione lavoratori costretti ad espletare attività ripetitive e non creative;

-

minor utilizzo del lavoratore che diventa “appendice”, parte integrante della macchina, come se fosse un meccanismo;

-

demotivazione lavoratori.

Le principali teorie di Taylor hanno trovato applicazione nelle fabbriche di Henry Ford6 (fondatore della Ford Motor Company - tuttora una delle maggiori società produttrici di automobili), dove si puntava su

6

Henry Ford (Dearborn, 30 luglio 1863 – Detroit, 7 aprile 1947) 10

un veloce addestramento della manodopera, rendendola figura professionale fortemente specializzata e facilmente sostituibile. In questo modo, le risorse potevano gioire di un benessere sociale distribuito. L'esempio di Ford focalizza l'attenzione su un problema conseguente a queste nuove ramificazioni delle mansioni: come possono, tante figure diverse, cooperare t di loro per raggiungere l'obiettivo comune dell'azienda? Nasce così il principio di gerarchia, con il quale si crea un sistema di coordinamento tra le varie figure lavorative, posizionando alcune persone al di sopra di altre, secondo criteri di responsabilità, di potere decisionale, di influenzamento del comportamento e così via. Il modello si sviluppa facilmente, spostandosi dall'impresa automobilistica di Ford alla bottega a conduzione familiare: il problema di gestione del comando, del controllo e della coordinazione riguarda tutte le realtà lavorative. Henri Fayol7 è considerato uno dei fondatori delle scienze manageriali proprio grazie ai suoi principi in merito, racchiudibili in tre punti chiave:  Unità del Comando: nessuno deve obbedire a due capi; deve esistere una distinzione fra autorità funzionale di line e di staff;  Ampiezza di Controllo: esiste un limite al numero massimo di dipendenti diretti da un superiore;

7

Henri Fayol (Istanbul, 29 luglio 1841 - Parigi, 19 Novembre 1925)

11

 Scala: i rapporti tra un superiore e subordinati devono essere regolati da una scala gerarchica, con una giusta attribuzione delle responsabilità. Le teorie di Fayol si basano, quindi, su una concezione piramidale del comando: pertanto, ogni dipendente può ricevere ordini solo dal suo diretto superiore. Fayol attribuì particolare rilievo alle mansioni direttive,

assegnando

ai

dirigenti

di

alto

livello

compiti

di

programmazione, organizzazione, coordinamento e controllo, in modo da dare unitarietà all’indirizzo gestionale e realizzare un’esemplare disciplina aziendale. La differenza tra le teorie di Taylor e Fayol era che mentre il primo proponeva la divisione del lavoro, per cui un operaio poteva prendere ordini anche da otto dirigenti diversi, il secondo insisteva sul principio dell’unità di comando.

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1.1.2 La Scuola Neoclassica Si può notare come il periodo classico sia caratterizzato dalla nascita di linee guida, applicabili e trasportabili in qualsiasi realtà lavorativa. Il dipendente è considerato una semplice risorsa, dal carattere universale. Diverso è l'approccio della scuola neoclassica, la quale predilige una descrizione concreta di quello che succede in azienda, con forti attenzioni sul coinvolgimento di fattori psicologici. Ci si rende conto che la risorsa umana non è un semplice strumento, ma possiede, essendo intrinseche nella sua natura, spinte emotive che ne modificano e ne caratterizzano il comportamento, con differenti risvolti in campo lavorativo. Questo approccio, che si sviluppa a partire dagli anni Trenta, non vuole soppiantare completamente i principi chiave introdotti dalla scuola classica: tali principi infatti, sono una prima risposta a un problema che non poteva più essere ignorato, e la fabbrica di Ford è un buon esempio di come possono essere applicati. Tuttavia, un approccio più descrittivo, come quello della scuola neoclassica, permette una visione più ampia del problema, evidenziando lacune e miglioramenti apportabili al pensiero classico. Nascono quindi i problemi di attenzione verso le scienze sociali tra i membri dell'organizzazione, dai quali derivano scuole di relazioni

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umane e contributi di sociologi (ad esempio Robert Merton e Brian Crozier8 ). Risultano così, rivisitati ed integrati i principi dello Scientifc Managment, con un conseguente mutamento dell'organizzazione aziendale rispetto al primo periodo dopo la rivoluzione industriale. Uno dei principali esponenti è Elton Mayo9, il quale contribuì con il “movimento

delle

relazioni

umane”,

evidenziando

per

primo

l'importanza dell'attenzione del lavoratore, e la stretta connessione con la produttività. Famosi sono, infatti, gli esperimenti eseguiti tra il 1924 e il 1933 nella Western Electric Hawthorne Work di Chicago: fu aumentata l'intensità dell'illuminazione, ottenendo come risultato un aumento

di

produttività.

Per

avere

conferma

della

validità

dell'esperimento, l'intensità dell'illuminazione venne abbassata, e si ottenne, contrariamente alle aspettative, un ulteriore aumento della produttività: i ricercatori conclusero che l'attenzione verso i lavoratori e non le condizioni di lavoro erano il fattore determinante10. Questi risultati presero il nome di “effetti Hawthorne”, come accettazione del legame fra produttività e condizioni lavorative, influenze fisiche ed ambientali del posto di lavoro, senza tralasciare gli aspetti psicologici, che risultano quindi fondamentali: gli operai che sapevano di essere

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Robert K. Merton (pseudonimo di Meyer R. Scholnick) (Philadelphia, 5 luglio 1910 - 23 febbraio 2003 9

9George Elton Mayo (26 Dicembre 1880 - 7 Settembre 1949). www.politesi.polimi.it

10

14

valutati producevano di più pur avendo minori risorse a disposizione, confermando che la prestazione aziendale è un fattore complesso, determinabile da più variabili, di natura diversa.11 Si può considerare questo esperimento un primo tentativo di misura delle prestazioni aziendali (argomento del quale si discuterà più ampiamente). L’intero esperimento valorizzò la componente umana nel lavoro avversando le teorie di Taylor che generavano non pochi conflitti sociali. Secondo Mayo, il dipendente non è stimolato solo dalle ragioni economiche; egli è soprattutto un essere sociale che avverte, da un lato l’esigenza di mantenere rapporti di solidarietà con i colleghi e con i superiori e, dall’altro, di sentirsi partecipe delle scelte aziendali. Questa concezione ha il merito di intuire che, per evitare attriti tra i singoli dipendenti e tra i gruppi, i lavoratori non devono essere considerati come semplici strumenti della produzione ma devono essere motivati al lavoro, sviluppando l’informazione all’interno dell’impresa e cercando di coinvolgerli nelle principali decisioni.

11

www. nettuno.unina.it

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Capitolo 2: LE STRUTTURE ORGANIZZATIVE

16

2.1 L’approccio moderno interdisciplinare La teoria moderna è l’integrazione di concetti preziosi dei modelli classici con le scienze sociali e comportamentali. Questa teoria ipotizza che un'organizzazione sia un sistema che cambia con il cambiamento nel suo ambiente, sia interno che esterno. Numerose sono le caratteristiche di questo nuovo approccio che la distinguono dalle precedenti, segnando in qualche modo un punto di rottura:



La teoria moderna considera l'organizzazione come un sistema aperto.

Ciò

significa

che

un'organizzazione

interagisce

costantemente con il suo ambiente, in modo da sostenere e crescere

sul

mercato.

Diversi

elementi,

output,

input,

stakeholder condizionano quindi l’organizzazione, che deve adattarsi a questi, l’impresa non è più quindi considerata un sistema chiuso 

Poiché l'organizzazione è trattata come un sistema aperto, la cui sopravvivenza e crescita sono determinate dai cambiamenti nell'ambiente, si dice che l'organizzazione sia di natura adattiva, che si adatta al mutevole ambiente.



La teoria moderna considera l'organizzazione come un sistema dinamico.



La teoria moderna è probabilistica e non deterministica in natura. Un modello deterministico è quello i cui risultati sono

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predeterminati e mentre i risultati dei modelli probabilistici sono incerti e dipendono dalla possibilità di accadimento. 

Questa

teoria

comprende

aspetti

multilivello

e

multidimensionale dell'organizzazione. Ciò significa che copre sia l'ambiente micro che macro dell'organizzazione. L'ambiente macro è esterno all'organizzazione, mentre il microambiente è interno all'organizzazione. 

La teoria moderna è multi-variabile, il che significa che considera contemporaneamente più variabili. Ciò dimostra che la causa e l'effetto non sono semplici fenomeni. Invece, l'evento può essere causato come risultato di diverse variabili che potrebbero essere correlate o interdipendenti.

Gli scienziati di diversi settori hanno dato un grande contributo alla teoria

moderna.

Hanno

sottolineato

l'importanza

della

comunicazione e dell'integrazione dell'interesse individuale e organizzativo

come

prerequisiti

per

il

buon

funzionamento

...


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