Tesina dsa linguestraniere PDF

Title Tesina dsa linguestraniere
Course Pedagogia e Didattica Speciale
Institution Università per Stranieri Dante Alighieri di Reggio Calabria
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Summary

tesi finale dsa e lingue straniere...


Description

Dislessia e apprendimento delle lingue straniere Introduzione L’insegnamento delle lingue ad alunni con differenze individuali costituisce un tema d’interesse crescente per la ricerca linguistica e glottodidattica. Il riconoscimento ufficiale dei disturbi specifici dell’apprendimento e dei bisogni educativi speciali da parte della scuola italiana, e il conseguente quadro normativo disposto a tutela degli studenti con queste specificità, sanciscono la necessità di rinnovare le pratiche educative per raggiungere anche gli allievi che riscontrano più difficoltà nell’apprendimento di una lingua straniera, e che a causa di un disturbo dell’apprendimento non sembrano trarre beneficio dalla didattica tradizionale. Nel presente lavoro ci soffermeremo sulla dislessia e le implicazioni nell’apprendimento di una lingua straniera (LS). Nel primo paragrafo, introdurremo i disturbi specifici dell’apprendimento, dandone una breve definizione; il secondo paragrafo sarà incentrato sulle cause e le principali teorie sulla dislessia. Esso proseguirà con una riflessione sulla psicologia dello studente dislessico e terminerà con l’analisi del complesso ruolo della diagnosi dei disturbi specifici dell’ apprendimento; Nel terzo paragrafo entreremo nel pieno della nostra indagine, occupandoci in particolare della dislessia in relazione all’apprendimento delle lingue straniere; Il quarto paragrafo verterà sulle strategie compensative e sulle misure dispensative che si possono impiegare con gli allievi dislessici nel quadro dell’apprendimento di una lingua straniera; Seguirà una illustrazione delle procedure per massimizzare l’accessibilità dei materiali; Infine, concluderemo con un breve accenno alla somministrazione delle verifiche ad allievi dislessici ed alla loro valutazione.

1) I disturbi specifici dell’apprendimento In seguito alla pubblicazione della Legge 170/2010 si è tenuta la Consensus Conference che ha definito i Disturbi Specifici dell’Apprendimento come un insieme di disturbi che compromettono determinate abilità, lasciando tuttavia intatto il funzionamento intellettivo generale. Sono coinvolte in tali disturbi: l’abilità di lettura, di scrittura, di fare calcoli. Tali disturbi sono “specifici” poiché sulla base dell’abilità interessata dal disturbo, essi assumono una connotazione specifica: dislessia (lettura), disgrafia e disortografia (scrittura), discalculia (calcolo). Pur interessando abilità diverse, essi possono coesistere in una stessa persona, oppure manifestarsi insieme ad altri disturbi dello sviluppo (disprassia, disturbo da deficit dell’attenzione, ecc.) - ciò che tecnicamente si definisce “comorbilità”. Inoltre, i DSA sono considerati disturbi di natura persistente, poiché di origine neurobiologica; Pertanto possono manifestarsi in modo diverso, con differenti intensità e conseguenze adattive a seconda dell’età, ma permangono per tutta la vita.

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2) Le cause e le principali teorie sulla dislessia I dislessici pur essendo affetti da un disturbo specifico, possiedono una spiccata abilità nell’usare il pensiero laterale, ovvero la fantasia e la capacità di sviluppare il pensiero visivo. Esso può essere sinteticamente definito come un modo “indiretto” per risolvere i problemi, ovvero provare a guardare l’obiettivo da raggiungere da diverse angolazioni. Il pensiero laterale si contrappone al pensiero verticale e la differenza consiste nel fatto che il secondo è un pensiero logico, selettivo, e sequenziale, mentre il primo è generativo, cioè in grado di trovare nuove idee attraverso percorsi alternativi. I soggetti affetti da DSA sembrano utilizzare maggiormente l’emisfero destro (pensiero laterale) nell’apprendimento. Essi attiverebbero poco le parti inferiori alla sinistra del cervello preposte alla comprensione del linguaggio (“area di Wernicke”) e attiverebbero maggiormente la parte anteriore, detta “area di Broca”, che è la parte meno adatta alla decifrazione dei grafemi corrispondenti ai fonemi della lingua. Inoltre, nei soggetti con DSA l’efficienza del sistema dell’apprendimento procedurale appare deficitaria. Esistono, infatti, due tipi di apprendimento: “esplicito” o “dichiarativo” e “implicito” o “procedurale” che attivano due diversi tipi di memoria: la memoria implicita, detta anche “procedurale”, situata nell’emisfero sinistro del cervello, coinvolge strutture sottocorticali come i gangli della base, il cervelletto ed altre aree circoscritte della corteccia cerebrale; essa è responsabile della competenza linguistica implicita (morfosintassi e fonologia),acquisita in maniera incidentale, ovvero senza focalizzazione sulle informazioni linguistiche che vengono interiorizzate inconsciamente. Invece, la memoria esplicita, detta anche “dichiarativa”, è situata in aree che abbracciano entrambi gli emisferi cerebrali, dall’ippocampo ai lobi temporali mediali. Essa è responsabile della conoscenza metalinguistica e dell’acquisizione del lessico e si sviluppa in maniera consapevole. In un soggetto affetto da DSA l’efficienza del sistema dell’apprendimento procedurale è compromesso. Ne conseguono diversi effetti negativi, quali: assenza di immagazzinamento degli stimoli, elevata sensibilità alla variazione nella forma in cui viene presentato lo stimolo, scarsa capacità di adattamento, notevole difficoltà a comprendere l’adeguatezza della sua performance. Diverse teorie hanno cercato di spiegare da un punto di vista neurologico le cause che determinano l’insorgere della dislessia. La prima è la teoria del deficit fonologico, secondo la quale i dislessici hanno difficoltà specifiche nella rappresentazione, nell’immagazzinamento e nel recupero di suoni che compongono le parole. Secondo la teoria del deficit di automatizzazione (cerebellare), nei soggetti dislessici si innescherebbe una diversa attivazione cerebellare che ostacolerebbe l’automatizzazione delle sequenze motorie e delle sequenze dell’apprendimento implicito. Ciò comporterebbe una notevole

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difficoltà nello svolgere due compiti contemporaneamente, come ascoltare e prendere appunti nello stesso momento. Secondo la teoria uditiva-visiva i soggetti dislessici sarebbero affetti da disturbi specifici dell’elaborazione visiva e uditiva derivanti da un difetto nella funzione inibitoria del sistema magnocellulare che sarebbe all’origine della difficoltà a compiere analisi efficaci del campo grafico nella giusta sequenza, oppure delle componenti sonore nella corretta successione temporale, con la conseguenza di sovrapposizioni e disallineamento. L’ipotesi alla base della teoria del deficit attentivo è che i processi attentivi, automatici e volontari, nei dislessici non siano sincroni rispetto all’elaborazione delle informazioni.

2.1)

Psicologia dello studente dislessico

Vi sono tre tipologie di DSA in adolescenza: • DSA riconosciuto e diagnosticato precocemente • DSA riconosciuto e diagnosticato recentemente • DSA né riconosciuto, né diagnosticato. Il primo è consapevole delle problematiche che lo interessano, ha imparato nel tempo a utilizzare gli strumenti compensativi e non prova imbarazzo nell’interazione con i docenti e i compagni. Il secondo non ha una reale conoscenza delle potenzialità offerte dagli strumenti, anche se li saprebbe usare con disinvoltura, da “nativo digitale”; inoltre prova grande imbarazzo nei riguardi del gruppo classe e non dichiara facilmente le sue oggettive difficoltà. Il terzo rappresenta per il docente il problema più grande, perché oltre a dover riconoscere i segnali prodotti dal DSA e ad analizzare in ogni singolo caso il tipo di errore e la sua frequenza, non potrà evitare una comunicazione “difficile” alla famiglia, mantenendo sempre un atteggiamento di grande accoglienza e disponibilità. Generalmente lo studente dislessico tende all’isolamento e adotta strategie di difesa, quali l’evitamento, l’aggiramento o la resistenza passiva. I numerosi insuccessi maturati durante il proprio percorso scolastico gli hanno provocato un influsso negativo sull’autostima, con conseguente ansia da prestazione e stati di frustrazione, che talvolta sfociano in veri e propri stati depressivi e difficoltà di socializzazione. Il docente terrà in debito conto sia la normale ritrosia sia la facile stanchezza che contraddistinguono questi studenti.

2.2)

Diagnosi

Allorquando un genitore, autonomamente o su indicazione dell’insegnante, decida di sottoporre il bambino o il ragazzo ad esami per accertare la presenza di un disturbo specifico dell’apprendimento,

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si procederà ad un esame individuale che segue un protocollo articolato in una parte anamnestica (in cui si discute di antecedenti familiari e personali), in una parte dedicata alla valutazione cliniconeurologica e in una linguistica sia mediante procedure standardizzate, sia attraverso l’osservazione in situazioni di interazione spontanea. Per quanto concerne la diagnosi di dislessia, essa non può essere formulata prima della seconda classe elementare. Tuttavia, già in prima elementare possono essere rilevati, come indicatori di rischio, segni importanti di discrepanza tra le competenze cognitive generali e l’apprendimento della lettura. Per formulare una diagnosi bisogna prima di tutto escludere, con test specifici e standardizzati, la presenza di deficit sensoriali (della vista e dell’udito), neurologici, cognitivi ed emozionali. La diagnosi deve indagare le capacità cognitive del bambino (misurate attraverso un test di intelligenza), abilità prassiche (cioè le abilità del movimento volontario), le abilità spaziali, mnemoniche e di linguaggio. Inoltre verranno valutati il livello di lettura, di scrittura, di calcolo, la velocità di discriminazione delle sillabe e il livello di comprensione del testo. Una diagnosi corretta e completa è fondamentale per la stesura di un progetto educativo e didattico il più mirato possibile al disturbo riscontrato. Tuttavia, spesso, la diagnosi è tardiva e in queste situazioni bisogna intervenire con un supporto sia didattico che sociale e affettivo, dunque psicologico.

3) Dislessia e apprendimento delle lingue straniere Nel presente lavoro ci soffermeremo sulla dislessia e le implicazioni nell’apprendimento di una lingua straniera (LS). Come si è accennato in precedenza, la dislessia è un disturbo specifico che si manifesta con una difficoltà nella lettura, in particolare nella decifrazione dei segni linguistici, ovvero nella correttezza e nella rapidità di lettura. Nell’insegnamento delle lingue straniere l’allievo dislessico si scontra con la difficoltà, amplificata in modo esponenziale rispetto ai compagni, di comprendere quello che l’insegnante dice, di percepire i suoni nuovi e l’inizio e la fine delle parole, di cogliere il significato in base al contesto. Ne possono conseguire diverse difficoltà nella memorizzazione dei vocaboli, nell’ analisi grammaticale, nella pronuncia, nella lettura e talvolta nella scrittura. A prescindere dalla lingua di riferimento, tutti i soggetti dislessici presentano difficoltà sul piano della consapevolezza fonologica; tuttavia, un aspetto che sembra centrale è la questione della trasparenza o meno della lingua. Una lingua è considerata trasparente quando ad ogni grafema corrisponde un fonema. Viceversa, quando a ciascun grafema possono corrispondere più fonemi si parla di ortografia opaca. L’italiano è una lingua sostanzialmente trasparente, poiché, tranne qualche eccezione, si legge come si scrive. Per quanto concerne le lingue straniere più studiate nel nostro Paese (inglese, francese, spagnolo), esse possiedono un diverso grado di trasparenza o opacità: l’inglese è una lingua opaca, in cui grafema e fonema non trovano rispondenza che in una 4

minoranza di casi; il francese è una lingua mediamente opaca, che conta 190 grafemi per realizzare 25 fonemi; Infine, lo spagnolo è una lingua trasparente come l’italiano. Nelle lingue opache, la dislessia si manifesta in termini di scarsa fluenza, scarsa accuratezza e difficoltà di spelling e la complessità intrinseca del sistema ortografico provoca il persistere della scarsa accuratezza anche in età adulta. Nelle lingue trasparenti il problema principale risulta la velocità di lettura e lo spelling, ma nel tempo l’allievo dislessico può pervenire ad apprendere le combinazioni di base del sistema ortografico. É opportuno che un allievo con un disturbo specifico dell’apprendimento impari una lingua straniera? L’apprendimento di una lingua straniera nel contesto scolastico presenta di per sé numerosi svantaggi rispetto all’apprendimento di una lingua acquisita in modo naturale e spontaneo, perché solitamente l’ambiente è artificiale e poco motivante, gli scopi di utilizzo sono in genere deboli, il tempo di esposizione e di elaborazione della lingua è limitato ed infine il l docente, fonte principale di input linguistico, è spesso non-madrelingua. Ciò non significa che un allievo con DSA non possa imparare le lingue. Al contrario, l’insegnante deve partire dal presupposto che egli possa farlo, purché l’approccio didattico adottato, specialmente nelle prime fasi, avvicini il più possibile l’apprendimento della nuova lingua, ai meccanismi di acquisizione della lingua materna.

3.1)

Gli effetti della dislessia nell’apprendimento di una LS: aree di difficoltà osservabili

In base al grado di severità del disturbo specifico dell’apprendimento possono sorgere differenti difficoltà di apprendimento di una lingua straniera, che possono riguardare la discriminazione dei suoni della lingua, la riproduzione dei suoni della lingua, l’acquisizione della morfosintassi e del lessico, il recupero lessicale, l’applicazione di regole grammaticali, la scrittura sotto dettatura, la produzione scritta, l’acquisizione della correttezza ortografica. Queste difficoltà possono avere come conseguenza un livello elevato di frustrazione, rendimento altalenante, facile stanchezza, demotivazione per le difficoltà incontrate e messa in atto di strategie di difesa quali l’evitamento, l’aggiramento e la resistenza passiva. Ad ogni modo, l’impatto che la dislessia può avere sull’apprendimento di una lingua straniera può variare da studente a studente. Inoltre, l’immagine di sé costruita dall’alunno può anche non coincidere con il più complesso ventaglio di ostacoli indicati dalla ricerca scientifica, i quali possono emergere con maggiore o minore chiarezza sulla base non solo del profilo del singolo allievo, ma dal metodo glottodidattico utilizzato dal docente. Per comprendere la relazione tra dislessia e competenza comunicativa in lingua straniera, ci si può avvalere dell’immagine di un iceberg1: l’insegnante di lingua straniera può osservare direttamente solo la parte dell’iceberg in superficie, ossia l’insieme delle difficoltà che si manifestano durante le 1 Daloiso (2014).

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attività didattiche, mentre l’origine di queste difficoltà, essendo di natura neurologica, rimane sommersa e non immediatamente riconoscibile. Seppure in misura diversa sulla base del profilo personale, gli ostacoli che gli allievi con dsa manifestano possono riguardare l’intero complesso delle abilità linguistiche, oppure essere più evidenti solo in alcune abilità. Poiché l’apprendimento di una lingua straniera è un percorso lento e difficile per molti studenti, può accadere che gli allievi con dsa manifestino in alcune abilità, perlomeno in superficie, difficoltà apparentemente simili a quelle dei compagni senza dsa. La metafora dell’iceberg, tuttavia, contribuisce a chiarire che l’origine di tale difficoltà è diversa; di conseguenza, non è detto che le misure didattiche utilizzate dal docente con altri studenti siano adeguate nel caso di allievi con dsa. Per approfondire questo aspetto proponiamo due esemplificazioni. Gli alunni con dsa possono presentare difficoltà nella comprensione del testo (orale o scritto) in lingua straniera. Si potrebbe obiettare che molti studenti, anche in assenza di disturbi specifici, faticano a comprendere i testi in una lingua non materna. Tuttavia, nonostante i “sintomi” di questa difficoltà siano comuni agli altri studenti, l’origine per l’allievo con dsa è diversa; nel caso dei dsa, infatti, le difficoltà di comprensione del testo in lingua straniera dipendono in primo luogo da una limitazione nella decodifica fonologica e/o ortografica, che rende particolarmente faticosa la lettura o l’ascolto, con conseguenti problemi di accesso al significato del testo. Queste difficoltà spesso si acuiscono con il passare del tempo perché, diversamente da quanto avviene in lingua materna, nella didattica della lingua straniera le attività di accostamento ai suoni linguistici e di riconoscimento delle relazioni tra fonemi e grafemi sono di norma poco presenti nei manuali. Nel caso, poi, di lingue con ortografia irregolare come l’inglese, non si prevedono attività specifiche per memorizzare la forma grafica delle parole, per cui gli alunni con dsa (che, come abbiamo visto nella sezione precedente, presentano limitazioni sul piano della memoria) non riescono a fissare e/o a recuperare rapidamente e/o correttamente la forma grafica delle parole che incontrano in un testo scritto. A lungo termine, inoltre, la comprensione testuale può essere compromessa in misura ancor maggiore se alla difficoltà di decodifica si associa anche una mancanza di strategie metacognitive per la comprensione del testo. Anche su questo punto è opportuna una precisazione: molti studenti dimostrano un approccio poco o per nulla strategico di fronte a un testo scritto in lingua straniera, e beneficerebbero senza dubbio di un insegnamento esplicito delle strategie di comprensione; tuttavia, per gli alunni con dsa queste strategie diventano indispensabili perché costituiscono una risorsa compensativa a una limitazione derivante da un disturbo specifico che colpisce l’abilità di decodifica. Un secondo esempio che chiarisce la relazione tra le difficoltà osservate dal docente e la loro origine riguarda le abilità produttive, in particolare l’interazione e la produzione orale. Le linee6

guida ministeriali che accompagnano la normativa scolastica sui dsa (miur, 2011) suggeriscono una didattica della lingua straniera che privilegi le abilità orali rispetto a quelle scritte. Sebbene in inea di principio questo suggerimento accolga alcune indicazioni provenienti dalla ricerca glottodidattica sui dsa, è opportuno evidenziare che l’alunno con dsa può incontrare difficoltà più o meno marcate anche nello sviluppo delle abilità orali. Questi ostacoli, a differenza di quanto accade normalmente nella classe di lingua straniera, non sono determinati esclusivamente da una mancanza di esercizio, bensì dalle limitazioni mnemoniche intrinseche al disturbo, che rendono faticoso il recupero rapido del lessico e delle espressioni linguistiche necessari per comunicare spontaneamente. La comunicazione orale in lingua straniera, inoltre, richiede un certo grado di automaticità nell’uso degli atti linguistici necessari per esprimere le funzioni comunicative; la ricerca suggerisce che gli studenti con dsa faticano a rendere automatiche alcune procedure e questo aspetto risulterebbe evidente quando si richiede all’allievo lo svolgimento di più compiti o l’utilizzo di più abilità linguistiche in modo simultaneo. Le abilità produttive per loro natura implicano l’attivazione simultanea di svariate sotto-abilità (si pensi ad esempio all’interazione orale, che richiede comprensione, produzione, negoziazione in tempo reale), e per tale ragione molti allievi con dsa presentano alcune difficoltà specifiche nello sviluppo della produzione in lingua straniera. Anche in questo caso l’insegnante può notare difficoltà apparentemente analoghe a quelle manifestate da altri studenti, ma ciò non significa affatto che l’origine sia la stessa; di conseguenza, i materiali tradizionalmente pensati per la didattica della lingua straniera possono non essere sufficienti a sostenere l’allievo con dsa.

3.2)

Le ricadute sul piano emotivo

Nei bambini con dsa che si accostano per la prima volta allo studio di una nuova lingua si riscontra non di rado un atteggiamento iniziale di curiosità e interesse, quasi come se l’incontro con una lingua diversa da quella materna possa...


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