DSA- Tesina - Riassunti sui disturbi specifici di apprendimento PDF

Title DSA- Tesina - Riassunti sui disturbi specifici di apprendimento
Author Rosy Musiello
Course Pedagogia speciale
Institution Università del Salento
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Riassunti sui disturbi specifici di apprendimento...


Description

1. INTRODUZIONE AI DSA Da quando esiste la Legge 170 del 2010, con il relativo Decreto attuativo

e

le

indicazioni

per

la

didattica,

i

Disturbi

Specifici

dell’Apprendimento sono diventati un argomento comune come molti altri nell’ambito della realtà scolastica quotidiana. La legge ha finalmente riconosciuto la dislessia, la disgrafia, la discalculia e la disortografia come degli ostacoli che minano il pieno raggiungimento della formazione della personalità. Si tratta di alunni che, seppur in situazione di integrità cognitiva necessitano di un piano didattico personalizzato, aiutandosi con strumenti compensativi e misure dispensative. La vita scolastica di chi ha un Disturbo Specifico dell’Apprendimento può essere piuttosto difficile, non solo a scuola, ma anche a casa. A scuola il problema è sempre diverso, a seconda sia del tipo di disturbo, sia dell’età e quindi anche della classe frequentata. In linea di massima, si verifica che, nell’ambito dei diversi cicli scolastici, man mano che la classe frequentata cresce (Prima, Seconda, Terza…), con essa crescono i problemi. Le richieste legate all’apprendimento si fanno sempre più importanti e così il disturbo si fa “sentire” sempre di più. Questa tendenza, però, può col tempo cambiare, quando gli studenti, crescendo, tendono a “compensare” i propri disturbi: può accadere (e di fatto accade spesso) che, già nei primi anni di scuola Secondaria di II grado, si assista ad un evidente cambiamento, grazie al quale l’adolescente tende a fare sempre meno fatica. A ciò concorre, da un lato, il fatto che la diagnosi sia stata fatta tempestivamente, e quindi si siano attivati precocemente

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tutti gli aiuti indispensabili; dall’altro lato, alla compensazione concorrono la crescita e la conoscenza di se stessi, dei propri limiti e delle proprie possibilità. Per questo chiariamo la differenza tra difficoltà di apprendimento e disturbo specifico dell’apprendimento (DSA). La difficoltà non è innata ed è modificabile, mentre il disturbo è innato e resiste all’intervento. Il disturbo DSA si diagnostica con dei criteri internazionali: - l’ICD-10 - il DSM-IV-TR Nell’ICD-10 i DSA sono inseriti all’interno di disturbi dello sviluppo psicologico e quindi disturbi specifici delle abilità scolastiche( disturbi della lettura, di compitazione, delle abilità aritmetiche e disturbo specifico misto). Nel DSM-IV i DSA si inquadrano nell’asse I nell’avere disturbi della lettura, dell’espressione scritta e del calcolo. Nel disturbo non specifico di apprendimento i bambini hanno delle difficoltà ad acquisire nuove conoscenze e competenze, mentre nel DSA le abilità scolastiche cadono per i disturbi di apprendimento quali la dislessia, la disortografia, la disgrafia e la discalculia. I disturbi associati ai codici dell’ICD-10 sono: -

disturbo specifico della lettura (dislessia);

-

disturbo specifico della compitazione: disortografia e disgrafia;

-

disturbo specifico delle abilità aritmetiche (discalculia);

-

disturbo dell’apprendimento non specificato.

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2. LE TEORIE EVOLUTIVE DI PIAGET Per capire in maniera adeguata i disturbi specifici dell’apprendimento e saperne cogliere i segni, è necessario conoscere le teorie dello sviluppo psicologico. In tal modo, l’osservazione può avvenire già nella scuola dell’infanzia. Il fatto che il bambino arrivi già nella scuola primaria “segnalato” non significa che è ormai “etichettato”, come succede spesso. La segnalazione serve ad indicare una discrepanza tra le competenze cognitive (che sono nella norma) e la sua età cronologica. Gli insegnanti devono sempre ricordare che il loro compito è rilevare, monitorare e segnalare eventuali discrepanze di cui parlavamo prima, affinchè ci siano specialisti in grado poi di fare una diagnosi. E’ fortemente necessario che soprattutto gli insegnanti della scuola dell’infanzia e della scuola primaria siano preparati per cogliere tali incongruità. Conosciamo ora le teorie dello sviluppo psicologico. Nella prospettiva piagetiana le esperienze che il bimbo compie nei diversi periodi dell’età evolutiva sono fondamentali per un giusto procedere del suo sviluppo cognitivo. I concetti fondamentali della teoria piagetiana sono quelli di assimilazione e accomodamento: il bambino assimila nuove informazioni dalla realtà che lo circonda e le accomoda nel complesso di conoscenze già in suo possesso Grazie allo sviluppo delle strutture cognitive il bimbo è in grado di vivere la realtà in modo più completo ed articolato. Assimilazione e

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accomodamento sono, dunque, due condizioni necessarie l’una all’altra perché il bambino possa progredire nel proprio sviluppo cognitivo. Secondo Piaget lo sviluppo cognitivo nell’uomo si attua attraverso diversi stadi: 1.

Stadio senso-motorio (0-2 anni)

Il neonato distingue se stesso dagli oggetti, cerca stimolazioni e osserva il mondo circostante. Prima che sia raggiunto il livello del linguaggio, i significati vengono definiti attraverso la manipolazione, così che l’oggetto rimane "lo stesso oggetto" anche se cambia la sua collocazione e muta il punto di osservazione. 2.

Stadio pre - operatorio (2-6 anni)

Il bambino è egocentrico, incapace di assumere il punto di vista degli altri; opera le proprie classificazioni in base a singoli tratti essenziali: se A è come B in un aspetto, deve esserlo anche in tutti gli altri aspetti. Nella fase intuitiva, il bambino è in grado di pensare in termini di classi, di individuare relazioni, di adoperare numerosi concetti, ma è "intuitivo", poiché non può essere consapevole della propria classificazione. Sviluppa gradualmente il concetto di conservazione con questo ordine: massa o quantità (5 anni), peso (6 anni), volume (7 anni). 3.

Stadio operatorio concreto (7-11 anni)

Il bambino è in grado di usare operazioni logiche, come la reversibilità(in aritmetica), la classificazione (organizzare gli oggetti in gerarchie di classi), la seriazione (organizzare gli oggetti in serie ordinate,

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come le dimensioni crescenti). Il bambino acquisisce una più autonoma organizzazione mentale attraverso il progressivo allargamento dell’esperienza e la conquista di una visione meno egocentrica della realtà. 4. Stadio delle operazioni formali (dagli 11 ai 15 anni) Stadio delle operazioni formali: periodo che va dagli 11 ai 15 anni. Si fanno gli ultimi passi verso il pensiero astratto e la concettualizzazione; il bambino è in grado di formulare un ragionamento ipotetico-deduttivo. I DSA vengono diagnosticati attraverso dei test standardizzati inerenti la lettura, il calcolo e l’espressione scritta. Quando i risultati a tali test sono al di sotto della media statistica rispetto a quanto ci si aspetterebbe in base all’età, all’istruzione e al livello di intelligenza del soggetto, allora si pone una diagnosi precisa. I bambini DSA apprendono comunque, è sbagliato pensare che siano bambini non in grado di apprendere per questo devono essere messi nelle giuste condizioni e devono essere aiutati a gestire le problematiche per ottenere dei risultati. Vorrei approfondire in modo particolare due disturbi specifici dell’apprendimento: dislessia e discalculia.

3. DISLESSIA. CARATTERISTICHE GENERALI Nel disturbo di lettura la precisione, la velocità e la comprensione della lettura, misurate tramite test standardizzati, sono al di sotto del punteggio che ci si aspetterebbe considerando l’età cronologica, il grado di istruzione e la valutazione dell’intelligenza del soggetto in questione. Sono anche presenti

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lentezza nel processo di decodifica scrittoria e difficoltà di comprensione (data non da un deficit cognitivo ma dalle distorsioni di lettura) L’anomalia della lettura interferisce anche grandemente con l’apprendimento scolastico o con le attività della vita quotidiana che richiedono capacità di lettura. Per valutare l’abilità di lettura devono essere usate più fonti di informazione, una delle quali prevede la somministrazione individuale da parte del clinico di riferimento di prove di lettura. Le indicazioni della Consensus Conference prevedono al riguardo: - indagine strumentale delle funzioni deficitarie (test), - indagine strumentale delle funzioni integre (test), -

indagine relativa ai fattori ambientali e alle condizioni emotive e

relazionali, - esame della comorbilità, intesa sia come co-occorrenza di altri disturbi specifici dell’apprendimento, sia come compresenza di altri disturbi (ad esempio di attenzione, di iperattività, di ansia, ecc.). Le prove adeguatamente standardizzate di lettura a più livelli sono: - parole - non parole - brano. Prova di lettura di parole: L’alunno ha il compito di leggere delle liste di parole isolate a frequenza d’uso variabile e il più velocemente e correttamente possibile. La prova valuta la sua abilità di decodificare del

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materiale scritto proposto in maniera isolata e quindi non inserito in un contesto di significato Prova di lettura di non parole: l’alunno ha il compito di leggere delle liste di non parole (ovvero parole inventate, costruite sulla base di sillabe esistenti solo nella propria lingua madre) il più velocemente e correttamente possibile. La prova valuta la sua abilità di conversione grafema – fonema. Prova di lettura di brano: l’alunno ha il compito di leggere un testo adatto per età e per fascia di scolarizzazione il più velocemente e correttamente possibile. La prova valuta la sua abilità di decodificare del materiale scritto appartenente ad un contesto di significato. E’ bene inoltre tenere sempre in considerazione alcune caratteristiche peculiari dei DSA: - il disturbo è innato, pertanto dovrebbe essere sempre presente nel percorso evolutivo del bambino; -

la modificabilità, anche con esercizi specifici di abilitazione, è

modesta; - gli adattamenti didattici non sono sufficienti a migliorare il quadro clinico. Generalmente il disturbo di lettura (definito anche “dislessia”) si associa al disturbo di calcolo (definito anche discalculia) ed il disturbo dell’espressione scritta. Accade piuttosto raramente che uno di questi disturbi si verifichi in assenza di un disturbo di lettura.

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La dislessia presenta una certa familiarità: la sua prevalenza è maggiore tra i parenti biologici di primo grado di soggetti con disturbi dell’apprendimento. Anche questo dato può rilevarsi utile agli insegnanti per definire maggiormente l’ipotesi della presenza di tale disturbo. Nelle difficoltà di lettura, le motivazioni che spingono la scuola e il genitore a richiedere una consulenza dipendono spesso dalle attese dell’ambiente, della classe frequentata, dal livello di difficoltà del bambino. La segnalazione da parte degli insegnanti vede come primo interlocutore la famiglia, per un successivo invio ai servizi sanitari per l’età evolutiva. I servizi sanitari devono compiere la valutazione in tempo per avviare gli interventi necessari durante il successivo anno scolastico. Una diagnosi di dislessia disortografia può essere formulata verso la fine del secondo anno di scuola primaria, e l’esame permette di individuare i bambini che presentano un probabile deficit e iniziare le attività di potenziamento didattico e di trattamento riabilitativo. 3.1 Cosa può fare la scuola? L’insegnante, per favorire un migliore benessere dello studente dislessico, può mettere in atto alcune strategie. In particolare egli può: - comprendere e accogliere il problema; - vegliare perché sia rafforzata la competenza di lettura, cercando di evitare

che

il

deficit

di

lettura

penalizzi

individualizzando le richieste;

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gli

altri

apprendimenti

- evitare di esporre il bambino a situazione di difficoltà e frustrazione (ad es, leggere a voce alta in classe); - ridurre la quantità di materiale da leggere (nelle verifiche e nei compiti a casa), eventualmente compensando con maggiori richieste di altro tipo (ad esempio, lavoro con materiale grafico); - concedere più tempo nelle verifiche o altre attività; -

in presenza di difficoltà ortografiche, privilegiare i contenuti

rispetto alla competenza ortografica nei compiti scritti e guidare alla revisione degli errori ; - privilegiare verifiche orali piuttosto che scritte; - curare la consegna dei compiti a casa; - operare riduzioni del materiale di studio; -

favorire la collaborazione tra pari o l’aiuto nei compiti a casa per

ridurre al minimo la penalizzazione del deficit di decodifica (ad esempio, un adulto, un adulto che legge per il bambino dislessico il materiale di studio); - in taluni casi utilizzare strumenti compensativi che evitino al bambino il compito della decodifica ma gli consentano comunque di arrivare ai contenuti (programmi dotati di sintesi vocale); - consentire l’utilizzo del computer dotato di programmi per la revisione ortografica; - stimolare la costruzione di un metodo di studio funzionale alle caratteristiche del bambino /ragazzo dislessico, per favorire l’autonomia; - valorizzare il più possibile le risorse positive del ragazzo;

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- utilizzare tecniche didattiche che favoriscono l’aiuto fra pari (ad es. cooperative learning: una tecnica di conduzione della classe nella quale gli alunni lavorano in piccolo gruppi per attività di apprendimento creando una relazione, nella quale ciascuno mette a disposizione del gruppo il suo sapere e le sue competenze). Inoltre, l’insegnante può anche creare esercizi mirati volti ad esercitare alcune delle abilità coinvolte nel processo di lettura. Solo in una scuola vissuta come contesto di relazione di apprendimento si può stabilire un rapporto positivo tra bambino ed adulto che ascolta, accoglie, sostiene e propone. In una scuola dove la collaborazione, la sinergia, la condivisione degli stili educativi tra le insegnanti, tra queste e la famiglia ed a volte con i servizi territoriali funzionano, è più facile andare incontro al bisogno educativo del bambino. In una scuola che vive nell’ottica dell’inclusione, il lavoro in sezione si svolge in un clima sereno, caldo ed accogliente, con modalità differenziate. Si dovrà privilegiare l’uso di metodologie di carattere operativo su quelle di carattere trasmissivo, dare importanza all’attività psicomotoria, stimolare l’espressione attraverso tutti i linguaggi e favorire una vita di relazione caratterizzata da ritualità e convivialità serena. Importante risulterà la narrazione, l’invenzione di storie, il loro completamento, la loro ricostruzione, senza dimenticare la memorizzazione di filastrocche, poesie e conte, nonché i giochi di manipolazione dei suoni all’interno delle parole.

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3.2 Cosa possono fare i genitori? E’ di fondamentale importanza che i genitori siano informati in maniera chiara sul disturbo del figlio e che, allo stesso tempo siano seguiti e supportati nella loro attività di aiuto e di guida. Può inoltre risultare molto utile promuovere l’attivazione di gruppi di genitori di bambini dislessici, al fine di creare momenti di ascolto, condivisione e crescita rispetto al problema in questione. I genitori stessi possono mettere in atto tutta una serie di attività aspecifiche, ossia attività che non hanno a che fare con la specifica difficoltà del bambino, ma che comunque mettono in gioco processi implicati nella lettura . Qui di seguito elenchiamo alcune di queste attività. - Favorire il mondo dei libri, con riviste in libreria, biblioteca, esposizione di testi. - Offrire con l’esempio l’idea del piacere associato alla lettura. - Prevedere momenti specificamente dedicati alla lettura personale. - Leggere al bambino facendo in modo che egli possa seguire ove si sta leggendo. - Evitare che le attività di lettura siano necessariamente legate a compiti. - prevedere scambi di comunicazione scritta (diari dialogati, messaggini telefonici). - Far leggere al bambino testi noti o testi scritti da lui stesso.

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- Registrare la lettura e farla riascoltare avendo sotto gli occhi il brano letto. - Predisporre un piano didattico personalizzato che preveda l’utilizzo delle TIC. - Far leggere testi di particolare interesse per il bambino. - Fare giochi che prevedono composizione e scomposizione di parole. - Mobilitare la riflessione sui processi, il significato e l’importanza delle attività di lettura. - Indurre nel bambino la convinzione di avere in sé i mezzi per migliorare. Esercizi per gli studenti con disturbo della lettura possono essere le domande: vero o falso? Si o no? Chi? Cosa? Quando? Dove? Perché? Non si dimentichi nemmeno di lavorare sulla memoria a breve termine, che va allenata costantemente e che, se sviluppata, migliora la memoria di lavoro e consente di sviluppare anche la meta memoria, ossia l’uso strategico della propria memoria. Le difficoltà nello studente dislessico sono, infatti, non solo relative alla memoria di lavoro (mantenere e recuperare le informazioni), ma anche ai limiti legati all’accesso lessicale, ossia l’incapacità di ricordare il nome di un oggetto o di un luogo. Se la memoria a breve termine è compromessa, si perde l’informazione prima ancora che venga elaborata. Il training della memoria comporta diverse fasi. Eccone alcune semplici ed efficaci:

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- lavorare sull’ autovalutazione; - usare tecniche di auto rinforzo; - auto istruirsi tramite il linguaggio interno; - costruire il dialogo educativo su situazioni strutturate e routinarie. Infine un’altra strategia per la memoria è quella ludica. Di seguito alcuni giochi da poter organizzare. - Colpo d’occhio (osserva un foglio con su disegnati molti oggetti e cerca di ricordarne almeno 10) - Chi/cosa manca? (Osserva bene questo disegno: c’è qualcosa che non va?) - Il buon osservatore (osserva un oggetto e poni 10 domande su di esso) - Cosa ricordi? (leggi un testo e poni 10 domande su di esso) - Trova le differenze tra due disegni - Cosa hai dimenticato? (Racconta qualcosa e registrati, poi prova a ripetere le stesse cose e riascoltati per verificare la tua memoria) - Le autobiografie (scrivi qualcosa su di te, un diario, le tue emozioni, le tue avventure, e ogni tanto rileggilo per mettere alla prova la tua capacità di ricordare) - Ricordi i colori? (Guarda un’immagine colorata e poi cerca di ricolorarne una identica ma priva di colori a seconda di ciò che ti ricordi).

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DISCALCULIA: COS’E’ E COME RICONOSCERLA Il DSM- IV – TR (APA, 2002) in accordo con l’ICD-10 (OMS, 2007), identifica il disturbo del calcolo in quanto ci sono prestazioni inferiori rispetto a quanto previsto in base all’età cronologica del soggetto nella capacità di calcolo, misurata con test standardizzati somministrati individualmente, in soggetti con normali abilità cognitive e opportunità di apprendimento. Quali sono, dunque, secondo queste indicazioni, i comportamenti da osservare per orientarsi all’interno del disturbo del calcolo? a) incapacità di comprendere i concetti di base di particolari operazioni b) mancato riconoscimento dei simboli numerici c) difficoltà ad allineare correttamente i numeri o ad inserire decimali d) essere capaci di contare per contare anche all’indietro e) leggere e scrivere correttamente i numeri f) riconoscere la quantità a colpo d’occhio (subitizing), e fare comparazione tra quantità In Italia le Raccomandazioni per la pratica clinica definite con il metodo della Conference Consensus (AID, 2009) consentono di distinguere nella discalculia profili connotati da debolezza nella strutturazione cognitiva delle componenti di: - cognizione numerica: ovvero intelligenza numerica basale (subitizing, meccanismi di quantificazione, comparazione, seriazione, strategie di calcolo a mente)

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-

procedure esecutive (lettura, scrittura e messa in colonna dei

numeri ) e di calcolo ( recupero dei fatti numerici e al...


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