Tumori della Vescica PDF

Title Tumori della Vescica
Course Oncologia
Institution Università degli Studi di Siena
Pages 3
File Size 141.8 KB
File Type PDF
Total Downloads 97
Total Views 125

Summary

Appunti e schemi sui tumori dell'apparato urinario...


Description

VESCICA Il carcinoma della vescica rappresenta il 7% di tutti i tumori e causa il 3% della mortalità per cancro. L’incidenza del tumore della vescica è pari al 6% nell’uomo e 3% nella donna. Il 95% di questi tumori è di origine epiteliale, il rimanente 5% è di origine mesenchimale; infatti, i tumori della vescica possono anche originare dalla muscolatura, oppure possono essere tumori intramurali rarissimi (es. linfoma intramurale della vescica). Molti tumori della vescica urinaria sono costituiti da cellule di tipo uroteliale (cellule di transizione) e sono quindi indifferentemente chiamati tumori uroteliali o transizionali, ma possono presentarsi anche carcinomi squamosi e ghiandolari: 

Tumori uroteliali 

Papilloma esofitico (crescita verso il lume della vescica);



Papilloma invertito (crescita verso la lamina basale della parete vescicale);



Neoplasia papillare a basso potenziale di malignità;



Tumori uroteliali papillari di basso o alto grado;



Carcinoma in situ (CIS, o carcinoma uroteliale piatto non invasivo);



Carcinoma misto;



Adenocarcinoma;



Carcinoma a piccole cellule;



Sarcoma.

I tumori della vescica sono rappresentati per il 90% da tumori uroteliali e comprendono una gamma di lesioni che vanno da quelle piccole e benigne (che non recidivano mai) a tumori maligni aggressivi associati ad alto rischio mortalità. Molti di questi tumori all’esordio sono multifocali (cioè a localizzazione multipla, può svilupparsi in diverse aree dell’urotelio) e, nonostante vengano in genere riscontrati in vescica, ognuna delle lesioni che descriveremo può essere osservata in qualsiasi sede uroteliale, dalla pelvi renale alla porzione distale dell’uretra. Due distinti precursori del tumore vescicale sono rappresentati dai tumori papillari non invasivi e dal tumori piatti non invasivi. I precursori più comuni sono i tumori papillari non invasivi, che originano da un’iperplasia papillare uroteliale; questi carcinomi sono caratterizzati da diverse atipie e vengono classificati in relazione al comportamento clinico. L’altra lesione che precede il carcinoma invasivo è il carcinoma uroteliale piatto non invasivo , definito come carcinoma “in situ” o CIS, il quale può già presentare al suo interno elementi carcinogeni, infatti CIS è un termine istologico usato per descrivere una lesione epiteliale che ha caratteristiche citologiche maligne, confinata all’epitelio, senza invasione della membrana basale. Tali lesioni sono considerate ad alto grado. La prognosi del tumore vescicale è fortemente influenzata dal passaggio delle cellule tumorali dall’epitelio alla componente muscolare della vescica (muscolo detrusore), e in questo caso la sopravvivenza cala in maniera vertiginosa (mortalità = 30% a 5 anni dalla diagnosi): in circa la metà degli individui affetti da tumore vescicale invasivo, al momento della diagnosi, il tumore ha già invaso la parete vescicale e non sempre vengono identificate lesioni precancerose, le quali si presume che vengano sostituite dalle componenti tumorali invasive ad alto grado che in genere appaiono come masse ulcerate. La gradazione dei tumori uroteliali è:

1. Papilloma uroteliale; 2. Neoplasia uroteliale a basso potenziale di malignità; 3. Carcinoma papillare uroteliale, di basso grado; 4. Carcinoma papillare uroteliale, di alto grado. Il carcinoma papillare uroteliale si può classificare anche in I, II e III grado. Nella figura 21.11 B (pag. 964) è possibile osservare un carcinoma piatto in situ con un rivestimento a più filiere (è importante vedere quante sono le filiere), alcune cellule normali sono ancora presenti in superficie, infatti notiamo le tipiche cellule piatte del rivestimento vescicale (cellule ad ombrello), però ci sono anche numerose cellule con nuclei aumentati di volume e polimorfi. Nella figura 21.9 (pag. 964) è possibile osservare un carcinoma papillare uroteliale a basso grado con architettura pressoché conservata, un rivestimento più spesso del papilloma, con nuclei ipercromatici scarsi e figure mitotiche tipiche dei tumori in attiva divisione cellulare. Nella figura 21.10 (pag. 964) è possibile osservare un carcinoma papillare uroteliale ad alto grado con notevoli atipie citologiche, infatti le cellule presentano nuclei di dimensioni mostruose e nucleoli irregolari. Gli altri tumori epiteliali della vescica rappresentano il 3-7% dell’incidenza e sono rappresentati dal carcinoma squamocellulare (o squamoso), il quale spesso è associato ad un quadro clinico di irritazione vescicale e infezione cronica, o anche alla presenza di infezione da Schistosoma haematobium o di calcolosi cronica; infatti, lo sfregamento causato da questi fattori fa sì che l’epitelio si adatti allo stimolo dannoso e diventi di tipo Malpighiano, cioè un epitelio squamoso. L’adenocarcinoma della vescica è un tumore raro ed istologicamente simile agli adenocarcinomi che insorgono nel tratto gastrointestinale. Nella vescica sono presenti dei residui embrionali, i residui dell’ uraco (tratto delle vie urinarie del feto che connette la vescica al cordone ombelicale e si oblitera alla fine del terzo mese di gravidanza), dai quali l’adenocarcinoma vescicale può originare (soprattutto quando si sviluppa nel trigono vescicale); in altri casi invece, l’adenocarcinoma vescicale origina da cistiti, le quali inizialmente sono semplici e poi diventano cistiche (cioè croniche), successivamente ghiandolari, poi ghiandolari atipiche, e infine origina adenocarcinoma. Il carcinoma vescicale a piccole cellule è molto simile a quello polmonare, ha origine sconosciuta, ma spesso non è “funzionante” come quello polmonare. Alcuni fattori di rischio sono stati correlati all’insorgenza del carcinoma vescicale: fumo di sigaretta (in Italia il 78% dei soggetti affetti da carcinoma vescicale è un fumatore), uso prolungato di analgesici (implicati anche nella nefropatia da analgesici), infezione da Schistosoma haematobium (nelle aree endemiche, Egitto e Sudan), trattamento con ciclofosfamide (farmaco antitumorale e immunosoppressivo), esposizione alle radiazioni (ripetute radiografie addominali o radioterapia), caffeina (influisce negativamente sulla riparazione post-replicativa del DNA), saccarina (utilizzata come dolcificante nel caffè), esposizione industriale alle arilammine. Riguardo alle arilammine, bisogna dire che alcuni soggetti sono stati frequentemente esposti per motivi di lavoro a questi composti chimici cancerogeni, specialmente in alcuni Paesi industrializzati; in particolare, i derivati dell’anilina venivano utilizzati nelle industrie di coloranti e nelle lavanderie (smacchiatori a base di anilina). Un derivato dell’anilina, la β-naftilammina viene idrossilata e coniugata con l’acido glucuronico a livello epatico per poter essere eliminata con le urine però, una volta arrivata nelle urine, incontra la β-glucoronidasi urinaria che la scinde in acido glucuronico e amminofenolo, un composto altamente reattivo che si lega al DNA delle cellule epiteliali delle vie urinarie provocando tumori alla vescica. Questo processo è un esempio di cancerogenesi remota, così chiamata perché la sostanza estranea viene metabolizzata in un determinato organo (fegato, in questo caso) però poi

la cancerogenesi avviene in un organo completamente diverso (vescica). Il potere cancerogeno della βnaftilammina è stato scoperto grazie all’utilizzo di animali da laboratorio: si mostrò cancerogena nei cani ma non nei topi e nei ratti perché questi roditori non hanno la β-glucoronidasi, quindi la β-naftilammina coniugata con acido glucuronico viene eliminata con le urine direttamente come tale senza essere trasformata in amminofenolo. Spesso il rischio di insorgenza di cancro è inversamente proporzionale all’emivita delle cellule in questione, infatti quello uroteliale è un epitelio che si rinnova fortemente (come quello bronchiale e altri epiteli che vengono costantemente a contatto con l’esterno o con sostanze tossiche) per cui è più facile che questi epiteli caratterizzati da una maggiore replicazione cellulare siano interessati più facilmente da cancerizzazione. Inoltre, è stato visto che soggetti con carenza di un’isoforma di un enzima, la glutatione-S-transferasi µ1 hanno un rischio più elevato di sviluppare carcinoma vescicale. Nel carcinoma vescicale sono state riscontrate diverse alterazioni genetiche , ma soprattutto mutazioni dei geni che codificano per oncosoppressori quali p53, RB, p15 e p16/INK4A, in quanto i danni al DNA (causati ad esempio dagli agenti chimici e fisici sopra citati) non possono essere riparati se la loro funzionalità è alterata, e anche in caso di danni irreparabili non possono indurre l’apoptosi nelle cellule danneggiate. Il tumore vescicale si manifesta classicamente con ematuria asintomatica (non accompagnata da dolore). Nella donna di solito il carcinoma vescicale è asintomatico (perché fa la pipì seduta e non si accorge di niente, mentre l’uomo la fa in piedi quindi si accorge della presenza di sangue nelle urine). L’ematuria di solito è terminale, quindi il sangue compare solo nella parte finale della minzione perché l’urina si accumula nella vescica e il sangue sedimenta verso la parte cellulare. Siccome i carcinomi uroteliali sono spesso multifocali, possiamo avere altri segni clinici legati ai disturbi urinari, quali idronefrosi, pielonefrite (soprattutto ascendente, essendo interessata la vescica), dolore (tipo colica renale), pollachiuria e disuria. Oggi il carcinoma vescicale è operabile, infatti si può far a meno della vescica asportata creando una “nuova vescica”, cioè dirottando l’urina nel retto; nei primi periodi successivi all’operazione il soggetto trova difficoltà, ma col passare del tempo può anche recuperare una certa autonomia per quanto riguarda la minzione. Pazienti con tumori uroteliali di qualsiasi grado, tendono a sviluppare nuovi tumori dopo l’exeresi (asportazione della lesione) e le recidive possono presentare un più alto grado di malignità. Il rischio di recidiva rappresenta la problematica più grave relativa a questo tipo di tumore ed è legato a diversi fattori, quali la multifocalità, il grado, lo stadio (vedi “stadiazione dei carcinomi vescicali” nella tabella 21.4 pag. 965), le dimensioni del tumore, ecc. La presenza di gonadotropine corioniche rappresenta un marker sierologico e urinario del carcinoma vescicale, soprattutto quando compaiono nell’uomo. La prognosi dipende dal grado istologico, dallo stadio alla diagnosi e dalle anomalie istologiche di vario grado dei tumori papillari; ma, a parità di stadio, il carcinoma squamoso e l’adenocarcinoma sono associati ad una prognosi più sfavorevole rispetto a quella dei carcinomi epiteliali. La metastatizzazione può essere quanto mai varia, infatti può interessare gli organi vicini (spread diretto al retto, o alla vagina o alla prostata), oppure interessare i linfonodi più vicini (pelvici) o quelli più lontani (retroperitoneali e iliaci); inoltre, essendo una metastatizzazione prevalentemente per via linfatica, la diffusione del tumore vescicale salta il fegato e le metastasi possono raggiungere anche polmoni e ossa. La diagnostica vescicale è molto importante e consiste in cistoscopia, biopsia, esami citologici (studio delle cellule di sfaldamento dell’epitelio vescicale) e studi citogenetici....


Similar Free PDFs