UD 4 Fox Talbot e la diffusione del calotipo PDF

Title UD 4 Fox Talbot e la diffusione del calotipo
Course Comunicazione e media contemporanei per le industrie creative
Institution Università degli Studi di Parma
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UD 4 Fox Talbot e la diffusione del calotipo 1841 William Fox Talbot annuncia al Royal Institution di Londra di aver perfezionato il procedimento del disegno fotogenico, cui diede il nome di calotipo. Scoperta rivoluzionaria: a differenza della tecnica di Daguerre, la calotipia permetteva di produrre copie di un'immagine negativa, anche se la qualità della stampa risultava inferiore rispetto al procedimento dagherrotipico. Ritenuto dalla maggioranza degli studiosi il vero antenato della fotografia, il calotipo (noto anche come talbotipo) non conosce però la stessa diffusione del dagherrotipo negli Stati Uniti e il brevetto non viene acquistato dallo Stato. Differenza tra i due processi: tecnica e differenti contesti culturali in cui questi maturano.

1. L'invenzione del procedimento calotipico La scoperta di Talbot è avvenuta quasi incidentalmente nel 1833 sulle rive del lago di Como, mentre faceva schizzi con la camera lucida di Wollaston, ma senza riuscire. Allora decise di riprovare un metodo che aveva già tentato anni prima-> prendere una camera oscura e proiettare l'immagine degli oggetti, su un pezzo di carta nel suo centro. Ma le immagini erano destinate a dileguarsi rapidamente QUINDI gli venne l'idea di far sì che le immagini si imprimano da sole, rimangano fissate in modo durevole sulla carta”. Iniziò a fare degli esperimenti:     

Immerse la carta in una debole soluzione di cloruro di sodio (sale da cucina) una volta asciugata, la immerse nuovamente in una soluzione di nitrato d’argento. Si formava così, nella struttura della carta, il cloruro d’argento, un sale sensibile alla luce. Appoggiando su questa carta un oggetto ed esponendola alla luce, la carta si anneriva dove non era protetta dalla presenza dell’oggetto. Appariva così un'immagine negativa a cui Talbot diede il nome disciadografia (da shadow, ombra).

Fox Talbot, Nastro di pizzo, 1839 Il pizzo non ha consentito alla luce di passare, mentre il resto si è annerito: è un negativo a contatto.

Talbot comprese che se la carta fosse stata trasparente, il primo disegno poteva essere utilizzato come oggetto per produrre un secondo disegno, nel quale i valori cromatici sarebbero apparsi invertiti. Per ottenere questo risultato, però, il negativo doveva essere fissato= reso insensibile a un’ulteriore azione della luce.

Così… immerse la carta in una forte soluzione di sale (ioduro di potassio), stampando come positivi questi procedimenti fotogenici. Herschel (astronomo inglese) conosceva Talbot e fu lui a: - usare per primo il termine fotografia - parlare di negativo e positivo - risolvere il problema del fissaggio dell’immagine, utilizzando l'iposolfito di sodio, anziché il bromuro di potassio, come aveva fatto Talbot. Nel frattempo Tablot scoprì il principio dell’ immagine latente: un segno luminoso, anche piuttosto debole, viene enormemente amplificato durante lo sviluppo. Infatti, soltanto pochi atomi si trasformano all’azione diretta della luce (esposizione), mentre moltissimi lo fanno nella fase dello sviluppo, generando l'immagine visibile. Dunque propose un doppio procedimento, che prevede - una seconda immersione in soluzione di gallo-nitrato d’argento dopo l’esposizione - il fissaggio dell’immagine con bromuro di potassio (in un secondo tempo iposolfito). Tutte le zone esposte anneriscono maggiormente tanto più lungo è il bagno nel gallonitrato -> permetteva di correggere nella fase di sviluppo eventuali difetti della fase di esposizione dell'immagine.

Il Procedimento calotipico:

1) Sensibilizzazione del supporto : la carta deve essere immersa prima in una soluzione di nitrato d'argento e poi in una di iodato di potassio, quindi risciacquata e asciugata e quindi conservata al buio. Poco prima di essere impressionata alla luce, la carta deve essere coperta con una soluzione di nitrato d'argento e acido gallico, miscelati in parti uguali. La carta viene asciugata solo in parte perché reagisce meglio ancora umida.

2) Esposizione: alla luce richiedeva un tempo da 10 secondi a qualche minuto. 3) Sviluppo: rilevare (vedere) l'immagine impressionata sul foglio . 4) Fissaggio: il foglio viene immerso per circa mezz'ora in una soluzione di bromuro di potassio (Talbot) o meglio di iposolfito di sodio (Hershel). Si ottiene così il negativo dell'immagine.

5) Stampa: inizialmente prodotta fotografando nuovamente il negativo e sviluppandolo in calotipia, ma la qualità non era soddisfacente. Il procedimento comunemente utilizzato, sviluppato da Talbot, consisteva nell'utilizzo di fogli di carta da scrittura immersi in una soluzione di comune sale da cucina, asciugati e pennellati da un lato con il nitrato d'argento. Il foglio ottenuto era unito insieme al negativo all'interno di due lastre di vetro, quindi esposto alla luce del sole per circa 15 minuti. La stampa finale riproduceva l'immagine con una tonalità marrone, quasi rossa, in positivo.

2. Due modelli a confronto DAGHERROTIPO   





Immagine su metallo Immagine non riproducibile Immagine più dettagliata e con contorno quasi “pittorico”, caratterizzata da un approccio verista alla realtà (tipico cultura francese) Soggetti immortalati prevalentemente ritratti e oggetti Si basava sulla ritrattistica e si concentrava sull’importanza del soggetto ritratto

The pencil of Nature, 1844

CALOTIPO   

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Immagine su carta Immagine riproducibile Immagine meno dettagliata e meno nitida, restituisce maggiormente l’atmosfera Intervento dell’uomo ridotto al minimo La luce è “The pencil of Nature” Si inserisce nel contesto artistico inglese Si concentrava più sulla rappresentazione naturale, preferiva la pittura di paesaggio

Nel 1843 Talbot organizzò a Reading un laboratorio di stampa, il Talbotype Establishment nel quale iniziò a stampare il primo libro fotografico della storia, “The pencil of Nature”, una raccolta di 24 calotipi. I soggetti immortalati nelle stampe erano ‘antiaccademici’ all'insegna di un rifiuto per un genere codificato: non erano solo vedute architettoniche e nature morte, ma anche ‘ritratti’ di oggetti.

La luce diviene la "matita della natura", capace di descrivere se stessa senza l'aiuto della mano umana.

Fox Talbot, Il pagliaio, 1844

Queste immagini, caratterizzate da un realismo attento ai valori atmosferici, sono la dimostrazione del cambiamento in atto nel modo di guardare e di rappresentare la società ottocentesca.

Fox Talbot, La scala, 1844

La diffusione del calotipo tra arte e scienza: Hill e Adamson

La collaborazione tra il pittore Hill e lo scienziato Adamson è l’emblema della collaborazione tra arte e scienza. I due furono - pionieri nell'uso della calotipia, per riprendere sia paesaggi sia ritratti; - i primi ad adoperare il mezzo fotografico con una funzione artistica. -> Lo storico Heinrich Schwarz inaugurò gli studi sui fotografi proprio con un libro su Hill: egli fu il primo fotografo a essere percepito a tutti gli effetti come un artista. Adamson aveva appena aperto uno studio fotografico a Edimburgo quando Hill lo contattò per immortalare i 457 delegati presenti alla Convenzione di Edimburgo, al fine di poterli dipingere in un grande quadro storico su La prima assemblea generale della Chiesa di Scozia. Hill e Adamson, La prima assemblea generale della Chiesa di Scozia, 1943-1966, olio su tela.

La fotografia ha aiutato Hill a ritrarre i delegati cogliendoli non in pose rappresentative, ma in atteggiamenti spontanei ed espressivi.

I due si misero in società, aprirono uno studio fotografico e iniziarono a eseguire ritratti e fotografie di paesaggi e gente comune. Molte delle fotografie del duo non sono semplicemente ritratti o nature morte, ma sono scene di vita dallo spirito romantico, maturate nel contesto culturale inglese di metà Ottocento: le pose alludono infatti a un movimento in atto e il soggetto non appare in posa.

Hill e Adamson, Mogli di pescatori, New Haven, 1845 Walter Benjamin osservando questa foto, scrisse che nella pescivendola di New Haven che guarda a terra con un pudore così indolente, così seducente, resta qualcosa che non si risolve nella testimonianza dell’arte del fotografo Hill, qualcosa che può venir messo a tacere e che inequivocabilmente esige il nome di colei che lì ha vissuto, che anche nell’immagine è ancora reale e che non potrà mai risolversi totalmente in arte....


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