Una strana guerra fredda PDF

Title Una strana guerra fredda
Author Luca Raoul Ferrari
Course Storia Contemporanea
Institution Università degli Studi di Milano
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una strana guerra fredda Storia Università degli Studi di Palermo 43 pag.

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UNA STRANA GUERRA FREDDA Lo sviluppo e le relazioni Nord-Sud Sara Lorenzini INTRODUZIONE 1975 Samora Moises Machel - primo presidente del Mozambico indipendente tenne un lungo discorso allo stadio di Machava. Moltissimi ospiti, esponenti che da tutti i paesi avevano aiutato il Fremlino - fronte di liberazione nazionale del Mozambico, durante la lotta armata. Machel era giunto nella capitale dopo un viaggio di un mese, marcia trionfale dal Nord fino alla foce del Maputo. A ogni tappa aveva tenuto accorati discorsi, esaltando il successo → la vittoria contro il colonialismo portoghese e incitando all’unità di fronte la prossima sfida, la costruzione del nuovo stato. La repubblica popolare del Mozambico si sarebbe sbarazzata di ciò che rimaneva del colonialismo (bandito lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, rifondato la società su nuove basi ideologiche, introdotto una moderna cultura amministrativa). Sarebbe diventata un’economia avanzata, prospera e indipendente con l’aiuto dei paesi vicini socialisti Tanzania e Zambia. La sanguinosa guerra di liberazione era durata 10 anni. Il Cremlino aveva avuto l’appoggio dell’URSS e dei paesi dell’est Europa attraverso armi, aiuti di emergenza, consiglieri e tecnici. Il conflitto era divenuto uno dei fronti della guerra fredda (in Europa, spesso in Africa era guerra “calda”). La liberazione non segnò la fine degli scontri. Il Renamo nato nel 1975, sostenuto dalla Rhodesia e dal Sudafrica dell’apartheid, ricorreva alla guerriglia per difendere il governo della minoranza bianca contro la lotta armata del fronte patriottico Nel 1977 al terzo congresso del Cremlino i progetti acquisirono forma più precisa → valorizzazione della grande diga di Cabora Bassa - sul fiume Zambesi. Per rendere utile e produttivo un progetto costosissimo (che già negli anni ‘30 doveva fungere da simulacro del colonialismo portoghese). Era nata per fornire il Sudafrica di energia elettrica ed era simbolo dell’unione fra le comunità bianche dell’Africa del sud. La sfida era di trasformarla in progetto di rivoluzione sociale - utilizzare l’energia sul territorio mozambicano. Le parole di Machel riecheggiavano quelle di altre icone come Nasser in Egitto, Nehru in India e Nkrumah in Ghana ma con una retorica più leninista. Le ricadute sulla popolazione rurale non avevano nulla di positivo. La diga aveva distrutto la coltura tradizionale e avevano ridotto in miseria i contadini che subivano l’insediamento forzoso La storia di Cabora Bassa descrive la classica parabola dell’aiuto allo sviluppo durante la guerra fredda, storia di una grande opera coloniale, progettata con la tronfia noncuranza delle conseguenze ambientali e sociali, tipica dei progetti di modernizzazione. Violenza sulla natura, sulle tradizioni che la nuova classe politica lo convertì in simbolo di emancipazione Mito globale: priorità allo sviluppo. Sviluppo significa: progresso, modernità, crescita economica, benessere. Concetto chiave attorno al quale organizzare l’economia e la società. In origine un modo per promuovere e perpetuare l’impero si trasformò in strumento di autoaffermazione dei protagonisti dell’indipendenza. Nel dopoguerra lo sviluppo divenne aiuto allo sviluppo, dono prima che investimento. Il successo del piano Marshall ha indicato una strada da percorrere. La guerra degli aiuti iniziò solo negli anni ‘50 quando l’URSS entrò in gioco. Furono questi gli anni della strana guerra fredda, quando la decolonizzazione alimentò la competizione tra modelli di società e idee di modernità, in una gara per conquistare le menti e i cuori dei popoli che

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si affacciavano all’indipendenza. Simbiosi tra aiuto allo sviluppo e guerra fredda tramontò negli anni ‘70 quando il conflitto est-ovest sembrò cedere di fronte l’interdipendenza, alla necessità di far fronte a problemi globali, fra cui la questione ambientale.

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Capitolo 1 LO SVILUPPO COME IDEOLOGIA IMPERIALE La parola sviluppo ha origine nel 19° secolo. L’espressione sviluppo entrò nel linguaggio tecnico degli economisti solo negli anni ‘30. Solo dopo il ‘45 la crescita economica divenne obiettivo di primaria importanza nei paesi avanzati e lo sviluppo economico divenne un fine politico fondamentale. Gli economisti preferivano a sviluppo progresso. Sviluppo era sinonimo di crescita che riguardava le economie industriali. Negli anni ‘20 la London school of Economics prese a utilizzare l’espressione Economic development riferendosi a regioni non industrialmente avanzate: impero, India, Cina. Furono gli amministratori delle colonie a utilizzare il verbo sviluppare nel senso di “sviluppare un popolo”. In Europa la pedagogia dell’imperialismo prevedeva di condurre per mano i popoli colonizzati per educarli alla modernità. A fine ‘800 si riteneva che non tutti potessero essere educati: soprattutto l’Africa → Gustave Moynier fondatore della croce rossa. Egli riteneva che agli africani non dovesse essere applicata la convenzione di Ginevra del 1864 riguardante il trattamento dei caduti in battaglia, perché in fondo loro vivevano al di fuori della civiltà. Jules Ferry 1885 → discorso che diede il via il colonialismo francese, la definì dovere politico, ricordando che le civiltà superiori avevano obblighi verso quelle inferiori → dovere di diffondere scienza e progresso (la lotta contro la schiavitù fu spesso utilizzata come ottima ragione di intervento). Rudyard Kipling “White man’s Burden” - scritta per convincere l’opinione pubblica americana della necessità di annettere le Filippine. “Ingrato” compito di diffondere la civiltà - ingrato perché accolto con odio e non con riconoscenza. Negli USA la colonizzazione era concepita come elemento di unione con l’Europa. LA MISSIONE CIVILIZZATRICE FRA LE DUE GUERRE Gli antagonismi di inizio ‘900 e la prima guerra mondiale causarono un’interruzione nel clima di cooperazione fra imperi. Con la guerra mondiale nacque un nuovo tipo si solidarietà nazionale fra potenze coloniali e territorio colonizzato → Francia e Gran Bretagna intesero ampliare le difformità facendosi portatori di un vero e proprio stile di governo coloniale. Alla fine del primo conflitto FR e GB provvidero a spartirsi le spoglie degli sconfitti. Uno degli strumenti utilizzati fu l’istituzionalizzazione della missione civilizzatrice nel diritto internazionale. Il Covenant che istituiva la Società delle nazioni regolava le questioni coloniali agli articoli agli articoli 22 e 23 → art 22: nuovo istituto del mandato, che stabiliva la tutela di una potenza sui territori che dovevano essere preparati all’indipendenza. Art 23: carta dei doveri degli stati membri di fronte alle ampie questioni internazionali, inclusa la garanzia del giusto trattamento degli indigeni. Il sistema dei mandati → traduceva in norma di diritto internazionale pattizio l’idea della missione civilizzatrice. Proprio nell’art. 22 veniva chiarito il concetto di stadi di sviluppo dei popoli. Il termine sviluppo veniva utilizzato come sintesi del “non economico”, degli elementi sociali, demografici e culturali. Benessere materiale (well-being) e sviluppo (development) erano due elementi distintivi del linguaggio del Covenant. La missione civilizzatrice “sacred trust of civilization” rispecchiava la convinzione che vi fossero dei valori che giustificasse il dominio coloniale: civiltà, benessere materiale, progresso sociale. Educare un popolo allo sviluppo non significava di per sé abbandonare un atteggiamento razzista o segregazionista, ciò viene dimostrato dal sudafricano Smuts. Smuts propone alle Società delle Nazioni di considerare la GB come modello di pace in un futuro governo mondiale e vedeva nei mandati uno strumento per preparare all’indipendenza i paesi dell’Europa orientale. Non era per nulla ammesso l’autogoverno per i “barbari dell’Africa” che anzi dovevano essere affidati alla razza bianca del

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Sudafrica. All’interno delle Società delle Nazioni la preoccupazione era formare l’uomo moderno seguendo principi pedagogici condivisi - annullare le differenze creando un’immagine standard di umanità simile a quella occidentale. L’introduzione del sistema dei mandati si inseriva nel clima del revival coloniale degli anni ‘20 → periodo caratterizzato dalla convinzione diffusa del valore economico delle colonie e animato da nuove idee su come amministrare l’impero. Lugard→ conciliò lo spirito del mandato con quello del colonialismo. Il doppio mandato (mise en valeur) consisteva nel perseguire il duplice obiettivo di sfruttare in maniera efficiente le risorse e nel contempo amministrare i popoli con l’ottica di condurli alla civiltà. Lugard membro della Commissione dei mandati della Società delle Nazioni, inserì l’articolo 22 del Covenant in quanto intendeva dimostrare come la GB fosse esempio di ottima amministrazione. Serraut → rilevava l’estraneità della Francia alla vecchia mentalità coloniale fondata sulla disuguaglianza di razze. Evidenziava l’importanza della dimensione culturale e la valorizzazione delle istituzioni locali, cura, la salute, l’igiene, attenzione all’educazione, riguardo per il ruolo delle donne. Colonial development act 1929 in GB → idea di sviluppare e fare meglio fruttare le colonie, facendo sì che riuscissero a finanziarsi da sé, condusse ad una progressiva burocratizzazione della gestione coloniale. La struttura amministrativa doveva appoggiarsi su un numero crescente di burocrati locali che si trovavano a fare da mediatori fra culture molto differenti. Negli anni ‘20 il funzionario modello era un uomo che conosceva bene i suoi nativi che capiva la politica, gli usi e la lingua locali, sapeva trattare con i locali per evitare che si alleassero contro la potenza coloniale. Negli anni ’20, il funzionario coloniale era un uomo che conosceva la politica e gli usi locali, conosceva le lingue ed era un funzionario che era disposto a sperimentare tecniche e idee imperiali. Questo ruolo era riservato solo agli europei. L’assimilazionismo aveva chiari limiti. Come nel caso della concessione della cittadinanza, da cui i popoli dipendenti erano esclusi, anche l’accesso alle alte cariche della carriera amministrativa era preclusa. Negli anni fra le due guerre gli imperi coloniali declinarono la retorica della modernità in modo che fosse funzionale alle esigenze di governo. In particolare, modernizzazione e violenza era compatibili. L’imposizione di colture, il lavoro forzato, i trasferimenti di popolazione erano parte delle operazioni di ingegneria sociale per lo sviluppo economico. Lo sviluppo fu lo strumento con cui esercitare il dominio coloniale negli anni ’20 del ‘900. MODERNITA’ E AUTORITARISMO L’idea di trasformare la civilizzazione in un’impresa scientifica divenne pensiero dominante dopo il primo conflitto mondiale. La caratteristica del periodo è la fiducia nella scienza e nel pensiero razionale come fonti di conoscenza. Le grandi opere come il canale di Suez e poi quello di Panama furono i precursori della lunga stagione delle dighe. Questi progetti ebbero importanti conseguenze sull’ambiente e sulla società. I primi regimi coloniali promossero importanti esperimenti di ingegneria sociale: l’ideologia del welfare colonialism (ovvero un progetto di trasformazione della società tradizionale modernizzandola attraverso progetti di sviluppo, come l’elettrificazione). Alla fine della prima guerra mondiale, si impose la pianificazione produttivistica. Se negli USA la sua traduzione fu il taylorismo(capitalismo) ovvero un’organizzazione della produzione scientifica che garantisce la massimizzazione della produzione, in Europa il produttivismo fu introdotto come applicazione del concetto di stato organico, che contribuì a rafforzare il potere egemonico del capitale nei rapporti produttivi. L’idea proposta da Rathenau era quella di costituire una piramide di organismi per la pianificazione industriale che comprendessero

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rappresentanti degli imprenditori, dei lavoratori e dello stato, pronti a collaborare per il bene comune. La visione dello stato corporativo nell’Italia fascista si rifletté anche nella costituzione dell’OIL del 1919. Negli anni fra le due guerre fu proprio l’URSS a rappresentare la modernizzazione → la pianificazione era lo strumento che avrebbe eliminato gli sprechi e le inefficienze del sistema capitalistico. Modernizzare = trasformare la società, costruire un uomo nuovo, educare il popolo. Accompagnata da una propaganda che esaltava la costruzione del socialismo e dell’età dell’oro del comunismo a venire. Dopo la crisi economica e finanziaria, il piano quinquennale divenne oggetto di interesse diffuso e di una vera e propria fascinazione. Negli anni ‘30, anche a causa del modello sovietico, lo sviluppo venne ripensato anche come strumento di battaglia ideologica, anzitutto in contrapposizione al comunismo. I regimi totalitari europei proposero ognuno un proprio modello di modernità: Germania nazista puntò sull’autostrada come strumento di modernizzazione della tecnologica del paesaggio; Italia fascista puntò sull’ambiente rurale, con la bonifica dell’agro pontino, misure di insediamento e urbanizzazione; In Giappone il “colonialismo scientifico” era molto forte. Essere moderni significava anche avere delle colonie, sperimentare lì le proprie idee di sviluppo economico e sociale. Il modello americano del New Deal era in linea con lo spirito del tempo, più che il risultato di una competizione diretta con l’URSS, proponeva una versione wilsoniana dell’idea di pianificazione. TVA - Tennessee Valley Authority - agenzia di sviluppo regionale che coordinava la modernizzazione agraria e industriale del bacino del fiume Tennessee grazie allo sfruttamento dell’energia idroelettrica, per dimostrare come fosse possibile promuovere lo sviluppo economico e sociale senza ricorrere a metodi autocratici. A evidenziare questo aspetto fu Lilienthal, che non perdeva occasione per esaltare il decentramento decisionale e il coinvolgimento della società civile. La TVA di un precedente fondamentale che sarebbe stato replicato in diversi contesti → piano di sviluppo regionale che divenne modello di sviluppo globale, schema ripetibile altrove (es. Danubio, in Afghanistan). Staley → formulò un programma comprensivo di sviluppo economico nella forma odierna, con intervento sistematico nelle aree più povere del globo per indurre il cambiamento sociale ed economico. Secondo Staley, che prendeva spunto dalle politiche coloniale di Forbes nelle Filippine, l’elemento chiave per promuovere il cambiamento globale stava nell’educazione → soprattutto educazione nelle materie tecniche, per creare una generazione capace di badare a sé stessa. LA SECONDA GUERRA MONDIALE Considerata dal punto di vista dello sviluppo, la Seconda guerra mondiale fu un momento di crescita di impegno, di diffusione globale della pianificazione. All’inizio le potenze coloniali, in particolare Francia e Gran Bretagna, cercarono di usare l’impero come risorsa. In GB si iniziò a riflettere sull’efficienza economica e pianificazione un intervento per controllare prezzi, salari e per dirigere la manodopera. Cominciarono a utilizzare la tassazione sul reddito come strumento fiscale per controllare l’inflazione → tramontato il principio degli anni ‘20 secondo cui le colonie dovevano mantenersi da sole. Era ormai dimostrato che non sarebbero riuscite a rendersi autosufficienti da sole, trovando sui mercati finanziari le risorse per creare infrastrutture. Così nel timore di un circolo vizioso di instabilità sociale e politica si pensò a un fondo coloniale per finanziare lo sviluppo, su iniziativa di Macdonald nel Colonial development and welfare act 1940, promuove

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l’occupazione ed estende la costruzione dello stato sociale nelle colonie, usando le risorse delle metropoli per migliorare gli standard di vita delle colonie. Negli anni ’30, di fronte all’instabilità sociale e politica nelle campagne le autorità coloniali cominciarono a pensare a nuove forme di stabilizzazione che impedissero fenomeni di migrazione interna. Fu elaborato il concetto di Community development ovvero uno sviluppo comunitario, che promuoveva il benessere di una comunità, migliorando l’educazione, condizioni sanitarie e partecipazione, senza rigettare le tradizioni locali. L’obiettivo era ridurre il fenomeno migratorio dalle campagne alla città. Durante la guerra aumentarono le possibilità per gli esportatori, soprattutto quelli bianchi. Il conflitto aumentò la domanda di prodotti coloniali e ridusse l’offerta di quelli europei. I bilanci delle singole colonie gonfiarono molto e i surplus accumulati dalle banche della metropoli furono oggetto di controversia alla fine della guerra, soprattutto nei casi in cui si iniziò a trattare l’indipendenza. Gli esperti del colonial office sostenevano che per raggiungere standard di vita migliori fosse necessario aumentare la produzione e i raccolti, ricorrendo a fertilizzanti chimici e nuove forme di organizzazione cooperativa. Nell’impero Britannico, il passaggio a una pianificazione moderna dello sviluppo avvenne con Caine Memorandum 1943. Egli sosteneva che i problemi di povertà e sovrappopolazione potessero essere risolti soltanto con un aumento drammatico della produttività, esempio TVA e URSS. premeva per investire nella pianificazione urbana piuttosto che in programmi di welfare di carattere assistenzialistico. GB e FR alla fine del conflitto si impegnarono a recuperare il controllo sugli antichi possedimenti, cercando di creare un impero più organico e razionale. Sviluppare le colonie con le risorse della madrepatria non era più una strategia realistica. Lo sforzo fu di ottenere una trasformazione da impero formale a impero informale fu questa la seconda occupazione coloniale. La missione del secondo dopoguerra coincideva con la valorizzazione dell’intervento dello stato coloniale in economia, per istruirle gradualmente nel contatto con il mondo occidentale. Dal punto di vista dell’intervento dello stato in economia, la pianificazione seguiva una specie di path dependency. Lo sviluppo divenne particolarmente funzionale nel secondo dopoguerra. Dopo Hitler le teorie e l’ideologia razzista avevano perso diritto di cittadinanza fra le idee propugnabili a livello internazionale. Si rendeva così necessaria un’importante trasformazione ideologica. Le potenze coloniali dovevano cambiare la fonte di legittimazione del loro potere, così le dicotomie classiche fra civilizzato e primitivo furono tradotte in concetti nuovi. Lo sviluppo si dimostrò perfetto per assistere la rivoluzione linguistica, offrì un binomio aggiornato, una nuova distinzione di civiltà: sviluppato-arretrato (o sottosviluppato). Colonial office britannico aveva elaborato dei piani per l’Africa e Asia sud-orientale dove la pianificazione continuava nonostante le promesse di autogoverno - furono sperimentate varie forme di gestione cooperativa che si richiamavano a pratiche tradizionali in Giamaica e Kenya. Tuttavia i risultati furono modesti. La GB nell’immediato dopoguerra non poté svolgere il ruolo di compratore e investitore onnipresente. Tra il 1943 e il 1956 avviò un nuovo programma di sviluppo economico, attraverso gli utili del marketing boards, i cartelli nati per la commercializzazione centralizzata delle materie prime coloniali. La nuova politica fu subito bersagliato di critiche. L’economista Myrdal sosteneva: “solo quando il sistema imperiale fosse apparso un lusso sempre più dispendioso, il fenomeno coloniale sarebbe stato condannato e le ideologie nazionali raggiustate in funzione dei fatti. La FR nell’immediato dopoguerra regnava un consenso senza precedenti sulle politiche imperiali: si trattav...


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