Vincent Van Gogh(1853/1890) - “Post Impressionismo” in chiave esistenziale ed Espressionista - PDF

Title Vincent Van Gogh(1853/1890) - “Post Impressionismo” in chiave esistenziale ed Espressionista -
Course Storia dell'arte
Institution Accademia di Belle Arti di Brera
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Appunti per l'esame di Storia dell'Arte Contemporanea pagine 10, basato su appunti personali e studio autonomo del testo consigliato dal docente "Dal Postimpressionismo ad oggi" di G. Dorfles - A. Vettese. L'argomento è: Vincent Van Gogh (1853/1890) “Post Impressionismo” in chiave esistenziale ed Es...


Description

VINCENT VAN GOGH (1853/1890) - “Post Impressionismo” in chiave esistenziale ed Espressionista Nasce in Olanda nel 1853, padre protestante, Van Gogh si iscrive a teologia. Fin dall’adolescenza ha una patologia psichica che lo impedisce di studiare. Segue un corso per diventare predicatore laico, ma successivamente gli viene ritirata la licenza. Lavora da suo zio che era un importante commerciante di stampe, ma non è il suo mestiere il contatto con il pubblico. La passione per l’arte che si era già manifestata diventerà l’obbiettivo primario di Van Gogh. Indubbiamente Van Gogh realizza le proprie opere anche sulla base di un’Istintività che si traduce molto rapidamente, ha una metodologia di lavoro estremamente rapida in opera, nei dipinti vediamo segni vigorosi ed energici che derivano da un’impulsività manuale, ma ogni singolo gesto di Van Gogh fin dagli esordi della sua produzione è CONSAPEVOLE. Qualche anno fa all’accademia SantaGiulia era stata realizzata una mostra su Gauguin e Van Gogh e poi una dedicata solo a Van Gogh e quello che sorprendeva era la razionalità con cui Van Gogh era estremamente consapevole del fatto che aveva realizzato opere che valutando solo l’aspetto, potevano veramente sembrare istintive, ma in realtà nelle lettere c’era scritto per filo e per segno ciò che aveva voluto fare e il tipo di modalità pittorica scelta rispetto ad un’altra. “Mi sono costretto e limitato al disegno proprio perché so di tante storie tristi di persone che si sono lanciate [nella pittura] sconsideratamente, cercando la risposta in questo procedimento e che si sono svegliate deluse senza aver fatto alcun progresso, ritrovandosi piene di debiti fino al collo per tutti i costosi scarabocchi fatti. Questo mi ha spaventato e reso esitante fin dall’inizio; consideravo il disegno, e lo faccio tuttora, come il solo mezzo per non condividere il destino di queste persone, così mi sono innamorato del disegno invece di considerarlo un peso.” - Vincent Van Gogh Mi controllo e anziché considerare il Disegno come un peso attraverso il quale giungere ad una meta, mi adatto e lo faccio diventare qualcosa che amo in maniera tale da portare frutti più solidi e quindi di raggiungere l’obiettivo in maniera più semplice. Tutt’altro che il discorso di un pazzo scatenato che non ragiona e utilizza solo l’impulsività, evidentemente c’è un progetto al di sotto di tutto.

PERCORSO ARTISTICO di VINCENT VAN GOGH: • In effetti Van Gogh inizia come disegnatore: copiando opere in particolare da Millet (artista che stima molto) in questo caso “l’Angelus” 1880, rivisitato da Van Gogh. • Poi poco alla volta inizia ad inserire delle note di colore come nel dipinto “Uno

scavatore” 1881, anche se non particolarmente brillante in quanto si trova ancora in Olanda e non ha ancora conosciuto l’Arte degli Impressionisti e non ha visto la luce del meridione. • D’altra parte non manca anche la suggestione romantica come “Viale di pioppi al tramonto” 1884, con il controluce al tramonto che racconta di un tardo romanticismo che ancora fa sentire la sua influenza anche sui pittori piuttosto giovani.

PUNTO più MATURO: • Il punto più maturo della sua stagione Olandese è l’opera dei “I mangiatori di patate” 1885, è un’opera molto cupa, giocata sui toni del bruno. Nella scena sono presenti dei contadini, giunti alla fine di una giornata nei campi mentre con s u ma n o il loro povero pa s to, ritratti con un’accentuazione quasi caricaturale (la caricatura è un ritratto che accentua certi dettagli/particolari in chiave ironica). Non sono propriamente caricature, ma va a ricercare i dettagli del contadino abbruttito dalle dure condizioni di lavoro a cui è costretto. Rende alcuni tratti duri per far trascrivere la pesantezza esistenziale di cui i contadini sono portatori. C’è un profondo discorso etico, Van Gogh è estremamente solidale nei confronti degli ultimi, non ironizza sulla loro situazione e non la trascrive come qualcosa di idillico. C’è una situazione pesante nell’atmosfera, ci sono sguardi che quasi si perdono nel vuoto, c’è chi cerca uno sguardo e non lo trova nell’altro, non c’è una situazione felice di dialogo umano e di solidarietà, come se l’abbrutimento delle loro condizioni di lavoro non consenta a loro di ricreare un nucleo famigliare. Ci sono dei modelli che sono il contrario di Van Gogh per esempio: 1. Nel dipinto di Jan Steen “Fannulloni” 1660, c’è una bruttezza portata fino al sarcasmo, uno strumento per ironizzare in maniera feroce sugli ultimi della società; 2. Nel dipinto di Jozef Israëls “Il giorno delle frittelle” 1885, ci mostra dei contadini poveri mentre sono attorno ad un focolare, l’atmosfera sembra abbastanza felice e di intimità familiare. “Per tutto l’inverno ho avuto i fili di questo tessuto in mano e ho cercato il disegno definitivo; e benché ne sia venuto fuori un tessuto dall’aspetto piuttosto rozzo, tuttavia i fili sono stati scelti accuratamente e secondo certe regole. [...] Ho voluto rendere l’idea di un modo di vivere che è del tutto diverso dal nostro di gente civile. [...] Chi preferisce i contadini col vestito della domenica faccia pure come vuole.

Personalmente sono convinto che i risultati migliori si ottengano dipingendoli in tutta la loro rozzezza, piuttosto che dando loro un aspetto convenzionalmente aggraziato”. Vincent Van Gogh, lettera al fratello Theo, aprile 1885 Dunque l’atteggiamento di Van Gogh è chiaramente realista, il punto di VISTA dal quale muove è quello di un pittore realista che vuole aver a che fare con un reale, in particolare nel suo caso di un reale declinato in chiave sociale.

Vincent Van Gogh a PARIGI: Dopo di che nel 1886 Van Gogh si trasferisce a Parigi dal fratello Theo, dove lavora e convivono (ovviamente il fratello non lo sapeva e non era molto d’accordo all’inizio, ma poi si adatta e convivono insieme a Parigi). Curiosità: Van Gogh era affascinato da Millet, così decide di partire e di andarlo a trovare. Dopo qualche settimana di viaggio e decine di chilometri, quando arriva davanti alla casa di Millet si accorge che per lui è troppo borghese rispetto a quello che si era immaginato e quindi decide di andarsene. A Parigi la Tavolozza di Van Gogh immediatamente si schiarisce, entra in contatto con la pittura degli Impressionisti che è quanto di più innovativo ci fosse all’epoca sul piano delle tematiche e della pittura. • “Mulino a vento a Montmartre” 1886: il quartiere degli artisti, un soggetto molto impressionista. La luce del cielo, la pittura a macchie che ricorda già lo Stile Impressionista. • “Restaurant de la Siréne ad Asniéres” 1887: da Seurat deriva l’applicazione in questo caso intuitiva, ma riconoscibile, della legge dei contrasti simultanei è decisamente impressionista e anche il tema poiché è il luogo di svago sulla Senna.

Lunga serie di AUTORITRATTI A Parigi Van Gogh comincia anche a realizzare la lunga serie dei suoi autoritratti. Ne realizza così tanti perché insiste molto sul carattere emotivo che va a determinare una deformazione della realtà in termini disegnativi, soprattutto cromatici rispetto al dato ottico. Nella sua arte c’è molto del suo individuale sentire e la sua figura in qualche modo entra a far parte di un discorso, di una poetica, cioè se in qualche modo la realtà che dipinge è una realtà che è filtrata da un’emotività profonda e un’individualità precisa allora anche la sua figura in un certo senso è determinante ai fini della sua poetica. Ritrarrà sé stesso soprattutto nei momenti di svolta (quando si trasferirà a Parigi e ad Arles e quando dopo la crisi si taglierà l’orecchio), questo perché in lui cambia qualcosa, essendo la

sua pittura molto legata all’emozionalità del singolo), inevitabilmente cambia anche il suo lavoro. • “Autoritratto con cappello di feltro” 1887: siamo a Parigi, si autoritrae con il cappello, la giacca, la cravatta, è vestito come un perfetto borghese parigino dell’epoca. È interessante tecnicamente l’uso della sua pennellata divisa a metà strada tra l’impressionismo e il Postimpressionismo di Signac. Inserisce una tecnica che porterà avanti nel tempo (esempio si vedrà anche nella Notte Stellata), ovvero le pennellate che partono dal centro del viso e a raggiera di espandono seguendo il verso della figura dipinta (esempio si vede nella barba, nel cappello, ma soprattutto si vede attorno alla figura dipinta sembra essere una aurea che rimanda ad un’idea di missione che Van Gogh si è dato).

Suggestioni delle STAMPE GIAPPONESI: Mentre scopre gli impressionisti e il Postimpressionismo, soprattutto Seurat, allo stesso tempo Van Gogh scopre le Stampe Giapponesi, per lui non erano una novità in quanto aveva lavorato da Goupil dove ne aveva viste tante, però inizia ad appassionarsi nel periodo in cui aveva vissuto in Belgio e poi a Parigi diventa un collezionista importante, a un punto tale che i fratelli Van Gogh hanno una collezione così importante da organizzare una mostra. Van Gogh riesce ad ottenere da Samuel Bing (titolare del negozio che ha dato il nome allo stile Dell’Art Nouveau e grande mercante) il privilegio di poter vedere le stampe nel retro bottega prima che venissero esposte al pubblico, così che Van Gogh potesse scegliere quelle che preferiva (era un ottimo cliente e anche molto insistente). L’attenzione di Van Gogh per le stampe giapponesi lo porta a copiarle perché ritiene che sia importante per assimilare attraverso un esercizio pratico i principi che stanno alla base dei principi giapponesi cioè: le inquadrature insolite, i colori che in certi punti sono acidi e irreali. I quadri che lui ricopia sono i seguenti: • Utagawa Hiroshige, Acquazzone sul ponte Shin-Onashi ad Atake, 1856 Vincent Van Gogh, Acquazzone da Hiroshige, 1887 (pittoricamente la ricopia) • Utagawa Hiroshige, Frutteto al sole, 1830 ca. Vincent Van Gogh, Frutteto al sole, (Utagawa Hiroshige) 1887 • Keisai Eisen, Cortigiana, 1830 ca. Vincent Van Gogh, Cortigiana, (da Keisai Eisen), 1887 Copia anche mettendoci del suo, cerca di impratichirsi e famigliarizzare con le modalità compositive dei giapponesi. • “Ritratto di Père Tanguy” 1887-1888: Père era un negoziante che faceva credito ad artisti giovani e

squattrinati (esempio Van Gogh e Cézanne) nei quali intravedeva qualcosa di interessante, consentiva a loro di acquistare gratuitamente o a prezzi contenuti materiali per la pittura, a patto che gli lasciassero alcune opere da esporre nel retro bottega, nella speranza che qualcuno gli acquistasse (ovviamente non erano ancora famosi, era un atto di generosità senza sapere poi che avrebbe contribuito a un nuovo stile di fare arte in quanto lui gli ha dato la possibilità per sperimentare ed andare avanti).

Vincent Van Gogh ad ARLES: Ad un certo punto si trasferisce ad Arlés, prima da solo e poi lo raggiungerà Gauguin su richiesta del fratello Theo. • “Autoritratto dedicato a Paul Gauguin” 1888: Con questo trasferimento l’autoritratto cambia molto. La sua idea di trasferendosi ad Arlés era di creare una comunità di artisti solidale che condividevano lo stile di vita e il modo di fare arte (ovviamente è un progetto utopico), ma è

qualcosa in cui crede molto.

Cambia anche l’abbigliamento, ha un medaglione orientale, ha rasato i capelli come un monaco orientale, come se ci fosse un altro modo di vivere rispetto a quello elegante e raffinato decisamente borghese del periodo parigino. “Il lavoro va lentissimo, trovo delle cose che ho cercato per anni; e sentendo ciò mi viene sempre in mente quella frase di Delacroix che tu conosci, che aveva trovato la pittura quando non aveva più né denti né fiato. Ed io, con la mia malattia mentale, penso a tanti altri artisti che soffrono moralmente e mi dico che ciò non costituisce un impedimento per dipingere come se niente fosse. E io so che la guarigione viene se si è coraggiosi dal di dentro, con la rassegnazione alla sofferenza e alla morte, con l’abbandono della propria volontà e dell’amor proprio. Ma ciò non ha importanza per me, mi piace dipingere, mi piace vedere gente e cose, mi piace tutto ciò che costituisce la nostra vita diciamo anche superficiale. Sì, la vita vera sarebbe un’altra cosa, ma io non credo di appartenere a quella categoria di anime che sono pronte a vivere e anche a soffrire in qualsiasi momento.” Vincent Van Gogh, lettera al fratello Theo, 1888. Van Gogh è cosciente di avere una patologia psichica, sa di non essere destinato a vivere davvero a lungo; noi oggi non sappiamo che tipo di patologia è, però a giudicare da quanto sappiamo e dalle lettere, Van Gogh soffriva di crisi durante le quali era violento nei confronti di sé stesso e degli altri, crisi seguite da un periodo più o meno lungo di pressoché totale apatia. Con il passare degli anni queste crisi diventano sempre più frequenti e i periodi di apatia successivi alle crisi diventano sempre più lunghi, il tempo per dipingere diminuisce.

Van Gogh questa cosa la sa perfettamente, infatti appena si riprende da questo periodo di apatia, sapendo di avere poco tempo a disposizione, si sottopone subito a delle sedute di super lavoro e lavora in maniera ossessiva, ma questo d’altra parte non fa altro che peggiorare la situazione, stancandolo ulteriormente e non fa altro che avvicinare la crisi successiva. Van Gogh in pochi anni produce tantissimo, perché lavora in maniera molto rapida e perché sente che il tempo gli sta sfuggendo di mano e vuole impiegare tutto il tempo che ha a disposizione nella pittura.

Ad Arles realizza opere come: • “Terrazza del caffè sulla piazza del Forum” 1888: opera ancora vicina all’Impressionismo e Postimpressionismo. È un locale notturno (tema impressionista come faceva Renoir). Il ciottolato è realizzato con una pennellata divisa con arancio e blu (due colori complementari, secondo la legge dei contrari simultanei, la stessa cosa vale anche per la luce che esce dalla casa ovviamente è stata scelta apposta non esiste nella realtà una luce così arancione, ma serve per ravvivare il blu). “Mio caro fratello, sai bene che sono venuto nel Sud e che mi sono buttato nel lavoro per mille ragioni. Per vedere un’altra luce, credendo che, vedendo la natura sotto un cielo più chiaro, si potesse dare un’idea più esatta del modo di sentire dei Giapponesi. Infine per vedere questo sole più forte, perché si sente che senza conoscerlo non si potrebbero capire dal punto di vista dell’esecuzione e della tecnica i quadri di Delacroix”. Vincent Van Gogh, lettera al fratello Theo, 1888. Van Gogh comincia a un certo punto a giapponesizzare il paesaggio occidentale come in questo quadro: • “Il ponte di Langlois ad Arles” 1888: c’è un viraggio cromatico e delle forme che tende ad andare verso l’Oriente (si vedeva anche nel dipinto di Père Tanguy dove gli occhi diventano più a mandorla). È un opera molto gioiosa. • “Caffè di notte” 1888: opera molto tragica. È sempre un locale notturno (come il dipinto prima), ma il locale di svago è sempre stato ritratto dagli Impressionisti e dai Postimpressionisti come luogo di svago e scatenamento vitalistico, ma qui l’atmosfera invece è tutt’altro che serena. Atmosfera del locale che si avvicina molto all’“Assenzio” 1876 di Degas. Il contrasto verde/ rosso, pensato nella logica della legge dei contrasti simultanei, è molto potente; I globi in vetro con l’illuminazione ad olio con la luce aggressiva che esce; La pastosità del Colore dato per

spatolate molto pesanti e corpose; Inclinazione oggettivamente innaturale, è un’inquadratura decisamente giapponese perché impossibile ad altezza d’uomo. • “La camera dell’artista ad Arles” 1888: Van Gogh nel suo diario aveva scritto che con quest’opera avrebbe voluto trasmettere una sensazione di pace interiore, di serenità, ma non è riuscito nel suo intento, le inclinazioni sono inquietanti, le stampe appese alle pareti sono inclinate e sembrano incombere sul letto.

CONVIVENZA con GAUGUIN: Nell’attesa dell’arrivo di Gauguin inizia a realizzare la serie dei “Girasoli”, l’obbiettivo era quello di decorare la casa che considerava troppo umile per il suo arrivo (Van Gogh stimava molto Gauguin, ma questa stima non era ricambiata). Durante la convivenza con Gauguin, Van Gogh realizza 2 “Ritratti”: un autoritratto anche se di una sedia “La sedia di Vincent” e un autoritratto di Gauguin “La sedia di Gauguin” anche se di una sedia. 1. “La sedia di Vincent” 1888, Van Gogh si autoritrae con una sedia molto lineare, spartana, con la pipa e il tabacco, dietro sullo sfondo si intravedono i girasoli e l’ambientazione è diurna. 2. “La sedia di Gauguin” 1888, Gauguin l’intellettuale, viene raffigurato da un libro, l’ambientazione è notturna, la sedia è molto arzigogolata, meno spartana e lineare di quella di Van Gogh. È il modo in cui Van Gogh vede la differenza tra sé e Gauguin. • “Autoritratto con l’orecchio bendato” 1889: è un’altra dimostrazione del tentativo di Van Gogh di applicare in maniera intuitiva, non scientifica come Seurat, la legge dei contrasti simultanei, con molta probabilità Van Gogh non si è autoritratto con lo sfondo di una parete che a un certo punto passa dal rosso all’arancio e soprattutto probabilmente non è un caso che il rosso della parete si avvicina al verde del cappotto cioè al suo complementare e viceversa l’arancio della parete si avvicina al blu del cappello (il suo complementare), dunque la struttura è data per far esaltare l’Intensità Cromatica.

ULTIMI ANNI di VAN GOGH:

Dopo la crisi che porta alla mutilazione dell’orecchio Van Gogh decide, di sua spontanea volontà, di andare a vivere in un sanatorio perché si rende conto che tutte le incombenze quotidiane (fare la spesa, cucinare …) gli portano via molto tempo ed egli suppone di non averne molto a disposizione. Per questa ragione decide di andare a vivere lì, perché gli consente di sgravarsi le preoccupazioni quotidiane, ha più tempo da dedicare la pittura. Certamente dopo quella crisi la situazione tende a farsi più grave, diventano sempre più frequenti e i periodi di ripresa sempre più lunghi.

• “Autoritratto” 1889: è un’opera molto tragica, ha lo sguardo allucinato, non sente più quella missione che invece avvertiva durante il periodo parigino. Se nel periodo parigino tutto concordava nel creare attorno a lui una sorta di aura, qua le pennellate sono completamente disordinate, come è disordinata la sua testa, come se percepisse di non controllare più sé stesso, quindi c’è questo turbinio di pennellate ed è difficile individuare il verso e la costruzione del disegno.

D’altra parte in questo periodo realizza alcuni dei suoi straordinari lavori tra cui: • “La notte stellata” 1889: è chiaramente un dipinto antinaturalistico, non esiste nella realtà un cielo che ha quei movimenti celesti e neanche un cipresso guizzante come fiamme dove ancora una volta la pennellata segue la figura dipinta e si sviluppa in verticale. La stessa cosa vale per le stelle dove la pennellata va a creare dei cerchi concentrici creando un’aurea.

POCO PRIMA della MORTE di VAN GOGH: Nell’ultimo periodo Van Gogh decide di farsi seguire dal dottor Gachet (era un medico e collezionista d’arte), inoltre gli farà un ritratto “Ritratto del dottor Gachet” 1890.

Negli ultimissimi giorni Van Gogh realizza una serie con 3 grandi tele dove il soggetto è il Campo di grano: • “Campo di grano con corvi” 1890: Traspaiono le difficoltà emotive di Van Gogh, rispetto alla vivacità di colore che aveva ad Arles, qui c’è un cielo cubo, pesante e inquietante, sono presenti anche dei corvi (animali non rassicuranti).

“Mi sono rimesso a lavorare, anche se il pennello mi cade quasi di mano, e sapendo perfettamente quello che volevo, ho dipinto ancora tre grandi tele. Sono immense distese di grano sotto cieli tormentati, e non ho avuto difficoltà a cercare di esprimere la mia tristezza, la mia estrema solitudine”. All’interno di queste parole c’è un’intensità di esistenza potente Vincent Van Gogh, lettera al fratello Theo, 1888

LA MORTE 29 Luglio del 1890 Suicidio: Per dipingere queste tele Van Gogh andava di notte con delle candele attaccate al cappello. Tornando da una di queste sedute notturne si spara un colpo in pancia e dopo di che torna a casa come se nulla fosse. I vicini si accorgono che qualcosa non va, sentono che si trascina a fati...


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