Impressionismo PDF

Title Impressionismo
Author Alessandro Goffi
Course Letteratura italiana
Institution Università Telematica Internazionale UniNettuno
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Impressionismo

L’Impressionismo è una corrente artistica nata in Francia, a Parigi, nella seconda metà dell'Ottocento, tra il 1860 e il 1870. Si tratta di un movimento che ha avuto origine grazie ad un gruppo di artisti che, stanchi e ormai insofferenti per la pittura accademica, si riunirono con l'intento di mutare il modo di dipingere; un movimento dunque nè organizzato né preordinato, che si costituì per aggregazione spontanea e volontaria, senza manifesti o teorie. Il caposaldo di tutta l’arte impressionista è rappresentato dall’”impressione”, ovvero la sensazione che uno stimolo esterno imprime nell’artista in base alle emozioni provate. Questo concetto si riflette pienamente nella pittura attraverso contrasti di luce, colorazioni forti e vivide, e in particolare attraverso la totale assenza di prospettiva e linee atte a definire i contorni delle figure, realizzate invece con pennellate non più fluide, bensì a tocchi.

I caratteri distintivi della pittura impressionista possono essere individuati e apprezzati nelle opere di uno dei maggiori esponenti di questo movimento artistico; si tratta di Edouard Manet, il quale, formatosi alla pittura accademica e tradizionale del tempo, la giudicò fin da subito vuota e innaturale, per abbracciare poco dopo uno approccio pittorico più spontaneo. Tra le sue opere di maggiore spessore ricordiamo “Colazione sull’erba”. Questo dipinto mise Manet al centro di un vero e proprio scandalo nella Parigi benpensante, la quale rimase indignata dal crudo realismo con il quale l’artista aveva realizzato il nudo femminile in primo piano; per questo i critici accusarono Manet di una volgarità e di una malizia che, al contrario, erano del tutto estranee sia suo carattere sia la sua educazione. Ma ciò che destò più di tutto tali clamori e critiche non fu la

rappresentazione di un nudo, (tema già ricorrente nella pittura accademica), bensì il fatto che quella nudità appartenesse a una ragazza comune del tempo, quindi non una divinità classica o un personaggio della mitologia. Allo stesso modo, anche i due uomini rappresentati non indossavano abiti classici rinascimentali, ma “orribili costumi moderni francesi”. Si rimproverava quindi Manet di aver abbandonato il repertorio della mitologia e delle allegorie e di aver sfacciatamente rappresentato una comune prostituta completamente nuda. Contrariamente a tali ingenerose interpretazioni, nella realizzazione del dipinto Manet tenne conto di alcuni fra i principali esempi rinascimentali: l’ispirazione è dunque classica. La scena, ambientata nella radura erbosa di un boschetto rappresenta una donna nuda in primo piano, con accanto un uomo seduto, e un secondo personaggio maschile semisdraiato di fronte, con un braccio teso in direzione della giovane donna; una seconda ragazza invece, sta lavandosi fra le acque di uno specchio d’acqua in secondo piano. Le quattro figure risultano composte entro un triangolo ideale, uno dei cui vertici cade sul cappellino di paglia e sul vestito azzurro in basso a sinistra che, insieme al cestino di frutta rovesciato, costituiscono una vera e propria natura morta all’interno del dipinto. I motivi di critica inoltre non si limitarono ai soggetti, ma si estesero anche alla tecnica pittorica adottata da Manet, che veniva accusato di non aver saputo usare ne la prospettiva ne il chiaroscuro, cioè quelli che erano ritenuti i due strumenti principali del pittore. Osservando il dipinto vediamo però come personaggi e sfondo siano stati trattati in modo diverso, quasi come se i primi fossero stati ritagliati e incollati sul secondo. Il risultato è quindi figure quasi prive di un volume e di una consistenza propria. Con questo formidabile dipinto Manet si proclama dunque pittore di sensazioni, non più di personaggi o di allegorie.

Altro importante esempio dell’esperienza artistica di Manet è l’Olimpya. Con questo dipinto egli tornò prepotentemente alla ribalta artistica parigina, riconfermandosi il portavoce indiscusso di un nuovo modo anticonvenzionale di fare arte Il dipinto; anche se evidentemente ispirato alla Venere di Urbino di Tiziano, rappresenta con crudo realismo una donna nuda semisdraiata sul letto disfatto; ai piedi della donna vi è un gatto nero, mentre una domestica di colore sopraggiunge dal retro reggendo un variopinto mazzo di fiori, dono evidente di qualche ammiratore. Lo scandalo fu anche in questo caso duplice: in primo luogo si criticò la scelta del soggetto da tutti ritenuto volgare e sconveniente, in quanto si trattava di una prostituta rappresentata direttamente sul posto di lavoro; in secondo luogo si tornò ad attaccare la tecnica pittorica di Manet, accusato di non saper modellare i corpi con il chiaroscuro e di usare i colori in modo primitivo e pasticciato. Il corpo acerbo e sgraziato della ragazza appare privo delle morbide sinuosità con le quali i pittori accademici caratterizzavano tutti nudi femminili. La posa, volutamente sprezzante, con la mano sinistra premuta sul ventre ricorda da vicino alcune immagini pornografiche; il nome stesso di Olimpia infine, diffusissimo nome d’arte di molte prostitute parigine dell’epoca, costituiva l’ultimo schiaffo alla morale borghese nella quale era nato e cresciuto, e che ora, egli stesso contribuiva quasi inconsapevolmente a mettere in crisi.

Tra i maggiori impressionisti, oltre Manet ricordiamo anche Claude Monet e in particolare due delle sue opere, che rispecchiano a pieno il suo distintivo stile pittorico. Si tratta di “Impressione, sole nascente”; nella piccola tela, realizzata nel 1872, non vi è alcuna traccia di disegno preparatorio e dunque il colore è steso direttamente sulla tela, con pennellate brevi e veloci. A fatica riusciamo a cogliere la presenza di alcune navi ormeggiate sulla sinistra, i cui alberi si riflettono in mare a destra. Si intravedono poi le gru e le altre strutture del porto, mentre due barche a remi che solcano le acque appaiono

come poco più che ombre. Ogni oggettività naturalistica del soggetto è superata e stravolta dalla volontà di Monet di trasmetterci attraverso il dipinto le sensazioni da lui provate osservando l’aurora sul porto Le Harve; egli in altre parole non intende più descrivere la realtà, ma vuole piuttosto cogliere l’impressione di un attimo, diversa e autonoma rispetto a quella dell’attimo immediatamente precedente e di quello successivo. In linea con questo stile, anche “Lo stagno delle ninfe” il quale rappresenta uno dei maggiori capolavori dell’artista. Qui vediamo come l’acqua sia uno degli elementi che maggiormente affascinano Monet, il quale ne studia la mobilità e ne analizza il colore. In questo dipinto rappresenta un ponte in legno in stile giapponese che un nobile uomo si era fatto costruire all’interno del suo giardino. La fredda luce verdastra e schermata dalle morbide chiome dei salici piangenti, genera una sensazione di placida frescura alla quale si somma quella originata dall’acqua dello stagno, punteggiata dallo sgargiante affiorare di ninfee in fiore. L’atmosfera che ne deriva è quasi quella di una fiaba nella quale la realtà non sostituiste altro che come pretesto per dar voce e colore allo sconfinato mondo delle sensazioni.

Un altro importante è caratteristico esempio dell’arte impressionista è rappresentato da Edgar Degas. Egli nella sua pittura prediligeva soggetti semplici nelle loro pose quotidiane; gli altri impressionisti, al contrario, si concentravano in particolar modo sui paesaggi di campagna o di città. Egli verrà denigrato, soprattutto, per i suoi ritratti di donne. Degas apre infatti all’arte una nuova via di ritrarre i nudi femminili, dipingendo le donne non in nobile posa, ma bensì mentre compiono azioni quotidiane, ad esempio mentre fanno la toeletta, si pettinano o si vestono. Inoltre le raffigura con una tecnica molto innovativa: le rappresenta dall’alto, dal basso e di lato, come se le spiasse dal buco della serratura. Ciò suscitò molto scandalo. Un esempio della sua stile pittorico può essere individuarti nella “Lezione di danza”.

In esso l’artista rappresenta il momento in cui una giovane ballerina sta provando dei passi di danza sotto l’occhio vigile del maestro, mentre le altre gran ragazze, disposte in semicircolo, osservano attendendo a loro volta il proprio turno di prova. Il taglio che Degas impone al dipinto è di tipo fotografico; sembra infatti un’istantanea in cui alcune figure risultano fuoriuscire dall’inquadratura. Questo suggerirebbe una pittura di getto, attaccata all’impressione di un momento di grande equilibrio compositivo; invece, gli stessi tempi di realizzazione stanno a testimoniare come in realtà l’opera sia frutto di un difficile e meditato lavoro di atelier condotto da decine di Schizzi preparatori. Dai gesti delle ballerine possiamo osservare come Degas studiò con un’attenzione quasi ossessiva ; vi è quella con il fiocco giallo seduta sul pianoforte che si sta grattando la schiena con la mano sinistra, quella di spalle con il fiocco rosso fra i capelli invece è rappresentata sventolandosi con un ventaglio; tra le altre poi, quella che si sistema l’orecchino, quella che si sistema l’acconciatura e quella che osserva. Cogliere questi aspetti marginali ma significativi del quotidiano è una scelta precisa dell’artista che si pone nei confronti dei personaggi come se guardassero dal buco della serratura. Nonostante egli appartenga al movimento impressionista, dal punto di vista tecnico, egli non rifiuta nel disegno prospettico la sottolineatura dei particolari e l’uso del bianco e nero, in quanto appare qui ampiamente una disattesa di bianchi, i quali contribuiscono a fare nell’insieme un senso di quieto realismo tipico di tutti gli interni dell’artista Altro esempio della pittura di Degas è l’assenzio. Si tratta di un dipinto che rappresenta un caratteristico interno parigino, un caffè. La composizione è volutamente squilibrata verso destra quasi a dare il senso di una visione improvvisa e casuale. L’immagine invece è costruita in modo estremamente ricco, duro e quasi scientifico, come ben si evidenzia soprattutto dalla dalla prospettiva obliqua secondo cui sono rientrati i tavolini di marmo. Il punto di vista anche in questo caso è quello alto e decentrato di un ipotetico osservatore invisibile che, stando seduto a un altro tavolino, può osservare senza essere visto a sua

volta e riuscire così a cogliere la spontanea naturalezza di un gesto quotidiano. I due personaggi recitano il ruolo di due poveracci: una prostituta di periferia agghindata in modo pateticamente vistoso e un barbone dall’aria burbera e trasandata. Dinanzi alla donna, sul piano di marmo del tavolino vi è un bicchiere verdastro dell’Assenzio, che dà il titolo al dipinto. Davanti al barbone sta invece un calice di vino. Entrambi personaggi hanno lo sguardo perso nel vuoto, come se stessero seguendo il filo invisibile dei loro pensieri. Pur essendo seduti accanto sono fra loro lontanissimi, quasi a simboleggiare quanto la solitudine possa renderci estranei e incapaci di comunicare. L’atmosfera del locale è pesante come lo stato d’animo dei due avventori imprigionati in uno spazio squallido e angusto, di cui l’artista ci offre una descrizione impietosamente realistica.

A questo punto sembra doveroso parlare di Pierre-Auguste Renoir, uno degli interpreti più convinti e spontanei del movimento impressionista. Artista prodigiosamente prolifico, con all'attivo ben cinquemila tele e un numero altrettanto cospicuo di disegni e acquerelli, Renoir si è distinto anche per la sua poliedricità, tanto che possiamo distinguere numerosi periodi nella sua produzione pittorica. Come Monet la sua pittura è inizialmente più incline al paesaggio, ma ben presto si orienta in modo deciso verso il ritratto e più in generale verso la rappresentazione di soggetti umani mirabilmente inseriti nel loro ambiente. i suoi colori sono mobili e brillanti in continuo e mutevole rapporto reciproco e sempre sensibili alle infinite sfumature di colore. Per Renoir e hanno un ruolo di particolare importanza anche le ombre; queste infatti non sono nere, bensì sempre colorate. La natura conosce soltanto i colori e il bianco il nero non lo sono. Una delle più perfette e equilibrate dimostrazioni di questa teoria delle ombre la ritroviamo nel genere “Moulin de la Gallette”, un dipinto, abbozzato ad aria aperta e successivamente

ultimato in atelier, ritrae un ballo popolare alla all’aperto ambientato al Moulin della gallette, un vecchio mulino abbandonato posto sulle alture di Mont Mars. Tra i vari personaggi uomini e donne sono seduti su sedie e panchine fra gli alberi. Alcune coppie che danzano al suono di un orchestra posta a sinistra, sullo sfondo, in un atmosfera di chiassosa e serena allegria. Per eseguire l’opera Renoir frequenta sei mesi il Mulin, al fine di entrare meglio in contatto con quell’ambiente. Dipinto parte dal vivo e parte in atelier, dove si limita a riorganizzare gli schizzi colti sul posto, il quadro costituisce uno dei capolavori della maturità artistica di Renoir. Egli, tramite un uso nuovo e libero del colore, cercò di suggerirci non solo il senso del movimento, già di per sé assai difficoltoso da rendere, ma addirittura lo stato d’animo collettivo e la gioia spicciola di un pomeriggio di festa. Forme e colore diventano così un tutt’uno: la prima è costruita mediante il secondo che a sua volta assume un rilievo diverso in relazione al contrasto fra luci e ombre e fra toni caldi e freddi. L’apparente casualità della rappresentazione nasconde invece un’attenta valutazione compositiva, frutto evidente dello studio dei classici. Pur non essendoci dei piani stabiliti, nessun personaggio risulta isolato in quanto inserito in un determinato gruppo. L’insieme di questi gruppi, uniformemente inondati dalla luce tremolante che filtra dalle fronde degli alberi, determina la profondità prospettica all’interno dell’intera scena, nella quale il disegno gioca un ruolo estremamente marginale....


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