1026,27,28,30,31 - arte appunti PDF

Title 1026,27,28,30,31 - arte appunti
Author Giulia Nastasi
Course Arte - 5 anno
Institution Liceo (Italia)
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arte appunti...


Description

Un luogo dell'anima La montagna Sainte-Victoire è a circa sedici chilometri dalla città natale di Cézanne e da costituì uno dei soggetti più importanti per l’artista. La montagna Sainte-Victoire La prima volta che la montagna appare in un quadro di Cézanne è il 1870, (periodo impressionista). In Terrapieno gli elementi del paesaggio sono molto naturalistici e descrittivi,con una tavolozza chiara in cui prevalgono le tonalità azzurre e marroni. Le pennellate, ampie e decise, costruiscono i volumi e la sostanza materica delle cose, che non si sfaldano come avviene nei dipinti impressionisti.

Abbiamo poi Sainte-Victoire vue de la route du Tholonet(1896-98), qui l'evoluzione dello stile di Cézanne si evince nella pennellata costruttiva, che conferisce alla montagna una volumetria granitica e monumentale e al paesaggio circostante una luminosità vivace. Gli elementi naturali sono ancora ben definiti da una spessa linea di contorno. La montagna non è più relegata sullo sfondo come in Terrapieno, ma è svetta al centro del quadro. Negli ultimi anni di vita, da quando stabilisce il suo atelier sulla collina dei Lauves, con la vista sul monte, la ricerca di Cézanne sul soggetto si fa quasi ossessiva. Al pittore interessa catturare la “durata" della montagna, la sua struttura geometrica ed eterna. Questo grazie a un amico geologo che gli spiega la conformazione delle rocce e del terreno in modo da poterle rappresentare sulla tela attraverso il colore.

Nella tarda Montagna Sainte-Victoire vista dai Lauves la linea dell’orizzonte è alta: la montagna al centro e sovrasta la pianura, con le case immerse dagli alberi. La linea di contorno si frantuma, i colori del prato si mescolano con il cielo e arrivano a tingere le nuvole, così come gli azzurri e i grigi del cielo entrano nella pianura, fra gli alberi e le abitazioni. Rispetto alle opere precedenti manca la definizione degli elementi del paesaggio, quasi un astratto. Cézanne arriva al non finito delle ultime opere, quando ha la sensazione di non avere i mezzi sufficienti per esprimere la varietà coloristica della realtà.

L'arte di un "primitivo" L'approdo alla pittura Paul Gauguin nacque a Parigi, in una famiglia della nobiltà spagnola,trasferitosi a Parigi nel 1871, ottenne un lavoro presso un'agenzia di cambio Bertin: fu in quegli anni che iniziò a dipingere e frequentò i corsi dell'Académie Colarossi, un'alternativa meno conservatrice all'Accademia ufficiale. Il Sintetismo del periodo bretone Perso il lavoro nel 1883, Gauguin si dedicò a tempo pieno alla pittura. Egli si stabilì a Pont-Aven, in Bretagna, per allontanarsi dalla vita borghese di Parigi alla ricerca di un ambiente più autentico, non contaminato dalla civiltà. Tra i numerosi artisti attratti a Pont-Aven dalla bellezza selvatica del luogo e dal sapore arcaico della sua cultura ,Gauguin si legò soprattutto a Émile Bernard, amico di Van Gogh e appassionato di arte medievale, che stava conducendo una ricerca volta alla semplificazione formale, convinto che in arte si dovesse «semplificare per poter rivelare». Da questo incontro nacque il Sintetismo, una forma di espressione destinata a divenire una corrente artistica. Il nome è dovuto all'interesse per le immagini tratte dal ricordo e dalle visioni interiori rese con un linguaggio bidimensionale e antinaturalistico, "sintetico", che consisteva nell'applicare il colore per campiture unitarie e piatte circondate da una linea nera, come negli smalti nelle xilografie giapponesi e nelle vetrate medievali.

La visione dopo il sermone Esempio del nuovo stile sintetista può essere La visione dopo il sermone,tela dipinta su ispirazione del quadro Donne bretoni sul prato di Bernard. (Comuni ai due dipinti sono il soggetto cioè le donne bretoni con i vestiti neri e le cuffie bianche ,ma anche l’assenza di una costruzione prospettica ,la libertà nella disposizione delle figure e la semplificazione delle forme e anche l’uso di un colore naturale e steso).

Grande novità dell’opera è l’unione di due dimensioni diverse, quella reale delle persone che assistono alla predica domenicale – in primo piano, di schiena – e quella immaginata, ovvero la lotta di Giacobbe con l'angelo, raffigurata in alto a destra come se fosse altrettanto reale. L'espediente del tronco diagonale dell'albero consente di separare ciò che è naturale da ciò che mon lo è . Le due dimensioni risultano peró unificate attraverso il colore che, non essendo vincolato all'imitazione della realtà può diventare espressione del soprannaturale e degli stati d'animo. Come vuole il nuovo stile sintetista, nel quadro domina la bidimensionalità, senza alcun effetto luministico. Le campiture cromatiche sono piatte e definite da una linea scura che crea forme essenziali e richiama l'arte giapponese, soprattutto nelle figure di Giacobbe e dell'angelo. Dalla Provenza alla Polinesia Nel 1888 Gauguin, accolse l'invito di Van Gogh di raggiungerlo ad Arles per realizzare il progetto di un "atelier del Sud", un luogo in cui gli artisti potessero trovarsi e mettere in comune le loro ricerche. I due lavorarono fianco a fianco,ma ben presto emersero le differenze caratteriali e nella concezione artistica. Infatti in uno scritto Gauguin affermó che Vincent fosse un romantico, mentre lui un primitivo. Dal punto di vista del colore, a van gogh piace l'azzardo delle pennellate pastose mentre lui lo detesta. Nonostante

avesse scoperto un mondo aborigeno nella Polinesia Francese,di fatto già alterato dalla colonizzazione europea, il pittore ne dipinse il volto e lo adornò di riferimenti alle leggende e fiabe locali. La orana Maria Un'opera del primo periodo polinesiano, in cui appare però già definito lo stile dell'ultimo decennio di attività, è Ia orana Maria

Protagonisti del quadro sono la Madonna con Gesù bambino in versione "tahitiana", che vengono adorati da due donne .Da un punto di vista generale il dipinto mostra il sincretismo tipico di Gauguin, portato per indole e passione a mettere a dialogo la propria cultura con quella dei popoli incontrati. Così al formato della tela, che richiama quello della pala d'altare, e alla presenza delle figure sacre, indicate dall'aureola sulla testa di Maria e Gesù, è associato nelle due donne un gesto tipico delle religioni o del modo di dare il benvenuto orientali. Altro contrasto espressivo è quello tra la natura morta con frutti esotici in primissimo piano, che conserva volume attraverso giochi di colore, nel resto del quadro invece domina la bidimensionalità. Gauguin, dunque, non rappresenta ciò che veramente vede con un'intenzione mimetica, ma una sorta di visione creata dal colore, in cui la realtà si incontra con la magia e la spiritualità. A livello compositivo le linee orizzontali – il sentiero, le braccia e le spalle delle donne - sono bilanciate da quelle verticali nelle tre figure e negli alberi. Del sintetismo bretone Gauguin conserva la stesura del colore,all'interno di forme essenziali contornate da una spessa linea nera. Un testamento pittorico: Da dove veniamo? Che siamo? Dove andiamo? La grande tela intitolata Da dove veniamo? Che siamo? Dove andiamo?

Fu realizzata da Gauguin durante il suo soggiorno a Tahiti.L'artista lavorò instancabilmente all'opera per un mese, in un momento di profonda amarezza e acuta sofferenza fisica. Nell'inverno del 1897, infatti, il dolore per la morte della figlia aveva peggiorato il suo stato di salute,fino a spingerlo a tentare il suicidio ingerendo dell'arsenico appena terminata la stesura del quadro. Una descrizione d'autore In una lettera all'amico Daniel de Monfreid, Gauguin descrisse il dipinto: egli affermo che ci aveva messo tutta la sua energia, è che I due angoli in alto sono giallo cromo con l'iscrizione [il titolo] a sinistra e la sua firma a destra come un affresco rovinato agli angoli e applicato su un muro colore oro. A destra in basso, un bambino addormentato e tre donne accoccolate. Due figure vestite di porpora si confidano le loro riflessioni; una figura che ha una certa importanza ,a dispetto della prospettiva, è seduta, alza in alto un braccio e guarda, stupita, quei due personaggi che osano pensare al loro destino.

Nel mezzo una figura coglie un frutto coglie un frutto,abbiamo poi 2 gatti accanto a un bambino, Una capra. Abbiamo poi Hina, la dea universale dei polinesiani che leva misteriosamente le braccia e sembra indicare con ritmo l'aldilà. Una figura seduta ascolta la ascolta,infine poi una vecchia vicina alla morte e rassegnata a ciò che pensa, conclude la leggenda; ai suoi piedi poi un uccello bianco, che tra gli artigli tiene una lucertola, rappresenta la vanità delle parole. Il fregio della vita Il dipinto, di dimensioni monumentali, si sviluppa orizzontalmente e si legge da destra verso sinistra, in un susseguirsi di figure che alludono a una dimensione ulteriore rispetto alla realtà visibile, espressa attraverso un linguaggio che riguarda cultura e religione orientali. Nella tela, i diversi elementi figurativi sono separati l'uno dall'altro e posti in successione. L'andamento delle figure e la loro disposizione nel paesaggio riprendono i fregi classici. Il quadro non ha un soggetto storico, ma contiene una metafora e una meditazione sulla vita: questa inizia col bambino sulla destra, la figura in piedi al centro simboleggia il momento della pienezza dell'esistenza e la procreazione, l'anziana donna all'estrema sinistra, infine, la vecchiaia e la paura della morte. Si tratta quindi di un'opera drammatica poiché contiene la domanda fondamentale sul senso della vita, quella che ogni uomo è chiamato a porsi nel corso della propria esistenza e che Gauguin aveva affrontato fuggendo in terre lontane, alla ricerca di una felicità non trovata. Questa operava quindi interpretata come il“testamento artistico” di un uomo che, vedendosi verso la fine dei suoi giorni, și interroga sul suo destino. Composizione e simbolismo del colore La composizione è strutturata secondo corrispondenze simmetriche verticali (le piante sinuose del sottobosco si alternano alle figure in piedi) e orizzontali (la riva del ruscello richiama l'orizzonte alto del mare e il cielo), in un'atmosfera edenica senza precise coordinate spazio-temporali. Lo spazio è privo di profondità, la prospettiva è stravolta, anche i corpi che sono bidimensionali e definiti da una linea essenziale, che li riduce quasi a sagome, mentre la vegetazione diventa un pretesto per creare arabeschi decorativi. Dipinta quasi di getto,l'opera ha un effetto di non finito, poiché l'artista volutamente non si è attenuto alle regole accademiche della perfezione esecutiva imposta dal mestiere, preferendo focalizzarci sul colore e il suo potere di comunicare emozioni. Il colore è come di consueto usato in modo arbitrario e antinaturalistico per trasmettere un messaggio emotivo. Il risultato finale è quello di uno spazio irreale e onirico in cui realtà e fantasia si fondono, in un simbolismo reinventato e personale....


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