ARTE Moderna - Appunti tutte PDF

Title ARTE Moderna - Appunti tutte
Course Storia Dell'Arte Moderna I
Institution Università degli Studi di Siena
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Summary

STORIA DELL’ARTE MODERNA Periodizzazione: da primo Rinascimento fiorentino (primo ‘400) al Neoclassicismo escluso. Lui pensa che la storia dell’arte moderna abbia un inizio più tardivo rispetto all’epoca di Brunelleschi, Masaccio etc, quando il termine “arte moderna” viene usato da Giorgio Vasari. V...


Description

A Michelangelo nei primissimi anni del secolo viene affidata la commissione di un colosso, immagine simbolica dell’eroe biblico David come rappresentante degli ideali repubblicani (un po’ come era stato al tempo di Donatello). Michelangelo si doveva cimentare con un enorme blocco di marmo che era rimasto nei depositi dell’Opera del Duomo di Firenze, che era stato in piccola parte iniziato da Agostino di Duccio; Michelangelo realizza un colosso che riflette il suo soggiorno romano negli anni precedenti, lo studio dei marmi antichi (visto già con il Bacco Galli). C’è un modo di indagare la fisionomia del volto, la testa ricciuta, il modo di atteggiarsi con espressione di sfida, tutti elementi che innovano rispetto al passato, sia antico che moderno. —> Capacità di Michelangelo di richiamarsi alla grande tradizione fiorentina, ma anche la volontà di rompere in maniera rivoluzionaria gli stessi prototipi per creare un colosso mai visto prima per dimensioni, vigore, atteggiamento di sfida etc. Sono gli anni in cui Michelangelo lavora anche ad una serie di commissioni private, realizzando i due tondi di marmo, uno per la famiglia Taddei e uno per la famiglia Pitti. TONDO PITTI (1505-6) —> Madonna, bambino e angelo alle spalle. Michelangelo sembra prendere spunto dalla figura della Sapienza che Jacopo della Quercia aveva realizzato per la Fonte Gaia a Siena: figura leggermente in contrapposto della donna, centrata all’interno della composizione, però non posta frontalmente ma quasi in torsione su se stessa. Ci sono delle parti non finite, lavorate a gradina (incisioni fitte e parallele), che è come se volessero suggerire un’ombra, uno sfumato, quasi un dialogo con Leonardo. L’Opera del Duomo commissiona a Michelangelo una serie di apostoli, di cui si realizzò solo il SAN MATTEO, che è un’opera solo abbozzata. —> leggere libro wittkower su michelangelo. Michelangelo non parte dalla testa o da una parte del corpo, ma lavora in maniera uniforme tutta la figura, dalla testa ai piedi, ma la lavora come fosse un bassorilievo poi via via fa emergere la figura a tutto tondo; lavorazione protratta nel tempo e come una specie di “lotta contro il marmo”. In questa concezione della scultura c’è una componente neoplatonica fortissima, che fa capire come le radici di Michelangelo affondino nella cultura laurenziana, l’idea che l’invenzione dell’artista deve essere tolta e ricavata dalla materia informe, e l’artista combatte con la materia per far uscire dalla sua mente (e poi dalla materia stessa) la sua idea geniale. Nello stesso momento Michelangelo lavora alla sua prima opera pittorica importante, il TONDO DONI (1504-5), nel momento del matrimonio tra Angelo Doni e Maddalena Strozzi. Il tondo è una tipologia nata e sviluppatasi nella Firenze del Masaccio, di Domenico Veneziano. I tondi erano realizzati di solito quando nasceva un bambino, ma in questo caso l’occasione è il matrimonio e il soggetto è la Sacra Famiglia (di buon auspicio per le nozze). Uno dei motivi ispiratori è il tondo di Luca Signorelli (fine 400) —> anche lì la Madonna è protagonista, e lo è anche nel Tondo Doni: è in primo piano, si imposta in maniera monumentale al centro della composizione; alle spalle c’è san Giuseppe e il bambino, che ricorda quello della Madonna di Bruges, che si divincola, ma stavolta è appoggiato sulla spalla della madre, che si volge a recuperarlo. Le figure si impostano sempre con difficoltà, in gesti e pose articolate, avvitate, che cercano di esaltare il dinamismo della figura stessa. Alle spalle c’è un muretto che divide la famiglia dallo sfondo, in cui c’è un’umanità misteriosa e sfuggente, rappresentata da figure di nudi, che forse rappresentano il mondo pagano in contrapposizione a quello cristiano. A unire i due piani c’è San Giovannino che si pone subito dietro il muretto.

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Michelangelo dipinge in termini molto diversi da quelli di Leonardo e Raffaello: i panneggi, i carnati, hanno una lucentezza smaltata abbastanza astratta, non c’è la ricerca di naturalezza atmosferica che cercava Leonardo, non c’è l’accordo cromatico che Raffaello ricerca per creare il senso di armonia; c’è invece la presenza quasi scultorea di superfici lucenti smaltate, quasi metalliche, innaturali —> qui comincia la pittura di maniera, è la prima opera veramente manierista dell’arte italiana: la cultura di Michelangelo non imita la natura, ma imita una certa idea che l’artista ha nella sua mente, che è un’idea di bellezza, di perfezione formale, che si distacca progressivamente dal dato naturale inteso nel senso di imitazione albertiana, classica. Nel primo decennio del ‘500 Andrea di Sansovino viene incaricato di realizzare un gruppo scultoreo in marmo con 3 figure per una delle porte del battistero, e questo gruppo doveva rappresentare il BATTESIMO DI CRISTO. Sansovino è uno scultore aretino ma di formazione fiorentina, presso Benedetto da Maiano, nello scorcio del 400, e nei primi anni del nuovo secolo realizza le prime due figure del BATTESIMO (l’angelo viene più tardi). Sansovino si mostra una personalità quasi capace di tener testa a Michelangelo ma per tutt’altre caratteristiche: Michelangelo anticipa il manierismo, con figure sempre rese in pose difficili, mentre in Sansovino si apprezza l’equilibrio formale, la ricerca di un rapporto di sintonia tra una figura e l’altra, un equilibrio di insieme che piuttosto lo fa apparire come un parallelo a Raffaello. RITRATTI CONIUGI DONI - RAFFAELLO —> Raffaello dialoga intensamente con Leonardo: la figura femminile è enormemente debitrice alla Gioconda, sotto il profilo compositivo —> figura seduta con paesaggio circostante, con le mani appoggiate su ventre, con lo sguardo verso l’osservatore e il busto di 3/4. Al di là di questo però non c’è nulla della personalità di Leonardo, del modo di Leonardo di imporre nel ritratto certi caratteri. Le figure di Raffaello esprimono una sicurezza, una razionalità, una visione armonica, una forza psicologica che sembra quasi antitetica alle espressioni sfuggenti delle figure di Leonardo. Lo sfumato leonardesco è adottato da Raffaello ma in modo più contenuto, non senza creare quella cortina, quell’atmosfera caliginosa intorno alle figure che segnava le opere di Leonardo. Le figure sono caratterizzate da colori brillanti, vivaci, non sono figure quasi fuori dal tempo come quelle di Leonardo, qui le figure operano e vivono in un momento preciso, sono calate perfettamente nella società del loro tempo, esibiscono i simboli del loro benessere (il pendaglio al collo della donna, gli anelli etc). Il paesaggio sul fondo è primaverile, sereno, che sembra riflettere la serenità interiore dei personaggi, c’è una perfetta corrispondenza tra il microcosmo umano e il macrocosmo circostante. Con quest’opera nasce quello che sarà il “ritratto di stato”, che vuole esprimere la posizione dell’uomo nella società e le capacità di questo uomo di dominare e imporsi in questa società. Raffaello era nato nel 1483, figlio d’arte perché Giovanni Santi era un pittore, ma muore nel 1494 e quindi il vero maestro di Raffaello è Perugino, l’artista che tra i due secoli era più importante in Italia centrale. CROCIFISSIONE - RAFFAELLO (1502 ca) —> Per Città di Castello. Rapporto con Perugino è evidentissimo. Raffaello non tende a distaccarsi dal maestro, tende a rimanere all’interno dell’editoriale peruginesca, portando al massimo grado qualitativo le caratteristiche della pittura peruginesca —> Cristo al centro, due angeli simmetrici, 4 figure due da una parte e due dall’altra, paesaggio alla fiamminga.

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Nel 1504, quando Raffaello si reca a Firenze, e realizza lo SPOSALIZIO DELLA VERGINE (sempre per Città di Castello), ancora a questa data Raffaello si mostra in perfetta sintonia con l’editoriale peruginesca —> al centro il sacerdote, ai lati i due sposi, da una parte le fanciulle che accompagnano Maria, e dall’altra i pretendenti alla sua mano; poi c’è il piazzale lastricato che aveva inventato Perugino alla Sistina. Però, l’aria, l’atmosfera, lo sfumato, sono qualcosa di diverso dalla tradizione peruginesca. PALA ANSIDEI - RAFFAELLO (1505) —> Madonna e bambino, San Giovanni Battista e San Nicola. Dipinto ancora legato per certi versi agli schemi umbri, ma nel San Giovanni, nella torsione del corpo, nell’atteggiamento e nelle espressioni, c’è già qualcosa che rompe dall’interno lo schema rigido della tradizione umbra per un’aria più moderna. DITTICO (1505-6) - RAFFAELLO —> Una tavola rappresenta le 3 Grazie, e l’altra il Sogno di Scipione. Raffaello è pronto a captare ogni novità intorno a lui: in questo caso si ispira al gruppo classico delle 3 Grazie. Via via che ci si inoltra nel primo decennio del secolo a Firenze, Raffaello medita con sempre maggiore autonomia i grandi modelli leonardeschi. MADONNA DEL CARDELLINO, e MADONNA CON BAMBINO E SAN GIOVANNINO —> Opere realizzate tra il 1505-6, che presuppongono lo studio e la riflessione sul cartone della Sant’Anna leonardesco, il rapporto sintattico tra le figure, il rapporto tra 3 figure umane disposte come una piramide ideale il cui vertice si identifica con la testa della Vergine, il rapporto tra figure umane e natura circostante; eppure, tutto è risolto in termini diversi: quello che c’era di ambiguo, di avvolgente, l’atmosfera vera e piena di pathos delle opere di Leonardo, qui è superato, per due composizioni molto chiare e luminose, molto razionali e misurate; il paesaggio è ameno, primaverile, con un cielo luminoso che si riflette su una natura molto dolce, di natura fiamminga ma rielaborata. Raffaello, arrivato a Firenze, scopre i modelli di Madonne con Bambino di Luca della Robbia, le Madonne in terracotta invetriata che erano i manifesti del classicismo 400esco: bambini che esprimevano la serenità dell’infanzia, madri che dolcemente guardavano i bambini, figure molto idealizzate. SACRA FAMIGLIA CANIGIANI - RAFFAELLO (1507-8) —> Il gruppo si accresce per la presenza non solo di San Giuseppe, ma anche della Santa Elisabetta con San Giovannino, e degli angeli nella parte superiore del cielo; questi angioletti erano stati coperti nel 600 da una spessa stesura cromatica, e poi col restauro furono recuperati. Per la prima volta qui Raffaello inventa gli angioletti che hanno i busto e le ali immerse nelle nuvole, che sarà un motivo ricorrente nelle Stanze Vaticane, e poi nel 500 e anche 700. Una delle ultime opere importanti negli anni fiorentini prima di recarsi a Roma, è la DEPOSIZIONE BAGLIONI (1507), per una chiesa di Perugia, su commissione di Atalanta Baglioni in occasione della morte del figlio. All’inizio del 600 il dipinto fu portato alla Galleria Borghese e sostituito con una copia. L’opera ci mostra un Raffaello insolitamente sensibile al genio di Michelangelo, perché la figura di una delle Marie che soccorre la Vergine svenuta per il dolore è chiaro che Raffaello si ricorda la torsione della Vergine del Tondo Doni. È uno dei dipinti più drammatici, più intensamente patetici della produzione di Raffaello, sopratutto della sua fase giovanile, anche se poi tutto è risolto in un ordine superiore per cui anche le

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figure che si muovono con gesti dolenti, vengono riportate ad un ordine di insieme che sembra riflettersi nella grande pace del paesaggio retrostante. MADONNA DEL BALDACCHINO - RAFFAELLO (1508) —> Opera non conclusa. Sacra conversazione che nel 600 fu trasportata nelle collezioni Medicee. Opera che apre alle grandi novità romane della fase successiva di Raffaello —> c’è una monumentali delle figure (S. Pietro o Sant’Agostino), c’è un rapporto psicologico coinvolgente tra una figura e l’atra e perfino tra le figure e l’osservatore (Sant’Agostino indica allo spettatore di guardare il gruppo sacro). SACRA CONVERSAZIONE - FRA BARTOLOMEO (1515-16) —> Riprende il tema del baldacchino visto nella Madonna del Baldacchino di Raffaello. Un’altra personalità che segna in maniera formidabile la pittura fiorentina di questi anni è Andrea del Sarto, pittore che forse era stato allievo di Piero di Cosimo, che inizia a lavorare a Firenze intorno al 1510, guardando soprattutto a Michelangelo, Raffaello, Leonardo. Il primo ciclo importante ad affresco è quello con le STORIE DI SAN FILIPPO BENIZZI del chiostrino dei voti della Chiesa della Santissima Annunziata. —> Scena con MIRACOLO DEL FULMINE —> Aperta campagna con paesaggio che risente molto della pittura di paesaggio di Piero di Cosimo, ma la componente leonardesca, lo sfumato, il senso atmosferico, sono molto più significativi. Nel 1514 Andrea del Sarto, sempre nello stesso chiostro, realizza un affresco per le Storie di Maria, con la NASCITA DI MARIA —> Scena di interno, la camera di Sant’Anna è immaginata come un ambiente aristocratico, come lo aveva immaginato Ghirlandaio a fine 400 nella Cappella Tornabuoni; Andrea qui è segnato allo stesso tempo dall’esperienza sia di Leonardo che di Raffaello: l’armonia del gruppo di donne al centro in primo piano, i rapporti sintattici tra una figura e l’altra, si deve alla conoscenza di questi grandi pittori che avevano lasciato le loro opere a Firenze —> sopratutto nello sfumato l‘esperienza di Leonardo è fondamentale. ANNUNCIAZIONE - ANDREA DEL SARTO (1512) —> Nel rapporto tra le figure, e tra le figure e il paesaggio, Andrea del Sarto guarda anche al precedente di Fra Bartolomeo: figure che si affrontano in maniera speculare, architettura come quella che Raffaello aveva inserito dietro al Matrimonio di Maria, però la presenza di nudo femminile può richiamare i nudi del Tondo Doni. Andrea del Sarto si trova a comporre una grande sintesi tra tutte queste componenti importanti che poteva ritrovare a firenze. Anche lui crea un linguaggio di alta classe, che trova nel 1517 un’affermazione piena nella MADONNA DELLE ARPIE —> madonna con bambino, due angioletti, San Francesco e San Giovanni Evangelista. Vasari definisce Andrea un pittore “senza errori”, e questo ben esprime le caratteristiche del classicismo sartesco, che si apprezza nell’armonia di insieme, di equilibrio, ma anche nella completa acquisizione delle sperimentazioni di Leonardo dello sfumato, del rapporto tra i personaggi che avevano elaborato Leonardo e Raffaello, e sul fondo la ricerca della simmetria dovuta all’inserimento nell’architettura molto fiorentina, in pietra serena, una piccola nicchia in cui si colloca la Vergine.

Intorno al 1515-16, Jacopo da Sansovino (allievo di Andrea Sansovino), realizza a Firenze il suo SAN GIACOMO per il Duomo, opera che si può confrontare con la figura

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dipinta di San Giovanni Evangelista nella Madonna delle Arpie di Andrea del Sarto —> sappiamo che Jacopo e Andrea lavoravano insieme ed elaboravano gli stessi modelli. PALA PUCCI - PONTORMO (1518)—> chiesa di San Michelino a Firenze. Sacra conversazione con madonna con bambino e santi. Composizione che segue i motivi sarteschi: madonna al centro all’interno di baldacchino (motivo raffaellesco), con gli angeli che reggono le cortine laterali del trono, e intorno le figure dei santi; l’apparente ordine è rotto dagli atteggiamenti e dalle pose dei personaggi: non c’è una figura che volga lo sguardo al centro della scena, tutti guardano verso l’esterno creando una sorta di composizione centrifuga, c’è qualcosa di dissonante sotto il profilo mimico dei personaggi, c’è un’inquietudine profonda che si coglie anche nelle espressioni dolenti di alcuni santi, con gli occhi che affossano nelle orbite scure. Apparentemente sembra che Pontormo segua le regole di Andrea del Sarto ma in realtà le rompe dall’interno, perché ci unisce la forte influenza di Michelangelo, primo ad elaborare una pittura nuova che non risponde solo al principio di imitazione della realtà, ma a qualcosa di più cerebrale. Nel 1521 Pontormo realizza nella Villa di Poggio a Caiano una grande LUNETTA CON VERTUMNO E POMONA —> divinità pagane del mondo agreste. L’aspetto mitologico è superato da quello che è l’ispirazione personale dell’artista, dalla volontà di richiamarsi al mondo della campagna circostante in maniera tutta sua. La lunetta è affrescata intorno ad un enorme oculo, e intorno si distribuiscono su due piani figure diverse con diversi atteggiamenti —> fanciulli nudi, donne immaginate come contadine, un vecchio contadino in un angolo: sorta di travestimento del mito antico in veste moderna, campestre, senza reverenza antiquaria —> tanto deve a Michelangelo perché la Battaglia di Cascina aveva fatto scuola dal punto di vista dei nudi. Nel 1525 la peste imperversa a Firenze e Pontormo è costretto ad andare alla Certosa del Galluzzo dove viene accolto dai monaci che gli affidano un ciclo di affreschi nel chiostro, con STORIE DELLA PASSIONE DI CRISTO (molto deteriorati). Riusciamo a cogliere la suggestione di questi affreschi con figure in primo piano che sembrano riprese da stampe dureriane e lo sfondo ribaltato in verticale così che l’orizzonte diventa altissimo e ci sono delle figure che sembrano aleggiare sul ballatoio in secondo piano. Pontormo riprende le stampe nordiche, è uno dei motivi che porta Vasari a criticarlo — > Vasari non capisce perché gli artisti che vivono nel momento più splendido della Maniera italiana debbano attingere alle stampe nordiche, al mondo del gotico. L’altro motivo di critica è la vita che Pontormo conduce, solitaria, isolata nel suo studio. CENA IN EMMAUS - PONTORMO (1525) —> Sempre per la Certosa. Opera di una modernità straordinaria, quasi da essere poco comprensibile per i contemporanea: si accostano elementi di vivo realismo ad elementi di astrazione quasi metafisica. Il realismo si avverte nei ritratti dei monaci astanti alla scena —> i loro volti sono caratterizzati da un realismo che quasi sembra anticipare gli sviluppi della pittura 600esca. Dall’altra parte, l’idea della divinità che appare come un triangolo con un grande occhio nel mezzo ha un sapore quasi astratto, è qualcosa di lontano dall’esperienza quotidiana. Pontormo è anche autore di una serie di ritratti straordinari: RITRATTO DI COSIMO IL VECCHIO (1518-19) - PONTORMO

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RITRATTO DELL’ALABARDIERE (1529-30) - PONTORMO DEPOSIZIONE - PONTORMO (1526-27) —> Per la Cappella Capponi della Chiesa di Santa Felicita. Anche qui la scena si dispone in verticale, non c’è un senso di profondità, di orizzonte lontanante come nella tradizione prospettica del primo rinascimento; c’è un’idea tutta michelangiolesca di disporre le figure in verticale e come se fossero collocate su un’invisibile montagnola. Il paesaggio sparisce, l’unico elemento naturale è una nuvoletta. I colori degli abiti e dei carnati sono molto lontani dalla realtà naturale —> c’è un richiamo al “dipingere di maniera” di Michelangelo, ma il genio di Pontormo si accosta a questi principi in maniera autonoma perché le sue figure sono sottili, allungate, l’espressione è malinconica, e nulla hanno a che fare con l’eroismo e l’aspetto monumentale di Michelangelo. VISITAZIONE (1528-30) - PONTORMO —> Chiesa di Carmignano. Le protagoniste in primissimo piano, quasi incombono per noi osservatori, sembrano allargarsi al centro e restringersi in basso e nelle teste. Dietro di loro le due compagne, che sembrano figure speculari a quelle viste di profilo —> soluzione compositiva un poco astratta. Dal primissimo piano così incombente si arriva subito al fondo e la composizione sembra quasi compressa, sembra schiacciare all’interno dei palazzi i personaggi. Il secondo collaboratore di Andrea del Sarto nel Chiostro dell’Annunziata è Rosso Fiorentino. Rosso fa l’ASSUNZIONE DELLA VERGINE (1515-16) —> Vergine che viene assunta in cielo, il suo sepolcro si è scoperchiato e intorno ci sono gli apostoli. Affresco più legato alla composizione sartesca perché abbiamo una scena nettamente divisa in due parti, quella terrena con gli apostoli distribuiti in maniera ordinata in primo piano, e in alto la vergine assunta in un girotondo di angeli. La composizione sembra ordinata secondo la sintassi sartesca, ma se osserviamo da vicino gli apostoli vediamo che hanno caratteristiche innovative: ci sono figure ricavate direttamente dai disegni di Michelangelo —> San Giacomo maggiore (col cappello) presenta una fisionomia “spiritata”, quasi tagliente per come è allungato e appuntito il volto, che riflette la temperie psicologica molto lontana dai modi calibrati e armoniosi del mondo di Andrea del Sarto. Anche qui quindi la rottura dall...


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