Filologia Romanza B - Appunti Tutte PDF

Title Filologia Romanza B - Appunti Tutte
Author Luca Cattaneo
Course Filologia romanza B
Institution Università degli Studi di Bergamo
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Appunti precisi ed esaustivi per l'esame di Filologia Romanza B, tenuto dal prof. Mario Bensi. Su questi appunti voto assicurato: 30...


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MODULO B 14/11/16 - Il Romanzo di Enea (Le Roman d'Eneas) è stato scritto da uno scrittore sconosciuto. Sebbene i temi siano simili all'Eneide di Virgilio, non possiamo sapere se l'autore l'abbia preso come ispirazione, né se l'abbia nemmeno mai letto. È un romanzo che celebra e si basa sul tema sentimentale dell'amore tra Enea e Didone. È composto da versi di 8 sillabe unite a coppie in distici (“couplet”) rimate sotto forma di rima baciata. 21/11/16

LA LETTERATURA FRANCESE MEDIEVALE - Alle origini della letteratura francese si constatano due paradossi: 1. francese-latino: la letteratura francese è nata e si è sviluppata attraverso delle fratture con la letteratura latina, però la letteratura francese è nata perché la letteratura latina e la lingua latina sono sopravvissute alla caduta dell'Impero romano. I popoli germanici e franchi avevano esercitato solo un influsso di superstrato, senza sostituire la propria lingua a quella della popolazione romana 2. letteratura-chiesa: a un certo punto della storia, la Chiesa ha manifestato una certa insofferenza verso la letteratura latina classica (perché pagana), quindi l'ha voluta “cristianizzare” (es: una lirica di Virgilio che esaltava la nascita del figlio di un suo amico è stata interpretata come una profezia della nascita di Cristo). Ciò nonostante, se noi possiamo usufruire dei testi di letteratura latina è grazie alla Chiesa (grazie ai laboratori di scrittura, dove, per maggioranza monaci, si adoperavano i copisti), in quanto unica istituzione a sopravvivere alle invasioni barbariche. - Questo secondo paradosso è ulteriormente sviluppabile se ragioniamo sul fatto che la Chiesa si sia “donata” ai barbari, salvando se stessa, il patrimonio classico e la latinità, in cambio della conversione dei conquistatori germanici. - Le scuole, durante tutto il Medioevo, sono nelle mani della Chiesa. Solo gli ecclesiastici insegnano, tant'è che nella Francia medievale nasce l'abitudine di usa il termine clerc per indicare gli intellettuali. Intellettuali che la Chiesa “sforna” e le corti gotiche, affascinate dalla burocrazia romana, accolgono nelle proprie cancellerie. Primo storico esempio fu la Corte di Teodorico, re degli Ostrogoti, a Ravenna, tra il V e VI sec. - Nei primi secoli successivi alla caduta dell'Impero, si assiste a una crisi delle città e dell'aristocrazia, che si ritira nelle villas. Con l'avvento dei Franchi Salii (provenienti dall'attuale Olanda settentrionale) la struttura dell'Impero, già in crisi, subì un colpo decisivo. Anche in questi primi secoli, che precedettero la cosiddetta “Rinascita carolingia”, la Chiesa continua nella missione di garantire la sopravvivenza della letteratura latina: alcuni vescovi (come Sidonio Apollinare) e monaci coltivano l'arte letteraria in latino, si scambiano lettere e ricopiano nei monasteri i testi della letteratura latina. - La crisi delle scuole cittadine porta le scuole monastiche e quelle episcopali ad avere la prerogativa dell'istruzione. - S. Gregorio di Tours è autore della raccolta Historia Francorum (fine VI sec.), ma scarseggia nella correttezza grammaticale, segno dell'inizio della decadenza della letteratura latina. - Nel frattempo la Chiesa, sotto la spinta del monachesimo, si rinchiude su se stessa, considerandosi un'entità autonoma e ideale. Insomma, comincia a considerare il mondo laico come un “male necessario” e a manifestare severità nei confronti della letteratura profana. Per esempio Sant'Agostino esorta al confronto con la letteratura latina, ma allo stesso tempo approva lo studio delle arti liberali (umanistiche) solo come esercizio propedeutico in vista dello studio dei testi sacri. Un atteggiamento simile lo assumono S. Gregorio Magno papa e il monaco anglosassone Beda il Venerabile (entrambi vissuti nell'VIII sec,) - Questa suddetta severità, seppur biasimevole, permette la nascita di una poesia liturgica, accompagnata da innovazioni di forma, stile e melodia. È una poesia rivolta al popolo, perciò rinuncia alle regole della versificazione latina e introduce la versificazione in rima, con relativa

accentazione delle sillabe. Esponente celebre di questa nuova forma letteraria fu Sant'Ambrogio. - Alla metà dell'VIII sec, inizia la Rinascita Carolingia. Carlo Magno, nello sforzo di assicurare una solida istruzione dei suoi funzionari, riabilita i classici latini e l'insegnamento del latino. Al di fuori della sua corte, il latino continua la propria corsa decadente. Alcuni celebri personaggi chiamati alla corte di Carlo Magno furono Alcuino, Paolo Diacono e Teodulfo d'Orleans. - La storia del latino nell'Alto Medioevo (che in Francia ha continuato a brillare anche con la nascita della letteratura volgare, prevalendo pure numericamente, finché J. du Bellay, nel XVI sec., sostiene che la letteratura francese debba rivaleggiare con quella latina, ma mettendosi alla scuola di questa) è considerata la preistoria della letteratura francese. - Nell'epoca carolingia si manifesta un fenomeno che contrassegna i limiti e verifica la portata di qualsiasi osservazione sulla letteratura latina: la lingua parlata si è evoluta al punto tale che chi non è istruito non capisce il latino. Il latino di questo periodo è limitato a uno letterario e uno parlato, che sono ormai praticamente due lingue diverse. La differenziazione è iniziata intorno al 600 d.C., dopo che Chilperico I, re merovingio, attuò un tentativo di riforma ortografica che cercasse di rendere conto dell'indebolimento delle consonanti intervocaliche (in particolare dentali) attraverso l'uso di lettere greche, cogliendo così l'evoluzione della lingua. - 789: Admonitio generalis = direttive generali finalizzate a migliorare la correttezza del latino liturgico e amministrativo. 23/11/16 - Inizialmente, le operazioni di restaurazione del latino andarono a rilento, poiché molti poeti carolingi cadevano in una sorta di manierismo, ovvero in un eccesso di ricercatezza poetica, a discapito della correttezza. Un esempio fu dato da Ermoldo Nigello, autore di un poema in lode (panegirico, esaltazione) di Ludovico il Pio, un'opera magniloquente ma carica di solecismi (scorrettezze grammaticali). Un altro fu il già citato Gregorio di Tours, ma questi, perlomeno, non faceva vanto del proprio stile magniloquente. - Il latino scritto riceve mezzi di sostentamento eccezionali, interrompendo la propria modifica naturale. In questo modo il latino può dedicarsi con estrema cura alla propria correttezza ed eleganza, non dovendo più curarsi dei fattori presenti nello scambio di comunicazione (come quelli che hanno causato l'evoluzione da latino parlato ad antico francese) - Se da un lato si assiste a un fenomeno di scorrettezza grammaticale, dall'altra si diffonde una tendenza opposta, segno del fatto che il latino non è più la lingua corrente, parlata da tutti: l'ipercorrettismo, ovvero l'alterazione del latino nel tentativo di migliorarlo, pensando che sia sbagliato. - 813: Concilio di Tours = nell'art. 17 si stabilisce che le omelie devono essere praticate in lingua popolare (in rusticam romanam linguam aut thiotiscam) - 842: Serments de Strasbourg - 880: Séquence de Sainte-Eulalie RAPPORTO TRA LINGUE ROMANZE E DIALETTI - L'evoluzione dal latino alla lingua romanza è caratterizzata da una parcellizzazione: i legionari parlavano un latino deformato dalle pronunce delle regioni dalle quali provenivano. Successivamente si aggiunsero le influenze barbariche. Quindi l'evoluzione della lingua parlata fu eterogenea nell'intero territorio della Romània. - In Francia questa eterogeneità è manifestata dalla distinzione tra d'oc e d'oïl, lingue che si dividono entrambe in numerose parlate, ma che venivano persino considerate due dialetti della stessa lingua. Comunque, la letteratura ebbe un ruolo unificatore a riguardo. - Alcuni dialetti presero il sopravvento più di altri, come per esempio l'anglo-normanno nella lingua d'oïl (poi scalzato dal franciano, dialetto dell'Île-de-France) - La letteratura cancella o combina verso una koinè linguistica le differenze dialettali. - Secondo alcuni studiosi, già i Serments de Strasbourg erano caratterizzati da elementi dialettali.

- Anche le poesie trobadoriche presentano tracce che permettono di risalire alle regioni d'origine dei determinati autori. - La rustica romana lingua viene innegabilmente parlata, ma niente garantisce che possa essere anche scritta e diventare una lingua di cultura. Subentra così la Chiesa, che attraverso il lavoro dei chierici si occupa di ricopiare, commentare e limitare gli autori latini antichi e le sacre scritture e comporre testi poetici in questa lingua. - Ma perché questi colti uomini di Chiesa e intellettuali si cimentano in questa nuova lingua? Perché nella storia di un popolo è normale la presenza di scritti, liriche e canzoni popolari, ma solo loro sapevano leggere e scrivere e quindi produrre tali opere. - Raimondo Lullo, poeta catalano, scrisse un trattato pedagogico ( Doctrina pueril ) nel quale prescriveva di insegnare ai bambini nella loro lingua materna. 28/11/16 OPPOSIZIONE SCRITTURA - ORALITÀ - Come tutte le letterature, anche quella francese nasce fortemente connotata dall'oralità, più che dalla scrittura. - Ci si chiede fino a qual punto le coppie oppositive (latino-volgare, scrittura-oralità) possano o debbano coincidere, essere sovrapposte l'una all'altra. In altri termini, ci si chiede fino a che punto si possa sostenere che il latino sia stato condizionato prevalentemente dalla scrittura (nel senso che ciò che conosciamo del latino ci è pervenuto attraverso forme scritte) e il volgare si è diffuso ed evoluto soprattutto attraverso la parola orale. - Nel momento in cui appaiono le lingue romanze, il latino ha il monopolio dell'emissione scritta. Poi scopriamo però che lungo il Medioevo, nonostante la produzione scritta si faccia più consistente nelle lingue volgari, le relazioni tra oralità e scrittura sono assai diverse da quelle con cui abbiamo abitualmente a che fare noi oggi. Per esempio in ambito giuridico, la comunicazione orale era centrale. Noi oggi, in questo ambito, ci affidiamo a riscontri scritti, ma nel Medioevo spesso ritroviamo dei riferimenti rivolti al “diritto consuetudinario”, cioè una serie di norme applicate e praticate per abitudine da secoli, che, in quanto consuetudinario, nessuno pensò di farlo pervenire in forma scritta. - Paul Zumthor, studioso svizzero, mostrò con efficacia, in “La lettera e la voce”, che qualsiasi opera letteraria medievale esiste in una forma e stile tale da essere recitata o cantata, o meglio, esiste fondandosi sugli effetti della voce in quanto strumento di espressione ed esternazione. Quasi tutta la poesia latina e romanza, infatti, era cantata. - La lettura delle opere letterarie del Medioevo era fatta ad alta voce, il che lascia trasparire una visione teatrica, la quale giustifica alcune aggiunte presenti in molte opere. Queste aggiunte spesso le riconosciamo perché vengono nominate città di pellegrinaggio o di celebri monasteri, poiché molti chierici che scrivevano canzoni organizzavano probabilmente delle serate di intrattenimento, nelle quali si recitava e cantava. - In questa prospettiva, il testo, cioè la forma scritta, è solo una parte di come andava presentata l'opera nel Medioevo. - Ci sono anche testi accompagnati da schemi musicali, che però sono irrecuperabili e irriproducibili oggi, ma che allora servivano a chi li cantava. - I libri sono rari nel Medioevo, anche se le più diffuse opere latine vengono ricopiate in un numero di esemplari più numeroso dei testi in volgare. Sono rari e cari. 29/11/16 - Sia che si trattasse della trasmissione della conoscenza o dell'aspetto estetico, l'aspetto orale ebbe nel Medioevo un ruolo preponderante, sia del volgare che della trasmissione della tradizione latina. Ciò non significa che la cultura medievale fosse assolutamente orale, né che la scrittura fosse totalmente secondaria. Il valore della scrittura era riconosciuta sia nell'ambito sociale che in quella religiosa, in particolare nel ruolo di “fonte”, imponendosi per autorevolezza e come modello da imitare (auctoritas): autori di romanzi e canzoni di gesta dichiarano spesso di rifarsi a fonti scritte)

- La situazione generale dei manoscritti a noi pervenutici è tale che essi sono falcidiati di errori, però è rilevante la cura con la quale i copisti scrivevano, quindi la scrittura non era poi così tanto snobbata come si pensa, a discapito dell'oralità. - L'opposizione scrittura-oralità non coincide con quella latino-volgare, né con quella alta-bassa cultura. Esistono certi costumi radicati nel popolo, che sono pervenutici grazie alla scrittura (es: le letterature volgari profane si ispirano spesso a tradizioni estranee alla latinità e quindi a tradizioni celtiche e bretoni, trasmesse attraverso forme scritte di racconti e romanzi – vedi la leggenda di Tristano e Isotta tramandataci da Thomas d'Angleterre) Insomma, la linea che divide le persone colte e quelle di bassa cultura è una divisoria che non passa necessariamente attraverso la capacità di leggere e scrivere, né nella conoscenza del latino: molti principi laici erano analfabeti e ignoravano il latino, però erano appassionati alla cultura e quindi definibili colti e letterati. OPPOSIZIONE CHIERICO - GIULLARE - Il chierico si è fatto custode, durante il Medioevo, della preservazione e trasmissione della cultura attraverso il canale scritturale. È da lui che dipende il fatto che una lingua nuova divenga o meno una lingua di cultura scritta. - La maggioranza degli scrittori medievali e dei copisti sono religiosi. - Dalla parte del chierico stanno quindi la Chiesa e la Scrittura. - Dall'altra parte c'è l'Oralità, rappresentata dal giullare, figura condannata dalla Chiesa. - “Giullare” deriva da iuculator (origine classica, ma utilizzata solo in epoca medievale, dal VI sec.), che ricorda iocus → significato ludico; il giullare è un intrattenitore professionista e itinerante. È una figura che risale ai “mimi ambulanti” della tarda antichità oppure ai “bardi” del mondo celtico o ancora ai “cantori” germanici. - Il giullare del Medioevo poteva esercitare le attività più varie. È spesso un acrobata, funambolo, giocoliere, presentatore di animali, mimo, musico, cantore o ballerino. Questo per dire che non tutti usavano l'oralità per la diffusione della cultura, però chi lo faceva si assumeva la rappresentanza di forme poetiche come le canzoni di gesta o le liriche. Ma non solo: i fabliaux erano brevi racconti in versi, nei quali venivano narrate storie comiche in toni crudamente realistici o satirici. - I giullari erano soprattutto interpreti, ma c'erano anche autori. Vivevano miseramente, sempre in cerca di un mecenate sotto cui lavorare: si assiste così alla perdita d'importanza del loro ruolo, poiché contemporaneamente procede lo sviluppo della scrittura. Questi giullari finiscono così per prediligere il posto fisso a tempo pieno, presso un grande signore, tentando di occupare alla corte lo status di ministerialis (=funzionario), dal quale deriverà “menestrello”. - Nel XV sec. alcuni di loro sono diventati veri e propri poeti di corte (grands rhétoriqueurs = termine peggiorativo per indicare il loro stile pomposo e altisonante) 05/12/16 - Il filologo Aurelio Roncaglia, nella sua opera Tristano e anti-Tristano (1981), scrive un capitolo che tratta l'origine del romanzo (Romanzo. Scheda anamnestica di un termine chiave) - Con “anti-Tristano” il Roncaglia fa riferimento al Cligès di Chrétien de Troyes, dove l'amore non è costretto a passare attraverso inganni e adulteri e non ha come unica soluzione la morte, ma il matrimonio e il lieto fine. - La parola francese romanz, afferma Roncaglia, è un termine generico che serve per distinguere dal latino quello che, preso in blocco, possiamo chiamare “il volgare”. Di per sé il termine “romanz” non comporta un riferimento specifico a una o un'altra lingua romanza. Una tale specificazione (che consenta di isolare la lingua alla quale si sta pensando o la quale è utilizzata dall'autore del testo preso in esame) viene fornita esplicitamente o può essere desunta dai dati del contesto che sono in nostro possesso, cioè può essere desunta da informazioni esterne relative all'area di appartenenza del testo. Oppure ancora si può dedurre considerando i caratteri linguistici del testo con il quale abbiamo a che fare.

- A mano a mano che le parlate romanze, con l'ascendere a rango di lingue scritte ufficiali, si autodefiniscono (con una propria norma), si fa sentire la necessità di designazioni sempre più precise che aiutino a chiarire di quale lingua romanza si tratti (il termine romanz, isolato, non ha più un significato ben preciso). Un esempio di specificazione utile a capire quale tipo di romanz viene usato ci è dato nel Floovant, una canzone di gesta all'interno della quale vi è un tentativo di identificazione del proprio interlocutore («voi mi sembrate francese da come parlate volgare») - C'è però chi invece sceglie di sottolineare e mettere in evidenza la peculiarità linguistica attraverso la quale scrive i propri testi: si tratta di Brunetto Latini (XIII sec.) (personaggio presente anche nella Divina Commedia), noto per aver scritto in francese Il Tresor. Nel prologo di questa opera, Latini sostiene la scelta della lingua d'oïl («en roumanç»), “a discapito” del volgare italiano, per due ragioni: 1) si trovava in Francia; 2) è più gradevole e più accessibile a tutti (nel senso che era più noto del volgare toscano) → Latini opera l'opposizione tra due varietà dello stesso romanz. - In altri casi l'opposizione non è più tra due volgari, ma tra la norma e le abitudini linguistiche dell'autore, sentite spesso come varietà dialettali. Ad esempio Raymond Féraud, scrittore provenzale del XIV sec., scrive in La vida de Sant Honorat che se qualcuno critica la sua lingua (un non corretto provenzale), non deve lamentarsi, perché si tratta di una lingua diversa dal provenzale “standard”. - Successivamente “romanz” viene applicato al francese. Questo avviene perché il francese è la lingua che ha lasciato la sua impronta nella stessa forma fonetica della parola “romanz” (che è appunto una parola francese). Inoltre il francese è quella lingua, tra le altre romanze, che godeva di un primato cronologico (prima lingua romanza apparsa) e di prestigio nell'uso letterario. - In Italia, “romanzo” non viene mai adoperato nel senso di “lingua volgare italiana”, perché si preferisce opporre la propria lingua al latino attraverso il termine “volgare”. Per un altro motivo non si usa nemmeno il termine “romano”: lingua romana avrebbe il significato di “latino”. Di conseguenza il distacco dell'aggettivo “romano” dal ricordo della Roma classica era più difficile in Italia di quanto risultasse altrove. Non per nulla la lingua italiana è stata definita, da M. Bartoli, «la più romana e la meno romanza tra tutte le lingue neolatine». Il termine “romanzo” in senso linguistico è stato usato solo da Gianbattista Ramusio, ma per indicare lo Spagnolo (in Spagna il volgare era detto romance [ro'mantse]). - La Francia è quindi la prima a dare a “romanz” l'accezione linguistica, ma è anche la prima ad abbandonarla. Dalla fine del Medioevo, d'oïl e d'oc iniziano a chiamarsi français e provençal. In Francia il termine français prende il sopravvento su romanz dal XIV sec. (l'ultimo riferimento è del 1445). - “Romanz” era originariamente un vocabolo di origine avverbiale (romanice), passato poi alla condizione nominale. Successivamente ha subito nuovi cambiamenti di forma e significato. Su quest'ultimo, Ronacaglia individua delle tappe: 1. “Romanz” = lingua volgare neolatina 2. A partire dal XII sec., “romanz” = discorso orale o scritto in una lingua volgare neolatina, in particolar modo se considerato in rapporto con una fonte latina (“romanz” = “volgarizzamento”), ma anche nel caso di una composizione originale. 3. A partire dalla seconda metà del XII sec., “roman(z)” = opera narrativa versificata in volgare e destinata non al canto (altrimenti si chiamerebbe “canzone di gesta”), ma alla semplice lettura, con prevalente riferimento a vicende d'avventura, riprese da leggende pertinenti al mondo antico (i Romanzi di Tebe, di Enea, di Troia) (materia di Grecia e Roma) o a vicende proiettate su un favoloso mondo celtico (materia di Bretagna) o legate a spunti bizantini e orientali, oppure a vicende di a...


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