11.La quarantana de i promessi sposi PDF

Title 11.La quarantana de i promessi sposi
Course Linguistica italiana
Institution Sapienza - Università di Roma
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La “quarantana” dei Promessi Sposi (parte 1) Seguendo le tappe editoriali del romanzo di Alessandro Manzoni possiamo parallelamente seguire il percorso lungo e faticoso che ha portato Manzoni ad avvicinarsi a quello che era il suo ideale linguistico e dunque il fiorentino parlato nell’800 dalle classi colte della città di Firenze. L’ultima edizione dei promessi sposi è un'edizione nota con il nome di quarantana perché nel novembre del 1840 a Milano escono le prime sei dispense della seconda e definitiva edizione dei promessi sposi. E’ dall’anno 1840 che prende il nome di quarantana, ma la sua pubblicazione si conclude solo nel novembre del 1842. Questa edizione era corredata da oltre 400 disegni realizzati da un famoso filosofo del tempo, un torinese di nome Francesco Gonen. E’ naturale immaginare che Manzoni per rilavorare il suo romanzo, sia sul piano del testo ma anche sul piano della lingua, sia partito da un esemplare della sua edizione del 27 che ha assunto come testo di base e su questa base poi ha sostituito, ripensato e rielaborato il suo testo, soprattutto sotto il profilo linguistico. Nel 1971 uno studioso di nome Lanfranco Caretti cura una edizione dei promessi sposi molto particolare, un’edizione interlineare che consente di avere simultaneamente disponibili entrambe le redazioni, sia quella del 27 che quella del 40. In questo modo il lettore può osservare il processo di correzione messo in atto da Manzoni nel passaggio dall' edizione del 27 a quella del 40. L'edizione di Caretti è un edizione particolare anche per quanto riguarda il profilo topografico; Caretti infatti sfrutta anche l'interlinea che serve a riportare le parti della ventisettana che sono state modificate, che sono state oggetto di rielaborazione. Dalla “ventisettana” alla “quarantana” (parte 1) Serviamoci proprio dell'edizione di Carretti per osservare nel dettaglio queste correzioni, naturalmente attraverso un esempio. Nell'esempio il testo a caratteri più grandi, quindi il testo di base è l'edizione nel 1840, invece in interlinea ci sono le parti del 27 che sono state oggetto di correzione. In grassetto Caretti indica quelle parole che sono state introdotte ex novo nella quarantana e che quindi non c'erano nell'edizione del 1827. Questo esempio è l'inizio del monologo di Don Abbondio che fa quando è costretto a seguire l’innominato che si appena convertito. “ E’ un gran dire che tanto i santi come i birboni gli abbiano a aver l’argento vivo addosso, e non si contentino d’essere sempre in moto loro, ma voglian tirare in ballo, se potessero, tutto il genere umano; e che i più faccendoni mi devan proprio venire a cercar me, che non cerco nessuno, e tirarmi per i capelli ne’ loro affari: io che non chiedo altro che d’esser lasciato vivere!”. Nell'edizione ventisettana Manzoni aveva scritto “come i barboni debbano aver l'argento vivo addosso” dopodiché correggendo cambia “debbano” in “gli abbiano a aver”. Questo tipo di costruzione era una soluzione caratteristica del fiorentino vivo ed era anche presente però nella tradizione letteraria, quindi in questo caso la correzione di Manzoni è pienamente coerente con la sua ricerca linguistica. Concentriamoci sulla frase “ma voglio tirare in ballo se potessero tutto il genere umano”, in questo caso Manzoni modifica “vogliano” che era nella ventisettana in “voglian”. In seguito, la frase “che più faccendoni debbano proprio venire a trovarle me” cambia, e “debbano” diventa “devan” e “trovarle” diventa “cercarle”. Si può notare la preferenza per una forma meno letteraria quindi meno sostenuta sul piano letterario.

Dalla “ventisettana” alla “quarantana” (parte 2)

Prima della correzione “devan”, Manzoni aggiunge il “mi” e Caretti lo segnala in grassetto. L’introduzione di questo pronome personale anticipa il “me” successivo ( a cercar me). Manzoni lo introduce per una volontà di aderenza di mimesi del parlato perché in effetti sul piano del parlato questo tipo di anticipazioni sono frequenti . Continuando a leggere il monologo, Manzoni scrive : “Quel matto birbone di don Rodrigo! Cosa gli mancherebbe per esser l’uomo il più felice di questo mondo, se avesse appena un pochino di giudizio? Lui ricco, lui giovine, lui rispettato, lui corteggiato: gli dà noia il bene stare, e bisogna che vada accattando guai per sé e per gli altri”. Questo pezzo ci permette da un lato di osservare e ribadire dei tratti che abbiamo già potuto osservare in quello precedente; ma anche di osservare una preferenza evidente per “lui” come pronome soggetto al posto di egli. Questo è uno degli aggiornamenti linguistici più notevoli nel passaggio della ventisettana alla quarantana; Manzoni infatti cambia egli, ella ed essi come pronomi soggetto che c'erano nella ventisettana, in forme con corrispondenti lui, lei e loro. E’ evidente che la struttura portante delle correzioni di Manzoni è certo la adeguamento al modello del fiorentino parlato in ambito colto. Gli aggiornamenti linguistici più rilevanti che si possono osservare nel passaggio dal testo del 27 al testo del 40. Un'altra delle correzioni sistematiche nel passaggio dalla ventisettana alla quarantana interessa la prima persona dell'imperfetto indicativo. La prima persona usciva in A per quanto riguarda l'imperfetto indicativo (io amava). L'uscita in A è un’uscita per esempio che avrebbe utilizzato anche Dante. Ormai però, nel fiorentino parlato tale l'uscita era stata abbandonata e si era generalizzata la O come vocale finale (non si diceva più io amava ma io amavo). Già nel fiorentino argenteo, quindi nel fiorentino quattrocentesco, la forma in A era stata soppiantata a livello del parlato dalla forma in O; quindi i fiorentini del 400 già sul piano del parlato optavano per “io amavo”. Un’altra correzione riguarda il modo congiuntivo; il congiuntivo presente del verbo essere era “sieno” nella ventisettana e diventa “siano” nella quarantana . Manzoni sostituisce sieno in una forma più moderna. Simile per l’impostazione è la correzione che riguarda la terza persona dell'imperfetto. Anche in questo caso nella ventisettana Manzoni ancora utilizzava la forma di “avea” e nella quarantana invece opta per una forma più moderna quindi cambia avea in “aveva”. Ripristina quella consonante che nella tradizione letteraria politicamente si era dileguata e quindi aveva creato tutte queste forme come avea, legea e così via. Nella quarantana Manzoni fece una correzione che non è sistematica, ma che mantiene una concorrenza tra due soluzioni che riguardano “gli” e “loro” in funzione di pronome dativo, realizzando quindi di fatto un’alternanza tra “gli ho detto” e “ho detto loro”. In questo caso alcune correzioni optano per una forma più di tono medio, come “gli ho detto”, mentre in altri luoghi del romanzo Manzoni utilizza una costruzione più sostenuta sul piano letterario come “ho detto loro”....


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