18 La ripresa della lotta tra papato e impero e le monarchie dell PDF

Title 18 La ripresa della lotta tra papato e impero e le monarchie dell
Author Enrica Parente
Course Storia medievale
Institution Università del Salento
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Riassunto vitolo...


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18 La ripresa della lotta tra papato e impero e le monarchie dell’Europa occidentale Innocenzo III e l’apogeo del papato La seconda metà del secolo XII vide un evoluzione in senso monarchico del papato che il conflitto con Barbarossa non riuscì a frenare. Alla morte nel 1197 di Enrico VI (figlio di Federico il Barbarossa) salì al soglio pontificio Innocenzo III (1198-1216) il quale era convinto della supremazia del potere spirituale su quello politico. Il suo primo intervento riguardò il Regno di Sicilia, considerato dalla Chiese un suo feudo fin dagli accordi di Melfi con il Guiscardo nel 1059 e della concessione della corona regia a Ruggero II nel 1130. La morte nel 1198 della regina Costanza (figlia di Ruggero II il normanno), vedova di Enrico VI, offri al pontefice l’opportunità di tradurre quella sovranità teorica in governo effettivo. Alla morte dei genitori, , Federico (il futuro Federico II), che aveva appena 4 anni, fu affidato ad Innocenzo III, per far si che venissero tutelati i suoi diritti, che infatti gli fece conferire la corona regia nel 1208, all’età di 14 anni. Intanto il papa, approfittando del trono vacante, cercò di estendere e rafforzare il dominio della Chiesa in Umbria, nelle Marche e in Romagna. Tra i pretendenti alla successione di Enrico VI vi erano: Ottone di Brunswick, figlio di Enrico il Leone, e Filippo di Svevia, fratello dell’imperatore defunto. La scelta del papa cadde su Ottone e cosi nel 1209 a Roma Ottone ottenne la corona imperiale. L’intesa con il nuovo imperatore durò poco poiché non rispettò le direttive papali e puntò ad impadronirsi del regno di Sicilia. Cosi Ottone venne scomunicato e la corona imperiale tedesca fu assegnata al giovane Federico II. Nel frattempo si dava vita a una grande coalizione, animata dal re di Francia Filippo Augusto, che nel 1214 sconfisse Ottone.

La crociata contro gli albigesi e il IV concilio lateranense Qualche preoccupazione venne da Innocenzo III dalle iniziative contro musulmani ed eretici. Dopo l’esito negativo della quarta crociata, che, pur avendo portato a una temporanea unificazione delle Chiese di Oriente e di Occidente, aveva deluso le aspettative papali per la riconquista di Gerusalemme, e dopo che fu organizzata una quinta crociata nel 1217, anch’essa del tutto priva di risultati, il pontefice ne aveva indetta un’altra ricca di implicazioni politico-ideologiche. Mentre i Saraceni venivano considerati come coloro che avevano strappato ai cristiani la Terrasanta, gli eretici , invece, minacciavano l’intera comunità cristiana. Nei primi del 200 l’attenzione del pontefice si concentrò sugli eretici che con la loro organizzazione preoccupavano le autorità ecclesiastiche. Essi erano numerosi in Provenza e Linguadoca, nel Sud della Francia, e in particolare nella città di Albi, che faceva parte della contea di Tolosa. La contea di Tolosa era uno di quei principati francesi, dotati di grande autonomia, sui quali la sovranità dei re di Francia era nominale. Gli altri erano: la contea di Fiandra, il ducato di Normandia, la contea di Bretagna, la contea di Angiò, la contea di Champagne, il ducato di Borgogna, il ducato di Aquitania. Nel 1208, a seguito dell’uccisione da parte dei catari di un legato papale, il pontefice bandì contro di loro e Raimondo di Tolosa una crociata. Il successo fu dovuto alla prospettiva di guadagnare gli stessi meriti spirituali che erano garantiti ai crociati in Terrasanta, e la speranza di fare un ricco bottino in una regione fiorente dal punto di vista economico e culturale. Si arrivo alla presa di Bèziers nel 1209. Il papato, avvalendosi dell’opera dei canonisti, rivendicava a se il diritto di indicare volta per volta i nemici pericolosi per la fede, come Saraceni, eretici, ma da li a poco anche semplici nemici politici; di qui numerose crociate, tra due-trecento, contro sovrani e principi ghibellini. Si concludeva cosi definitivamente la parabola dell’ideale della crociata: da fenomeno religioso a strumento politico nelle mani del papato. Nel 1215 si ha il IV concilio lateranense, che vide la partecipazione di prelati, vescovi e abati nonché rappresentanti di principi e re. Furono prese importanti decisioni, che investivano l’organizzazione complessiva della vita religiosa, con richiami ai doveri degli ecclesiastici e dei fedeli. L’anno dopo Innocenzo III mori, lasciando la Chiesa a operare in condizioni difficili, perché andava crescendo la potenza dei sovrani, in particolare i re di Francia e di Sicilia. La restaurazione del potere monarchico in Francia Il re di Francia Filippo Augusto (1180-1223), della dinastia dei Capetingi, cercò di rilanciare la monarchia, la quale si era trovata in difficoltà durante il regno del padre Luigi VII (1137-1180) a causa del matrimonio della sua ex moglie Eleonora di Aquitania con Enrico II d’Inghilterra, che portò il trasferimento al re inglese di una parte del territorio francese. Il re cercò di indebolire il potente vassallo inglese. Salito al trono, si diede a suscitare rivolte della nobiltà nei domini di Enrico II e a fomentare contrasti in seno alla famiglia reale, attirando dalla sua parte il figlio del re, Riccardo (Futuro Riccardo Cuor di Leone). Sembrava che i rapporti tra i due regni dovessero migliorare con l’scesa al trono di Riccardo, insieme al quale Filippo partecipò alla terza crociata. Riccardo durante il viaggio in Terrasanta strinse A seguito di un’alleanza tra Riccardo e Tancredi di Lecce, in lotta con l’imperatore Enrico VI per la successione al trono di Sicilia. Cosi Filippo, al ritorno, si schierò dalla parte di quest’ultimo. Riccardo, durante il viaggio di ritorno fu sospinto da una tempesta nell’Adriatico, cadendo prigioniero dell’imperatore, che lo liberò solo quando il prigioniero gli ebbe prestato il giuramento di vassallaggio, con il connesso impegno di fornirgli aiuto militare e di non dare appoggio ai suoi nemici. Con la morte di Riccardo nel 1199 e con quella di Enrico VI, l’impero entrò in una fase di declino, mentre sul trono inglese saliva Giovanni Senzaterra. Il ricorso alla giustizia regia di un

vassallo del re inglese in Aquitania gli fornì il pretesto per citare nel 11202 Giovanni davanti alla sua corte di Parigi, cosi come prevedeva il diritto feudale. L’accusato non si presentò e ne conseguì la confisca dei feudi. Nacque un conflitto, che permise a Filippo di recuperare alla Corona tra il 1203 e il 1207 la Normandia, il Maine, l’Angiò, la Turenna, l’Alvernia e la Bretagna, e lasciando agli inglesi la Guienna e parte della Guascogna (costa atlantica della Francia meridionale). Nel 1213 progettò addirittura di conquistare l’Inghilterra, ma dovette fermarsi dato che Giovanni si mise sotto la protezione di Innocenzo III, dichiarando il suo regno feudo della Chiesa. Causa dello scontro tra le due potenze fu la situazione politica in Germania, dove vi era Ottone di Bruswick. Innocenzo III promosse una coalizione contro di lui, alla quale vi aderì Filippo Augusto; ciò perché tra gli alleati dell’imperatore c’erano Giovanni Senzaterra e alcuni grandi feudatari della Francia del Nord (tra cui i conti di Fiandra e di Boulogne). Lo scontro avvenne a Bouvines, in Fiandra (attuale Belgio) nel 1214. L’esercito anglo-germanico fu posto in rotta e Filippo Augusto impose con la capitolazione di Chinon il riconoscimento di tutti i territori da lui incorporati negli ultimi anni. Alla sua morte, nel 1223, il territorio soggetto al dominio diretto della corona si era triplicato rispetto a quello trasmessogli dal padre. La sua opera fu continuata dal figlio Luigi VIII (1223-1226), il quale, attraverso l’annessione della Linguadoca, estese ulteriormente i domini della Corona nella Francia meridionale. Un’altra tappa importante nell’ascesa della dinastica dei Capetingi fu il lungo governo di Luigi IX (1226-1270) il quale consolidò il controllo regio sull’aristocrazia. Tutto questo aumentò il prestigio del re di Francia in Europa: prestigio non intaccato dal fallimento delle due crociate del 1248-54 e 1270, nella seconda delle quali perse la vita. La Magna charta e le origini delle istituzioni parlamentari Dopo la sconfitta di Bouvines, Giovanni Senzaterra dovette affrontare la reazione della nobiltà inglese, irritata per il carico fiscale. Grande era anche il malumore per la decisione del re di dichiarare il regno feudo della Chiesa: in contraddizione con la monarchia che affermava una sua potestà di intervento in materia ecclesiastica. Nel 1215 la protesta si dilagò arrivando a Londra. A questo punto baroni e grandi ecclesiastici passarono alla rivolta, imponendo al re la concessione della Magna charta redatta in forma definitiva da Enrico III nel 1217. Il sovrano si impegnava a rispettare i diritti di cui godevano i nobili, gli ecclesiastici e i liberi del regno, le concessioni operate dai suoi predecessori a favore di Londra e delle altre città, il diritto dei sudditi di condizione libera di essere giudicati da tribunali di loro pari nonché la libera circolazione dei mercanti. Si obbligava, inoltre, a non imporre nuove tasse senza l’approvazione della nobiltà e del clero, riuniti nel . La promulgazione della Magna charta peggiorò la situazione di Giovanni Senzaterra, dato che si trovò ad essere sconfessato da Innocenzo III, il quale, avvalendosi delle prerogative di signore del regno, annullò le concessioni da lui operate. Dichiarato decaduto la corona fu offerta a Luigi, figlio di Filippo Augusto, che arrivò a Londra. Con la morte di Giovanni nel 1216 si ebbe un cambiamento politico, per cui si preferì lasciare la corona a suo figlio Enrico III di 9 anni. Luigi torno in Francia, dove nel 1223 raccolse l’eredità del padre. La ripresa dell’iniziativa imperiale e la restaurazione del potere regio nel Regno di Sicilia Nel 1212 Federico lascia il regno di Sicilia alla moglie Costanza d’Aragona e si dirige in Germania ottenendo dall’arcivescovo di Magonza la corona di re di Germania ma in cambio dovette emanare la bolla d’oro di Eger (in Boemia) con la quale rinunciò ai diritti che il concordato di Worms del 1122 aveva riconosciuto al potere imperiale nelle elezioni dei vescovi e abati promettendo, inoltre, di mantenere la separazione tra impero e regno di Sicilia. Nel 1214 si ebbe lo scontro a Bouvines (Buvin) tra Ottone (re d’Inghilterra) e Federico (re di Francia) e Ottone fu sconfitto. Muore nel 1218. Federico nel 1220 torna in Italia dove nel frattempo era morto il papa Innocenzo III e ottenne dal nuovo papa Onorio III la corona imperiale e quindi l’unione delle due corone. Egli si trasferì nel mezzogiorno e cerco di migliorare le condizioni economiche del regno, facilitando gli scambi, costruendo ponti e nel 1224 a Napoli fonda la prima Università statale del mondo occidentale. Egli cercò di imporre la sua autorità anche sui Comuni dell’Italia settentrionale, convocò infatti una dieta a Cremona nel 1226 in cui si sarebbe dovuta discutere sulla pace di Costanza e sulla preparazione della crociata. Le città lombarde, preoccupate, chiesero aiuto al pontefice in collera per i continui rinvii della partenza di Federico per la crociata. L’imperatore non si sentiva ancora forte militarmente e annullò la dieta e ritornò al sud. La crociata di Federico II e il conflitto con il papato Nel 1227 mori il papa Onorio III e gli successe Gregorio IX (1227-1241) che costrinse Federico a partire per la crociata verso la Terrasanta. Federico capì che questa volta non poteva sottrarsi all’impegno e radunò i crociati a Brindisi, ma scoppiò un’epidemia che fece molte vittime e lo stesso Federico ne fu colpito e dovette tornare indietro per curarsi ma il papa non credette alla sua malattia e nel 1227 lo scomunicò. Appena guarito Federico

nonostante la scomunica riprese i preparativi della crociata e l’anno dopo partì di nuovo sbarcando ad Acri, in Terrasanta, stipulando un accordo con il sultano al-Kamil. A Federico andò Gerusalemme, Betlemme, Nazareth, mentre ai turchi andarono alcune parti di Gerusalemme. Ma questo non era bastato per placare l’ira del papa Gregorio IX e in Italia l’imperatore dovette fronteggiare una crociata bandita contro di lui dal pontefice. Respinto l’esercito crociato Federico raggiunse un compromesso con Gregorio IX e l’imperatore fu prosciolto dalla scomunica (pace di Ceprano 1230). Federico dovette rinunciare all’elezione dei vescovi, dovette concedere immunità fiscale e giudiziaria al clero meridionale. Nel 1231 emanò le costituzioni di Melfi. Con esse il regno fu dotato di un codice organico di leggi sottolineando che i poteri derivavano dall’imperatore e creò un potente apparato burocratico con funzionari preparati. Anche in Germania promulgò un importante codice di leggi: la costituzione della pace imperiale (1235), emanata a Magonza nel 1235, con la quale riordinò tutto il diritto penale. L’occasione per il suo secondo e ultimo soggiorno in Germania gli fu fornita dalla ribellione del figlio Enrico. Arrestato e tradotto in Italia, dove morì nel 1242, Enrico fu privato dei suoi diritti al trono, che furono trasferiti al fratello Corrado (futuro imperatore Corrado IV). La scomunica di Federico II e la nuova crisi del potere imperiale La lotta contro i comuni riprese nel 1238 quando, l’imperatore tornato dalla Germania con un forte esercito, sconfisse la Lega Lombarda a Cortenuova (Lombardia) ma commise l’errore di imporre condizioni di pace troppo durre. I comuni decisero cosi di attaccare Federico con l’appoggio del pontefice Gregorio IX. Egli portò avanti una attività diplomatica per coalizzare i nemici di Federico. Nel 1239 scomunicò per la seconda volta Federico, sciogliendo i suoi sudditi dal giuramento di fedeltà. Dopo Gregorio IX divenne papa Innocenzo IV (1243-1254) che nel 1245 convocò un concilio a Lione dove Federico fu deposto dalla corona imperiale. Molti comuni del Nord abbandonavano il partito ghibellino (schieramento filoimperiale) e passavano in quello guelfo, che faceva capo al papa. Nel 1250 morì Federico e lascia i suoi figli Ezio, Corrado e Manfredi. Nel 1254 morì anche il figlio Corrado IV e il trono imperiale rimase vacante fino al 1273, quando fu eletto imperatore il debole Rodolfo d’Asburgo. In Sicilia invece continuò l’opera di Federico II il figlio Manfredi che, diffusa la falsa notizia della morte di Corradino figlio di Corrado IV, si fece incoronare re a Palermo. Manfredi quindi fu accusato di essere illegittimo re di Sicilia e cosi il papa Urbano IV spinse Carlo d’Angiò a dirigersi in Italia. Manfredi cosi morì combattendo a Benevento nel 1266 contro Carlo d’Angiò, fratello di Luigi IX di Francia. La morte di Manfredi segna la fine della dinastia sveva e la conquista del regno da parte di Carlo d’Angiò, e quindi l’inizio della dinastia angioina. Questo cambio di dinastia al vertice del regno di Sicilia non ne segnò il declino, anzi il nuovo sovrano proseguì l’opera degli Svevi di consolidamento dell’apparato burocratico amministrativo dello Stato. La ripresa cristiana in Spagna: reconquista o reconquistas?: Il primo focolaio di resistenza ai musulmani viene individuato nelle Asturie degli inizi dell’VIII secolo. Si tratta di regioni montagnose povere, sulle quali gli emiri (dal 929 califfi) di Cordova rinunciarono a estendere il loro dominio diretto limitandosi a compiervi di tanto in tanto spedizioni militari. L’obbiettivo era quello di tenere sotto la loro sfera di influenza le piccole formazioni politiche. Un maggiore attivismo degli Stati cristiani si ha fra il IX e X secolo. Fra X e XI secolo il movimento espansivo assunse maggiore vigore, favorito dalla crisi politica del califfato di Cordova, che nel 1031 scomparve, frantumandosi in piccole entità politiche. Fu allora che la reconquista venne connotandosi anche come impresa politica e religiosa, acquistando nel corso del secolo XI, i caratteri d quasi di una crociata. Agli inizi del secolo XI la geografia politica della Spagna, al di la dei rimaneggiamenti provocati dalle frequenti aggregazioni e separazioni i degli Stati c cristiani, può essere delineata cosi: il regno di Leòn nella parte nordoccidentale, da cui si distaccò verso la fine del secolo XI la contea del Portogallo, destinata a trasformarsi in regno intorno al 1140; il regno di Navarra nella parte nord orientale, che nella prima metà dell’XI secolo raggiunse il massimo della sua potenza con Sancio III il Grande, inglobando la Castiglia e parte del Leòn; il regno di Castiglia nella parte centrale, in forte crescita al tempo di Ferdinando I, che si annette nel 1037 il Leòn, e di Alfonso VI, che completò la conquista della valle dell’Ebro e pose la sua capitale a Toledo, sottratta nel 1085 ai musulmani; il regno di Aragona, che nel 1137 si unì alla contea di Barcellona, dando vita a un organismo politico, destinato a grade avvenire, grazie all’integrazione fra le tradizioni militari aragonesi e l’attitudine ai traffici marittimi della popolazione catalana. La struttura sociale ed economica degli Stati spagnoli: Il movimento espansivo riprese vero la fine del XII secolo e portò nel 1212 alla vittoria dell’esercito castigliano-aragonese a Las Navas di Tolosa, a sud della Sierra Morena. L’avanzata cristiana ormai non era più contenibile: mentre i Castigliani si impadronivano di Cordova nel 1236 e di Siviglia nel 1248, e gli Aragonesi dilagavano lungo le coste mediterranee, conquistando le isole Baleari e Valenza negli anni 1229-1238, i portoghesi continuavano ad espandersi giungendo fino ai confini del Portogallo, nell’Algarve. Verso la metà del 200 la reconquista poté dirsi sostanzialmente conclusa, essendo rimasto ai musulmani solo un territorio tra Granada, Almeria e Malaga, dove essi rimasero fino al 1492 come tributari deli re di Castiglia. Contro di esso i sovrani castigliani per più di due secoli non furono in grado di realizzare uno sforzo bellico risolutivo....


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