2 Cuma eolica origini e tradizioni PDF

Title 2 Cuma eolica origini e tradizioni
Course Storia Greca
Institution Università degli Studi di Napoli Federico II
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recensione saggio del volume Eoli ed Eolide: tra Madrepatria e Colonie...


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Il saggio “Cuma eolica: origini e cronologia” di Alfonso Mele vuole porre l’attenzione del lettore su quelle che risultano essere le principali tradizioni ecistiche legate a Cuma eolica. La prima tradizione analizzata è quella pelasgico-larisea che pone l’accento soprattutto su quello che è uno degli epiteti dati a Kyme ovvero “Kyme Phrikonis”. Secondo questa tradizione Cuma sarebbe stata fondata da parte degli Eoli che provenivano dalla Grecia e che combatterono contro i Pelasgi alleati dei Troiani indeboliti dopo la caduta di Troia, che trovarono insediati a Larissa; I coloni avrebbero in un primo momento fondato Neonteichos presso l’Hermos, e conquistato Larisa; dopo essersi assicurati il controllo del retroterra avrebbero fondato sul mare Kyme. Trai i fondatori sarebbero stati degli Eoli provenienti dall’area Locrese del monte Phrikion sopra le Termopili, dai quali la città avrebbe avuto al pari di Larissa, l’epiteto Phrikonìs. La fondazione secondo questa tradizione è posta intorno alla metà dell’XI secolo a. C. . Tale tradizione pelasgico-larisea non risulta tanto lontana dalla Aiolike Historia di Ellanico: anche lo storico mitilenese considera i Phrikaneis i fondatori di Cuma e di Larisa Phrikonìs, e afferma dunque l’anteriorità della presenza eolica-locrese nell’Eolide cumana, e in linea con le tradizioni tenedie e lesbie, riconosce Oreste come primo ecista. Negli Aiolika infatti ricostruisce l’intera vicenda del figlio di Agamennone, dall’uccisione della madre Clitemnestra e dell’amante Egisto, alla partenza dall’Arcadia prima dell’arrivo dei Beoti in virtù di un oracolo fino ad arrivare alla sua morte a Lesbo. Tale racconto ellaniceo che pone l’accento su un ruolo attivo ricoperto da Oreste trova molti storici concordi quali Pindaro, Stefano Bizantino e Licofrone, quest’ultimo in uno scolio (1374) riporta una citazione di Ellanico dove si dichiara che la colonizzazione di Lesbo sia opera di Gras, nipote di Oreste, e sia avvenuta 100 anni dopo la morte del nonno, 157° anno da Troia. Inoltre c’è da chiarire come la cronologia di Ellanico sia, secondo le fonti, diversa da quella eratostenica. Non sappiamo di precisa la data proposta da Ellanico ma è possibile ricostruirla. Sappiamo per certo che lo storico lesbio fissò la data della caduta secondo la cronologia argiva e secondo quella ateniese facendola coincidere con l’ultimo anno di Menesteo re di atene (1208). Quindi sulla base di questa considerazione è possibile inviduare la guerra di Troia nel decennio 1218-1208, ottenendo così una data “alta” rispetto a quella tradizionale (1194-1184 ). Infine 157 anni dopo Troia portano rispettivamente all’anno 1051, una data pressoché simile a quella proposta da Eusebio per la fondazione di Cuma eolica, una fondazione “micenea”, sia per gli ecisti discendenti di Agammenone, sia perché tre secoli dopo ritroviamo un riscontro dinastico nel persistere del nome nel re Agamennone che regnò a Cuma nell’ VIII secolo a. C. . Eforo era di parere contrario infatti negava apertamente la tradizione ellanicea e tenedia soprattutto per ciò che concerneva la colonizzazione. Lo storico cumano attribuiva la guida della spedizione ai diretti discendenti di Oreste. I figli Pentilo e Tisameno furono coinvolti negli eventi suscitati dal ritorno dei Beoti che avvenne 60 anni dopo Troia e prima del ritorno degli Eraclidi ma inevitabilmente connesso con quest’ultimo da un legame di causa-effetto, se si accetta l’ipotesi secondo cui essendo anche i Tessali discendenti di Eracle, con lo spostamento dalle loro sedi originarie si erano resi responsabili della migrazione dei Beoti. Eforo inoltre faceva morire Oreste in Arcadia prima del ritorno dei Beoti, i quali parteciperanno in modo massiccio alla spedizione coloniale guidata dal gruppo di Pentilo e diretta in Asia. Quindi secondo Eforo è Pentilo che parte e perviene, dopo un lungo viaggio, a Lesbo dove troverà la morte senza aver fondato città. Lo stesso Strabone ci ricorda come la colonizzazione eolica fu un fenomeno di “lunga durata” ed è perciò da escludere un effettivo contributo da parte dello stesso Pentilo. La realizzazione delle aspirazioni di Pentilo fu opera dei Pentilidi, ovvero Echelao (o Archelao) suo figlio e Gras, suo nipote. La coincidenza tra l’epoca del ritorno dei Beoti e l’epoca della discesa degli Eraclidi (inizio in Tessaglia)

e quindi una aiolika apoikia che si snoda tra l’epoca del ritorno dei Beoti e la discesa degli Eraclidi nel Peloponneso sono i punti caratterizzanti del frammento 119 di Eforo. Strabone riconduce la nascita della dodecapoli eolica alla nascita di Cuma, ed è l’unico a parlarci di un’origine agamemnonide e non pentilide degli ecisti cumani, i cui nomi tramandati sono Kleuas figlio di Doro e Malaos. La tradizione straboniana trova conferma in Nicolao Damasceno che ricorda un re Mennes (nome che presenta il radicale menos/mens rintracciabile anche nei nomi di Menelao ed Agamennone) e nelle tradizioni cumane che attestano l’esistenza di un re che si chiamava come l’omonimo vincitore della guerra di Troia. I due fondatori quindi sono distinti da Pentilo (provengono dalla Locride e dal monte Fricio e fondano Cuma Phrikonis) ma come quest’ultimo sono discendenti di Agamennone; giungono in Asia dopo Archelao e sono i responsabili della Ktisis di Cuma la cui data è posteriore al 1070 (epoca della morte di Pentilo), mentre la fondazione di Lesbo sarà opera di Gras. Secondo Eforo la guerra di Troia si datava al 1160-1150 e la fondazione della sua città si poneva all’incirca nel 1056, una data ancora una volta vicina a quella eusebiana. In conclusione, la tradizione straboniana sulla fondazione di Cuma deriva da fonti filocumane che non accettano il racconto ellaniceo né tanto meno la tradizione pentilide-lesbia. Che queste fonti siano di matrice eforea è una teoria da non escludere visto i numerosi punti di contatto tra il racconto straboniano e il frammento 119. Non di secondaria importanza è la tradizione cumanofocea ricordata da Nicolao Damesceno nel F 51 e confermato da Pausania nella sua sintesi della colonizzazione ionica (VII 3, 10). I Focei, figli illegittimi di Focidesi e prigioniere orcomenie, partono contemporaneamente agli Ioni d’Attica arrivando nell’area dell’Hermos. Qui occupano un’isola ed un colle sul continente incontrando l’opposizione del tiranno di Cuma Mennes. Ma il fratello di costui Ouatias aspira al potere e promette ai coloni amicizia e terra a patto che lo aiutino a rovesciare il potere del fratello. Infatti i Focesi rispettando gli accordi e aiutando Ouatias ad abbattere il tiranno e a divenire re, ottengono come promesso la terra. Da questo racconto emerge un elemento fondamentale che conferma come la colonizzazione ionica sia avvenuta nell’epoca in cui Cuma era già stata fondata. Il problema che noi qui ci poniamo è se la Cuma menzionata in questa testimonianza sia da considerarsi già greca. Càssola e Sakellariou negano la grecità dei due fratelli coinvolti nella vicenda ritenendo i loro nomi non-greci. Si può osservare innanzitutto come il nome Ouatias trovi un corrispondente ionico su un’anfora calcidese attribuito ad un sileno, essere orecchiuto. Quindi tale nome si può definire greco se lo mettiamo in relazione con oùάtα, le orecchie. Mennes inoltre è un nome noto in ambito greco, e in particolar modo in ambito tessalico dove Mennes alterna con Menes, riconfermando il rapporto con menos/mens radicale che, come abbiamo precedentemente affermato, è lo stesso presente in Aga-memnon e Mene-laos. Sulla base di questi dati evidenziati possiamo dunque affermare che la Cuma del racconto è una Cuma già greca, e possiamo ancora una volta attestare, in sintonia con tutte le tradizioni qui riportate ed esposte, la maggior antichità delle fondazioni eoliche rispetto a quelle ioniche....


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