2. SUI Iuris Alieni Iuris PDF

Title 2. SUI Iuris Alieni Iuris
Author Linda Iacuzzi
Course Istituzioni di diritto romano / Foundations of roman law 
Institution Università degli Studi di Udine
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48. Nel diritto delle persone esiste un’altra partizione. Infatti, alcune persone sono ius iuris (= di diritto proprio), altre sono alieni iuris (= soggette al diritto altrui). 49. Inoltre, tra le persone che sono alieni iuris, alcune sono in potestà, altre in mano, altre in mancipio. 50. Vediamo ora quelli che sono alieni iuris : infatti, una volta individuato quali siano queste persone, capiremo contemporaneamente quali sono sui iuris . 51. E parliamo per primi delle persone alieni iuris che si trovano sotto l’altrui potestà. 52. Gli schiavi sono in potestà dei padroni. E tale potestà è di ius gentium : possiamo infatti osservare che presso tutte le genti i proprietari hanno il potere di vita e di morte sugli schiavi, e che qualunque cosa venga acquistata per mezzo degli schiavi è acquistata al proprietario. 53. Ma al giorno d’oggi non è lecito né ai cittadini romani né ad alcun altro uomo che sia soggetto all’imperio del popolo romano infierire in maniera eccessiva e senza motivo sui propri schiavi: infatti, sulla base di una costituzione dell’augusto principe Antonino chi uccide senza motivo un proprio schiavo è responsabile allo stesso modo di colui che uccide uno schiavo altrui. Ma una costituzione dello stesso principe punisce anche l’eccessiva durezza dei proprietari: infatti, essendo stato consultato da alcuni presidi di province ... prescrisse che, qualora le sevizie dei proprietari fossero risultate insopportabili, questi fossero costretti a vendere i propri schiavi. E in entrambi i casi fu ben deliberato: non dobbiamo, infatti, far cattivo uso di un nostro diritto; ... 55. Parimenti, sono soggetti alla nostra potestà i figli che abbiamo procreato in costanza di matrimonio legittimo. Tale potere è specifico dei cittadini romani (non esiste, infatti, quasi nessun altro uomo che, disponendo di potestà sui propri figli, l’abbia analoga alla nostra), ... 56. Si ritiene che i cittadini romani abbiano contratto matrimonio legittimo e che abbiano in potestà i figli procreati da quel matrimonio se presero in moglie donne cittadine romane o anche Latine o straniere (peregrinae ) con le quali avevano il connubium: infatti, poiché il connubium fa sì che i figli seguano la condizione del padre, succede che essi siano non solo cittadini romani, ma anche soggetti alla potestà del padre.

57. Sicché, tramite costituzioni dei prìncipi, si suole concedere il connubium a taluni veterani riguardo alla Latine o alle peregrine che essi presero in moglie per prime dopo il congedo; e quelli che nascono da tale matrimonio sono cittadini romani e soggetti alla potestà dei loro padri. 58. Tuttavia, non ci è lecito sposare qualunque donna: dobbiamo infatti astenerci da alcune nozze. 59. Non possono infatti essere contratte nozze, e non c’è connubium , tra persone fra le quali intercorre un rapporto di ascendenza o discendenza (= parentela in linea retta), come tra padre e figlia (parentela in linea retta di primo grado), tra madre e figlio (parentela in linea retta di primo grado), tra nonno e nipote (parentela in linea retta di secondo grado); e, qualora dette persone si uniscano, si dice che sono state contratte nozze sacrileghe e incestuose. A tal punto che, sebbene abbiano cominciato ad essere fra loro ascendenti e discendenti a seguito di adozione, non possono unirsi in matrimonio fra loro perché la condizione giuridica resta invariata anche una volta eliminata l’adozione: e così non potrò sposare colei che iniziò ad essermi figlia o nipote in virtù di adozione, quantunque io la abbia emancipata. 64. Quindi, se uno ha contratto nozze sacrileghe e incestuose, risulta non avere né moglie né figli. Pertanto, coloro che nascano da quella unione, risultano avere una madre ma non un padre, e di conseguenza non sono soggetti alla potestà di quest’ultimo, alla stregua di quanti sono stati concepiti dalla madre al di fuori del matrimonio: si ritiene infatti che anche questi non abbiano un padre, poiché questi è incerto; dal che si è soliti chiamarli ‘spuri’ o, con termine greco, concepiti σποράδην (= qua e là), o figli privi di padre. 60. Si segue la stessa disciplina, ma in maniera meno rigida, anche rispetto alle persone unite da un grado collaterale di parentela. 61. Sono assolutamente proibite le nozze tra fratello e sorella (parenti in linea collaterale di secondo grado), sia che essi siano nati dallo stesso padre e dalla stessa madre, sia da uno solo dei due. Tuttavia, se una donna abbia cominciato ad essermi sorella a seguito di adozione, non potranno in alcun modo sussistere nozze tra me e lei finché dura l’adozione; ma potrò sposarla qualora l’adozione sia sciolta in seguito a emancipazione; e anche se io sarò stato emancipato non ci sarà alcun impedimento alle nozze.

62. È lecito prendere in moglie la figlia di un fratello (= zio paterno e nipote, parenti collaterali di terzo grado): ciò è entrato nell’uso per la prima volta quando il divo Claudio prese in moglie Agrippina, figlia di suo fratello; invece non è lecito prendere in moglie la figlia di una sorella (= zio materno e nipote). E queste cose sono sottolineate in costituzioni dei prìncipi. 63. Parimenti, non è lecito prendere in moglie la zia paterna né quella materna. Né colei che mi sia stata un tempo suocera (= affine in linea retta di primo grado) o nuora (= moglie di mio figlio, affine in linea retta di primo grado), o figliastra (= figlia di mia moglie, affine in linea retta di primo grado) o matrigna (= moglie di mio papà, mia affine in linea retta di primo grado). Abbiamo detto ‘un tempo’ perché, sinché durano le nozze dalle quali è derivata una tale affinità, ella non potrà da me essere sposata per un’altra ragione, e cioè perché la stessa donna non può essere moglie di due persone né lo stesso uomo può avere due mogli. 76. ... qualora un cittadino romano abbia preso in moglie una peregrina con la quale esisteva il connubium, come abbiamo detto più sopra, viene contratto un matrimonio legittimo e pertanto colui che nasce da loro è cittadino romano e si viene a trovare in potestà del padre. 77. Così, qualora una cittadina romana abbia sposato un peregrino con il quale esisteva il connubium , ella procrea un peregrino e questi sarà figlio legittimo del padre, come se fosse stato procreato da una peregrina. ... 78. ... colui che nasce da un cittadino romano e da una peregrina fra i quali non vi è connubium, nasce peregrino, ... giacché colui che nasce da coloro tra i quali non esiste connubium , secondo il ius gentium acquista lo status della madre. ... 82. ... in coerenza con ciò ... secondo il ius gentium da una schiava e da un libero nasca uno schiavo, e viceversa da una libera e da uno schiavo nasca un libero. 87. È poi più che evidente il fatto che, nei casi in cui chi nasce segue la condizione della madre e non quella del padre, in tali casi egli, anche se sia cittadino romano, non sarà in potestà del padre. ... 88. Qualora una schiava abbia concepito da un cittadino romano e successivamente, essendo stata manomessa, sia divenuta cittadina romana e allora abbia partorito, colui che nasce, ancorché sia cittadino romano come

suo padre, non è tuttavia in potestà del padre, poiché non è stato concepito da una unione legittima, ... 89. Quanto è stato stabilito – e cioè che nasce libero chi nasce da una serva la quale abbia concepito da un cittadino romano, e abbia poi partorito dopo essere stata manomessa – è conforme alla ratio naturalis : infatti, coloro che sono concepiti illegittimamente, assumono lo status dal momento in cui nascono; pertanto, se nascono da una libera, sono liberi, e non ha importanza con chi la madre li abbia concepiti quando era schiava. Viceversa, coloro che sono concepiti legittimamente assumono lo status dal momento del concepimento. 97. Non solo i figli naturali, secondo ciò che abbiamo detto, sono in nostra potestà, ma anche quelli che adottiamo. 98. L’adozione si fa in due modi, o con l’assenso del popolo, o con l’imperium di un magistrato, ad esempio del pretore. 99. Adottiamo con l’assenso del popolo coloro che sono sui iuris: e questa specie di adozione si chiama adrogatio poiché sia colui che adotta viene rogato, cioè interrogato circa la sua volontà che colui che sarà adottato divenga suo figlio legittimo, sia colui che viene adottato è rogato circa la propria disponibilità a che ciò accada, sia il popolo viene rogato circa la sua volontà di ordinarlo. ... 101. Le femmine non vengono adottate con l’assenso del popolo, e infatti questa soluzione parve migliore; ... 107. È proprio dell’adozione che si fa per mezzo del popolo che colui che abbia figli in potestà, se si dia in adrogazione, assoggetti alla potestà dell’adrogante non solo se stesso, ma anche i propri figli in qualità di nipoti. 3.83. ... Quando un pater familias si dà in adozione, tutte le sue cose ... sono acquistate al padre adottivo. 3.84. Viceversa, i debiti di chi si dà in adozione non passano al padre adottivo... tuttavia il pretore accorda (ai suoi creditori) una azione contro di lui... 99. ... Adottiamo con l’ imperium di un magistrato coloro che sono in potestà dei genitori, sia che occupino il primo grado tra i discendenti, come il figlio o la figlia, sia che occupino un grado inferiore, come il nipote e la nipote, il pronipote e la pronipote. 101. ... davanti al pretore ... sogliono essere adottate anche le femmine.

134. E, qualora sia dato in adozione il figlio, vengono effettuate tre mancipazioni e due manomissioni intercalate, .... Successivamente (cioè, dopo la terza mancipatio) ... il figlio viene re-mancipato al padre e da questi l’adottante lo rivendica davanti al pretore come figlio proprio, e, in assenza di contraria rivendica (del padre), il pretore lo assegna al rivendicante, .... Per quanto riguarda gli altri discendenti, sia maschi che femmine, è sufficiente una sola mancipatio , ed essi o vengono di nuovo mancipati al padre, ... Nelle province si sogliono fare le stesse cose davanti al preside. 103. È comune ad entrambe le adozioni il fatto che non possano adottare coloro che non possono generare, come gli eunuchi. 104. Le femmine, poi, non possono adottare in alcun modo, poiché non hanno in potestà nemmeno i figli naturali. 106. Ma anche questo, su cui vi è controversia, è comune alle due adozioni, e cioè se uno più giovane possa adottare uno più vecchio. !

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108. Ora vediamo quelle persone che sono nella nostra mano ( in manu). Anche questo è un diritto proprio dei cittadini romani. 109. Ma in potestà sogliono essere sia i maschi che le femmine, mentre solo le femmine vengono convenute in manum . 110. Un tempo si veniva sottoposte alla manus in tre modi: tramite l’uso, tramite il farro e tramite la coemptio. 111. Veniva sottoposta alla manus con l’uso colei che fosse rimasta sposata per un anno di seguito: infatti, dato che veniva acquistata con l’uso come nel possesso annuale, passava nella famiglia del marito e vi otteneva lo status di figlia. Di conseguenza, con la legge delle XII Tavole si è stabilito che, se una donna non avesse voluto essere sottoposta alla mano del marito in questo modo, avrebbe potuto assentarsi per tre notti ogni anno, interrompendo così l’uso ogni anno. Ma tutto questo diritto in parte è stato abrogato dalle leggi e in parte è stato dimenticato a causa della stessa desuetudine. 112. Vengono assoggettate alla manus con il farro attraverso un determinato tipo di sacrificio che si fa a Giove Farreo, nel quale viene utilizzato un pane di farro, ragion per cui è anche detto confarreatio: e per farlo molti atti vengono compiuti con parole determinate e solenni alla presenza di dieci testimoni. E questo diritto è in uso anche ai nostri giorni: infatti i flamini maggiori, cioè quelli di Giove, quelli di Marte e quelli di Quirino, e parimenti i reges sacrorum, non sono scelti se non sono nati da nozze confarreate e loro stessi non possone esercitare il sacerdozio senza confarreatio. 113. Vengono assoggettate alla manus con la coemptio per mezzo di una mancipatio, cioè per mezzo di una sorta di vendita fittizia: infatti, alla presenza di non meno di cinque testimoni cittadini romani puberi, e pure di un libripens, l’uomo compra la donna che viene assoggettata alla sua manus . 116. Resta da trattare delle persone che sono in mancipio . 117. Dunque, tutti i figli, sia di sesso maschile che di sesso femminile, i quali siano nella potestà del genitore, possono da questi essere mancipati nello stesso modo in cui lo possono gli schiavi. 118. E lo stesso vale per le persone che sono in manu: infatti le femmine possono essere mancipate dai coemptionatores (= coloro che le hanno acquistate tramite coemptio) allo stesso modo in cui lo possono i figli dal genitore, ... 123. Colei che fa la coemptio, non viene ridotta in condizione servile. Ma i mancipati e le mancipate dai genitori e dai coemptionatores sono ridotti in condizione servile, al punto che non possono acquistare eredità o legati da colui nel cui mancipio si trovano ... la ragione di questa differenza è evidente, dal momento che sono acquistati in mancipio da parte dei genitori e dei coemptionatores con le stesse parole utilizzate per gli schiavi, mentre non è così nella coemptio. 118a. Per lo più i figli e le donne in manu vengono mancipati dai genitori o da coloro che le hanno acquistate con la coemptio quando i genitori o i coemptionatores

vogliano liberare queste persone dal proprio potere, il che apparirà evidente più innanzi. 124. Vediamo ora in che modo coloro che sono soggetti al diritto altrui vengano liberati da quel diritto. 125. E consideriamo in primo luogo quanto attiene a coloro che sono in potestà. 126. E possiamo capire in che modo gli schiavi vengano liberati dalla potestà da quanto abbiamo detto sopra a proposito delle manomissioni degli schiavi. 127. Invece, quelli che sono in potestà del genitore, diventano sui iuris alla morte di questo. Ma bisogna distinguere; infatti, morto il padre, diventano senz’altro sui iuris i figli e le figlie; ma, morto il nonno, i nipoti e le nipoti non diventano in ogni caso sui iuris , ma solamente se dopo la morte del nonno non cadranno sotto la potestà del loro padre. Sicché, qualora alla morte del nonno il loro padre sia vivo e in potestà di suo padre, alla morte del nonno essi cadono in potestà del loro padre; se però questi, al momento della morte del nonno, sia già morto o sia già uscito dalla potestà del padre, allora i nipoti diventano sui iuris perché non possono cadere nella sua potestà. 134. Inoltre, i genitori cessano di aver in potestà i figli dati in adozione. E, qualora sia dato in adozione il figlio, vengono effettuate tre mancipazioni e due manomissioni intercalate, ... Successivamente (cioè, dopo la terza mancipatio) ... il figlio viene remancipato al padre e da questi l’adottante lo rivendica davanti al pretore come figlio proprio, e, in assenza di contraria rivendica (del padre), il pretore lo assegna al rivendicante, ... Per quanto riguarda gli altri discendenti, sia maschi che femmine, è sufficiente una sola mancipatio, ed essi o vengono di nuovo mancipati al padre, o non vengono mancipati di nuovo. Nelle province si sogliono fare le stesse cose davanti al preside. 132. Inoltre, i figli cessano di essere in potestà dei genitori con la emancipazione. Ma il figlio maschio esce dalla potestà del padre con tre mancipazioni, mentre gli altri discendenti, sia maschi che femmine, escono dalla potestà con una sola mancipatio: la legge delle XII Tavole solo con riguardo ai figli parla infatti di tre mancipazioni con queste parole: ‘SE IL PADRE HA VENDUTO IL FIGLIO PER TRE VOLTE, IL FIGLIO SIA LIBERO DAL PADRE’. E la emancipazione si fa così: il padre mancipa il figlio a qualcuno; questi lo libera con la manumissio vindicta; fatto ciò, il figlio ritorna in potestà del padre; questi, allora, lo mancipa di nuovo o alla stessa o ad un’altra persona (ma si usa mancipare alla stessa persona), la quale poi similmente lo libera con la manumissio vindicta; fatto ciò, il figlio ritorna in potestà del padre; il padre lo mancipa per la terza volta alla stessa o ad altra persona (ma si usa manciparlo alla stessa) e con questa mancipatio cessa di essere in potestà del padre, anche se non è ancora manomesso, ma è in causa mancipii . 136. Cessano inoltre di essere in potestà del padre le donne che vengono assoggettate alla manus.

137. Le donne poi cessano di essere in manu negli stessi modi in cui le figlie di famiglia sono liberate dalla potestà paterna; quindi, come le figlie di famiglia escono dalla potestà del padre con una mancipatio, così quante sono in manu cessano di esserlo con una mancipatio, e, qualora vengano manomesse da tale mancipazione, divengono sui iuris. 138. Coloro che sono in causa mancipi , poiché sono nella condizione degli schiavi, diventano sui iuris con la manumissio vindicta, censu e tetsamento. 139. Ma in questo caso non si applica la lex Aelia Sentia: e così non si richiede un minimo di età per il manomittente e per il manomesso. ... ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! !

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schiavi#

in#potestà#

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STRUTTURA DELLA FAMILIA PROPRIO IURE DICTA

connubium PATER# FAMILIAS !

figlio# maschio# TIZIO#

matrimonio# cum&manu&

nipote# maschio# sposato# legitt.#

bisnipote# maschio#

nuora# MEVIA#

##matrimonio# ##legittimo# &&sine&manu&

figlio# adottivo# CAIO#

matrimonio sine&manu

nuora# LIVIA#

nipote# femmina# sposata## sine&manu&

bisnipote# femmina#

figlia# SEMPRONIA# (nubile)#

I figli Tizio e Sempronia sono nati da matrimonio legittimo sine manu, quindi sono soggetti alla patria potestas del pater e non hanno rapporti di agnatio con la madre, che ha conservato i vincoli di agnatio con la famiglia di origine. Caio, invece, è stato adottato, e dunque ha subìto una capitis deminutio minima che ha comportato l’estinzione dei vincoli di agnatio con la famiglia di origine e la creazione di vincoli di agnatio con la famiglia del padre adottivo, nella quale assume una posizione identica a quella dei figli naturali. Mevia, sposata cum manu al figlio Tizio, ha subito una capitis deminutio minima in quanto ha rotto i vincoli di agnatio con la famiglia di origine ed è entrata nella famiglia del marito in qualità di sua figlia e di nipote del suocero: c’è agnatio. Tizio e Mevia hanno avuto due figli, un maschio e una femmina: di questi due nipoti, il maschio è soggetto alla potestà del nonno (e dunque c’è agnatio), la femmina lo era, ma ne è uscita perché ha contratto un matrimonio cum manu (capitis deminutio minima) e ha così spezzato i vincoli di agnatio. Il nipote maschio ha avuto due figli, un maschio e una femmina, da un matrimonio legittimo: questi bisnipoti sono soggetti alla potestà del bisnonno, perché sono figli del nipote maschio del figlio maschio (parentela in linea retta maschile). Livia, sposata sine manu con il figlio Caio, ha conservato i vincoli di agnatio con la famiglia di origine: non c’è agnatio. Da questo matrimonio sono nati due figli, un maschio e una femmina. Il maschio è uscito dalla potestà del nonno perché ha perso la cittadinanza romana (capitis deminutio media che estingue i vincoli di agnatio). La femmina, soggetta alla potestà del nonno (pater familias), si è legittimamente sposata sine manu e dunque non ha spezzato i vincoli di agnatio. I suoi figli, però, cadono sotto la potestà di suo marito, il loro padre, e dunque con loro non c’è agnatio. La figlia Sempronia non si è sposata e dunque non ha spezzato i vincoli di agnatio. I suoi figli, però, non cadono sot...


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