26 Quarto Vagone - francesco paolo romeo PDF

Title 26 Quarto Vagone - francesco paolo romeo
Author Clelia Bargagli
Course Tecnologie dell'istruzione e dell'apprendimento
Institution Università Telematica Pegaso
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francesco paolo romeo...


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“IL QUAR TO VAGONE DEL TR ENINO DIDAT TIICO: IIL CREDIT O DI DA AT T ICO ”

PROF. FR RA NCCESCO P AOL O R OM MEO

Università Telematica Pegaso

Il quarto vagone del trenino didattico: il credito didattico

Indice 1

L’EQUIPOLLENZA COGNITIVA DELLE CONOSCENZE -------------------------------------------------------- 3

2

IL SISTEMA DEI CREDITI E LA SUA STORIA ---------------------------------------------------------------------- 6

3

IL CREDITO DA APPRENDIMENTO SCOLASTICO, UNIVERSITARIO E FORMATIVO -------------- 10 3.1.

DE-ISTITUZIONALIZZARE L’APPRENDIMENTO ----------------------------------------------------------------------------11

BIBLIOGRAFIA ---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------13

Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633)

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Il quarto vagone del trenino didattico: il credito didattico

1 L’equipollenza cognitiva delle conoscenze Il quarto vagone del nostro metaforico trenino/didattico è il credito didattico, una nuovissima metodologia che ha proprio il compito, l’obiettivo pedagogico, di rispondere al principio curricolare della cosiddetta equipollenza cognitiva. Equipollenza cognitiva vuol dire, in altre parole, rendere paritetici, equivalenti, da un punto di vista cognitivo differenti contenuti di conoscenza, per esempio rendere affini, equipollenti appunto, quelli che provengono dal contesto scolastico con contenuti che provengono dai contesti di vita quotidiana degli studenti1. Entrambi introiettati dallo studente come contenuti di conoscenza sia disciplinari, sia antropologici, o sia espliciti e quindi inscritti nel curricolo nazionale, sia impliciti e quindi inscritti nel curricolo locale, quale strategia dall’elevato rendimento alfabetico, il principio di equipollenza cognitiva valorizza tutte le opportunità offerte dalla scuola, quanto quelle che dal sociale e dal naturale provengono, come per esempio gli spazi-teche, le ludoteche, le biblioteche e le cineteche presenti nelle città. Scuola e territorio si fondano assieme, diventando così risorse imprescindibili per l’evoluzione dello studente inteso quale futuro del mondo2. Il credito didattico, quindi, andando oltre i saperi canonici, valida da un punto di vista curricolare tutti quei saperi e meta-saperi interiorizzati nell ’ambiente antropologico inteso alla stregua di uno spazio extrascolastico ricco di relazioni, cose e valori condivisi culturalmente. Per questo forte legame con la quotidianità dei suoi studenti e con i loro contesti di vita, la scuola diventa un luogo, un setting didattico, un’agenzia educativa che non soltanto trasmette 1 2

Cfr. F. FRABBONI, F. PINTO MINERVA, Manuale di pedagogia e didattica, Laterza Roma-Bari, 2013, p. 240. Cfr. A. PERUCCA, B. DE CANALE, L’educazione dell’infanzia e il futuro del mondo, Armando, Roma, 2012.

Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633)

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cultura, bensì si preoccupa, in maniera generativa, di ritrovarla, individuando i pensieri e le parole che abitano il contesto di vita comunitaria3. Alla luce di quanto detto, dunque, nella procedura denominata Piano dell’offerta formativa, POF, ricordate?, il primo vagone del nostro metaforico trenino/didattico, occorrerà prevedere per ogni studente, specie per quegli studenti portatori di vistosi bisogni educativi speciali, di disabilità fisiche, di disturbi cognitivi in età evolutiva come per esempio quelli specifici dell ’apprendimento, della comunicazione o del linguaggio, dello spettro autistico, da deficit di attenzione/iperattività (ADHD) e della coordinazione motoria 4 o puramente linguistici poiché provenienti da altre etnie, uno specifico “contratto didattico-cognitivo”, cioè dei pacchetti orario destinati al loro apprendimento personalizzato. Questo specifico contratto didattico-cognitivo, redatto sotto forma di un vero e proprio contratto di lavoro, pone allo studente un piano di studi minimo e un piano di studi massimo ripartito in differenti lavori. Una volta accettato e sottoscritto il contratto didattico-cognitivo annuale per disciplina, firmato simbolicamente di proprio pugno non oltre la fine della scuola primaria poiché la scuola secondaria di primo grado, della durata di tre anni, è di fatto esentata dalla sua compilazione, lo studente potrà iniziare il suo lavoro di apprendimento. Sebbene il contratto didattico-cognitivo sia annuale, è possibile che lo studente lavori su frazioni di questo periodo, per esempio mensili per ogni singola disciplina. Ancora simbolicamente, ma allo stesso tempo agendo molto sulla sua maturazione psichica, ogni qual volta lo studente porterà a compimento il lavoro di apprendimento, il contratto didatticocognitivo mensile sarà a lui restituito. 3 Cfr. F. FRABBONI, Sapori di pedagogia e di didattica. Verso la Longlife Education, Franco Angeli, Milano, 2015, p. 140. 4 Cfr. C. VIO, G. LO PRESTI, Diagnosi dei disturbi evolutivi. Modelli, criteri diagnostici e casi clinici, Erickson, Trento, 2014.

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Dobbiamo però dire che il credito didattico, ripetiamolo ancora una volta (vedi la ridondanza quale quinta qualità strutturale dell’unità didattica), che risponde al principio curricolare dell’equipollenza cognitiva e prevede per ogni studente la sottoscrizione simbolica, e non, di un vero e proprio contratto didattico-cognitivo sempre inscritto nelle logiche della programmazione del progetto formativo di uno specifico e situato, da un punto di vista antropologico, plesso scolastico, è molto sensibile alle afferenze disciplinari, visto che mentre per l ’area linguistica, storica, geografica e artistica concede larghissimi riconoscimenti a tutte quelle esperienze maturate fuori dalla scuola, per l’area matematico-scientifica stenta maggiormente a riconoscerle 5.

5

Cfr. F. FRABBONI, F. PINTO MINERVA, Manuale di pedagogia e didattica , op., cit., p. 241 e F. FRABBONI, Didattica generale. Una nuova scienza dell’educazione, Mondadori, Milano, 1999, p. 110.

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2 Il sistema dei crediti e la sua storia In Italia, l ’introduzione dei crediti didattici nel sistema scolastico di istruzione superiore avviene intorno agli anni Novanta del secolo scorso, coerentemente con le riforme comunitarie che in quel periodo storico sollecitavano gli stati membri a mettere ordine e innovare sia i processi di istruzione, sia i processi di formazione professionale. A partire poi dal decennio successivo, cioè dall ’anno accademico 2000/2001, per effetto del D.M. n. 509 del 03/11/1999 sull’Autonomia didattica, del D.M. 04/08/2000 sulle Classi delle lauree universitarie e del successivo D.M. 28/11/2000 sulle Classi delle lauree specialistiche, l’orientamento europeo ha trovato piena attuazione6. Potremmo dire, dunque, che il nostro è uno di quei paesi che ha introdotto il sistema dei crediti seguendo una via di tipo prettamente legislativo. Questo, inevitabilmente, ha comportato una poco condivisa acquisizione delle riforme proposte da parte delle agenzie formative europee e, di conseguenza, anche una mancata adesione dei sistemi di istruzione italiani, di ogni ordine e grado, alle differenziazioni nel lessico dei crediti che nel tempo il legislatore ha proposto. Infatti, solo inizialmente la locuzione credito didattico sembrava poter soddisfare presso il nostro legislatore la stessa genericità della locuzione inglese credit points, di cui la prima è chiaramente una solo adattata, quindi in parte anche un tradimento, traduzione. In realtà, la mancanza di un democratico e partecipato dibattito sociale sul tema, che probabilmente oltre agli esperti7 e ai decisori politici per dirla con D.A. Schön8 avrebbe dovuto 6

Cfr. N. PAPARELLA, (a cura di), Il progetto educativo. Comunità educante, opzioni, curricoli e piani, Vol. II, Armando, Roma, 2009. 7 Cfr. M. CALLARI GALLI, (a cura di), I crediti didattici nei curricoli universitari, Seminario di studio 21 maggio 1992, Clueb, Bologna, 1992. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633)

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coinvolgere soprattutto e con altre modalità i professionisti riflessivi della scuola, e sui cambiamenti che in termini di ricadute pedagogiche ne sarebbero derivati, ha in seguito generato non poca confusione terminologica, proprio in ordine ai diversi contesti istituzionali di riferimento9.

Facciamo, allora, un po' di chiarezza. La locuzione entra per la prima volta nel linguaggio e nell ’architettura curricolare del nostro paese con la Legge n. 341/1990, detta degli Ordinamenti didattici universitari, che attribuisce ai Consigli delle strutture didattiche la funzione di introdurre un sistema di crediti didattici utili al riconoscimento dei corsi seguiti con esito positivo. Il sistema dei crediti didattici viene subito proposto, anche se come osserva B. Vertecchi con molte riserve, come un dispositivo curricolare che mette (metterebbe) le strutture didattiche nelle condizioni migliori di cambiare in modo autonomo e plastico in base a progettualità continuamente verificate nel rapporto con la realtà10. Questa autonomia e plasticità rende (renderebbe) più flessibile anche la risposta alle nuove domande di formazione e mobilità curricolare provenienti dal sociale, che si andavano caratterizzando sia come passaggi trasversali riguardanti gli studenti nel transito da un percorso didattico ad un altro, sia come possibili transizioni che interessavano gli lavoratori/formandi quando dal sistema professionale passavano a quello formativo e viceversa. In quegli anni, ricordiamolo, molti lavoratori, sull ’onda della possibilità di vedersi riconosciuti in ambito accademico risultati di apprendimento conseguiti in altri contesti formativi e del varo della riforma universitaria cosiddetta del 3+2, pur segnalando alcuni osservatori che a 8

Cfr. D.A. SCHÖN, Il professionista riflessivo. Per una nuova epistemologia della pratica professionale, Dedalo, Bari, 1993. 9 Cfr. G. ALLULLI, (a cura di), L’università per un sistema formativo integrato. Fondamenti, connessioni, esperienze, prospettive, Vita e Pensiero, Brescia, Milano, 2001. 10 Cfr. B. VERTECCHI, I crediti didattici e la nuova domanda di istruzione superiore, in M. C ALLARI GALLI, (a cura di), I crediti didattici nei curricoli universitari, op., cit., pp. 45-49. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633)

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differenza delle lauree specialistiche quelle triennali non avrebbero che offerto una formazione breve e non professionalizzante11, decisero di iscriversi all’università. Oltre che da logiche sovranazionali tendenti a rafforzare i nessi esistenti tra il sistema economico e il sistema dell’istruzione all’interno di un mercato europeo competitivo, la determinazione di questi nuovi lavoratori/matricola/studenti fu sicuramente sollecitata anche dalla particolare condizione di sostenibilità mentale caratterizzante proprio quella scelta. Infatti, nei ragionamenti dei lavoratori da me ascoltati in fase di orientamento e decisione, tre anni erano senza ombra di dubbio più accessibili di cinque da dedicare allo studio in termini di tempo, ma lo erano soprattutto in termini di desiderio rispetto ad un percorso di studi, tantissime volte pensato e subito dopo abbandonato per il carico dei tanti impegni familiari e professionali, che solo a quelle condizioni, quindi solo allora, si sarebbe potuto ben conciliare con i tempi di vita e lavoro di giovani adulti già occupati. Per di più occorre dire che in alcune situazioni di crisi organizzativa, che nel tempo ha fatto anche estinguere le molte nicchie 12 di lavoro esistenti sul territorio provocando dei veri e propri collassi organizzativi, penso per esempio a tutti quegli interventi strutturali di cassaintegrazione ordinaria poi trasformati fino alla totale chiusura in cassaintegrazione straordinaria che nei primi anni del terzo millennio hanno caratterizzato - non senza disagi di natura psicologica - molte aziende ubicate nell’area jonica della Puglia 13, la scelta di quei lavoratori, coraggiosa e determinata, di iscriversi in quegli anni di riforma all ’università assunse ancora maggiore valore se pensiamo, oltre a quelli esistenziali, a guadagni di occupabilità14 raggiunti e, dunque, di appetibilità del

11 Cfr. FONDAZIONE GIOVANNI AGNELLI, I nuovi laureati. La riforma del 3+2 alla prova del mercato del lavoro, Laterza, Roma-Bari, 2012. 12 Cfr. G. BONAZZI, Storia del pensiero organizzativo, Franco Angeli, Milano, 2008. 13 Cfr. F.P. ROMEO, Cronache operaie. La lettura ecologica del disagio psichico del cassintegrato, in «Amaltea», n. 1, 2006. 14 Il concetto di occupabilità, introdotto nei dialoghi degli euro-parlamentari riguardo i futuri scenari lavorativi, è frutto di interessanti riflessioni sulle responsabilità di chi esprime una domanda di lavoro e di chi la offre. Infatti, mentre per

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singolo individuo nei confronti di un mercato del lavoro in cui proprio le organizzazioni, sempre più complesse, incerte e imprevedibili, sembravano, e sembrano tuttora, scomparire15. Finalmente, dopo molti anni la pratica del lavoro, e gli apprendimenti acquisiti nel sistema professionale di cui, magari, si era già parte integrante, viene accolta all ’interno di una architettura curricolare che, sempre con un occhio ben puntato al rispetto degli obiettivi formativi generali di ogni specifica struttura didattica, salvaguarda e valorizza, dando peso e in più sedimentandoli, i saperi maturati nell’agire professionale ora anche spendibile in vista del conseguimento e rilascio di un titolo di studio.

molto tempo si è ritenuto indispensabile che l’individuo dovesse mostrare competenze di adattabilità, flessibilità e resilienza nei confronti degli imprevisti professionali, lasciando soltanto a lui la gestione di una sua eventuale assunzione, oggi la pedagogia che si occupa di azioni orientanti al lavoro dovrebbe preferire utilizzare il costrutto di flessicurezza, intendendo con esso un sostegno attivo di scoperta delle risorse psicologiche e progettuali offerto dal contesto e dai suoi attori che, appunto, si flettono proteggendo chi esprime un bisogno di formazione e/o una domanda di lavoro, specie dopo averlo perduto. Sul questo tema Cfr. F.P. ROMEO, Flexicurity: questa sconosciuta , in «Amaltea», Rivista trimestrale di cultura, n. 2, 2009. 15 Cfr. D. CALLINI, Leggere le organizzazioni, Franco Angeli, Milano, 2001. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633)

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3 Il credito da apprendimento scolastico, universitario e formativo Da queste riflessioni e dal richiamo di N. Paparella, secondo il quale nel significato originario di credito didattico occorre sempre più recuperare e dare importanza alla dimensione relazionale e a quella delle esperienze acquisite in percorsi formativi e/o professionali differenti, ne deriva che il credito da apprendimento16, quale cifra, capitale, e tesaurizzazione degli apprendimenti, della relazione e dell ’offerta formativa, per quanto riguarda la scuola secondaria di secondo livello, è ogni qualificata esperienza, debitamente documentata, dalla quale derivino competenze coerenti con il tipo di corso cui si riferisce l’esame di Stato (Regolamento del nuovo esame di Stato, D.P.R. n. 323 del 23 luglio 1998 e D.P.R. n. 425 del 12 novembre 1998). Tali esperienze sono acquisite al di fuori della scuola di appartenenza in ambiti e settori della società civile legati alla formazione della persona e alla crescita umana, civile e culturale quali quelli relativi, in particolare, alle attività culturali, artistiche e ricreative, alla formazione professionale, al lavoro, all ’ambiente, al volontariato, alla solidarietà, alla cooperazione e allo sport (D.M. n. 49 del 24 febbraio 2000). Per quando riguarda invece l’ambito accademico, il credito è la misura del volume di lavoro di apprendimento, compreso lo studio individuale, richiesto a uno studente in possesso di adeguata preparazione iniziale per l ’acquisizione di conoscenze e abilità previste dagli ordinamenti didattici dei corsi di studio (D.P.R. n. 509 del 03 novembre 1999). Inoltre, viene stabilito che secondo criteri predeterminati le università possano singolarmente riconoscere come crediti formativi universitari, i cosiddetti CFU, anche le

16

Cfr. N. PAPARELLA, (a cura di), Il progetto educativo..., op., cit., p. 218.

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conoscenze e le abilità professionali certificate ai sensi della normativa vigente in materia, nonché altre conoscenze e abilità maturate in attività formative di livello post-secondario alla cui progettazione e realizzazione l’università abbia comunque concorso17. Infine, per quanto riguarda la Formazione superiore integrata (Fis), che concerne l’istruzione scolastica post-diploma non universitaria, ma anche la formazione realizzata in collaborazione con le università, approvata dalla Conferenza unificata Stato-Regioni del 09 luglio 1998, assieme al nuovo canale dell’Istruzione e formazione tecnica superiore (Ifts) che p...


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