4- Enzimi - Riassunto I principi di biochimica di Lehninger PDF

Title 4- Enzimi - Riassunto I principi di biochimica di Lehninger
Author denise zuccotti
Course Biologia E Chimica Biologica
Institution Università degli Studi di Pavia
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Enzimi riassunto...


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ENZIMI La vita si basa su due imprescindibili condizioni: 1. Autoreplicazione: organismi viventi devono essere in grado di riprodursi. 2. Catalisi: devono essere in grado di catalizzare reazioni chimiche con efficienza e selettività. I sistemi viventi utilizzano l'energia sottraendola all'ambiente. Senza catalisi, quasi tutte le reazioni necessarie per la vita della cellula, come l'ossidazione del saccarosio, non avvengono in ambiti di tempo compatibili con la vita. I catalizzatori delle reazioni che avvengono nei sistemi biologici sono gli enzimi, ovvero proteine altamente specializzate (in rari casi, RNA) con un notevole potere catalitico, molto spesso più elevato dei catalizzatori sintetici o inorganici. In quanto catalizzatori, essi sono in grado di aumentare la velocità di una reazione senza influenzarne l'equilibrio; alla fine della reazione, perciò, rimangono immutati. Gli enzimi hanno un alto grado di specificità per i loro substrati, accelerano enormemente le reazioni chimiche e agiscono in soluzione acquosa in condizioni molto blande di temperatura e di pH. Hanno un ruolo centrale in ogni processo biologico: agendo in sequenze ben coordinate, essi catalizzano le centinaia di reazioni che degradano le molecole, conservano e trasformano l'energia chimica; sintetizzano macromolecole biologiche a partire da precursori semplici. CARATTERISTICHE A eccezione di un piccolo gruppo di molecole di RNA catalitico, tutti gli enzimi sono proteine. La loro attività catalitica dipende dall'integrità della loro conformazione proteica nativa; se un enzima viene denaturato o dissociato, perde la sua funzionalità; perde attività anche se viene idrolizzato nei suoi residui aa. Perciò, per svolgere la propria funzione, un enzima necessita di una corretta struttura primaria, secondaria, terziaria e quaternaria. Hanno tre caratteristiche principali:  Potere catalitico: aumentano enormemente la velocità con cui avvengono le reazioni. Ad esempio, la chimotripsina, in grado di rompere il legame peptidico, ne rompe 100 al secondo, mentre tale reazione, se non catalizzata, prevederebbe un legame rotto ogni 333 anni.  Specificità: un enzima catalizza esclusivamente una particolare reazione. Anche all'interno della stessa reazione, gli enzimi discriminano finemente i propri substrati.  Regolazione: la velocità con cui gli enzimi catalizzano le reazioni può essere regolata da altri fattori. SITO ATTIVO Una caratteristica delle reazioni catalizzate dagli enzimi è proprio quella di avvenire all'interno di una tasca (spesso idrofobica) dell'enzima, chiamata sito attivo, a cui si lega il substrato e dove avviene la catalisi. La superficie di un sito attivo è rivestita da residui aa, non necessariamente vicini nella struttura primaria, i cui gruppi funzionali legano il substrato e catalizzano la reazione chimica. Da questo aspetto si può dedurre che il mantenimento dell'organizzazione tridimensionale terziaria o quaternaria sia di fondamentale importanza per la corretta funzionalità dell'enzima. Per entrare nel sito attivo, tuttavia, si deve rimuovere dal substrato il guscio di solvatazione che lo ricopre, in quanto fino a quel momento è rimasto nella soluzione acquosa dell'ambiente cellulare. PH L'attività enzimatica è fortemente condizionata dall'ambiente in cui si trova la proteina, e in particolare dal fattore pH. Piccole variazioni di pH possono modificare significativamente la capacità catalitica di un enzima.

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Esiste un pH ottimale per il funzionamento dell'enzima, che è diverso per ciascun enzima, in quanto le condizioni di lavoro sono molto diverse tra loro. Ad esempio, vi sono enzimi che lavorano a pH 7,6, a pH neutro o addirittura a pH < 2, come la pepsina, che lavora nello stomaco. Un enzima cambia la sua funzionalità a seconda del pH dell'ambiente circostante, in quanto quest'ultimo può denaturare la proteina oppure influire sulla protonazione e sulla carica degli amminoacidi; siccome il legame tra enzima e substrato è principalmente basato su interazioni elettrostatiche, il pH può comprometterlo sensibilmente. ISOENZIMI Esistono proteine enzimatiche differenti, codificate da geni diversi e con strutture amminoacidiche diverse, che però catalizzano la stessa reazione: si chiamano isoenzimi. Gli isoenzimi hanno caratteristiche proprie; ad esempio, il pH ottimale per svolgere la loro funzione può essere diverso, oppure possono essere stimolati e regolati in modo diverso, ed avere differenti parametri cinetici. Questo fenomeno avviene poiché una stessa reazione può essere catalizzata da enzimi particolari all'interno di cellule differenti. NOMENCLATURA Molti enzimi hanno nomi comuni che derivano da quello del loro substrato oppure una parola/frase che ne descrive l'attività, a cui viene aggiunto il suffisso "-asi". Esempi:  Ureasi catalizza l'idrolisi dell'urea  DNA polimerasi catalizza la sintesi del DNA. Altri enzimi hanno il nome assegnato dai loro scopritori in base ad una data funzione, prima che fosse conosciuta la reazione specifica catalizzata. Esempi:  Pepsina: enzima conosciuto per il suo ruolo nella digestione nei cibi (pepsis = digestione).  Lisozima: chiamato così per la sua capacità di lisare la parete batterica. Altri enzimi sono stati denominati in base alla loro origine. Talvolta, lo stesso enzima ha due o più nomi, oppure due enzimi diversi hanno lo stesso nome. A causa di queste ambiguità, è stato adottato un sistema di nomenclatura ufficiale, che divide gli enzimi in sei classi principali, ognuna suddivisa in sottoclassi in base al tipo di reazione chimica catalizzata. Ogni enzima è poi associato a quattro cifre ed un nome sistematico, che identifica la reazione catalizzata. Numero di classificazione: w x y z. Classi: 1. Ossidoreduttasi: trasferimento di elettroni 2. Trasferasi: trasferimento di gruppi funzionali 3. Idrolasi: idrolisi, ovvero trasferimento di gruppi funzionali all'acqua. 4. Liasi: scissione dei legami C–C, C–O, C–N, o di altro tipo, attraverso l'eliminazione. Lasciano i doppi legami o gli anelli. 5. Isomerasi: trasferimento di gruppi all'interno di molecole, per formare isomeri. 6. Ligasi: formazione dei legami C–C, C–O, C–N, C–S, mediante reazioni di condensazione accoppiate alla scissione di ATP o cofattori simili. Esempio: 2.7.1.1 ATP glucosio fosfotrasferasi, che catalizza il trasferimento di un gruppo fosforico dall'ATP al glucosio.  2 = nome della classe (trasferasi).  7 = nome della sottoclasse (fosfotrasferasi)  1 = fosfotrasferasi con gruppo ossidrilico come accettore.  1 = D-glucosio come accettore del gruppo fosforico. COFATTORI Alcuni enzimi non necessitano di altri gruppi chimici per la loro attività, se non di quelli delle catene laterali dei loro amminoacidi. Altri, invece, hanno sempre bisogno di componenti chimici addizionali chiamati cofattori, associati alla catena polipeptidica. 2

Un cofattore può essere:  Uno o più ioni inorganici, come Fe2+, Mg2+, Mn2+, Zn2+.  Complesse molecole organiche o metallorganiche, chiamate coenzimi. I coenzimi agiscono come trasportatori transitori di specifici gruppi funzionali. La maggior parte dei coenzimi deriva da vitamine. Alcuni enzimi necessitano sia di un coenzima sia di ioni metallici. Un coenzima o uno ione metallico legato covalentemente e stabilmente alla proteina enzimatica è definito gruppo prostetico. Alcuni cofattori, invece, si associano all'enzima solo per la durata della catalisi, con legami deboli. Un enzima catalicamente attivo, con tutti i suoi cofattori, è detto oloenzima, mentre la parte proteica di un enzima è chiamata apoenzima/apoproteina. Alcuni enzimi possono essere modificati covalentemente per fosforilazione, glicosilazione o altri processi; molte di queste alterazioni della molecola enzimatica ne regolano l'attività. COENZIMI I coenzimi sono cofattori organici associati ad una proteina enzimatica, necessari per la funzionalità di quest'ultima. Spesso sono derivati da vitamine idrosolubili. Solitamente, la funzione svolta da un coenzima durante la catalisi è quella di trasportare un gruppo funzionale, coinvolto nella reazione, in maniera temporanea. Due coenzimi molto importanti sono il FAD (flavin adenin dinucleotide), derivato dalla riboflavina, e il NAD+ (nicotinammide adenina dinucleotide) derivato dall'acido nicotico. Sono importanti in quanto vengono utilizzati dalle deidrogenasi come trasportatori di elettroni, all'interno di reazioni redox. NAD + /NADH Nicotinammide adenin dinucleotide; il gruppo funzionale del NAD è la nicotinammide, un anello pirimidinico con una carica + sull'azoto dell'anello. La funzione del NAD+ è quella di accettare elettroni sotto forma di uno ione idruro H - (2e-, 1p+). Tale ione si lega ad un carbonio dell'anello, rompendo un doppio legame e spostando 2e- sul N +. NB: nelle redox, generalmente, vengono liberati dal substrato due atomi di H neutri; tuttavia, uno dei due cede un elettrone all'altro, e si ottiene così uno ione idruro H- e un idrogenione H+. Di questi due ioni, il NAD+ può legarne uno solo, ovvero l'idruro, mentre l'altro viene disperso nell'ambiente: infatti, si parla di NADH + H+. o NAD+: forma ossidata, pronta a subire riduzione ovvero ad acquisire elettroni. Riduzione coenzima  ossidazione substrato. o NADH + H+: forma ridotta, pronta a subire ossidazione, ovvero cedere elettroni, tornando alla forma ossidata NAD+. Ossidazione coenzima – riduzione substrato. Un esempio di redox in cui interviene il NAD+ come accettore di elettroni è la trasformazione di un C alcolico in un C carbonilico. Si parla di reazione NAD+dipendente. FAD/FADH 2 Il flavina adenina dinucleotide è un importante coenzima ossidoriduttivo, che partecipa a reazioni che prevedono il trasferimento di 1 o 2 elettroni. È un derivato della riboflavina. La riboflavina è una vitamina del gruppo B, formata da tre anelli a sei atomi (flavina) e dal ribitolo, un alditolo a 5C derivato dalla riduzione del ribosio; il legame con il ribitolo avviene a livello dell’atomo N

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dell’anello centrale. I tre anelli condensati della flavina, che formano il cosiddetto gruppo isoallosazionico, rappresentano il gruppo funzionale della molecola. 1. Flavina + ribitolo = riboflavina. 2. FMN: flavin mononucleotide, si ottiene per fosforilazione di una molecola di riboflavina a livello del gruppo –OH del C5. Riboflavina + ATP  FMN + ADP. 3. FAD: si ottiene per adenilazione di una molecola di FMN. FMN + ATP  FAD + PPi. (si ha aggiunta di adenina e fosfato α). Anche il FAD è un coenzima ossidoriduttore, che partecipa al trasporto degli elettroni, specialmente nella βossidazione degli acidi grassi e nel ciclo di Krebs. Anche in questo caso, dalla redox catalizzata vengono liberati 2H (2e- e 2p+), però, a differenza di NAD+, il FAD è in grado di ridursi legandone sia uno solo che entrambi, in due stadi successivi. 1. FAD: forma ossidata, in grado di acquistare elettroni. 2. FADH: forma semiridotta; FAD lega un solo atomo di H sull'azoto dell'anello centrale. 3. FADH2: forma ridotta; FAD lega due atomi di H, uno sull'azoto dell'anello centrale, e l'altro su un azoto di uno degli anelli laterali. La stessa cosa può avvenire in senso opposto, nel processo di ossidazione: cessione prima di uno e poi dell'altro atomo di H.

Quindi, NAD+ deve acquisire o cedere contemporaneamente 2e- e 1p+, mentre FAD è in grado di acquisire o cedere atomi di H in due momenti differenti. Inoltre, il NAD+ è presente in natura soltanto come di coenzima, mentre il FAD può essere anche un gruppo prostetico in determinate proteine. NB: quando vengono persi elettroni durante la formazione di un doppio legame C=C, la molecola accettrice è sempre FAD.

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CINETICA ENZIMATICA E + S ES E + P V 0 E [S] Uno dei fattori chiave che modificano la velocità di una reazione catalizzata da un enzima purificato è la concentrazione del substrato. Tuttavia, [S] cambia durante il corso di una reazione, man mano che il substrato viene convertito in prodotto. Per ovviare a questo problema, in cinetica si può valutare la velocità iniziale della reazione, indicata con V0. In una tipica reazione, l'enzima è presente in quantità nanomolari, mentre [S] è molto più elevata; se il tempo in cui si effettua la misura è abbastanza breve, e subito all'inizio della reazione, la variazione di [S] rappresenta una piccola percentuale, e dunque [S] rimane costante. La velocità iniziale può essere valutata variando sperimentalmente [S] e osservando gli effetti su V0, ed inserendo i dati in un grafico.  A concentrazioni basse di substrato, V0 aumenta praticamente in modo lineare con l'aumento di [S].  A concentrazioni più elevate di substrato, V0 aumenta di misura sempre minore in funzione all'aumento di [S].  Si arriva infine ad un punto in cui gli aumenti di V0 diventano di entità sempre minore. In questa regione della curva, la velocità della reazione si avvicina alla velocità iniziale massima Vmax. NB: il fatto che la velocità di reazione tenda ad un valore costante indica semplicemente che, ad un certo punto, l'enzima continua a lavorare ma ad una velocità costante, non che smetta di operare. Il complesso ES è la chiave per la comprensione del comportamento cinetico degli enzimi. Venne proposto che un enzima si potesse combinare con una molecola del suo substrato a formare un complesso ES, la tappa necessaria per iniziare la catalisi. Questa idea pose le fondamenta per una teoria generale sul funzionamento degli enzimi nel 1913, ad opera di Leonor Michaelis e Maud Menten. Essi ipotizzarono che: 1. L'enzima innanzitutto si combinasse in modo reversibile con il substrato, formando il complesso ES in una tappa relativamente veloce e reversibile. E + S ES Costanti di velocità: k1 e k-1 2. Il complesso ES poi si decompone in una seconda tappa più lenta, che produce l'enzima libero ed il prodotto della reazione, P: ES E + P Costanti di velocità: k2 k-2 Questa seconda reazione è più lenta, e quindi limita la velocità della reazione complessiva: E + S ES E + P. La velocità della reazione deve quindi essere proporzionale alla concentrazione delle specie chimiche che reagiscono nella seconda tappa, ovvero ES. In qualsiasi momento di una reazione, l'enzima è presente in due forme (libera E e combinata con il substrato ES); quando [S] è bassa, la maggior parte dell'enzima sarà in forma libera. Ciò significa che la velocità è proporzionale a [S], poiché in base all'equilibrio dell'equazione, all'aumento di [S] viene favorita la formazione del complesso ES.  Vmax si verifica quando praticamente tutto l'enzima è presente in forma di complesso ES, e la concentrazione di E libero diventa trascurabile. In queste condizioni, l'enzima è saturato con il suo substrato, e quindi ulteriori aggiunte di S non avranno effetto sulla velocità. Cinetica di saturazione. 5

L'effetto saturante del substrato è una proprietà caratteristica degli enzimi catalizzatori, ed è responsabile dell'appiattimento della curva. Quando l'enzima viene prima mescolato con un grande eccesso di substrato, vi è un periodo iniziale, chiamato stato pre-stazionario, durante cui avviene la formazione di ES. la reazione raggiunge quindi rapidamente lo stato stazionario, in cui [ES] rimane approssimativamente costante nel tempo. La V 0 in genere riflette lo stato stazionario, benché sia limitata ai primi istanti della reazione. Cinetica dello stato stazionario. NB: allo stato stazionario, la concentrazione di ES rimane costante nel tempo, ma [S] e [P] non sono ancora all'equilibrio. Questo stadio ci permette di trascurare la velocità della reazione opposta (P-->S), causata da un eccesso di P, poiché in questa fase, sebbene [P] sia in aumento, non ha ancora raggiunto un valore tale da spingere la reazione in senso opposto. Allo stato stazionario, dunque, l'unica direzione è quella che porta alla formazione del prodotto. EQUAZIONE DI MM La curva che esprime la relazione tra [S] e V0 ha lo stesso andamento nella maggior parte degli enzimi, ed è espressa algebricamente dall'equazione di Michaelis-Menten. Questa equazione è la relazione quantitativa tra la velocità iniziale V0, la velocità massima Vmax e la concentrazione iniziale del substrato [S]; questi termini sono correlati tra loro dalla costante di Michaelis (Km). L'equazione è:

V 0=

Vmax∗[ S ] Km+[ S ]

Dove Km = costante di Michaelis, misurata con la stessa udm della concentrazione; equivale al rapporto delle costanti di velocità delle singole reazioni, ovvero:

Km=

k (−1 ) + k (2) k( 1 )

  

k-1 è la costante della reazione ES ---> E + S k1 è la costante della reazione E + S ---> ES k2 è la costante della reazione ES ---> E + P

Questa equazione si adatta alle osservazioni sperimentali, e possiamo confermarlo considerando i casi limite in cui [S] è molto alta o molto bassa. (osserviamo un grafico che indica la dipendenza di V 0 dalle concentrazioni del substrato).  Quando [S] è bassa, si ha che Km >> [S], ed il termine [S] al denominatore diventa irrilevante. L'equazione può essere quindi semplificata in questo modo:

V 0=

Vmax∗[ S ] Km

In questo caso, V0 presenta una dipendenza lineare da [S], cioè varia proporzionalmente all'aumento di [S] (vedi paragrafo iniziale).  Quando [S] è molto alta, si ha che Km E + P) e k2 diventa la costante che limita la velocità. Tuttavia, il numero delle tappe della reazione e l'identità di quella/e che ne limitano la velocità variano da enzima a enzima. Ad esempio, la tappa limitante può essere rappresentata dal rilascio del prodotto: E+S ES EP E + P La terza reazione, con costante k3, è quella limitante. Torna quindi utile un'altra costante di velocità, più generica, detta costante catalitica ( kcat): indica la quantità di S convertita in P nell'unità di tempo da una singola molecola enzimatica, quando l'enzima è saturo con il substrato. Questa costante viene anche detta numero di turnover. Se la reazione è costituita da diverse tappe, e una di queste è chiaramente quella limitante, kcat diventa uguale alla costante di velocità della tappa limitante, e da essa dipende direttamente il valore di Vmax. Esempio: in una reazione a due tappe, in cui la tappa limitante è rappresentata dalla dissociazione del complesso ES in E + P, kcat =k2. in una reazione a tre tappe, in cui la tappa limitante è rappresentata dal rilascio del prodotto dal complesso EP, kcat=k3. In una reazione che ha più tappe limitanti la velocità, lcat può diventare funzione complessa delle costanti di velocità delle varie tappe della reazione. EQUAZIONE DI LINEWEAVER-BURK L'equazione di MM può essere elaborata algebricamente in una forma più utile per analizzare i dati sperimentali.

Km+ [S ] [ S] 1 1 Km −→ = = + V 0 Vmax∗[S ] V 0 Vmax∗[ S ] Vmax∗[ S ] Semplificando, otteniamo la cosiddetta equazione di Lineweaver-Burk:

1 Km 1 + = V 0 Vmax∗[ S ] Vmax Per enzimi che obbediscono alla relazione di Michaelis-Menten, mettendo in grafico i valori di 1/V0 ( y)in funzione di 1/[S] (x) (il doppio reciproco del grafico V0/[S] usato finora) otteniamo una linea retta.  Coefficiente angolare m = Km/Vmax  X=0 ovvero [S]=0 per 1/V0=1/Vmax  Y=0 ovvero 1/V0=0 per (-1/Km) Questa equazione quindi ha il vantaggio di consentire un'accurata estrapolazione dei valori di Vmax e Km. 7

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MODUS OPERANDI Nelle condizioni biologiche, le reazioni non catalizzate tendono ad essere troppo lente, in quanto la maggior parte delle molecole biologiche è abbastanza stabile a pH neutro, T ambiente e in ambiente acquoso. Inoltre, molte reazioni biochimiche comuni possono essere non spontanee o improbabili in ambiente cellulare, come la formazione transitoria di un intermedio instabile. Un enzima supera questi problemi, generando un ambiente specifico in cui una data reazione è energeticamente favorita, all'interno del suo sito attivo. Una semplice reazione enzimatica può essere descritta: E + S ES EP E + P ES e EP sono i complessi transitori dell'enzima con il substrato ed il prodotto. La funzione di un catalizzatore è quella di aumentare la velocità di una reazione, senza modificare però gli equilibri delle reazioni stesse. Una reazione è in equilibrio quando non vi sono cambiamenti netti nelle concentrazioni di S e P. CINETICA DI UNA REAZIONE CHIMICA In un sistema bio...


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