A come Architettura PDF

Title A come Architettura
Course Progettazione dell'architettura
Institution Politecnico di Milano
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A COME ARCHITETTURA – 28/Secondo il dizionario di lingua italiana, l’architettura è: Arte e tecnica di progettare e costruire edifici e altre opere. Quindi è una disciplina che si impegna attraverso una processualità, che ci permette di imparare dei metodi e delle tecniche di progettazione, Un grupp...


Description

A COME ARCHITETTURA – 28/09 Secondo il dizionario di lingua italiana, l’architettura è: 1. Arte e tecnica di progettare e costruire edifici e altre opere. Quindi è una disciplina che si impegna attraverso una processualità, che ci permette di imparare dei metodi e delle tecniche di progettazione, 2. Un gruppo di edifici costruiti in un determinato periodo temporale o in un determinato luogo (es. architettura barocca), 3. Struttura e composizione - quando parliamo di informatica si usa spesso la locuzione “l’architettura di un software” oppure si usa il termine architettura anche per indicare qualsiasi strutturazione di un’opera che implichi una dimensione dispositiva che di solito ha delle finalità estetiche, 4. L’opera architettonica è l’insieme dei suoi caratteri costruttivi ed estetici. Si intende anche una singola architettura o più architetture e se ne intendono diversi aspetti, non solamente quello formale, non solamente quello tecnico ma l’insieme, la complessità delle questioni che compongono l’opera architettonica, Essa implica sia tecnica che teoria, non esiste priorità tra le due. La parola architettura deriva dal greco: • Arché -> principio generatore, conservatore e costruttore, origine, sostanza primordiale, fondamento e ragion d’essere, che occupa una posizione cronologicamente prioritaria rispetto ad un processo di generazione di qualche cosa. La sua priorità non è solamente di tipo cronologica, ma anche di valore perché principio vuol dire anche natura profonda della cosa, è anche fondamento o ragion d’essere della cosa. Arché è sia principio inteso come ciò che viene prima, sia principio inteso come fondamento, • Techné (tecton) -> arte e tecnica, costruire, capacità di fare qualcosa secondo una regola, • Architécton -> architetto, primo artefice, capo costruttore Gli artisti sono anche tecnici e i tecnici sono anche artisti perché il loro saper fare implica un metodo, cioè comporta una conoscenza pratica e teorica e una partecipazione consapevole a ciò che si fa. L’architettura è una disciplina che implica una capacità pratica, una conoscenza tecnica, ma anche un sapere teorico. Questo sapere teorico lavora, durante il processo di progettazione, insieme alla capacità pratica. La pratica e la teoria si autoalimentano una con l’altra, non c’è una priorità, non c’è un fare che segue una teoria, ma non c’è un fare privo di teoria. ALCUNE DEFINIZIONI •

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Vitruvio (I secolo a.C.) – “L’architettura è una scienza che è adornata di molte cognizioni e con le quali si regolano tutti i lavori che si fanno in ogni arte. Si compone di Pratica e Teorica. La pratica è una continua e consumata riflessione sull’uso e si esegue con le mani dando una forma propria alla materia necessaria di qualunque genere essa sia. La teorica è quella che può dimostrare e dare conto delle opere fatte con il raziocinio. L’architettura si compone di Ordinazione, Disposizione, Euritmia, Simmetria, Decoro, Distribuzione” da “De Architectura” (trattato in 10 libri) Firmitas -> solidità (struttura), Utilitas -> comodità (adeguatezza degli spazi, modo d’uso), Venustas -> bellezza (qualità estetica del manufatto, capacità di comunicarci contenuti e valori, forma),

L’architettura è una scienza e disciplina, non è esclusivamente una pratica artistica e estetica. Architettura come: -

Disciplina – fatto concreto -> componente multidisciplinare, Scienza – prodotto materiale -> scopo sociale,

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Pratica teorica -> non costruzione, ma redazione del progetto

Questa definizione è inizialmente è un po' spiazzante perché non ci dice che l’architettura è un’arte, ma ci dice che l’architettura è una scienza e questo cambia il punto di vista di alcuni di noi. Innanzitutto, è una disciplina perché è adornata di molte cognizioni con le quali si regolano tutti i lavori, cioè è fatta di regole, metodologie di lavoro, strumenti di lavoro che, come in ogni disciplina scientifica, guidano il lavoro. Dobbiamo intendere come scienza il significato che era associato a questo termine nel I sec. a.C., però c’è decisamente l’idea di fondo che l’architettura non sia esclusivamente una pratica artistica che produce opere che vengono apprezzate dal punto di vista estetico e che nel suo farsi si pone come espressione di una soggettività e del bisogno espressivo di un singolo. L’architettura non è solo questo, la scultura e la pittura sono questo, l’architettura è altro. L’architettura ha una componente multidisciplinare molto più ampia delle altre discipline artistiche e ha uno scopo sociale. La componente teorica si applica ad una dimensione pratica che per l’architetto progettista è la redazione del progetto, non la costruzione dell’edificio. La costruzione dell’edificio che segue l’impostazione conferitagli in fase progettuale è compito del costruttore, non dell’architetto. Quindi quando si dice pratica si intende che il nostro sapere teorico si applica ad una pratica che è quella della redazione del progetto.



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William Morris (1881) - “Il mio concetto di architettura è nell’unione e nella collaborazione delle arti, in modo che ogni cosa sia subordinata alle altre e con esse in armonia, e quando userò tale parola, questo sarà il significato, non uno più ristretto. È una concezione ampia perché abbraccia l’intero ambiente della vita umana. È l’insieme delle modifiche e delle alterazioni operate sulla superficie terrestre in vista delle necessità umane, eccettuato il puro deserto.” Intero territorio: rompere gli schemi (non solo case), Modificazione: non c’è architettura senza trasformazione, Globalità: case, strade, ponti, ecc., Necessità umane: abitare (modificare un ambiente per sopravvivere), Relazioni: gli oggetti stabiliscono relazioni con altri oggetti, Inevitabilità,

Questa definizione di architettura è un po’ meno chiara rispetto a quella che abbiamo visto prima. Nel dopoguerra una serie di architetti, tra cui molti italiani, hanno operato una profonda revisione del concetto di architettura che era nato nelle avanguardie. Questo periodo lo chiamiamo modernismo e per fondare questa revisione del concetto di architettura nel modernismo, Vittorio Gregotti richiama la definizione di architettura di William Morris. Questa definizione implica una serie di cose piuttosto sorprendenti e interessanti. L’architettura, secondo William Morris, è ciò che abbraccia l’intero ambiente. Qui vengono rotti i confini dell’ambito architettonico: l’architettura non è la costruzione dell’edificio, ma è la trasformazione del territorio, quindi la strada è architettura, il ponte è architettura come un edificio e una piazza. Questa rottura delle mura urbane porta l’architettura ad abbracciare l’intero ambiente. Poi dice che è l’insieme delle modifiche, tema importante perché non c’è architettura senza la trasformazione di qualche cosa. Questo sembra un po' contraddire l’idea che abbiamo oggi di sostenibilità, laddove una minima trasformazione o una trasformazione nulla corrisponda al massimo della sostenibilità. Per capire di cosa stiamo parlando ci riferiamo agli studi di antropologia filosofica che dicono che l’animaleuomo si presenta scarsamente equipaggiato per sopravvivere nell’ambiente naturale così com’è, dunque dato che l’uomo fin da subito è nomade e si sposta in climi diversi, da subito ha la necessità di costruirsi un riparo, di riscaldarsi, di realizzare dei vestiti, delle armi e tutto questo fa in modo che ci sia una piccola trasformazione dell’ambiente naturale. Possiamo dire, radicalizzando, che la stessa esistenza dell’uomo dipende dalla trasformazione dell’ambiente, quindi la questione della sostenibilità non si chiede più se bisogna trasformare oppure no perché trasformare è inevitabile. Quindi il problema della sostenibilità non è più se trasformare o non trasformare, ma è come avviene questa modificazione e quante risorse

coinvolgiamo nella modificazione stessa. L’idea che dobbiamo fissarci è che l’architettura è una modificazione, infatti William Morris in questa citazione dice che le modifiche e le alterazioni vengono operate in vista delle necessità umane, non operate per il gusto dello spreco, ma per rendere possibile la vita dell’uomo sulla terra. Le necessità umane possiamo riassumerle con una parola che è ABITARE. Abitare significa modificare l’ambiente per vivere sul pianeta, ma questa trasformazione non è solamente finalizzata alla costruzione della casa: abitare è un termine molto più ampio. Noi abitiamo la casa, la strada, il vagone ferroviario, abitiamo tutti gli spazi della nostra vita. Inoltre, sempre William Morris, parla di globalità delle alterazioni operate, quindi l’architettura abbraccia tutto il territorio e qualsiasi operazione che noi facciamo sul territorio rientra nel campo d’azione dell’architettura. William Morris in tutta la citazione parla in generale e nel finale ci indica un luogo specifico e dice che qua si fa eccezione perché non c’è possibilità di architettura. Come noi sappiamo e come sapeva anche lui questo non è vero, anche nel deserto si può vivere e c’è la presenza di architettura. Bisogna interpretare questa frase non tanto come un riferimento diretto al deserto, ma come un riferimento indiretto e metaforico ad un’altra questione ovvero il tema delle relazioni. “Eccettuato il puro deserto” significa che è possibile fare architettura ovunque ci sia la possibilità di costruire, attraverso trasformazioni dell’ambiente, delle relazioni fra le cose. Un architetto e teorico tedesco diceva che l’atto fondamentale per costruire l’architettura è realizzare un recinto, il recinto è l’atto primigenio che ci protegge dall’esterno. L’atto di inclusione determinato da questo recinto è l’atto che ci permette di costruire una relazione precisa tra due spazialità distinte: uno spazio interno e uno spazio esterno. Ogni cosa non vale in quanto tale ma vale nella sua capacità di costruire relazioni con ciò che gli sta intorno. Per esempio, il Duomo di Milano stabilisce con il suo spazio, lo spazio circostante e con gli edifici delle relazioni spaziali che vanno oltre il valore del manufatto. Se spostassimo il Duomo in campagna cambierebbero radicalmente le relazioni con lo spazio circostante. Queste relazioni sono ciò che ci interessa quando facciamo architettura.



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Adolf Loos (1898): “Se in un bosco troviamo un tumulo lungo sei piedi e largo tre, disposto con la pala a forma di piramide, ci facciamo seri e qualcosa dice dentro di noi: qui è sepolto un uomo. Questa è architettura.” Ornamento e delitto: abbandono di ciò che è ornamentale, Rapporto natura/artificio: prodotto dell’uomo (bosco), Forma e proporzioni: tumulo lungo e largo a forma di piramide (forma intenzionale), Strumento: costruita dall’uomo mai a mani nude, Funzione: seppellire, Rapporto tra moto interiore e forma esteriore: l’architettura esiste solo se c’è qualcuno che ne riconosce una forma e la riconduce a uno scopo,

Adolf Loos è un architetto tedesco ed è uno dei padri dell’architettura moderna. Le sue case eliminano il tetto a falde della tradizione, c’è una semplicità volumetrica e il colore principale è il bianco. La sua architettura è un’anticipazione dello stile purista. Adolf Loos è importante per una serie di scritti, ma in particolare “Ornamento e delitto”, diventato importantissimo perché parla dell’eliminazione di tutto ciò che è ornamentale, decorativo. In uno dei testi contenuti in “Parole nel vuoto” Adolf Loos scrive la sua definizione di architettura. Perché Adolf Loos, un architetto che lavora in città, per definire l’architettura ci porta in un bosco? Ci dice che l’architettura è un prodotto dell’uomo e quindi è un artificio e la ragione per cui noi riusciamo a distinguere il fatto architettonico è per contrapposizione al fatto naturale ovvero per differenza. Il fatto naturale è organico, l’architettura è artificiale. Il tumulo è un mucchio di terra. Perché questo tumulo è architettura? Perché è lungo sei piedi e largo tre e perché ha la forma di una piramide. L’architettura è l’esito di un progetto razionale che fornisce una serie di indicazioni di un manufatto. È misurato ed ha una forma che noi riconosciamo. L’architettura è sempre una forma intenzionale, non è mai

un gesto arbitrario. Capiamo che è una forma intenzionale perché, come dicevamo prima, l’architettura ha un ruolo sociale e la forma è collegata a uno scopo, in questo caso quello di essere una sepoltura. Quelle dimensioni e quella forma sono funzionali alla sepoltura. Inoltre, questo tumulo è stato disposto con uno strumento (la pala). È impensabile costruire un’architettura a mani nude, bisogna sempre dotarsi di strumenti. L’insieme di queste cose fa in modo che l’architettura ci comunichi non solo la funzione, ma lo scopo che è molto più della funzione e ci comunica anche dei valori perché se è vero che la sepoltura dei morti nasce da una cultura igienica si trasforma subito in un rito a cui noi assegniamo un valore. L’architettura si definisce di per sé, ma si definisce solo se c’è un soggetto che la riconosce (qualcosa dice dentro di noi). Un moto interiore associa la forma ad uno scopo quindi quella forma per noi è una forma che noi conosciamo già e che riconosciamo come forma costruita. Questo implica la necessità del rapporto tra una conoscenza precedente e una forma esteriore. Noi fondiamo la nostra capacità critica dell’architettura basandoci sulle nostre conoscenze e basiamo anche le nostre competenze sulla base di esse.

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Mies Van der Rohe (1925): “L’architettura è chiarezza costruttiva portata alla sua espressione esatta. Questo è ciò che chiamo architettura.” Chiarezza costruttiva, Espressione esatta: onestà espressiva, Forma dell’architettura come forma rappresentativa, Metafora della sua costruzione,

Schelling (1802): “L’architettura è espressione di sé stessa in quanto costruzione rispondente a uno scopo.”

La chiarezza costruttiva di Mies è la costruzione rispondente a uno scopo di Schelling. È la rappresentazione dello scopo e delle sue ragioni costruttive. La chiarezza costruttiva non basta, deve essere portata alla sua espressione esatta quindi la costruzione è inscindibile dall’espressione dei contenuti dell’architettura, quindi dalla sua forma. Per Schelling ancora di più è metafora della sua costruzione in quanto rappresentazione dell’atto costruttivo. È molto importante perché la dimensione costruttiva è fondamentale. Anche solo perché le nostre invenzioni vengano rispettate è nostro compito affrontare di petto il tema della costruzione non fine a sé stessa ma finalizzata all’espressione dello scopo e dei caratteri costruttivi.

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Le Corbusier (1923): “L’architettura è il gioco sapiente, rigoroso e magnifico dei volumi assemblati nella luce.” Verso un’architettura: l’architettura non è solo estetica, ma anche scopo, costruzione e volumi assemblati nella luce, Gioco sapiente, rigoroso e magnifico: dotata di sapere, esprime valori e contenuti, confronto con precedenti architetture, Bellezza come taboo,

PRIMA AMBIGUITÀ: Il plastico ci mostra il progetto che Le Corbusier elabora per la sede Olivetti a Rho. Questo plastico aderisce perfettamente alla definizione dell’architettura di Le Corbusier, ma il plastico non esaurisce il termine l’architettura. L’architettura non è solo ciò che si vede dall’esterno, non è solo la composizione dei volumi perché se così fosse l’architettura tenderebbe ad assomigliare molto alla scultura. Per quanto riguarda la prima ambiguità la risolviamo subito: se noi guardiamo i disegni di Le Corbusier, lui

disegna anche gli interni dell’architettura, scopriamo che per volumi nella luce intende anche le cavità osservate e vissute dall’interno. Quindi questa definizione non è riferita solamente al volume come scatola, ma al gioco che la luce determina sugli interni di un edificio e sui volumi interni costituiti da elementi architettonici. SECONDA AMBIGUITÀ: l’architettura è solo estetica? Come abbiamo visto non è solo estetica, ma è anche scopo e costruzione. Intanto l’architettura è definita come un gioco (Vitruvio la definiva una scienza), però non è solamente un gioco ma è anche un qualcosa di sapiente, rigoroso e magnifico. Sapiente vuol dire che è consapevole degli esiti, della tradizione disciplinare, non si pone come architettura zero in un mondo che non ha mai conosciuto architettura, ma si pone in continuità o in discontinuità critica con ciò che la circonda e ciò che la precede, è dotata di un sapere specifico. Rigoroso perché questo gioco, come ogni gioco, ha delle regole che sono il modo in cui gestiamo le conoscenze dentro un processo che è fatto di numerosi passaggi e anche del coinvolgimento di competenze disciplinari che vanno regolate, ma soprattutto il mondo ha delle leggi, le leggi che governano le cose dell’architettura. Ogni progetto riscrive le proprie regole anche diverse dal progetto precedente e dal collega, ma per governare un progetto che implica un processo tecnico-razionale e una dimensione soggettiva e creativa, le regole sono imprescindibili. Magnifico perché c’è tutta la tradizione e la poesia dell’architettura come trionfo della bellezza e anche come capacità di esprimere contenuti e valori. L’architettura è magnifica perché cerca la bellezza, anche se questa parola è un tabù per gli architetti, il bello è qualcosa che noi cerchiamo senza dirlo e che se mai troviamo alla fine del processo che è razionale e intellegibile. La componente razionale è imprescindibile. Anche le scelte di natura estetica non sono fatte in maniera arbitraria, ma sono riferite, hanno delle ragioni....


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