Alberto Burri Tesina PDF

Title Alberto Burri Tesina
Author Giorgio Baldoni
Course storia dell'arte moderna
Institution Nuova Accademia di Belle Arti
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Riassunto vita e opere di Alberto Burri...


Description

ALBERTO BURRI (1915-1995) L'INFORMALE Le avanguardie storiche, nei primi due decenni del '900, hanno totalmente rivoluzionato il panorama artistico europeo e in nome di una sperimentazione continua, giungono con l’astrattismo ad un’arte che è totalmente agli antipodi con qualsiasi tradizione precedente, dove la rottura con il passato appare definitiva. Ma l’apice di questa parabola si esaurisce già nel terzo decennio del secolo, quando si incontrano due opposte tendenze che tendono verso un ritorno al figurativo, spinto da un lato dall’atteggiamento dei regimi totalitari che si sono instaurati in Europa, fondamentalmente contrari alle avanguardie e al loro implicito senso di libertà e dall’altro vi fu il riflusso degli stessi protagonisti delle avanguardie (ad es. Picasso) che, inaspettatamente, ritornarono a modelli rappresentativi più tradizionali. Quando nel 1937 Picasso compose la sua grande opera sul bombardamento di Guernica, il suo linguaggio figurativo tornò improvvisamente alle scomposizioni e sintesi cubiste. Ma ciò passò quasi in secondo piano rispetto al grande significato extra-artistico dell’opera, ossia l’impegno che l’artista assumeva nel denunciare una grande tragedia dell’umanità. Il significato di Guernica fu quindi principalmente letto come monito per gli artisti ad impegnarsi nella lotta ideologica e politica. Con il termine «informale» vengono definite una serie di esperienze artistiche, sviluppatesi soprattutto negli anni ’50, e che hanno una fondamentale matrice astratta. La caratteristica dell’«informale» è di essere contrario a qualsiasi «forma». Ma cosa sono le «forme»? Nella realtà sensibile è forma tutto ciò che ha un contorno, con il quale un oggetto o un organismo si differenzia dalla realtà circostante, e nel quale si definiscono le sue caratteristiche visive e tattili. Anche l’arte astratta, soprattutto nelle sue correnti più geometriche, si costruisce per organizzazione di forme. Queste, non più imitate dalla natura, nascono solo nella visione (o immaginazione) dell’artista, ma rimangono pur sempre delle forme. L’informale, rifiutando il concetto di forma, si differenzia dalla stessa arte astratta, costituendone al contempo un ampliamento. Questo ampliamento non è da intendersi solo come possibilità di creare immagini nuove, ma anche come allargamento del concetto stesso di creatività artistica in quanto l’informale produrrà in seguito una notevole serie di tendenze che finiranno per sconfinare del tutto dalle tradizionali categorie di pittura e scultura. L’informale è pertanto da considerarsi una matrice fondamentale di tutta l’esperienza artistica contemporanea. Il termine «informale» fu coniato negli anni ’50 dal critico francese Tapié. A questa etichetta sono state variamente attribuite, e poi negate, molte ricerche di quegli anni. Oggi si tende a individuare, nell’ambito dell’informale, due correnti principali: l’informale gestuale e l’informale materico. Ma a queste due tendenze vanno di certo uniti altri due segmenti: quello dello spazialismo e quello della pittura segnica. L’informale gestuale, anche definito «action painting» proviene soprattutto dagli Stati Uniti, e coincide di fatto con l’espressionismo astratto. Suo maggior rappresentante è Jackson Pollock. Tra i principali artisti americani dell’action painting vanno ricordati, oltre a Pollock, Willem de Kooning e Franz Kline. L’informale di materia è la tendenza che maggiormente si manifesta in Europa. Esso deriva da un’antica dicotomia, da sempre presente nella cultura occidentale, da Platone in poi: la polarità materia-forma. Il primo termine indica il magma informe delle energie primordiali, il secondo definisce l’organizzazione della materia in organismi superiori. Questo contrasto materia-forma divenne un termine problematico nella scultura di Michelangelo (ad.es. La Pietà Rondanini), e da lì ha influenzato, attraverso la riscoperta di Rodin, la scultura moderna. Con l’informale si appropriano di questa problematica anche i pittori che propongono immagini in cui i valori estetici ed espressivi sono appunto quelli dei materiali utilizzati. L’informale di materia inizia nel 1943, stesso anno in cui Pollock inventa l’action painting.

Protagonista è il pittore francese Jean Fautrier. Egli rifacendosi alle esperienze del cubismo sintetico di Picasso e Braque, e alle ricerche surrealiste di Max Ernst, inserisce nei suoi quadri materiali plastici che emergono dalla superficie del quadro. In tal modo rompe il confine tra immagine bidimensionale e immagine plastica, proponendo opere che non sono più classificabili nelle tradizionali categorie di pittura o scultura. L'informale è uno stile che è diventato internazionale (Francia: tachisme, art autre, peinturepeinture; America: action painting) e che ha pervaso tutti gli anni '50, dove gli artisti indagano la realtà in senso fenomenico. L'informale ha le sue ragioni filosofiche nella fenomenologia husserliana, nell'esistenzialismo di Heiddeger, di Jasper e Sartre e dalla filosofia Zen, introdotta in Europa da Michaux e in America da Tobey. Secondo Hoffmann, dal secondo dopoguerra, dall'arte contemporanea si sono sviluppate due direzioni: la rappresentazione del caos da un lato e la ricostruzione razionale del mondo che ha portato all'informale dall'altro. L'Informale nasce con lo scopo di cancellare l'iconografia che emula il processo evolutivo della scienza e delle macchine creata dal futurismo, dal cubismo e dal costruttivismo. Già le avanguardie storiche nello sforzo di tenere il passo con il progresso sfociano nell'astrattismo gemometrico in quanto si considera geometria = modernità. Diverse correnti hanno influenzato l'informale: quella Dada; quella Surrealista; l'automatismo psichico (influenzata dalla scrittura automatica); l'Espressionismo postcubista. Anche alcuni percorsi individuali come quello intrapreso da Fontana con il suo Manifesto Blanco del 1946 e la sua successiva teoria spazialistica dal 1950 (Spazialismo), hanno dato linfa vitale alla corrente Informale, i cui esponenti più importanti in Italia sono: Moreni, Morlotti, Mandelli, Capogrossi, Accardi, Cagli, Fontana, Bertini, Crippa, Dangelo, Turcato, Scajola, Corpora, Afro, Vedova, Perilli, Birolli, Colla, Leoncillo ecc. Ai valori espressivi dei materiali si rivolgono altri artisti informali europei: tra essi emergono soprattutto il francese Jean Dubuffet, lo spagnolo Antoni Tápies e l’italiano Alberto Burri. Quest’ultimo, in particolare, propone opere dalla singolare forza espressiva, ricorrendo a materiali poveri: legni bruciati, vecchi sacchi di juta, lamiere, plastica, ecc. Burri è quello che ha concesso di meno allo strumento pittorico ma che ha sfruttato soprattutto la forza del'atto creativo. L'arte ha pervaso completamente la vita di Burri, che a sua volta, con un giro di parole, porta l'arte nella vita e porta la vita nella succesiva arte Pop. Alberto Burri, nasce a Città di Castello in Umbria, e si laurea in medicina nel 1940. Allo scoppiare della seconda guerra mondiale, si arruola come ufficiale medico dell'esercito, nel 1943 viene fatto prigioniero e deportato in un campo di prigionia in Texas, dove inizia a disegnare i volti dei suoi compagni di prigionia e a dipingere. Il primo olio su tela documentato del 1945 rappresenta una campagna texana. Questo lo porterà successivamente ad abbandonare il lavoro di medico e lo spingerà a dedicarsi esclusivamente alla pittura. I quadri figurativi sono rarissimi, nel 1946 rientra in Italia e si trasferisce a Roma dove si dedica alla pittura. Negli anni '45 '46 Burri aveva uno stile poco definito, successivamente, insieme a Lucio Fontana, sarà l'artista italiano che più ha contribuito al panorama artistico internazionale del dopoguerra. Egli si è spostato dalla pittura alla scultura cercando sempre di indagare sulle qualità espressive della materia, entrando così ad occupare un posto molto importante nella corrente definita «informale». Per lui i materiali non hanno significato d'uso e quindi non hanno valore di contemporaneità e soprattutto egli pensa che nella materia vi siano insite qualità plastiche talmente compiute che non possano essere tenute imprigionate, facendo in modo che la realtà stessa sembri voler imitare la pittura. È un personaggio abbastanza complicato e l'isolamento derivatogli dal suo ambiente aristocratico, ha contribuito a creare il mito dell'uomo e dell'artista e il suo silenzio ha permesso di far parlare i suoi quadri. Nel 1950 Burri partecipa alla fondazione del Gruppo Origine, insieme a Mario Ballocco, Giuseppe Capogrossi ed Ettore Colla.

Fin dagli inizi la sua ricerca percorre un linguaggio astratto con opere che abbandonano completamente il figurativo tradizionale. Le prime opere che iniziano a destare una particolare attenzione appartengono alla serie delle «muffe», dei «catrami» e dei «gobbi». Esse anticipano la stagione dei sacchi, e in esse è evidente l'attenzione di Burri per l'elaborato materico. I gobbi sono anticipazioni delle shaped canvas americane degli anni sessanta, le tele sagomate di cui Frank Stella è stato uno degli autori più noti. Nel 1948, con Nero 1, catrame-olio-smalto e pietra pomice su tela, si assiste ad una sorta di dichiarazione poetica, dove l'artista indica le sue coordinate estetiche che si collocano tra ricerca sulla materia e rigore geometrico. Burri lavora quasi sempre per serie e le sue opere sono sempre in fìeri, in divenire: 1) Muffe (Muffa, 1951 - Olio e-pietra pomice)

2) Catrami (catrame e olio su tela)

3) Gobbi (Rosso Gobbo, 1953)

4) Sacchi

5) Combustioni (Combustione – Legno, 1957)

6) Legni (Grande Legno G59)

7) Ferri (Ferro-SP4, 1959)

8) Plastiche: Trasparenti ; Rosse ; Nere ; Bianche ( Rosso Plastica, 1966)

9) Cretti (Cretto G1, 1975)

10) Cellotex (Orti – acrilico e vinavil su cellotex, 1980-81))

(Cellotex W1)

Sestante 2 (1982, acrilico su cellotex)

Grande Ferro (1980, Teatro)

Le opere, realizzate tra la fine degli anni Quaranta e gli inizi degli anni Cinquanta, conservano un carattere essenzialmente pittorico, in quanto sono costruite secondo la logica del quadro. Queste immagini astratte, vengono realizzate con colori ad olio, con smalti sintetici, catrame e pietra pomice. Nella serie dei «gobbi» l'artista introduce la modellazione del supporto con una struttura di legno, dando al quadro un aspetto plastico e tridimensionale.

Nel 1949 dipinge SZ1 (olio e sacco su tela) prima opera tra la serie dei sacchi, la sua serie più famosa. Sulla tela uniformemente tinta di rosso o di nero l'artista vi incolla dei sacchi di juta. Questi sacchi sono logori e pieni di rammenti e cuciture e acquisiscono un aspetto «povero». Quando vennero presentati suscitarono quasi uno scandalo, ma data la loro grande forza espressiva, in linea con il clima culturale del momento dominato dal pessimismo esistenzialistico, diventarono rapidamente dei «cult» da collezionare. Tale periodo iniziato nel 1949 e durato appena un quinquennio, ha permesso la consacrazione di Burri in campo internazionale, soprattutto grazie a due mostre tenutesi al Guggenheim nel 1953 e al MOMA nel 1955. I sacchi rappresentano una fondamentale innovazione nel pensiero estetico contemporaneo. Essi pongono, tra gli altri, problemi di conservazione e di restauro: la juta con il tempo si accortoccia (infatti è stato necessario inventare un apposito prodotto in grado di distenderne le fibre). La juta è un materiale rozzo usato, nel dopoguerra, per spedire prodotti alimentari all'Italia, cosa prevista dal Piano Marshall (piano di assistenza economica e alimentare ideato dagli Stati Uniti dopo la seconda guerra mondiale). Su questi sacchi c'erano stampati: la bandiera USA, il contenuto del sacco, il paese a cui era destinato ed il peso. In questo opera, Burri compie un gesto significativo: prende un sacco, lo lacera e lo attacca alla tela, utilizzando però, solo quei pezzi che ricordavano l'appartenenza agli Stati Uniti (strisce rosse; stelle; il peso espresso in libbre), poichè egli soffre molto per l'umiliazione che stava subendo l'Italia, e per questo inizia a contornare con un pesante tratto nero e con sottolineature poste in modo ossessivo gli stessi brandelli di juta. Grazie a queste opere, Burri vuole comunicare, elaborare e superare proprio tale senso di umiliazione che aveva provato come cittadino italiano e comunicare un messaggio o un grido di dolore lacerante espresso tramite un linguaggio artistico eccezionale. La componente oggettuale di questo dipinto anticipa la pop art americana ed è lo stesso Burri ad ammetterlo in una delle sue poche dichiarazioni. La bandiera americana sarà ripresa poi da Jasper Jones, così come i colori nero rosso e bianco, oltre al sacco, saranno i motivi salienti della sua ricerca. Il suo è un processo interiore, senza nessuna connotazione politica, anche se la critica dell'epoca ha additato come faziose le sue produzioni. La ricerca sui sacchi dura fino agli inizi del 1955, lasciando poi il posto a nuove sperimentazioni e a nuovi materiali. Inizialmente sostituisce i sacchi con indumenti, stoffe e camicie e spinge la sua ricerca verso un'elevazione poetica dei rifiuti, degli oggetti usati e vecchi e cerca di risaltarne tutta la carica poetica in quanto residui solidi dell’esistenza non solo umana, ma più ampiamente, universale.

IL DOPO Nell’opera di Burri l’arte interviene sempre «dopo». Dopo che i materiali dell’arte sono già stati «usati» e consumati, ci parlano di un ricordo e stimolano a pensare su ciò che è avvenuto nella vita precedente di quei materiali, prima di venire fissati nell’immobilità dell’opera stessa. La poetica di Burri, più che il suo stile, ha creato influenze enormi in tutta l’arte seguente. La sua opera ha messo in discussione il concetto stesso di arte, e del suo rapporto con la vita. L’arte come finzione che imita la vita sembra ora sorpassata da un’arte che mostra la via sincera della vita stessa. LA MATERIA: UN RUOLO NUOVO Il fatto nuovo nelle opere di Burri è che la materia deve rimanere se stessa diventando però spazio attraverso il procedimento artistico che è suddiviso in tre fasi: 1.L’artista individua una classe di materie; 2.Incolla le materie sulla tela; 3.Interviene in vari modi per far risaltare la loro intima struttura. - Sacco e supporto sono due entità costrette a stare insieme e tra le due si creano contrasti di forza, per tale motivo il sacco risulta increspato. - Nel caso dei legni, delle lamiere e delle plastiche, il fuoco interviene direttamente sulla materia che è sempre materia di scarto, che ha una sua storia e un suo passato che ha già lasciato dei segni. La materia non è portatrice di simboli altrimenti sarebbe essa stessa un significante, ma da essa, in base al tormento che le viene dato, scaturisce una nuova trama spaziale. Burri svuota di significato i materiali trovati, almeno per quanto riguarda il loro valore di contemporaneità, egli individua nella materia qualità plastiche talmente forti che non possono essere tenute imprigionate:è come se fosse la realtà a modellare la pittura. Per Burri la geometria è perpendicolare o incidente alla natura, perchè tocca da dentro la struttura vivente delle materia, dove il colore denso e la materia coincidono e diventano intercambiabili. Burri non rientra propriamente nell'informale, ma si è mosso in quel clima culturale ed ha anticipato per certi versi, la successiva ricerca internazionale che sarebbe poi scaturita nella Pop Art, nel Nouveau Réalisme, e nell'Arte Povera. EVOLUZIONE DELLE OPERE

In Grande sacco, del 1952, ci sono tutte le caratteristiche della serie: due grandi sacchi incollati su una superficie e cuciti con un filo rosso molto spesso, bucati e rattoppati. Si nota sempre la presenza del colore bianco e del nero nella parte bassa della tela. La firma serve a dimostrare che il quadro è un unicum. Tra i vari sacchi fatti, questo è il meno dilaniato, meno stracciato ma evidenzia la forza vitale della juta.

In Grande bianco, del 1952, sacco juta, colori a olio e vinavil su tela, è evidente come Burri intervenga sulla materia fino a risolverla in chiari ritmi spaziali. Altri quadri di rilievo sono: Bianco, del 1952, vinavil su tela; Lo strappo, del 1952; Rosso, del 1953, plastica, tela, bianco di zinco, polvere di pietra pomice vinavil + combustione su tela. GLI ELEMENTI PRIMORDIALI: TERRA E FUOCO Il fuoco entra nel processo creativo di Burri: inizia il ciclo delle combustioni e dei legni in cui il fuoco stesso decide la sorte estetica del quadro. Dal 1957 in poi, con la serie delle «combustioni», avviene una svolta significativa nella sua arte, introducendo il «fuoco» quale strumento artistico, con cui brucia legni o plastiche con i quali poi realizza i suoi quadri. In questo caso l’usura che segna i materiali non è più quella della «vita», ma di un’energia che ha un valore quasi metaforico e primordiale – il fuoco – che accelera il deperimento della materia. Nella sua poetica è sempre presente, quindi, il concetto di «consunzione» che raggiunge il suo apice cosmico con la serie dei «cretti», iniziati dagli anni '70 in poi. In queste opere, realizzate con una mistura di caolino, vinavil e pigmento fissata su cellotex, raggiunge il massimo di purezza e di espressività. Tali opere, solitamente realizzate con colore bianco o nero, hanno l’aspetto della terra essiccata e spaccata. Anche qui si denota un processo di consunzione che colpisce la terra, vista anch’essa come elemento primordiale, dopo che l’acqua si asciuga e toglie l'anima vitale alla materia, lasciandola come residuo solido di una vita che scompare dall'universo. Pur di diversi materiali (prime opere carte e vinavil su cellotex) combustioni e legni dichiarano la loro deperibilità. Alcuni esempi : Grande legno e rosso, 1954 legno acrilico e combustione su tela; Combustione e legno, 1956, legno e pietra pomice olio vinavil combustione su tela; Combustione, 1957, stoffa e olio su tela; Combustione e carta, 1959, carta acrilico e combustione su compensato; Grande legno G59, 1959, legno acrilico e combustione su tela; Combustione, 1963, legno acrilico combustione su legno. I FERRI Alla fine degli anni '50 Burri si dirige verso una nuova sperimentazione, quella dei Ferri in cui lo spirito geometrico si rivela in tutta la sua forza. Alcuni esempi : Ferro D,1958, ferro su ferro; Ferro eE, 1958, ferro su ferro; Ferro SP,1958, ferro e 1egno; Ferro SP4, 1959; Grande Ferro, 1959; Ferro S1, 1959; Ferro S2 ,1959; Ferro SP3,1959. LE PLASTICHE Grande Rosso, 1956, plastica e vinavil su tela, questo quadro rappresenta uno dei momenti più alti raggiunti dall'arte di Burri, dentro un rosso molto brillante, la plastica è attaccata sulla superficie, alla stregua di una sorta di mappa dei continenti o forse semplicemente in ricordo dei camici da dottore che egli utilizzava durante la guerra, che connotano il quadro con un'atmosfera quasi angosciante. In Nero, 1957, stoffa e vinavil su cellotex e tela propone due tematiche ricorrenti : la struttura ovoido-circolare e il colore nero.

In Two Shirts, 1957, stoffa olio vinavil su tela, il tutto bianco rivela l'oggetto riconoscibile ma che allo stesso tempo non lo è più. La sublimazione dell'elemento oggettuale produce una luminosa resa pittorica. Il quadro viene realizzato con plastiche bruciate che rimandano a qualcos'altro e quelle due semplici magliette simili a quelle militari, cioè due indumenti poveri, diventano indumenti ridotti a cenci che hanno un significato profondo che riconduce alle esperienze dell'artista. Tale opera può essere letta come anticipatrice dei Cretti, dove egli continua a scansionare la natura attraverso le proprie categorie organiche e si sostituisce ad essa appropriandosi dei suoi elementi. Agli inizi degli anni '60 il percorso subisce un'accelerata verso una direzione sempre più gestuale, grazie alla scelta di un altro materiale: la plastica. La prima serie dedicata alle plastiche trasparenti vede il massimo utilizzo del fuoco. Accanto alle plastiche trasparenti, nasce la rilevante serie dei Neri Plastica e Rossi Plastica. Alcuni esempi : Rosso plastica, 1962, plastica acrilico e combustione su cellotex; Grande plastica 1, 1962 plastica e combustione su telaio di alluminio; Plastica, 1962, pla...


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