analisi X agosto PDF

Title analisi X agosto
Author Valentina De Angelis
Course Critica letteraria e letterature comparate
Institution Sapienza - Università di Roma
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Summary

analisi della poesia X Agosto di Giovanni Pascoli...


Description

“X AGOSTO” Di Giovanni Pascoli

da “Myricae”

X AGOSTO

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San Lorenzo, io lo so perché tanto di stelle per l’aria tranquilla arde e cade, perché sì gran pianto nel concavo cielo sfavilla.

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Ritornava una rondine al tetto: l’uccisero, cadde tra spini: ella aveva nel becco un insetto: la cena de’ suoi rondinini.

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Ora è là, come in croce, che tende quel verme a quel cielo lontano; e il suo nido è nell’ombra, che attende, che pigola sempre più piano.

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Anche un uomo tornava al suo nido: l’uccisero: disse: Perdono; e restò negli aperti occhi un grido: portava due bambole in dono…

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Ora là, nella casa romita, lo aspettano, lo aspettano in vano: egli immobile, attonito, addita le bambole al cielo lontano.

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E tu, Cielo, dall’alto dei mondi sereni, infinito, immortale, oh! d’un pianto di stelle lo inondi quest’atomo opaco del Male!

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PARAFRASI DEL COMPONIMENTO San Lorenzo, io so perché così tante stelle brillano e cadono nell’aria tranquilla, e so il motivo per cui nel cielo concavo risplende un pianto così grande. Una rondine stava ritornando al suo nido, la uccisero e cadde tra le spine dei rovi; ella aveva nel becco un insetto, ovvero la cena dei suoi piccoli. Ora è lì, come in croce, che porge quel verme al cielo lontano; il suo nido è nell’ombra, con all’interno i suoi piccoli che la aspettano e che pigolano sempre più piano. Anche un uomo stava tornando alla sua casa quando lo uccisero. Egli, prima di morire disse “perdono”; portava due bambole in dono, e nei suoi occhi aperti restò un grido soffocato. Ora là, nella casa solitaria, la sua famiglia lo aspetta inutilmente: egli, immobile e sbigottito, mostra le due bambole al cielo lontano. E tu, Cielo infinito ed immortale, dall’alto dei mondi sereni inondi di stelle questo corpuscolo caratterizzato solo dal male.

IL COMPONIMENTO Il componimento fu pubblicato per la prima volta sul “Marzocco” il 9 agosto del 1896, alla vigilia del ventinovesimo anniversario della morte del padre del poeta e poi nella quarta edizione di “Myricae” del 1897. Il metro della poesia si presenta regolare: troviamo infatti 6 quartine di decasillabi e novenari alternati, sullo schema rimico ABAB. La struttura è ben scandita: le quartine centrali sono di tipo narrativo, mentre la prima e la sesta quartina sono di tipo riflessivo, con rimandi morali e filosofici. La poesia è fondata su precise simmetrie interne, evidenti sia a livello strofico, sia a livello microstrutturale. Per quanto concerne il livello strofico, troviamo una puntuale corrispondenza tra la prima e l’ultima strofa con l’immagine del cielo inondato di stelle cadenti, immagine che contribuisce a far cogliere al lettore la circolarità del componimento. Segue una simmetria tra il gruppo della seconda e terza strofa, dove viene affrontato il tema dell’uccisione della rondine e il gruppo della quarta e quinta, dove viene introdotto il secondo termine di paragone.

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Anche a livello microstrutturale troviamo numerose rispondenze: - Strofa 1, “San Lorenzo” strofa 6, “E tu, Cielo” (due vocativi) - Strofa 1, “aria tranquilla” strofa 6, “mondi sereni”; - Strofa 1, “pianto” strofa 6, “pianto” - Strofa 2, “ritornava una rondine” strofa 4, “anche un uomo tornava” - Strofa 2, “al tetto” strofa 4, “al suo nido” - Strofa 2, “l’uccisero” strofa 4, “l’uccisero” (anafora) - Strofa 2, “ella aveva nel becco un insetto” strofa 4, “portava due bambole in dono” - Strofa 3, “ora è là” strofa 5, “ora là” - Strofa 3, “tende quel verme” strofa 5, “addita le bambole” - Strofa 3, “a quel cielo lontano” strofa 5, “al cielo lontano” - Strofa 3, “che attende, che pigola sempre più piano” strofa 5, “lo aspettano, aspettano in vano”. La poesia è tutta basata sulla rievocazione di quell’evento, così tragico e doloroso da poter essere paragonato soltanto al trauma che vivono i rondinini aspettando invano il ritorno della madre con il cibo: così come il rondinino “pigola sempre più piano” (v.12), così i figli dell’uomo ucciso sono destinati a spegnersi pian piano a causa del dolore dell’abbandono. Il componimento inizia con un’apostrofe (“San Lorenzo”, v.1) con la quale il poeta volge lo sguardo al 10 agosto, anniversario della morte del padre, che coincide con la ricorrenza di San Lorenzo; nell’immaginario pascoliano le stelle cadenti di quella notte rappresentano il pianto del cielo per il lutto del poeta e per la malvagità umana. L’assassinio del padre viene così proiettato in uno scenario cosmico, dove anche le disgrazie personali, avendo radici universali, sono considerate tali. Il cielo con il suo pianto di stelle partecipa al dolore degli uomini. Le due strofe successive si incentrano sull’uccisione della rondine e sul destino del suo nido: la rondine, al momento dell’uccisione, aveva nel becco un insetto, ovvero la cena per i suoi piccoli che la attendono invano e quell’attesa, colma di dolore e di impotenza, li rende via via più deboli. In queste due quartine troviamo riferimenti alla figura di Cristo (“spini”, v.6 e “croce”, v.9): il dramma personale dell’autore assume così una portata universale, tanto da andare a simboleggiare tutte le vittime innocenti di carnefici. Questo parallelismo viene ripreso nella quarta quartina (“l’uccisero: disse: Perdono”) dove il richiamo alla figura di Cristo viene evidenziato proprio dalla parola “perdono”; come Egli perdona dalla croce i suoi carnefici, così il poeta immagina che faccia suo padre. La quarta e la quinta quartina sono perfettamente speculari alle due precedenti con rimandi sia a livello contenutistico che a livello microstrutturale. Giovanni Pascoli 3

introduce infatti il secondo termine di paragone: come è stata uccisa la rondine, così è stato assassinato il padre del poeta, e così come il nido delle rondini è rimasto nella solitudine, così la famiglia di Ruggero Pascoli è rimasta, a causa della sua morte, bloccata in un’attesa eterna. A chiudere il componimento troviamo una quartina riflessiva, nella quale il poeta invoca sulla terra il pianto del cielo, il compianto di Dio per le sorti degli uomini.

LE FIGURE RETORICHE San Lorenzo, io lo so perché tanto di stelle per l’aria tranquilla LEGENDA:

arde e cade, perché sì gran pianto

- APOSTROFE - METAFORA - SIMILITUDINE - IPERBATO - SINEDDOCHE - ANASTROFE - EPIZEUSI - IPERBOLE - ENJAMBEMENT - PERSONIFICAZIONE - SINESTESIA - METONIMIA - ANAFORA

nel concavo cielo sfavilla. Ritornava una rondine al tetto: l’uccisero, cadde tra spini: ella aveva nel becco un insetto: la cena de’ suoi rondinini. Ora è là, come in croce, che tende quel verme a quel cielo lontano; e il suo nido è nell’ombra, che attende, che pigola sempre più piano. Anche un uomo tornava al suo nido: l’uccisero: disse: Perdono; e restò negli aperti occhi un grido: portava due bambole in dono… Ora là, nella casa romita, lo aspettano, lo aspettano in vano: egli immobile, attonito, addita 4

le bambole al cielo lontano. E tu, Cielo, dall’alto dei mondi sereni, infinito, immortale, oh! d’un pianto di stelle lo inondi quest’atomo opaco del Male!

Le figure retoriche presenti nel componimento sono molteplici. La prima quartina inizia con un’apostrofe (“San Lorenzo”, v.1), che ci fornisce la collocazione cronologica, ovvero il 10 agosto, notte di San Lorenzo. Questa figura consente all’autore di mettere in evidenza già dal principio il tema portante dell’opera, ovvero il tragico evento di quel giorno. Ai vv. 1-2 troviamo il primo enjambement (“tanto \ di stelle”), mentre ai vv. 3-4 troviamo una metafora (“sì gran pianto \ nel concavo cielo sfavilla”). Al v.5 (seconda quartina) compare un iperbato (“ritornava una rondine al tetto”; l’ordine del sintagma dovrebbe infatti essere “una rondine ritornava al tetto”), mentre il sintagma “l’uccisero”, presente al v.6 e “l’uccisero” presente al v.14 formano un’anafora. La terza quartina inizia con il sintagma “ora è là” che forma un’anafora con “ora là” del v.17 (quinta quartina). Al v.9 vi è una similitudine (“come in croce”), immagine che rimanda al martirio di Cristo. In questa strofa compare un enjambement ai vv. 9-10 (“che tende \ quel verme”) e troviamo un’altra anafora (“che tende”, v.9, “che attende”, v.11, “che pigola”, v.12). Al v.13 (quarta quartina) compare il termine “nido” che può essere classificabile sia come metafora che come metonimia; metafora perché il termine “casa” (metaforizzato) viene sostituito con “nido” (metaforizzante) attraverso una trasposizione simbolica di immagini; Pascoli, lungo tutta la sua poetica, raffigura mediante la parola “nido” un luogo caldo, sicuro e protetto quale è la famiglia. Il termine può essere indicato anche come metonimia poiché “nido”, utilizzato per la sfera animale, è in una relazione di vicinanza con “casa”, utilizzato invece per la sfera umana. Al v.15 in “restò negli aperti occhi un grido” troviamo un’anastrofe (“aperti occhi” invece di “occhi aperti”) e una sinestesia, data dall’accostamento di “occhi” e “grido”, termini appartenenti a due sfere sensoriali diverse.

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Passando alla quinta quartina possiamo notare la presenza, oltre alla già citata anafora (“ora là”), di un’epizeusi al v.18 (“lo aspettano, lo aspettano in vano”) e di un enjambement ai vv. 19-20 (“addita \ le bambole”). L’ultima quartina, infine, è probabilmente la più ricca di figure retoriche; inizia con un’apostrofe (“E tu, Cielo”, v.21) e una personificazione (“Cielo”, v.21), segue poi un enjambement tra i vv. 21-22 (“mondi \ sereni”). Al v. 23 troviamo una metafora (“d’un pianto di stelle”), un’iperbole (“d’un pianto di stelle lo inondi”) e un iperbato (“d’un pianto di stelle lo inondi”, l’ordine sintattico dovrebbe essere “ lo inondi di un pianto di stelle”). Al v.24, infine, possiamo notare un’altra iperbole (“atomo” riferito al Mondo), una personificazione (“Male”) e una metafora (“quest’atomo opaco del male”, sintagma anch’esso utilizzato per riferirsi al Mondo). Il testo è ricco di allitterazioni: a prevalere è l’allitterazione della “L”, presente al v. 2 (“di stelle per l’aria tranquilla”), al v.10 (“quel verme a quel cielo lontano”), al v.20 (“le bambole al cielo lontano”) e al v.23 (“oh! d’un pianto di stelle lo inondi”). L’allitterazione della “R”, suono più duro del precedente e affidato per questo ai momenti di maggior tensione, è presente al v.3 (“perché sì gran pianto”), v.5 (“ritornava una rondine al tetto”), e v.15 (“e restò negli aperti occhi un grido”). Troviamo infine gli ultimi due casi di allitterazione, ovvero quella in “P”, presente al v.12 (”pigola sempre più piano”) e quella in “T”, presente al v.19 (“…attonito, addita”). Al v.1 si segnala la presenza di un costrutto partitivo latineggiante (“tanto di stelle”).

COMMENTO Temi e simboli All’interno del componimento l’autore lavora molto sull’associazione tra i termini “casa” e “nido”, tant’è che al verso 13 troviamo “anche un uomo tornava al suo nido”. Siamo di fronte ad una delle tematiche più importanti e più ricorrenti del pensiero pascoliano, la tematica del nido. Il poeta ritiene che all’interno del nido-famiglia l’essere umano possa essere protetto dal mondo esterno e dalle sue malvagità: vede in essa un luogo sicuro, riscaldato dall’affetto dei cari. Si tratta essenzialmente di un luogo psicologico difensivo che ha il suo nucleo nel periodo precedente la morte di Ruggero Pascoli, quando la famiglia rappresentava una struttura protettiva dalle insidie del mondo. Il poeta, attraverso i

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continui rimandi al nido familiare, torna indietro con la memoria a quei tempi per ritrovare la serenità perduta. Il tema del nido presenta il suo culmine proprio in questa poesia, “X Agosto”, dove, mediante parallelismi e rimandi, ne viene spiegata a fondo la valenza e il significato. La vita e la poetica di Pascoli sono state influenzate in partenza dalla tragica scomparsa del padre, anche se questo evento fu solo l’inizio di una serie di disgrazie familiari, poiché l’anno seguente a quel 10 agosto 1867 morirono anche la sorella maggiore e la madre del poeta. Ovviamente questi drammatici eventi lasciarono un segno nella vita e nell’opera di Pascoli, tanto che a ricorrere ossessivamente all’interno dei suoi componimenti troviamo il tema della morte: una morte che invade con ombre e figure inquietanti la rappresentazione di paesaggi naturali e che si insinua tra le mura domestiche, pronta a sgretolare gli equilibri che si erano creati nel nido - famiglia. Al sentimento della morte si lega il ricordo dei morti, unito al senso di colpa del poeta per essere uno dei pochi sopravvissuti della sua famiglia.

CONCLUSIONE Tutta la poetica Pascoliana è attraversata da sentimenti pessimistici il cui retroterra è facilmente individuabile negli avvenimenti che hanno segnato tutta la sua esistenza. A predominare sono in primis la delusione e la tristezza nei confronti del presente: il poeta vorrebbe tornare indietro, ai tempi felici in cui il nido familiare era saldo ed accogliente, agli anni in cui la sua vita era gioiosa e spensierata. Con l’evento tragico narrato in questo componimento, Giovanni Pascoli scivola in una condizione di tristezza e di abbandono caratterizzata dall’elogio continuo del passato, la rinnegazione del presente e il ricordo dei suoi morti, unica memoria di quei tempi sereni.

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