Giovanni Pascoli approfondimento \"X Agosto\" PDF

Title Giovanni Pascoli approfondimento \"X Agosto\"
Author Ferdinando Violante
Course Letteratura Italiana
Institution Università telematica e-Campus
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X AGOSTO La poesia venne pubblicata per la prima volta sul «Marzocco» del 9 agosto 1896, quindi alla vigilia del diciannovesimo anniversario dell’uccisione del padre di Pascoli, avvenuta il 10 agosto 1867, e poi entrò in MY497. In rivista recava la seguente dedica: «Questo ricordo del X Agosto 1867 io dedico ad alcuni ignoti uomini atroci; siano essi ora spettri che vagolano perpetuamente dal luogo ove uccisero al luogo ove furono uccisi, o siano teste rugose e bianche che sempre più si chinano a l’ombra estrema, che cova la vendetta, o siano fronti pallide che provano a rialzarsi lentamente, sperando che essa Ate non venga più, non ci sia più… un po’ di pazienza ancora, un po’ di pazienza! pazienza! pazienza!». Il progetto della lirica risale al 1893, e l’elaborazione fu molto lunga; anche il titolo passò dall’iniziale Le lagrime di San Lorenzo a S. Lorenzo e poi a quello definitivo. La genesi è drammaticamente autobiografica, ed è illuminante in proposito un passo della Prefazione inedita a MY394, scritta nel 1892: «Non hanno che questo loro babbo, otto ragazzini – Ma pensateci dunque! Perché lo volete uccidere? Pensate a lui: va a casa fidente, pieno d’amore, avrà qualche regaluccio per i suoi bambini, per la sua santa moglie – voi lo fate rimanere a mezzo la strada. Vedeste una rondine col verme nel becco nell’atto di darlo a’ suoi rondinini, non la uccidereste, non è vero? Non siete mica di cuor duro. L’aspettano a cena: non cenerà più. Eccolo. Vedete […] No: eccolo: voi prendete il vostro infame strumento di mano; lo alzate con precauzione; lo ponete alla spalla; senza affrettarvi, lentissimamente, per mirar bene; mirate alla tempia, un piccolo punto in quella testa di padre […]» (Nava 1974, II, p. 262). La memoria di quel tragico evento è, come noto, ossessiva, e torna in quattro poesie dei Canti di Castelvecchio (Un ricordo, Il nido di “farlotti”, Il ritratto, La cavalla storna), rispetto alle quali X Agosto «appare più sintetica e costruita, bloccata com’è in una serie di corrispondenze (stelle cadenti : lagrime; rondine : padre; nido : casa), che sfiorano il concettoso» (Nava). La data del 10 agosto (San Lorenzo, la notte delle stelle cadenti) porta con sé il legame con la leggenda popolare che vede nelle stelle che cadono appunto le «lagrime di San Lorenzo», cui si aggiungono varie tangenze con fonti letterarie, elencate da Nava: «A qui donc le grand ciel sombre / jette-t-il ses astres d’or? / Pluie éclatante de l’ombre, / ils tombent… – Encor! encor! // encor!» [A chi dunque il cielo buio getta i suoi astri d’oro? / Pioggia luminosa nell’ombra, essi cadono… – Ancora! ancora! ancora!] (V. Hugo, CRB Les étoiles filantes 1-4); un madrigale di Torquato Tasso: «Qual rugiada o qual pianto, / quai lagrime eran quelle / che sparger vidi dal notturno manto / e dal candido volto de le stelle? / […]»; un madrigale di D’Annunzio: «Poi che su ’l colle già la luna è spenta, / piovono li astri, lacrime immortali, / ne la notte profonda, umida, intenta. / Lacrime di dolor silenziose, / piovon li astri per l’etere. Da quali / occhi? Oh compianto de le oscure cose!» (IC Tristezza di una notte di primavera, II 1-6). La fonte dell’immagine della rondine è stata individuata

da Vischi 1911 (p. 102) in due stesure provvisorie della Pentecoste manzoniana (1817, 1819), che Pascoli poteva leggere nelle Opere inedite e rare di Alessandro Manzoni pubblicate a cura di Brambilla e Bonghi, vol. I (Milano, Rechiedei, 1883), dove però si tratta non di una rondine ma di una tortora: «Come la piccioletta / prole al suo nido stringesi / e della madre aspetta / indarno il noto vol, // ella tornando al tepido / nido con l’esca usata / per l’aria insanguinata / cadde percossa al suol»; «Come in lor macchia i parvoli / sparsi di piuma lieve / cheti la madre aspettano / che più tornar non deve / che discendendo al tepido / nido con l’esca usata / per l’aria insanguinata / cadde percossa al suol». La similitudine uccellina tornerà poi nel poemetto latino C Gladiatores 395-414, dove è una capinera ad essere uccisa mentre porta il cibo ai suoi piccoli (Nava). METRO: sei quartine di decasillabi anapestici (accenti di terza, sesta, nona) e novenari dattilici (accenti di seconda, quinta, ottava) alternati; la rima è alternata. Precisa simmetria tra la seconda e la quarta strofa e tra la terza e la quinta. San Lorenzo, io lo so perché tanto di stelle per l’aria tranquilla arde e cade, perché sì gran pianto nel concavo cielo sfavilla. Ritornava una rondine al tetto: l’uccisero: cadde tra spini: ella aveva nel becco un insetto: la cena de’ suoi rondinini. Ora è là come in croce, che tende quel verme a quel cielo lontano; e il suo nido è nell’ombra, che attende, che pigola sempre più piano. Anche un uomo tornava al suo nido: l’uccisero: disse: Perdono; e restò negli aperti occhi un grido portava due bambole in dono…

Ora là, nella casa romita, lo aspettano, aspettano in vano: egli immobile, attonito, addita le bambole al cielo lontano. E tu, Cielo, dall’alto dei mondi sereni, infinito, immortale, Oh! d’un pianto di stelle lo inondi quest’atomo opaco del Male!

1. io lo so: il pronome personale dà particolare forza e rilievo a quello che il poeta sta per dire. 1-2. tanto / di stelle: tante stelle (partitivo alla latina). 2. tranquilla: imperturbabile, «indifferente a quella caduta» (Pietrobono), con «vago sapore leopardiano-lucreziano» (Ciani-Latini). 3. arde e cade: troveremo altre stelle cadenti in Pascoli: CC Ov’é 26-27; CC Il ritratto, II 15-16 e III 35-36; CC Il bolide 34-42 (Nava). 4. nel concavo cielo: nella volta celeste; sfavilla: «son lacrime in cui sembra rifrangersi una luce di fuoco» (Pietrobono), dunque con sfumatura ossimorica. 5. tetto: casa; con scambio intenzionale, alla rondine è assegnato il tetto, all’uomo il nido, ad accentuare il parallelismo. 8. rondinini: il diminutivo, dettato dalla rima, dà anche una sfumatura di tenerezza. 9. come in croce: in questa immagine di sofferenza Vicinelli ha visto una velata allusione alla morte di Cristo (anche gli spini del v. 6 potrebbero richiamare la corona di spine) 14. disse: Perdono: cfr. la preghiera del padre in punto di morte in MY Il giorno dei morti (soprattutto vv. 9193). Per Treves, il perdono è «vero sul piano “letterario”; estremamente dubbio, o addirittura non vero, sul piano biografico-psicologico del Pascoli, il quale credette, e dichiarò sempre, dalla seconda edizione delle Myricae in avanti, che la sua missione civile consisteva precisamente nella vendetta, o rivendicazione, dei suoi morti, traditi dall’iniqua o inesistente giustizia degli uomini». 15. restò … grido: immagine sinestetica di grande forza drammatica.

17. romita: solitaria, abbandonata. 19. immobile, attonito: cfr. Manzoni, Il cinque maggio 1-6, dove immobile è la spoglia di Napoleone, e attonita rimane la terra alla notizia della sua morte (Nava); «immobile» è denotativo, mentre «attonito» sembra alludere al «doloroso stupore per l’esistenza e la forza del Male» (Borghello). 20. lontano: si ribadisce la lontananza, e dunque l’indifferenza del cielo alla sofferenza dell’uomo. 24. atomo: «termine filosofico-scientifico ricorrente nel Pascoli», diffuso nella poesia ottocentesca (Tommaseo, Aleardi, Praga, Zanella, Manzoni, Panzacchi, Fogazzaro), «nella linea d’uno spiritualismo romantico rivolto a “poetizzare” la scienza» (Nava); opaco: oscuro; in una stesura manoscritta si legge «quest’atomo nero di morte» (Nava)...


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