Appunti da dispense su Carlo Scarpa PDF

Title Appunti da dispense su Carlo Scarpa
Author Clizia Moradei
Course Storia dell'architettura
Institution Università Iuav di Venezia
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Summary

Dispense dal corso "Storia dell'architettura" prof.Lenzo. ...


Description

Appunti da dispense di Storia dell’Architettura prof. Lenzo

Frammento = elude alla compiutezza dell’ordine e alle regole della prospettiva – richiama l’elasticità della composizione. Cerca e richiama l’attenzione nello spazio, spingendo ad avvicinare le distanze. Il frammento si oppone (interrompendo) alla riduzione lineare di un’esperienza. Evoca malinconia per un qualcosa di perduto per sempre, momento di lutto. “Poetica di figure” o “Icone ermetiche” ricche di simboli e significati altri e perduti. Le opere e i frammenti vengono estraniati nel tempo e nello spazio tramite i suoi allestimenti e valorizzati per quello che sono. L’architettura può essere poesia? Aveva già affermato Wright e ribadisce in un suo trattato Duboy, dicendo che l’architettura è poesia quando c’è armonia. Lavorare per contrasto = Comporre armonia non significa eliminare le differenze - Scarpa lavora per differenze e contrasti: l’inaspettato rende felici, ma per far ciò deve cozzare con tutto ciò che di aspettato lo circonda. Disegni in prospettiva = raramente utilizzati da Scarpa che predilige prospetti, piante e studio degli elementi connettivi/di cerniera. Non si preoccupa dell’attualità della propria opera. Lavora lentamente, frutto di lunghe ponderazioni. Mentalità anti-designer = non guarda ai consumi di materiale o al fatto che i suoi pezzi d’arredamento eccedo in dimensioni rispetto alle opere. Impieghi simbolici dei materiali, non solo pratici. Significativa la presenza dell’acqua (=vita ed elemento di giunzione) nei progetti più importanti con richiami ai giardini islamici (recipienti comunicanti, specchi d’acqua, sistema di canali). Wright e Scarpa condividono una passione per lo stile orientale e Giapponese. Luce = una forte sensibilità alla luce e agli effetti di colori grazie alla formazione Veneziana. La luce permette di svelare i segreti di Venezia. “Volevo catturare l’azzurro del cielo” afferma Scarpa relativamente alla Gipsoteca di Possagno. Colore = tessiture coloristiche (guarda a Mark Rothko, Mondrian). La geometria è la conoscenza che permette di ordinare il chaos e rendere la materia percepibile. Decorazione e misura = in un’epoca in cui “il decoro è delitto” (Adolf Loos), Scarpa lo impiega solo se “onesto” ossia a misura e con una parvenza di utilità o valore di racconto. E’ chiamato a scandire le suddivisioni spaziali, le proporzioni e i rapporti geometrici. Nella Tomba Brion per esempio tutto è stato calcolato secondo i moduli di 5,5 e 11 cm.

Cornice = Tendenza all’incastonatura dei materiali. Per evidenziare il dettaglio e valorizzarne la ricchezza. Come momento di separazione. Maestra in ciò è la cultura giapponese. “ Il segreto della forma sta nel fatto che essa è confine”. Da qui l’uso di modanature complesse e motivi a gradini. Accusato di esercitare la professione di architetto illegalmente e chiamato in tribunale (poi assolto) nel 1965 in merito all’assegnazione a Scarpa della progettazione del nuovo padiglione centrale Italia alla Biennale. (1931) Lettera dei razionalisti veneziani: architettura non razionale = non architettura. Non si tratta solo di un tipo di estetica moderno ma di un modo di impiegare i materiali. La capacità è di conferire spiritualità alla materia bruta ma duttile che è l’innovativo cemento armato che permette la razionalità nell’edilizia. Tra i firmatari Carlo Scarpa. Teorici contemporanei a Scarpa: Roberto Longhi (storico dell’arte contro la pittura astratta e sostenitore di Caravaggio), Pallucchini (modernista) insieme a Longhi sono tra i membri della Commissione della Biennale; Bruno Zevi (critico d’architettura a favore del moderno); Ragghianti (critico sostenitore di Scarpa nella Commissione della Biennale); Giuseppe Mazzariol (storico dell’arte e direttore della Fondazione Querini Stampalia, amico di Arturo Martini); Moschini (direttore Gallerie dell’Accademia); Calandra (architetto che propone Scarpa per la mostra su Antonello a Messina). L’ingegner Maschietto lavora spesso in coppia con Scarpa, non potendo quest’ultimo firmare progetti architettonici. Galleria dell’Accademia (1941-1960) Dopo le distruzioni della Seconda Guerra vengono ristrutturati gli edifici adibiti a museo e con l’occasione vengono ripensati; è il caso del Louvre, dell’Accademia di Brera dove nel 1953 avviene l’esposizione del Guernica, la Galleria di Palazzo Bianco di Genova con l’allestimento di Albini nel 1950, o del museo di Fine Arts di Boston. Alla ricostruzione in stile si predilige un intervento risanatorio modernizzante. Riferimento al lavoro di Beltrami per la ristrutturazione del Museo del Castello Sforzesco di Milano del 1903 e ai suoi studi sul modo di appendere quadri nei vari musei europei. Moschini, il nuovo direttore delle Galleria dell’Accademia di Venezia chiama Scarpa ad occuparsene. Prima cosa elimina boiserie, tappezzerie, decori in stile e tinte cupe sostituendoli con intonaci dai colori neutri. I pezzi in esposizione vengono suddivisi per gruppi cronologicamente e stilisticamente omogenei. Le sale che tuttora presentano l’allestimento progettato da Scarpa sono la Sala dei Primitivi (primo salone) che mantiene il soffitto dorato a cassettoni originario e frammenti di affreschi originari sulle pareti intonacate; la sala del ciclo di Sant’Orsola con grandi tavole su intonaco chiaro e panche centrali al posto della precedente e ingombrante boiserie; le successive salette con pittori tardo cinquecenteschi dove apre lucernari velati. Il passaggio dalla prima sala alle successive presenta un notevole salto temprale, il problema è risolto con l’inserimento di una scala “a incastro” di intramezzo. Ovunque un sottile zoccolo di protezione in ferro nero (funzione di battiscopa). Della stessa tonalità con cui verranno verniciati i termosifoni. Tutti i pavimenti in scaglie di cotto o graniglia veneziana sono stati progettati da Scarpa e sono

realizzati in colata unica non in mattonelle. I supporti per appendere le tavole sono pannelli in intonaco neutro o nero. Interessante nella prima sala le teche-leggii per le piccole tavole e la vetrina che contiene preziosamente la Croce della Scuola di San Teodoro: una vetrina in cristallo con struttura di ferro che lascia gli spigolo trasparenti e finiture in ottone, alla base un blocco di porfido rosso recuperato da Scarpa. Da notare l’ingresso a bussola in vetro e legno con maniglia in bachelite. Un sistema che ricorda l’intervento sulla vetrata dell’aula magna della Cà Foscari e utile al mantenimento termico. Inizialmente appena dopo l’ingresso si trovava il bancone della biglietteria e alla sua immediata destra la scala di accesso al piano superiore con la prima sala, attualmente l’ingresso si è ampliato. Negozio Olivetti (VE) 1958 Collocato in piazza S.Marco consiste in un ambiente su due piani collegato da una scala modellata con sfasature laterali. Tra l’ingresso e la scala si trova una fontana ornamentale il cui ugello è costituito da una lastra di marmo bianco con il logo Olivetti in rame. Il getto d’acqua casca in una vasca rettangolare in marmo nero dove è impiantata un’opera dello scultore Viani. Tutti i pavimenti sono un gioco di tessere quadrangolari in marmo e vetro di murano intervallati da fasce in pietra bianca lisce. L’ingresso è dotato di un cancello scorrevole a soffietto. Le cornice delle vetrine sono in tek (legno pregiato che si ricava da una pianta tropicale) e marmo bianco. Le macchine da scrivere Olivetti sono presentate come fossero opere d’arte posizionate su vari tipi di ripiani in marmo o tavoli sospesi. Casa dell’avvocato Scatturin Biennale del 1948 Dopo la mostra del 1942 per Arturo Martini questa è la prima grande Biennale alla quale Scarpa partecipa presentando tra l’altro pittura, e in particolare pittura contemporanea cosa che non aveva mai fatto in precedenza. La commissione per questa Biennale post-bellica (dopo 2 Guerre) viene affidata a una Commissione per le Arti Figurative formata da 5 artisti e 5 studiosi coordinati dal segretario generale Pallucchini. L’obiettivo era di rappresentare tutte le correnti artistiche europee intercorse dagli inizi dal 1850 fino ad autori contemporanei con retrospettive e mostre personali mentendo il ruolo didattico della Biennale. Sul fronte francese viene deciso di dedicare una grande mostra all’Impressionismo, ancora poco noto in Italia. Sul versante italiano la pittura Metafisica e sarebbe stata l’esposizione più importante collocata nel padiglione centrale (italiano) insieme alle personali di Campigli e De Pisis. Pallucchini si auto-incarica di selezionare e organizzare le opere dei 3 pittori italiani metafisici all’interno del padiglione Italia centrale e nomina Scarpa come architetto che lo assisterà in tale progetto. Si trattò di un grande spazio espositivo tripartito con brevi quinte in tessuto calicot inclinato verso l’interno - d’ispirazione all’allestimento di Hoffman per l’esposizione del Werkbund (1930) – modellano la parte superiore mentre quella inferiore che ospita i quadri è liscia e a tintura omogenea come un nastro continuo. Le opere sono disposte in ordine non cronologico, sono allineate e sono abbinate per somiglianze formali/tematiche (vedi nei De Chirico la squadra gialla ne “L’amante dell’ingegnere” che si ritrova accanto a

“Natura morta con squadra” e il terzo, dove nella natura morta la bottiglia ricorda la scultura del “Bevitore” e la testa ovale quella della “Maternità”). Scarpa è profondamente interessato e sensibile alla poetica delle opere secondo la “logica visiva”. La prima sala ospita da un lato i quadri di De Chirico e dall’altra di Carrà, la seconda stanza quelle di Morandi mentre la terza da un lato De Pisis e dall’altro Campigli. A creare continuità e orizzontalità (la verticalità è già accentuata dal tessuto) sono inserite 4 sculture di Martini tra cui “Donna che nuota sott’acqua”, “Maternità”, “Il bevitore” e “Chiaro di Luna” che chiude sul fondale. Il pittore Felice Casorati (anche lui nella commissione per la Biennale) propone Klee, artista svizzero-tedesco scomparso nel 1940, era ancora poco conosciuto in Italia mentre Longhi è completamente disinteressato a lui e all’arte astratta in generale. Casorati cerca di mettersi in contatto con la vedova Klee invano ma Pallucchini riesce a mettersi in contatto con la neocostituita fondazione Klee che si impiegò, se pur in tempi lunghi, ad inviare materiale fotografico in bianco e nero. Così Scarpa ebbe poco meno che 3 settimane per ideare e realizzare l’allestimento. Le opere allestite sono di piccola dimensione per aumentarne la preziosità e sono dipinti e per due terzi fragili acquerelli. La struttura dell’allestimento rivela l’attitudine grafica di Scarpa. Le pareti sono tinteggiate di scuro e i pannelli, rialzati da terra, sono di altezza diverse e rivestiti in tessuto, le opere sono senza cornici ridotte a passe-partout. Tutti sono disposti sulla stessa linea all’altezza degli occhi dell’osservatore fissata a 1,60m. Crea un’esperienza visuale ed emotiva nella manipolazione dello spazio. Anche se non direttamente ripresi, si nota nella proporzione l’influenza di Le Corbusier: del “modulor” e del suo trattato “Vers une architecture” dove sostiene le linee diagonali come chiave per l’armonia. Nel connubio tra pure forme geometriche e curve organiche si rivede il lavoro dell’architetto finlandese Alvar Aalto. Anche se la mostra non ebbe molto successo ne scaturisce un importante punto di riferimento e d’ispirazione per Scarpa....


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