Appunti, Fine tuning - Storia Economia a.a 2015/2015 PDF

Title Appunti, Fine tuning - Storia Economia a.a 2015/2015
Course Storia Economica / Economic History
Institution Università Commerciale Luigi Bocconi
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Appunti sul Fine tuning ...


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La critica di Keynes all’economia neoclassica Al centro dell’analisi di Keynes nella Teoria generale dell’occupazione, dell’interesse e della moneta (1936) ci sono la produzione e l’occupazione più che i prezzi. In quest’ottica il concetto di incertezza assume un grande rilievo: in un mondo incerto che si modifica nel tempo la moneta gioca un ruolo particolare, normalmente ignorato nelle analisi di statica economica comparata: chi è in condizioni di incertezza preferisce la liquidità, perciò quando l’incertezza sul futuro è dominante, aumenta la “tesaurizzazione” della moneta, che non viene né spesa né investita. Data l’incertezza, alcuni prezzi possono risultare vischiosi (rigidi) sul breve periodo e le reazioni del sistema economico agli shock periodo possono comportare cambiamenti nel volume di produzione e occupazione. E’ quindi falsa l’assunzione che il sistema economico tenda automaticamente al pieno impiego; il sistema economico può essere stabile anche senza pieno impiego a differenza di quanto assunto dall’economia neoclassica. Se l’economia non utilizza pienamente i fattori di cui dispone, aumenti di investimenti sotto forma di spese per lavori pubblici possono portare ad un’espansione del reddito, finché nella nuova situazione l’importo risparmiato sul reddito aggiuntivo bilancia il nuovo investimento. L’incremento del reddito rappresenta un multiplo > 1 dell’investimento aggiuntivo finché l’intero incremento del reddito non viene risparmiato. La grandezza del moltiplicatore dipende dalla propensione a consumare e dagli incrementi marginali del reddito. Le politiche keynesiane negli anni Cinquanta e Sessanta Il successo delle politiche keynesiane nel raggiungere un equilibrio di alta crescita e bassa occupazione nel corso degli anni Cinquanta spinge ad un ulteriore incremento nell’utilizzo delle stesse politiche per mantenere livello costante dell’occupazione e del tasso di crescita del PIL. Si parla a questo proposito di fine tuning («perfetta sintonia»), che consiste nel ritenere necessari continui interventi delle autorità governative in risposta a fluttuazioni all’interno del sistema economico. Si tratta essenzialmente di considerare come problemi da risolvere attraverso la politica monetaria e fiscale tutti i cambiamenti indesiderati di variabili economiche quali il tasso di disoccupazione, il tasso di crescita dell’offerta di moneta e il livello dei prezzi. Questa evoluzione è rafforzata dall’elaborazione teorica in macroeconomia. Nel 1958 l'economista neozelandese Alban William Phillips (1914 – 1975) pubblica un saggio intitolato The relationship between unemployment and the rate of change of money wages in the UK 1861-1957 (La relazione tra disoccupazione e il tasso di variazione dei salari monetari nel Regno Unito 1861-1957), in cui osserva una relazione inversa tra le variazioni dei salari monetari e il livello di disoccupazione nell'economia britannica nel periodo preso in esame. Nata come relazione empirica, la curva di Phillips venne rapidamente incorporata nei modelli di ispirazione keynesiana, la cui ipotesi cruciale

è quella di rigidità del salario nominale nel breve periodo. Infatti, l'equazione dinamica del salario individuata dalla curva di Phillips da un lato permette di preservare l'idea di un aggiustamento lento dei salari nominali, dall'altro consente di determinare endogenamente il sentiero di aggiustamento di questi ultimi. Negli anni immediatamente successivi al contributo Phillips, diversi economisti nei Paesi maggiormente industrializzati furono convinti del fatto che i risultati di Phillips indicassero una relazione stabile, permanente, tra inflazione e disoccupazione. Un'implicazione di questa conclusione per la politica economica sarebbe stata che i governi avrebbero potuto controllare inflazione e disoccupazione, dovendo semplicemente risolvere un problema di trade-of tra i due obiettivi, scegliendo un punto sulla curva di Phillips dove posizionare il sistema economico. In altre parole, l'esistenza di un trade-off tra inflazione e disoccupazione attribuisce, in linea di principio, discrezionalità ai policy makers nella scelta tra disoccupazione e inflazione. A lungo i governi hanno affrontato il dilemma secondo il proprio orientamento politico usando come bussola la curva di Phillips: se erano conservatori preferivano bassa inflazione e disoccupazione più alta, se erano progressisti il contrario. Nel 1962 l’economista Arthur Melvin Okun propone poi la legge omonima che afferma che per ogni aumento del tasso di disoccupazione di un paese il PIL diminuirà rispetto al PIL potenziale (condizione di piego impiego dei fattori di produzione. Un esempio di politica monetaria d’ispirazione keynesiana basata sulle due leggi si può vedere nella Fig. 1.

Fig.1 Crescita della produzione, disoccupazione, inflazione e crescita della moneta

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Le critiche all’attuazione del fine tuning, mosse soprattutto da Milton Friedman e dalla scuola monetarista a partire dagli anni Sessanta, erano essenzialmente basate sul fatto che continui interventi di stabilizzazione dell’economia in reazione a fluttuazioni di lieve entità sono inutili perché c’è un differenziale temporale fra le fluttuazioni economiche e gli effetti delle politiche varate per stabilizzarle. È tuttavia l’economista Robert Lucas a proporre la critica più forte alle politiche keynesiane utilizzando la tesi delle aspettative razionali. Facciamo un esempio: la curva di Phillips assume che chi fissa i salari (le imprese) ipotizzi che l’inflazione attesa sarà pari a quella passata. Lucas si chiede perché le imprese non dovrebbero tenere conto dei cambiamenti della politica economica. Se il cambiamento di politica monetaria è credibile, il meccanismo di formazione delle aspettative può cambiare, provocando un minore aumento della disoccupazione rispetto a quanto l’approccio tradizionale preveda. In realtà oggi la tesi predominante fra i macroeconomisti si trova più o meno a metà dello uno spettro che va dai sostenitori senza se e senza ma della curva di Phillips pura (non integrata dalle aspettative) e delle politiche keynesiane ai “Lucasiani” che ipotizzano aspettative perfettamente razionali. Le politiche keynesiane di sostegno alla domanda aggregata sono ancora considerate efficaci ma c’è molto minore consenso sulla possibilità di prevedere perfettamente gli esiti delle politiche stesse. Data tale incertezza le politiche macroeconomiche preferite in media meno attive che in passato e vengono attivate massicciamente (o dovrebbero esserlo) solo in caso di recessioni conclamate, come nel caso della crisi del 2008 negli Stati Uniti....


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