ART. 20 TFUE processo simulato PDF

Title ART. 20 TFUE processo simulato
Course Diritto Europeo
Institution Libera Università Internazionale degli Studi Sociali Guido Carli
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ART. 20 TFUE E CITTADINANZA EUROPEA CHE COS’È LA CITTADINANZA EUROPEA? La cittadinanza dell’UE è quell’insieme di diritti e doveri che riguardano tutti i cittadini all’interno di una data comunità e che ne garantiscono l’eguaglianza. Sulla base dei trattati dell’Unione Europea, la cittadinanza europea affianca quella nazionale senza sostituirla e conferisce a tutti i cittadini degli Stati membri dei diritti supplementari, diversi da quelli che essi hanno in quanto cittadini di un singolo Stato. La Cittadinanza Europea nel 2019 Attualmente la cittadinanza europea, e gli annessi diritti, vengono definiti sia nelle versioni consolidate del TUE (Art. 2;3;7;9-12) e del TFUE (Art 18-25), sia nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione (Art. 39-46). Grandi assenti della legislazione comunitaria sono, invece, i doveri dei cittadini europei. Gli articoli 9 TUE e 20 TFUE stabiliscono dunque il concetto di cittadinanza e ne elencano brevemente i diritti, che poi vengono specificati negli articoli successivi. I diritti vengono divisi in quattro macro categorie, a cui se ne accompagna un’ultimo fondamentale, riguardante l’iniziativa dei cittadini europei. L’art. 20 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) prevede che è istituita una cittadinanza dell'Unione, che è cittadino dell'Unione chiunque abbia la cittadinanza di uno Stato membro e che la cittadinanza dell'Unione si aggiunge alla cittadinanza nazionale e non sostituisce quest'ultima. I cittadini dell'Unione godono dei diritti e sono soggetti ai doveri previsti nei trattati. Essi hanno, tra l'altro: a) il diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri; b) il diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni del Parlamento europeo e alle elezioni comunali nello Stato membro in cui risiedono, alle stesse condizioni dei cittadini di detto Stato; c) il diritto di godere, nel territorio di un paese terzo nel quale lo Stato membro di cui hanno la cittadinanza non è rappresentato, della tutela delle autorità diplomatiche e consolari di qualsiasi Stato membro, alle stesse condizioni dei cittadini di detto Stato; d) il diritto di presentare petizioni al Parlamento europeo, di ricorrere al Mediatore europeo, di rivolgersi alle istituzioni e agli organi consultivi dell'Unione in una delle lingue dei trattati e di ricevere una risposta nella stessa lingua. REVOCA DELLA CITTADINANZA NAZIONALE E PERDITA DELLO STATUS DI CITTADINO DELL'UNIONE Come è noto, la cittadinanza europea, istituita dal Trattato di Maastricht, spetta a tutti i cittadini degli Stati membri dell’Unione in quanto tali, aggiungendosi a quella nazionale (art. 9 TUE), al pari di una seconda cittadinanza. Si tratta, secondo la costante interpretazione della Corte di giustizia dello status fondamentale dei cittadini dei Paesi membri, la

cui importanza è rinsaldata dal Trattato di Lisbona. Infatti, il nuovo Trattato esprime la volontà degli Stati membri dell’UE di istituire una cittadinanza comune ai cittadini dei loro Paesi per la creazione “di un’unione sempre più stretta fra i popoli dell’Europa. Nel senso di una migliore tutela del cittadino depone, altresì, la previsione del diritto di iniziativa legislativa popolare (artt. 11, par. 4, TUE, e 24, par. 1, TFUE, a mente dei quali un milione di cittadini di più Stati membri potranno proporre alla Commissione la presentazione di proposte di legge), che completa il quadro dei diritti del cittadino dell’Unione, affiancandosi a quelli della libera circolazione, di elettorato attivo e passivo nelle elezioni del PE e in quelle comunali nello Stato di residenza, di petizione al PE, di ricorso al mediatore europeo, alla protezione diplomatica, alla trasparenza e di accesso ai documenti (artt. 18-25 TFUE). D’altro canto, il Trattato di Lisbona conferma che l’attribuzione della cittadinanza europea dipende dalla sussistenza dello status di cittadino di un Paese membro; in altre parole non esiste un procedimento autonomo per la concessione della cittadinanza dell’Unione, bensì sono gli Stati, attraverso le norme nazionali sull’attribuzione e sulla revoca della propria cittadinanza, a determinare altresì l’attribuzione e la revoca della cittadinanza dell’UE. Per indicazione della Corte, il solo limite alla discrezionalità statale nella formulazione delle leggi sulla cittadinanza è dato dall’obbligo di rispettare il diritto dell’Unione. La Corte ha riconosciuto che la cittadinanza presuppone un rapporto di solidarietà e di lealtà, nonché di reciprocità di diritti e doveri, tra Stato e cittadino e che è dunque legittima la revoca della naturalizzazione in caso di frode commessa dall’interessato nell’ambito della procedura di acquisizione della cittadinanza. In casi siffatti, la revoca tutelerebbe un pubblico interesse, meritevole di tutela secondo il diritto dell’Unione e secondo il diritto internazionale convenzionale e consuetudinario. Per aprire una parentesi, l’importanza che il diritto dell’UE annette allo status di cittadino dell’Unione, spetta al giudice del rinvio verificare se la decisione di revoca nel determinato caso rispetti il principio di proporzionalità “per quanto riguarda le conseguenze che essa determina sulla situazione dell’interessato in rapporto al diritto dell’Unione” . La Corte ha indicato altresì i parametri per valutare se il suddetto principio di proporzionalità risulti rispettato: il giudice nazionale dovrà tenere conto delle possibili conseguenze che la revoca comporta per l’interessato ed, eventualmente, per i suoi familiari sotto il profilo della perdita dei diritti di cui gode ogni cittadino dell’Unione; inoltre, dovrà determinare se tale perdita sia giustificata, al tempo trascorso tra la decisione di naturalizzazione e la decisione di revoca, alla possibilità che l’interessato riacquisti la cittadinanza di origine. Tuttavia – ha suggerito la Corte – il rispetto del principio di proporzionalità potrebbe presupporre la concessione di un termine all’interessato affinché si attivi per recuperare la cittadinanza originaria, così da subordinare alla scadenza di tale termine l’efficacia del provvedimento di revoca della cittadinanza concessa. La Corte in molti casi ha già abbondantemente utilizzato il principio di proporzionalità per valutare la conformità al diritto dell’UE delle deroghe e restrizioni ai diritti dei cittadini, ed in particolare alla libertà di circolazione dei medesimi, stabilite dalle leggi nazionali (sentenze della Corte di giustizia del 3 giugno 1986, causa 139/85, Kempf, in Raccolta, p. 1741, punto 13; del 10 luglio 2008, causa C-33/07, Jipa, in Raccolta, p. I-5157, punto 23; del 27 aprile 1989, causa 321/87, Commissione c. Belgio, in Raccolta, p. 997, punto 10; del 28 ottobre 1975, causa 36/75, Rutili, in Raccolta, p. 1219, punto 27; del 27 ottobre 1977, causa 30/77 Boucherau, in Raccolta, p. 1999, punto 33. L’ingerenza della Corte appare tanto più significativa se si considera che incide su una competenza che rappresenta una chiara espressione della sovranità statale riconosciuta dallo stesso TCE (art. 17, n. 1) e dall’attuale TUE (art. 20, par. 1). In questo modo, la Corte ha ribadito non solo il primato del diritto dell’Unione, ma, al contempo, l’importanza fondamentale, per ciascun cittadino di uno Stato membro, dello status di cittadino europeo e dei diritti che esso conferisce, ai fini di una sempre maggiore democratizzazione e integrazione dell’Unione europea fondata sui valori e gli obiettivi comuni all’Unione.

Appare invece ancora lontana la emanazione di norme minime comuni, da parte dell’Unione, per individuare chiaramente i limiti alle competenze statali in materia di attribuzione revoca della cittadinanza, quanto meno in relazione all’esigenza del rispetto dei diritti fondamentali del cittadino.

Esempio considerando il caso del processo: CITTADINANZA EUROPEA E DIRITTO DEI TRATATTI. LA CORTE DI GIUSTIZIA SARÀ CHIAMATA AD ESPRIMERSI SUI DIRITTI DEI CITTADINI BRITANNICI POST-BREXIT Anno 2018.

A seguito di una domanda di pronuncia pregiudiziale in via di inoltro da parte del Tribunale di Amsterdam, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea potrà esprimersi sulle conseguenze della Brexit sul diritto di cittadinanza europea dei cittadini britannici. La domanda è sorta nell’ambito di un procedimento intentato da cinque cittadini britannici residenti nei Paesi Bassi contro lo Stato Olandese ed il Comune di Amsterdam in merito all’eventuale perdita della cittadinanza europea dopo che la Brexit sarà divenuta effettiva. Ai sensi dell’articolo 20 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), “… la cittadinanza dell’Unione si aggiunge alla cittadinanza nazionale e non la sostituisce…”. Il diritto di cittadinanza dell’Unione è probabilmente il più significativo dei diritti quesiti, vale a dire, quei diritti già acquisiti dai cittadini europei che hanno deciso di trascorrere la loro vita, o parte di essa, nel Regno Unito, e dai cittadini britannici che hanno a loro volta scelto di spostarsi sul continente. A livello europeo, sono considerati diritti quesiti quelli consacrati dai Trattati e dall’acquis comunitario, quali il diritto a dimorare e viaggiare liberamente in qualsiasi Stato Membro, votare e candidarsi alle elezioni europee e locali e godere della protezione consolare e diplomatica europea in altre parti del mondo. Tali diritti sono ribaditi anche dal Titolo V della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea, mentre la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) non contiene disposizioni specifiche in materia di cittadinanza. Tuttavia, tale Convenzione tutela la libertà di circolazione e residenza dei cittadini che si trovano regolarmente nel territorio di uno Stato contraente. Essa tutela altresì alcuni diritti correlati come, ad esempio, la protezione della proprietà e della famiglia.

Per i cinque cittadini britannici, la cittadinanza europea, ed i diritti e libertà ad essa connessi, dovrebbero essere considerati diritti irrevocabili. Il Governo dei Paesi Bassi, invece, ritiene che essendo i negoziati sulla Brexit ancora in corso, il giudice nazionale, allo stato attuale, non potrebbe esprimersi sulla questione. Secondo il giudice olandese, è discutibile che la Brexit porti automaticamente alla perdita della cittadinanza europea per i cittadini britannici residenti nel territorio dell’Unione, in quanto, a suo avviso, le persone che hanno acquisito determinati diritti dovrebbero in ogni caso godere di protezione. I Trattati costituitivi, ed in particolar modo l’articolo 50 del Trattato sull’Unione Europea (TUE), non disciplinano le conseguenze che il recesso di uno Stato Membro può avere sui diritti già acquisiti dai cittadini dell’Unione. Le conseguenze della risoluzione di un trattato sono disciplinate, in via generale, dalla Convenzione di Vienna del 1969 sul Diritto dei Trattati ed in particolare dal suo articolo 70, che prevede che la cessazione di un trattato non pregiudica i diritti, gli obblighi o le situazioni giuridiche delle parti che siano venuti a crearsi a motivo dell’esecuzione del trattato

prima della sua cessazione. Tuttavia, le parti a cui si fa riferimento in questo articolo non sono gli individui, ma gli Stati contraenti. Questa interpretazione è stata confermata dalla Commissione per il Diritto Internazionale delle Nazioni Unite nel commento all’articolo 66 della Convenzione (ora articolo 70). Ciò viene anche riconosciuto dal Tribunale di Amstedam, per il quale la Convenzione di Vienna sul Diritto dei Trattati fa riferimento alle conseguenze legali che un trattato crea tra gli Stati, mentre il TUE ed il TFUE non solo creano diritti e obblighi tra gli Stati, ma anche diritti e doveri per i cittadini dell’Unione. Contrariamente ad altri Trattati bilaterali e multilaterali, il TUE e il TFUE istituiscono, infatti, un ordinamento autonomo indipendente dagli ordinamenti nazionali, per il quale gli Stati Membri hanno autolimitato la loro sovranità. Così come la Convenzione di Vienna stabilisce la procedura da seguire nel caso in cui uno Stato decida di ritirarsi da un trattato e le possibili conseguenze sulle situazioni venutesi a creare durante la sua applicazione, il TUE prevede una procedura da seguire nel caso in cui uno Stato Membro intenda recedere dall’Unione (articolo 50), ma non stabilisce quali siano le conseguenze per i diritti dei singoli. Secondo il Tribunale olandese, alla questione dello status giuridico postBrexit dei cittadini del Regno Unito residenti in un altro Stato Membro dell’Unione, con particolare riguardo ai diritti e alle libertà derivanti dall’articolo 20 TFUE, dovrebbe essere fornita una risposta sulla base del diritto dell’Unione stesso. Pur rilevando che il diritto alla cittadinanza europea è riservato ai cittadini degli Stati Membri dell’Unione (mentre il Regno Unito diverrà Stato terzo) e, ritenendo possibile che la perdita dello status di cittadino di uno Stato Membro comporti anche la perdita della cittadinanza dell’Unione, il Tribunale di Amsterdam ha ritenuto opportune deferire la questione alla Corte di Giustizia per ottenere maggiore chiarezza. Le parti nel processo olandese hanno avuto tempo fino al 14 febbraio 2018 per commentare la decisione di rinvio. In particolare, con la prima domanda che il Tribunale olandese intende presentare alla Corte di Giustizia, viene chiesto se la Brexit implichi che i cittadini britannici perdano automaticamente la loro cittadinanza europea e tutti i diritti che ne derivano, compresa la libertà di circolazione. Se la risposta alla prima domanda dovesse essere negativa, viene altresì domandato se debbano essere imposte condizioni o restrizioni al mantenimento dei diritti e delle libertà derivanti dalla cittadinanza dell’Unione. La futura sentenza della Corte avrà conseguenze di vasta portata per i cittadini britannici che attualmente vivono in tutti gli Stati Membri, anche alla luce della recente dichiarazione della Premier britannica Theresa May, per la quale i cittadini europei che arriveranno nel Regno Unito durante il periodo di transizione non godranno degli stessi diritti di chi vi si è stabilito prima della data di uscita....


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