Arte e/o tecica. Sfide Giuridiche PDF

Title Arte e/o tecica. Sfide Giuridiche
Author Sara Ponzo
Course Filosofia del diritto
Institution Università degli Studi di Roma Tor Vergata
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Summary

Riassunto completo e sostitutivo del libro Arte e/o tencica. Sfide Giuridiche per sostenere l'esame di Filosofia del diritto.
Comprende il riassunto integrale del libro, integrato con il libro Filosofia del diritto penale: quattro voci per una introduzione, di Agata C. Amato Mangiameli, utile ...


Description

Arte e/o tecnica Sfide giuridiche

Capitolo I

Conoscenza e/o valutazione. Due biblioteche diverse? 1.Contrast

Teologi la giustizia non può non essere primaria come affermano i deontologi , perché noi non siamo il genere di esseri che l'etca deontologica vuole che siamo: la questione non è quali sono i miei fini, ma chi sono, come mi distinguo da cosa è mio? Deontologi: il concetto di giusto è prioritario rispetto al bene. Cos'è il buono? Ciò che si accorda ai principi del giusto già a disposizione. Non cognitvist etci: propongo una divisione fra conoscere e valutare, verità e valori e essere e dover essere Come affermato da Protagora non esistono valori assoluti osserviamo una varietà storica dei valori( essi non sono altro che il frutto di processi culturali, sociali personali). Cognitvist etci: Esistono dei giudizi di valore che hanno fondamento oggettivo, dunque sono in stretto rapporto con la realtà e conoscono i suoi elementi strutturali e essenziali. La filosofia non si limita a proporre valori, ma devi in primis conoscere e mostrate quel rapporto che hanno con la realtà per renderli comunicabili. Giuspositvist le norme non devono essere giuste, ma valide. Si nega qualsiasi legame metafisico, assiologico e valoriale. L'unico diritto possibile è il diritto positivo, quello concretamente osservato nei fatti. Insieme di norme stabilite dal legislatore. Giusnaturalist: Esiste un diritto meta-positvo assiologicamente superiore a quello scritto. E se non è scritto non è scrivibile è contenuto nelle tavole del cuore umano. Queste norme hanno un fondamento oggettivo diverso dalla volontà di chi li imponediritto naturale In tutti i contrasti, la contrapposizione fondamentale consiste tra etica dei doveri( l'etica deontologica salvaguardia dell'universalità della norma) oppure etica dei fini (etica teleologica).

2.Confront 2.1 Fatti e valori La molteplicità di valori non permette di definire quali di essi siano giusti e quali di essi non lo siano, spesso sono decisi per compromesso e in modo relativo. Da qui deriva la distnzione tra il mondo dei fatti e il mondo dei valori, fra scienza filosofia, conoscenza e decisione. Alla scienza  conoscenza descrittiva dei fatti Filosofia proposta di valori. A questo punto sul piano pratco avremmo una distinzione tra: Tecnici  a cui spetta il parere-consiglio basato sulla scienza Politci a cui spetta la decisione basata sui valori.

Alla scienza del diritto sapere cosa è realmente il dritto Filosofia del diritto discutere i criteri in base ai quali il dritto posto sia conforme alla sua pretesa di essere giusto(giudizio sia valutatvo che conoscitvo). I filosofi del diritto non possono discostarsi dalla realtà, dai risultati della scienza. Il progresso tecnico ci propone dinanzi a nuovi problemi concreti e rende le utopie più realizzabili di quanto non si credesse un tempo, portando alla rivalutazione della filosofia pratca. Una rivalutazione che è la risposta alle incalzant questoni contemporanee, per questa deve riappropriarsi della querela scienza/tecnologia/etica guardando anche al passato perché come dice Hans Jonas é terrificante l'arroganza con cui la ragione guarda al passato mortificandolo e senza riuscirne a cogliere la saggezza. Tutto quanto affermato finora porta a ripudiare la separazione tra scienza e filosofia, poiché del tutto fallace. Nonostante vi sia la separazione dei metodi e la distinzione dei referenti dei problemi trattati, entrambe sono interattive e devono collaborare alla ricerca.

2.2 Verità e Valori La distinzione ha origini lontane. Della verità si è occupata il la filosofia teoretca: Platone sostiene il principio del re-filosofo, che si attiene alla verità perché possiede la scienza teoretica, ossia congiunge sapere politico e metafisica. Il valore è la categoria chiave della filosofia pratica, infatti il valore è possibile solo quando c'è la concretezza dell'azione. Non gli si può dare una fondazione assoluta, perché è relativa alla situazione. Aristotele successivamente trasforma questo principio e lo riduce in un problema politco.

Capitolo II Creazione vs Interpretazione? 1. Puro esegeta della legge? Qual è il compito del giurista? Adeguare di integrare i sistemi e gli ordinamenti giuridici concreti, secondo Le differenti richieste e le varie pretese delle società contemporanee. Come lo fa? “Premessa” Il prodotto normativo non tiene il passo dell'evoluzione della società mutevole, sviluppo il giurista si accosta al diritto e cerca quei criteri di giustificazione dell'obbligatorietà normativa che lo sottraggono al volontarismo della potenza, l'esecutorietà dell'imposizione, affinché armonizzi istituzioni norme e principi con le esigenze della società. Qual è la vocazione del giurista? Di realizzare quel coordinamento d'azione per l'armonia la pacificazione della realtà della società, che il fine perseguito dalla giustizia. Tutto questo è il fine necessario allo sviluppo di una società positiva. Il giurista è pure esegeta? No, poiché ogni interpretazione che la problematicità discussione ogni lettura

può generare controversie discordi. L'interpretazione non si esaurisce sulla mera cosa pensata. L'interpretazione che si dà a una norma risponde alle esigenze della società in cui viviamo, Dunque tutte le interpretazioni sono giustificate. Giudice testimonianza corporea della legge Avvocato Pellegrino annunciatore del diritto.

2. Tecnologia e Fantasia creatva Cosa fa la società tecnologica? Svuota di significato istituzioni, governo e Parlamento. Mette in crisi l'equilibrio e le figure tradizionali dell'uomo politico: " quell'uomo che interpreta esprime lo opinioni e le tendenze della Finanza i rapporti di interazione". Perché la figura del politco è in crisi? Ha conoscenze non dissimili da quello dell'uomo comune, l'uomo fra tutti gli uomini, ma tuttavia la nuova società necessità di tecnici in grado di comprendere le aspirazioni di un luogo comune e dirigere e coordinare il lavoro dei tecnici stessi. Cosa deve fare il giurista? Deve essere in grado di ricostruire il sistema normativo: adottare lo Ius conditum e essere audace nella progettazione dello ius condendum, chiamato a farlo nella legalità e nel quadro dei principi della comunità.

Il giurista come tecnico: necessariamente indispensabile, può dare un bilancio minuzioso del passato, poiché si avvale giornalmente degli strumenti normativi, per esperienza diretta. Quale giurista deve svolgere questo compito? Colui che agisce con fantasia creativa, non leggendo il diritto come altro da se. Svolgendo un impegno concreto di tutto l'essere della personalità. Quando si sottopone la norma alla prova della realtà esso deve mettere tutto il suo impegno di difensore di quella volontà, consapevole di trovarsi nelle trame dei rapporti interpersonali

3.Tra certezza e giustzia Globalità, organicità e artficialità prevedono dei piani e programmi coerentemente e razionalmente costruiti. Ma l'accelerazione dello sviluppo richiedono assoluta libertà dei piani e programmi, che nonostante essi siano costruiti finiscono con l'invecchiare precocemente per via della stessa accelerazione. La società tecnologica propone al giurista la partecipazione autonoma alla creazione del diritto. Nella sua funzione politica  a seconda della coscienza morale e delle opinioni politiche e si può provare biasimare una legge. Al giurista spetta inoltre il compito di suddividere tra richiesta di certezza è quella di giustizia. Da un lato vi è l'esigenza della certezza del diritto(ordine), Dall'altro la sicurezza del diritto (libertà).

Capitolo III È giusto ciò che piace agli dei o piace agli dei ciò che è giusto? 1. Un'antca contesa ancora seducente Tra le tante distinzioni quella più seducente è la contesa tra: razionalista etco (giusnaturalista) e il volontarismo etco (giuspositivista). A dispetto delle intenzioni non ritroviamo la domanda: è giusto ciò che piace agli dei o piace agli dei ciò che è giusto? Poiché, pur difficile quesito proposto, essa si dirama in una serie di interrogativi ulteriori. Non ultimo quello sulla funzione svolta dal diritto. Nonostante la pretesa del positivismo giuridico di chiudere ogni discorso in ciò che è legale, riconoscendo alla scienza giuridica la sola possibilità di esprimere una valutazione basata sul criterio formale della legalità o delle illegalità: Il compito del giurista non è quello di dichiarare ciò che è legale, ma ciò che è giusto. La questione si presenta come essenziale e imprescindibile nella ricerca di quel fondamento che giustifica l'obbligatorietà del diritto, in modo da distinguerlo da un atto di imposizione. Riducendo il diritto a un fenomeno estrinseco e di manifestazioni di volontà di chi detiene il potere, ogni regola di condotta sarebbe senz'altro legata ad un ordine in senso proprio un dovere di giustizia. Essendo un'imposizione di una volontà qualsiasi, si potrebbe essere indotti a ritenere non obbligatorio conformarsi all'ordine. Resta comunque una domanda: il superamento del diritto e la riduzione ad altro da sé, non si porta a un tempo segnato dalla violenza, invivibile?

2. A favore dell'approccio antropologico Ciò che distngue il diritto positivo dal non-diritto lo possiamo ricavare dall'ordinamento, in particolare dalle deliberazioni di un sovrano o dagli organi competenti entro un ordinamento giuridico, è vero anche che la ricostruzione del diritto come sola giuridicità positva incontra difficoltà a porre in luce la specificità dell'esperienza giuridica, rispetto alle altre forme co-esistenziale. Senza situare i valori giuridici concreti all'interno di quell'immagine unificata dell'esistenza e della giustizia nella quale sono oggettivi, essi trovano l'unica possibilità interpretativa completandosi vicendevolmente, facendo finta di conoscere il diritto come realmente è e di riscoprire di nuovo che il diritto e politica  né fondamenti né valori di cui valga la pena parlare. Tra tutte le possibili ricostruzioni che sono volte a fondare il sistema giuridico e i soggetti concettuali, quella da recuperare chiarisce la ragione per la quale la dimensione del dover-essere si dà all'uomo e unicamente nell'uomo.

Altriment detto la formalizzazione normativa ha origine e acquista significato costitutivo solo all'interno di una determinata versione della persona umana, della quale è espressione e nella quale si fonda. La norma è sia atto sapienziale ( permette di riconoscere ciò che spetta all'uomo) sia atto di imposizione (richiede gli adempimenti delle spettanze). L’armonizzarsi di questi aspetti  l'atto normativo, nonostante sembri la manifestazione della volontà autoritativa, non possa ricavare la sua giustficazione solamente da una coercizione imposta dall'esterno, ma debba essere messo in relazione anche con il significato in esso espresso e in rapporto alla risposta che riesce a dare nelle diverse dimensioni che gli sono proprie. La sua giustficazione giuridica deriva anche dalla norma e dal suo conformarsi al proprio fondamento. Da qui la necessità di una costruzione antropologica volta a riaffermare che all'interno dell'esistenza umana libertà e regolarità sono da sempre legata a doppio filo. Del resto l'uomo esercita la sua libertà in senso proprio quando agisce nel mondo e vi interviene rispettando le regole e conformandosi ai principi.

3. La cura del fondamentale Così si deve proporre la questione della norma in termini di dialogo e di ragione, cioè in termini di verità, per contrastare la decadenza del relativismo che attraversa e definisce il presente. Altriment detto: solo una ricerca attenta de il fondamento filosofico-ontologico della norma, è in grado di opporsi alle le concezioni calcolante utilitaristiche del diritto. La filosofiaessendo ricerca della verità, devie risvegliare quegli interrogativi dello spirito sospesi tra identità e alterità , tornando ad essere saggezza del nostro tempo. Il diritto  con il postulato metafisico della libertà deve dare diritto di ogni libertà ricercando sempre il proprio fondamento, che si trova sospeso tra inaccessibile e virtù elementare, tra fine e funzione. La filosofia può tentare di abbandonare la ricerca della verità e il diritto si può trasformare in altro da sé, che divenuto astratto e formale sarebbe identico al diritto del più forte, a meno che il potere politco non intervenga a garantre a ciascuno il proprio diritto. Le cose non sono affatto semplici, la filosofia si è spesso ingannata circa la sua natura. Se è vero che la filosofia studia l'essere in quanto essere e le proprietà che gli sono inerenti, è altrettanto vero che questa scienza è priva di uno statuto reale ed è annoverata fra le scienze costretta ad andare alla ricerca di sé. Per questo essa traveste di continuo dal suo contrario: l'ideologia fino a sfociare nel nichilismo. La filosofia è chiamata ad indagare e interpretare tutto ciò che la circonda e riflettere su quelle questioni che riguardano ognuno di noi. Il diritto ha mostra spesso un'altra faccia della medaglia: quanto più si individuano concetti e ragioni personali, tanto più si eleva la soglia di infelicità della coscienza giuridica. L'astratta universalità può portare al non-diritto, una giungla di rapporti di forza. Il mare affidarsi alla ragione impersonale e alla legalità potrebbe condurre una comprensione del giuridico che però non ha né la capacità né il coraggio di esaurirlo.

Capitolo IV

Fondazione…non solo giustficazioni 1.Norma, decisione e procedura La cultura giuridica del ‘900, nel tentativo di chiarire il rapporto tra norme e realtà, tra essere e dover essere, ha proposto: un astratto normatvismo, un decisionismo privo di orientamento e un funzionalismo sociologico. Ognuno di questi indirizzi è riduttivo:

Normatvismola norma si ridurrebbe a una mera forma e la sua giustificazione deriverebbe soltanto dalla coercibilità. Essa sarebbe un insieme di prescrizioni, in quest'ottica il dato normativo possiederebbe un ambito di razionalità del tutto autosufficiente e non ci dovrebbero essere relazioni tra essere e dover essere alla base di tutto ciò che è regolamentato e che costituisce il contenuto del dover essere.

Decisionismola norma e l'intero ordinamento giuridico sono un atto di decisione dal sovrano, situata al di sopra al di fuori della legge. La decisione del sovrano crea il diritto dal nulla. Il sovrano non ha bisogno di diritto per creare diritto e la sua decisione è libera da ogni vincolo normativo ed assoluta. Funzionalismo sociologico ha ricoperto per diversi anni una posizione dominante tra le teorie sociologiche contemporanee. Nel funzionalismo la società = un insieme di part interconnesse tra loro, nessuna di esse può essere intesa in maniera isolata dalle altre, ma solamente nel suo contesto. Le relazioni che intercorrono tra le parti della società sono di tipo funzionale, ovvero ogni elemento svolge un particolare compito che unito a tutti gli altri concorre creare a mantenere funzionante quell’apparato che noi chiamiamo società. Nel funzionalismo esiste uno stato di equilibrio nella società che si ha quando ogni parte svolge correttamente il proprio compito. Il concetto fondamentale del funzionalismo è lo studio della società intesa come una globalità di strutture sociali e culturali relazionali fra loro la cui funzione è quella di contribuire a preservare quelle condizioni essenziali per l'esistenza del sistema sociale indagato.

2. Ancora Kelsen. La problematca del fondamento della norma non riguarda solo l'imposizione e la validità formale, ma riguarda anche al momento applicatvo del diritto. Secondo Kelsen la norma generale, che è valida per il fatto di essere osservata e, se non osservata, applicata, verrebbe solo grazie alla mediazione della corrispondente norma individuale incondizionata.  Questo significa : ogni soggetto, appartenente alla classe di individui determinata dalla norma generale, rivolgerebbe a se stesso un precetto singolare e proprio questo rappresenta il riconoscimento della norma generale ( in breve: una norma generale vale solo se si delibera una norma individuale osservando la quale la si riconosce come generale). All'opposto se non si deliberasse la norma individuale non si riconoscerebbe la validità della norma generale. Scrive Kelsen: “Se il tribunale non riconosce in un caso concreto la norma generale statuina dal legislatore e non applica la sanzione stabilita da quella norma e la sentenza passa in giudicato, la norma giuridica generale non valida per questo caso. Essa Rimane però indirettamente valida per gli altri.” La Teoria generale delle norme in cui sviluppa ulteriormente le sue idee rispetto alla dottrina pura del diritto. Per quest'ultma, la validità di una norma deriverebbe dalla sua statuizione secondo il procedimento di produzione fondato sulla norma fondamentale (Grundnorm) e l'applicazione del diritto si

caratterizzerebbe come fase ulteriore di produzione normativa, anch'essa fondata sul i limiti della precedente deliberazione. La nozione di validità apparirebbe condizionata da quella di legalità, in base alla quale sarebbe possibile legittimare , o meno, il passaggio da generale a particolare e dal particolare all’esecuzione materiale del diritto. Nella Teoria generale delle norme, la validità deriverebbe sì dalla norma fondamentale, ma solo se si è riconosciuta come valida. Soltanto una norma può essere il fondamento della validità di un'altra norma. Kelsen fonda la positività, carattere atteggiamento concreto e realistico, di chi si attiene alla realtà dei fatti, dell'ordinamento sulla volontà dell'autorità. Ma ricondurre la validità normativa all'autorità significa spostare la riflessione sul rapporto tra autorità e potere.

3. Oltre la razionalità autosufficiente del dover-essere. In aperto contrasto con il positvismo giuridico c'è chi dedica particolare attenzione all'applicazione della legge. Si sostiene che il compito del giudice armonizzare le prescrizioni legislative con le attese di giustizia che contraddistinguono un certo contesto storico- sociale. Il giudice, nella sua interpretazione, si deve confrontare con le aspettative di interi gruppi sociali. Tale confronto non è a posteriori ma determina la direzione nel corso della decisione del giudice, è pre-comprensione. Anche l'individuazione della norma disciplinare è frutto della pre-comprensione giuridica del sistema, quale premessa, non solo del comprendere ma soprattutto del decidere. La pre-comprensione è più di semplice condizione del comprendere, è la premessa per un comprendere che può essere utlizzata come fondamento della decisione. Capire ciò che la società vuole significa orientarsi verso una decisione soddisfacente. L'applicazione della legge implica la comprensione delle aspettative della società e da quest'ultima a sua volta dipende l'idea che sia nell'applicazione.

Tale circolo applicativo svolge un ruolo chiave nel diritto. l'interprete valuta la situazione di fatto e la situazione di diritto, consulta il testo giuridico alla luce degli interessi del suo tempo e della società e all'interno di questo processo di consultazione, non neutrale, viene guidato dall'idea vincolante del diritto. In altre parole: sono presi in considerazione in anticipi i risultati possibili e su di essi si verifica la comprensibilità del testo. Inoltre essere afferma che: l'applicazione del diritto esige sempre una comprensione , che però non è frutto di una posizione individuale e soggettiva, cioè le del giudice, ma deve rispettare le attese dell'ambiente verso cui si dirige. La decisione costituire una convincente formulazione del diritto oggettivo. Solo rispettando gli orizzonti di attesa, l'interprete può giungere ad una decisione ragionevole, che in quanto tale, incontra il consenso generale. Sempre qui la diffusa esigenza di superare i limit del razionalismo legalistco, in nome di quel coordinamento tra legislazione e giurisdizione. Un'esigenza questa, che in alcuni percorsi si manifesta privilegiando: la concretezza nella definizione del diritto e in quello della norma la decisione pratica. Detto altriment: diritto e norma sarebbero innanzitutto concretizzazione di quei valori che contraddistinguono un determinato ...


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