Le sfide dell\'etica PDF

Title Le sfide dell\'etica
Author Giulia mazzoni
Course Bioetica
Institution Università di Bologna
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Summary

Riassunto libro le sfide dell'etica DI BAUMAN...


Description

Le sfide dell’etica.—> introduzione! Il tema di questo libro è l'etica postmoderna, non la morale postmoderna. Sul piano della vita quotidiana, è sufficiente menzionare gli svariati problemi morali che derivano dalla condizione attuale delle relazioni di coppia, della sessualità e della convivenza familiare, problemi notori per la loro indeterminatezza istituzionale, la flessibilità, la mutevolezza e la fragilità; o, ancora, la molteplicità delle “tradizioni”.Oppure, all'estremo opposto, è sufficiente menzionare il problema del contesto globale della vita contemporanea: si potrebbero citare i rischi di portata incommensurabile, davvero catastrofica, che nascono dall'intreccio di obiettivi parziali e unilaterali, e che non possono essere sondati in anticipo o che rimangono celati nel momento in cui le azioni vengono pianificate, per il modo in cui tali azioni sono strutturate. Essi vengono trattati come contesto esperienziale in cui si forma la prospettiva specificamente postmoderna sulla morale. Alla nozione dell'approccio postmoderno alla morale viene associata troppo spesso la celebrazione della "fine dell'etica", della sostituzione dell'etica con l'estetica, e dell' emancipazione che ne deriva.L'etica stessa è denigrata o schernita in quanto costrizione tipicamente moderna ora superata e destinata alla pattumiera della storia; Lipovetsky, illustre cantore della "liberazione postmoderna", inventore dell"'Era del vuoto" e dell"'Impero dell'effimero", sostiene che siamo finalmente entrati nell'epoca dell'aprèsdevoir, un'epoca postdeontica, in cui la nostra condotta è stata liberata dalle ultime tracce di opprimenti "doveri illimitati" "precetti" e "obblighi assoluti".Nel nostro tempo l'idea dei sacrificio di sé è stata delegittimata; gli uomini non provano l'impulso né il desiderio di perseguire ideali morali e salvaguardare i valori morali.(lo slogan più diffuso—> “non fare più del necessario). La nostra è l’epoca dell’individualismo e di conseguenza può ammettere soltanto una morale minimalista. ! Duplice Errore: ! -argomento dell’indagine presentato come una risorsa investigativa;! -descrivere il comportamento prevalente non significa fare un’enunciazione morale.! La modernità aveva la capacità di ostacolare l'autoanalisi; essa avvolgeva i meccanismi dell'autoriproduzione (?) in un velo di illusioni senza le quali quei meccanismi, per come erano, non potevano funzionare correttamente; la modernità doveva porsi obiettivi irraggiungibili per raggiungere quelli che erano alla sua portata. La "prospettiva postmoderna" significa innanzitutto strappare la maschera delle illusioni; riconoscere certe pretese come false e certi obiettivi come non raggiungibili e, in verità, non desiderabili.$ La novità dell'approccio postmoderno all'etica consista non tanto nell'abbandono delle preoccupazioni morali tipicamente moderne, quanto nel rifiuto dei modi tipicamente moderni di affrontarne i problemi morali (cioè la risposta alle sfide morali con una regolamentazione coercitiva nella prassi politica, e la ricerca filosofica degli assoluti, degli universali e dei fondamenti nella teoria). I grandi temi dell’etica devono essere visti ed affrontati in maniera diversa. ! Nel corso della storia umana quasi nessuna differenza è stata individuata o stabilita tra criteri di condotta umana oggi nettamente separati, come quelli di "utilità", "verità", "bellezza", "proprietà". Nel modo di vivere "tradizionale", quasi mai guardato con distacco e perciò raramente messo in discussione, tutto sembrava fluttuare allo stesso

livello di importanza, valutato in base agli stessi criteri di "giusto" e di "sbagliato". L'insieme dei modi e dei mezzi, era vissuto come se derivasse la propria validità da potenze che nessun volere o capriccio umano poteva mettere in dubbio: la vita intera era un prodotto della creazione divina, ed era controllata dalla divina provvidenza. La libera volontà, ammesso che esistesse, poteva solo significare libertà di scegliere ciò che era sbagliato rispetto a ciò che era giusto: violare i comandamenti di Dio abbandonare la direzione che Dio aveva impresso al mondo; essere nel giusto, d'altro canto, non era una questione di scelta: voleva dire, al contrario, evitare di scegliere, seguire il modo di vivere dettato dalla consuetudine. Tutto questo cambiò con l’ampliarsi di contesti indipendenti—> collocazione degli uomini nella posizione di individui, dotati di un’identità non ancora attribuita o attribuita in forma abbozzata. A dover essere soppesate, misurate e valutate sono le azioni che si devono scegliere, le azioni che si sono scelte tra altre che avrebbero potuto essere scelte ma che non lo sono state. La valutazione è una parte indispensabile dell'atto di scegliere; è l'esigenza sentita dagli uomini in quanto decisores, un'esigenza che raramente esprimono coloro che agiscono soltanto in base all'abitudine. La valutazione, tuttavia, rende evidente che "utile" non equivale necessariamente a "buono" o che "bello" non corrisponde sempre a "vero". Quello che era "il modo giusto", unitario e indivisibile, comincia a frantumarsi in "economicamente ragionevole" "esteticamente gradevole", "moralmente appropriato".$ Quale azione dovrebbe essere misurata in base a quali criteri?!

Max weber 2 interpretazioni:! -modernità ha avuto inizio con la separazione di famiglia ed impresa! -riformatori protestanti si trasformarono nei pionieri della vita moderna per la loro convinzione che “l’onesta sia la miglior politica”, che la vita sia carica di significato morale e che qualunque cosa si faccia rivesta un’importanza morale (la loro etica abbracciava tutti gli aspetti della vita)! Contraddizione logica tra le due interpretazioni—>civiltà moderna che si sforza di abbracciare ciò che non può essere abbracciato e che mentre compie questo sforzo produce in continuazione divisioni, differenze ed ambiguità. ! La tendenza degli individui moderni a preoccuparsi solo di se stessi è un prodotto della secolarizzazione, e può essere neutralizzata o resuscitando il credo religioso o un'idea che, riesca ad attribuirsi un carattere di universalità analoga a quello delle grandi religioni che hanno potuto esercitare un dominio quasi totale prima di essere aggredite e intaccate dallo scetticismo moderno. In realtà occorre vedere le connessioni in un ordine diverso: un'idea "onnicomprensiva", capace di generare una concezione unitaria del mondo, non era verosimilmente funzionale agli obiettivi degli uomini e perciò nemmeno adatta a catturarne l'immaginazione, perché gli sviluppi moderni avevano imposto agli uomini la condizione di individui, facendo loro scoprire la frammentarietà della propria vita suddivisa in una molteplicità di obiettivi e funzioni blandamente collegati, ciascuno dei quali perseguibile in un contesto diverso e secondo una pragmatica diversa. Ciò avveniva perché tanto i legislatori quanto i pensatori moderni avvertivano che la morale non è un "tratto naturale" della vita umana, ma qualcosa che deve essere elaborato e introdotto

nella condotta umana—>motivo per cui tentarono di imporre un’etica onnicomprensivaunitaria e motivo per cui si dimostrò inutile.! Essi credevano davvero che il vuoto lasciato dalla supervisione morale della Chiesa, ormai non più esercitata o inefficace potesse e dovesse essere riempito con una serie di regole razionali elaborate con cura e abilità; che la ragione potesse fare ciò che la fede non stava facendo più;Coerentemente con questa convinzione, si susseguivano i tentativi di costruire un codice morale che, avrebbe dichiarato a voce alta e senza vergogna la propria natura di "prodotto umano" e nonostante questo, avrebbe raggiunto e conquistato "tutti gli esseri umani razionali". Si potrebbe affermare che, nelle condizioni della vita moderna, pur essendo la situazione esistenziale degli uomini nettamente diversa da quella precedente, l'antico presupposto, secondo cui la libera volontà si esprime soltanto nelle scelte sbagliate e la libertà, se non sorvegliata, tende sempre alla dissolutezza, per cui è o può diventare, nemica del bene, continuava a dominare la mente dei filosofi e le pratiche dei legislatori. Era il presupposto tacito, ma praticamente incontestato, dell'etica moderna e della pratica che essa raccomandava, secondo cui agli individui, una volta liberi (e nelle condizioni moderne non potevano essere che liberi) si dovrebbe impedire di usare la libertà di agire in modo sbagliato.Vista "dall'alto", dai responsabili del "funzionamento della società" i custodi del "bene comune", la libertà degli individui non puó che destare preoccupazione nell'osservatore; essa è sospetta fin dall'inizio, per l'assoluta imprevedibilità delle sue conseguenze, per il fatto di costituire una causa continua di instabilità: in effetti, bisogna tenere a freno il fattore di caos se si vuole assicurare un ordine duraturo. ! E la prospettiva dei filosofi e dei governanti non poteva essere che una "visione dall'alto" vale a dire la prospettiva di coloro che affrontavano il compito di legiferare sull'ordine e di tenere a freno il caos. In questa prospettiva, occorreva mettere in atto qualche forma di costrizione al fine di assicurare che individui liberi facessero ciò che era giusto. Occorreva tenerne sotto controllo gli impulsi ribelli, potenzialmente nefandi, sia dall'interno sia dall'esterno; sia da parte degli stessi attori, mediante l'esercizio di una "migliore capacità di giudizio" o l'inibizione degli istinti con l'aiuto delle facoltà razionali, sia esponendo gli attori a pressioni esterne determinate razionalmente, tali da rendere evidente che "agire in modo sbagliato non paga", per cui gran parte degli individui per lo più evita di agire in quel modo.e gli individui fossero privi di facoltà razionali non reagirebbero in modo appropriato agli stimoli e agli allettamenti esterni, e gli sforzi per gestire premi e punizioni, per quanto efficaci e ingegnosi, andrebbero sprecati. Lo sviluppo delle capacità di giudizio degli individui (che li allenano a comprendere quale sia il loro interesse e a perseguirlo una volta individuato) e una gestione delle questioni in gioco tale per cui la ricerca dell'interesse individuale li sollecitasse a rispettare l'ordine che i legislatori avrebbero desiderato stabilire, andavano visti come complementari e soggetti a un condizionamento reciproco, avevano senso solo insieme. Se gli individui fossero privi di facoltà razionali non reagirebbero in modo appropriato agli stimoli e agli allettamenti esterni, e gli sforzi per gestire premi e punizioni, per quanto efficaci e ingegnosi, andrebbero sprecati. Lo sviluppo delle capacità di giudizio degli individui e una gestione delle questioni in gioco tale per cui la ricerca dell'interesse individuale li sollecitasse a rispettare l'ordine che i legislatori avrebbero desiderato stabilire, andavano visti come complementari e soggetti a un condizionamento reciproco, avevano senso solo insieme. ! L'autonomia degli individui razionali e l'eteronomia della gestione razionale non potevano fare a meno l'una dell'altra, ma neppure potevano convivere pacificamente. Erano unite nel bene e nel male, destinate a scontrarsi e a combattersi senza fine e senza alcuna prospettiva di conseguire una pace duratura. !

Il conflitto prodotto incessantemente dalla loro unione continuava a consolidare la tendenza anarchica a ribellarsi contro le regole esperite come oppressione a un estremo e all'altro estremo, le visioni totalitarie che inevitabilmente rappresentavano una tentazione per i detentori del "bene comune".Questa situazione aporetica (aporia: in poche parole una contraddizione che non può essere superata, che sfocia in un conflitto che non può essere risolto) doveva rimanere il destino della società moderna, in quanto prodotto dichiaratamente umano, ma negare l'ineluttabilità di tale destino costituiva il marchio della modernità. ! Era una caratteristica, forse il tratto distintivo, della modernità ridurre tale aporia a conflitto nonancora-risolto-ma-in-teoriarisolubile; a un disturbo temporaneo, un'imperfezione residuale sulla via della perfezione una traccia di irrazionalità sulla via del dominio della ragione, un momentaneo fallo della ragione cui si sarebbe presto posto rimedio, un segno dell'ignoranza non-ancora-completamente-superata della "miglior corrispondenza" tra interessi individuali e comuni.Il pensiero etico moderno, in collaborazione con la pratica legislativa moderna, ha combattuto la sua battaglia per questa soluzione radicale sotto la duplice bandiera dell'universalità e del fondamento.$ Nella pratica dei legislatori, l'universalità rappresentava il dominio incontrastato di un corpus di leggi nel territorio su cui si estendeva la loro sovranità. ! I filosofi definivano l'universalità come la particolare caratteristica delle prescrizioni etiche che costringeva ogni creatura umana, proprio per il fatto di essere tale, a riconoscerla come giusta e perciò ad accettarla come obbligatoria. Le due forme di universalità si scambiavano cenni d'intesa senza però mai fondersi davvero. Ma collaboravano, strettamente e proficuamente, anche se nessun contratto era stato stipulato, firmato e depositato negli archivi di stato o nelle biblioteche universitarie. ! Le pratiche coercitive (o le intenzioni) di uniformazione dei legislatori fornirono il "terreno epistemologico" su cui i filosofi poterono costruire i loro modelli della natura umana universale, mentre la riuscita "naturalizzazione" del prodotto culturale (o piuttosto amministrativo) dei legislatori da parte dei filosofi favorì la rappresentazione del modello giuridicamente costruito dello stato soggetto come incarnazione ed epitome del destino umano. Nella pratica dei legislatori i fondamenti rappresentavano i poteri coercitivi dello stato, che rendevano il rispetto delle regole un'aspettativa ragionevole; la regola era "fondata" in quanto godeva del sostegno di tali poteri, e il fondamento era rafforzato dall'efficacia del sostegno. Per i filosofi le regole erano fondate quando le persone da cui ci si attendeva che le seguissero credevano, o potevano essere convinte, che per una ragione o per l'altra seguirle era la cosa giusta da fare. "Fondate" sono le regole che forniscono una risposta convincente alla domanda: "Perché dovrei rispettarle?". L'istituzione di un tale fondamento era considerata un imperativo, in quanto era probabile che individui autonomi posti di fronte a richieste eteronome di carattere giuridico ed etico si sarebbero posti domande del genere e, soprattutto, la domanda: "Perché dovrei essere morale?".Comunque i filosofi e i legislatori si attendevano in misura uguale che essi si ponessero tali domande, in quanto gli uni e gli altri pensavano o agivano in base allo stesso presupposto, secondo cui le regole buone debbono essere regole elaborate artificialmente; in base alla stessa premessa, secondo cui gli individui, una volta liberi, non necessariamente si offrirebbero spontaneamente di abbracciare le regole buone; e in base allo stesso principio, secondo cui per agire moralmente gli individui debbono prima accettare le regole del comportamento morale, ciò che non accadrebbe se non fossero prima persuasi che agire moralmente sia più gradevole che agire senza principi morali, e che le regole che essi sono chiamati ad accettare definiscono in realtà l'agire morale.Tutto sommato, la ricerca costante e tenace di regole "durature" e di fondamenti "solidi" era

animata dalla fede nella fattibilità e nel trionfo finale del progetto umanistico. Una società priva di contraddizioni insolubili una società che ricerchi soltanto, al pari della logica, soluzioni corrette, può essere alla fine costruita, solo che vi sia tempo a sufficienza e buona volontà.Qualsiasi presunta ricetta "infallibile" potrebbe dimostrarsi sbagliata, essere ignorata e respinta, ma non la ricerca stessa di una ricetta davvero infallibile, che sicuramente esiste e che renderà inutile ogni altra ulteriore ricerca. In altri termini, il pensiero e la pratica morali della modernità erano animati dalla credenza nella possibilità diForse un tale codice non è stato ancora trovato.$ Ma sicuramente è lì che aspetta dietro l'angolo.$ O dietro l'angolo successivo.$ Postmoderno significa mancanza di fiducia in una possibilità del genere; "post" non nel senso "cronologico" (non nel senso di una rimozione e ricollocazione della modernità, di un inizio che può coincidere solo con la fine o il dissolversi della modernità, di un ritorno impossibile del punto di vista moderno), ma in quanto implica (nella forma di conclusione, o di semplice premonizione) che gli sforzi assiduamente compiuti dalla modernità sono stati fuorviati, compiuti su pretese infondate e destinati, presto o tardi, a seguire il loro corso; che sarà la stessa modernità, in altri termini, a dimostrare (se non lo ha ancora dimostrato), oltre ogni ragionevole dubbio, la sua impossibilità, la vanità delle sue speranze e la vacuità delle sue realizzazioni. ! Il codice etico infallibile non si troverà mai; poiché, ora sappiamo quello che non sapevamo allora, quando abbiamo intrapreso questo viaggio di esplorazione: che una morale non aporetica, non ambivalente, un'etica universale e "oggettivamente fondata" è impossibile sul piano praticoL'argomento di questo saggio è costituito dall'esplorazione delle conseguenze di questa critica postmoderna. !

Capitolo VII—> morali private, rischi pubblici Capitolo VII—> morali private, rischi pubblici Nella nostra epoca, la tecnologia è divenuta un sistema chiuso: essa postula il resto del mondo come “ambiente”, come fonte di nutrimento, di materia prima trasformabile dalla tecnologia, come discarica per i rifiuti prodotti da tale trasformazione. Definisce le proprie disavventure o i propri misfatti come effetti della propria insufficienza, e i problemi che ne derivano come necessità di un suo incremento: più problemi la tecnologia produce, più c’è bisogno di tecnologia. Solo la tecnologia può far progredire se stessa, curando le malattie di ieri con i miracolosi medicamenti di oggi.Questo, probabilmente, è l’unico problema sollevato dal progresso tecnologico, davvero e del tutto irrisolvibile: Non esiste una via d’uscita dal sistema chiuso. La questione è la presenza stessa delle capacità tecnologiche a problematizzare inevitabilmente quegli aspetti del mondo che altrimenti non sarebbero visti come problemi. Ad un primo sguardo il sistema chiuso Che ci interessa, qui si presenta come un sistema di credenze auto convalidanti:Una tecnologia che compila il vocabolario della storia del mondo in un modo che non permette altro che l’azione tecnologica e che traduce qualsiasi preoccupazione come esigenza di tecnologia. Per ciò che riguarda il bisogno di legittimazione, questo sistema produce esso stesso la propria giustificazione.! Ellul—>Egli sostiene che la tecnologia non ho più bisogno di legittimazione perché essa è divenuta la propria legittimazione.La stessa disponibilità di risorse tecnologiche in utilizzate o sotto utilizzate, esige la loro applicazione. La tecnologia non avanza mai in direzione di qualcosa, se non perché viene spinta da dietro: i tecnici non conoscono il

motivo per cui lavorano, e generalmente non se ne preoccupano. Essi lavorano perché dispongono degli strumenti che consentono loro di eseguire un certo compito, di condurre a termine con successo una nuova operazione. Non c’è alcuna aspirazione ad uno scopo: cioè la spinta di un motore collocato alle proprie spalle e che non ammette alcuna sosta della macchina. L’Interdipendenza degli elementi tecnologici, permette moltissime soluzioni per le quali non vi sono problemi. Dato che possiamo sbarcare sulla luna, che cosa potremmo fare lì e a quale scopo? Quando i tecnici hanno raggiunto un certo livello di competenza nel settore delle comunicazioni, dell’energia dei materiali, delle elettronica, tutti questi elementi si sono combinati e hanno mostrato che avremmo potuto esplorare il cosmo.! Ciò è stato fatto perché poteva essere fatto. ! Alle soglie della rivoluzione tecnologica moderna, Comte Espresse lo spirito del tempo nella sua famosa definizione di progresso “Savoir pour prevoir,prevoir it pour pouvoir”! Pouvoir—> essere in grado, essere capace di-come obiettivo ultimo, definito obiettivo puro, che non è un mezzo per arrivare a qualcos’altro diverso da sé, e che perciò non ho bisogno di giustificarsi facendo riferimento a que...


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