Atatürk: fondatore e guida della Turchia repubblicana PDF

Title Atatürk: fondatore e guida della Turchia repubblicana
Author Roberto Lojudice
Course Storia dell'europa orientale
Institution Sapienza - Università di Roma
Pages 92
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Summary

Riassunto del libro del prof. Fabio Grassi...


Description

Atatürk: fondatore e guida della Turchia repubblicana Padre della moderna Turchia; fine stratega in guerra e politico con vocazione dittatoriale in pace; riformista dal piglio quasi rivoluzionario ma uomo d'ordine e laicista intransigente; donnaiolo impenitente e grande bevitore. La figura di Kemal Atatürk, il Garibaldi e il Cavour dello Stato turco, è di una complessità che sfugge alle definizioni univoche. Oggetto di un culto della personalità ancora molto forte - in Turchia i bambini a scuola devono impararne a memoria i discorsi più importanti - uno statista che non solo ebbe il coraggio di sacrificare la vocazione imperiale ottomana in favore di una realtà statale etnico-nazionale, ma di credere fortemente nell'occidente come modello di civiltà e di cultura contro la pervasività della religione islamica e le vecchie tradizioni del sultanato. Con tutti i limiti e le contraddizioni che vedremo. Cap. 1 FORMAZIONE DI UN GIOVANE TURCO (1880/81 – 1908) 1 anni sconosciuti, minuti famosi Kemal Atatürk (nel corso della vita assumerà nomi diversi: Mustafa, Mustafa Kemal, Mustafa Kemal pascià 1916 , Gazi Mustafa Kemal, Kamal Atatürk 1934...) nasce nel 1880 o 1881, non vi è certezza. Nell’impero vigevano diversi calendari infatti, anche se uno ufficiale detto rumi, un misto di lunisolare islamico e calendario giuliano ortodosso, era stato adottato come compromesso per convenienza. Venne al mondo in una famiglia piccolo borghese a Salonicco, allora possedimento ottomano e importante città che ospitava anche una fiorente comunità ebraica. L’anno della sua morte invece con un eccesso di pignoleria burocratica occidentale è accertato alle 09:05 del mattino del 10 novembre del 1938, quasi a sottolineare le modifiche apportate al mondo turco dal Grande Condottiero. Il trapasso avvenne nel fastoso palazzo imperiale di Dolmabahçe nella poco amata da lui Istanbul, con la solennità di un monarca orientale. Tale data è ricordata ancora oggi nella moderna Turchia, con un minuto di silenzio e cerimonie dedicate alla memoria del Gazi nelle scuole e nelle istituzioni. 2 L’uomo malato d’Europa Nell’anno di nascita di Atatürk coincide col periodo più umiliante per l’Impero Ottomano, in cui le finanze passarono interamente sotto il controllo del Comitato Internazionale di Amministrazione del Debito Pubblico Ottomano. Indebitato, lo stato che aveva per secoli osteggiato l’Occidente era ormai una mansueta “colonia per azioni”. Storia lunga quella dell’Impero, che già nel XI secolo vedeva le basi, quando la dinastia turca regnante in Persia, i Selgiuchidi, iniziò a mandare tribù nomadi contro il limes romano-orientale. Nel 1071 addirittura, nella battaglia nei pressi di Manzicerta (tur. Malazgirt, oggi nella Turchia orientale) il sovrano selgiuchide Ars Arslan (Eroe leone) sconfisse e rese prigioniero l’imperatore Romano Diogene. Di lì a poco tutta l’Asia Minore, che turchi, arabi e persiani chiamavano Rumeli (Rumelia, terra dei romani, provincia dei romani) sarebbe passata sotto dominio turco. Dopo le scorrerie delle invasioni mongole, sulle ceneri del vasto Impero Persiano-selgiuchide sorsero diversi piccoli e medi potentati retti da dinastie turcofone, tra questi quello incentrato sulla città di Bursa (antica città sulla sponda anatolica del mare di Marmara) inizio una veloce

espansione che lo portò presto a dominare tutta l’area ed a spingere costantemente verso i Balcani e la Grecia Il regno fondato da Osman (arab. Othman), senza ripudiare elementi di derivazione tipicamente centroasiatica, si definiva con un’identità genericamente mussulmana e i suoi abitanti, come mussulmani e fedeli della dinastia regnante, ottomani appunto. A seguito delle conquiste nei Balcani il termine Rumelia passò ai territori europei, e l’Asia Minore venne indicata come Anadolu (Anatolia, traduzione di un termine greco più antico), particolare se si pensa che dal XII secolo, gli europei e per primi gli italiani, iniziarono a nominare come Turchia l’Anatolia. I turchi nomadi dell’Asia Centrale che ad ondate invadevano i grandi imperi erano ben coscienti (anche grazie alla loro conversione all’Islam) che vi fosse una terra di Roma, e che anzi ve ne fossero due, una delle quali, la Nova Roma sul Bosforo, Costantinopoli, conquistarono e resero capitale del loro impero nel maggio del 1453. La prima Roma, quella sul Tevere rimase un sogno mai avveratosi. La ragione della conquista della seconda Roma è da rimandare alla vicinanza di Costantinopoli alle steppe anatoliche, la prima oltre che lontana si trovava in un territorio troppo diverso dalle steppe in cui i nomadi avevano formato la loro cultura, in particolare quella militare. Dove non riuscivano ad insediarsi compivano scorrerie, o se vi si insediavano restavano piccole élite, come in Egitto, o perdevano la loro identità come per i bulgari, slavizzati e cristianizzati. Dove invece trovavano le steppe la loro identità restava viva come in Pannonia e Anatolia. Il vasto Impero Ottomano mutò parte della sua forma e cultura inevitabilmente da quello Romano Orientale, ma altrettanto inevitabilmente dalle grandi monarchie mussulmane. La corte aveva una base culturale araba e persiana, cosi anche la lingua turca si ibridò alimentata da parole arabe e persiane. I turchi ormai sedentari videro un prevalere della cultura dinastico-religiosa su quella etnica vera e propria, tuttavia le radici centro-asiatiche e nomadi dei turchi rimasero in alcuni tratti; si pensi all’alfabeto Uiguro, ancora studiato all’epoca della conquista di Costantinopoli, al titolo di Khan menzionato sempre per primo tra i titoli imperiali, l’utilizzo delle code di cavallo, le tuğ, a distinguere i gradi del potere. Se è facile intuire una separazione tra la popolazione islamica e non all’interno dell’Impero, meno ovvia è quella che distingueva la popolazione cittadina e stanziale da quella ancora nomade e seminomade. Al turco funzionario imperiale o militare di carriera di città era palese la differenza col türk, il nomade delle praterie, che gli occidentali definivano turcomanno. La differenza tra i due più che etnica era sociologica. I rapporti tra stato e società per questo non furono mai tranquilli. Il paradosso era che il burocrate turco condivideva più stile di vita col mercante armeno che col turcomanno, che invece condivideva a sua volta di più col curdo delle montagne, benché quest’ultimo di etnia iranica. Le identità non turche e non mussulmane nell’Impero erano rimaste tali per secoli perché non vi era mai stata un’intenzione di turchizzare o islamizzare tutta la popolazione, vi era convivenza ma non integrazione, se in alcune zone vi era stata una conversione (si pensi al Kosovo, alla Bosnia) era stata più per convenienza (i cristiani pagavano una tassa in più, la Dhimma). Così quando lo stato Ottomano perde terreno nei confronti degli Stati europei e si indebolisce la sua sfera di influenza i non turchi, e in particolare i non mussulmani, cercano di ricostruire i loro Stati. L'impero in cui Kemal nacque era esteso dalla Penisola Balcanica al Medio Oriente, e allungato fino ai territori del Nord Africa, aveva una forte vocazione cosmopolita: su 17 milioni di abitanti 12 milioni erano mussulmani, 2 milioni greci, 1 milione e 200 mila armeni, 1 milione bulgari e quasi

180 mila ebrei e 240mila stranieri (stranieri che spesso risultavano tali solo per convenienza, per aver diritto ai vantaggi delle capitolazioni). Era un impero teocratico in cui però convivevano aspetti giuridici occidentali, da sempre la Şeriat (arab. sharia) era stata accostata, come se fosse una costituzione, dalle leggi dei Padişah (sultani) applicate tramite i Kanun (grec. Kanon, canone, si pensi a Solimano il magnifico). Questo inquadramento spiega perché tutte le etnie di fede cristiana, divise a loro volta in varie confessioni, e gli ebrei, venivano, come da precetto coranico, considerati “Gente del Libro” e quindi, seppur in uno stato giuridico subordinato, trattati con tolleranza. Armeni ed ebrei venivano in particolare considerati millet, comunità storica, concetto che via via si espanse alle altre comunità fino ad assumere il moderno significato di etnia-nazionalità, cosa che coinvolgerà gli stessi turchi nell’epoca kemaliana. Questi sudditi delle millet chiamati zimmi (arab. dhimmi, protetti) oltre alle limitazioni giuridiche godevano di ampi margini di autogoverno, la tolleranza era talmente ampia che gli ebrei in fuga dai regni cristiani (i Sefarditi spagnoli) venivano accolti ad Istanbul. Mentre in Europa dilagava la riforma protestante, la controriforma e la seconda rivoluzione scientifica dava una spinta verso la modernità, l’Impero continuava a compiacersi della propria ricchezza e potenza finché nel XVII secolo arrivarono le prime sconfitte, in particolare; a Carlowitz nel 1699 il trattato di pace sancì la riscossa del Sacro Romano Impero (Asburgico), quella di Kü çük Kainarca del 1774 segnò la prima vittoria di quello che sarà poi il grande nemico dell’Impero Ottomano e del mondo turcofono, L’Impero Russo. Per due secoli l’Impero aveva pensato di poter importare dall’Occidente tecnologia e innovazione, specialmente militare, e poco altro. Un primo tentativo di riforma dell’esercito si scontrò contro le forze conservatrici tra il XVII e il XIX secolo, più tardi i Padişah si videro costretti a pensare ad un più profondo ammodernamento dello stato, dagli infedeli non arrivavano solo tecnologie ma anche idee e con queste gli ideali di separatismo nazionale. Ciò inizio con il decreto del 1839 letto nel roseto del Topkapi Sarayi (palazzo imperiale) che promuoveva le tanzimat (riorganizzazioni), si avviano le riforme di stampo occidentale vere e proprie. Tra le altre l’abolizione delle differenze giuridiche ed il passaggio ad un’unica cittadinanza ottomana. Era tardi, de facto la Serbia era già indipendente, de iure la Grecia e tutti i popoli dei Balcani guardavano a queste due esperienze. Anche le minoranze cristiane nella capitale ed in Anatolia, ormai accumulato un ampio divario socioeconomico e culturale col mondo turcofono, ambivano a più che un’uguaglianza giuridica. Le franchigie concesse da Solimano nel 1541 ai sudditi di Francesco I di Francia erano col tempo state estese a tutti gli Stati europei ed erano diventate una vera e propria alienazione di sovranità, gli europei detti frenk (it. francesi) spadroneggiavano grazie a questo regime detto delle Capitolazioni. Tutto ciò che arrivava da Occidente era detto alafrenga in contrapposizione al locale alaturka. Dopo le vicende napoleoniche, l’Impero ancora più indebolito, passò dalla storica alleanza con la Francia (in chiave antiaustriaca) ad una più umiliante subordinazione britannica (in chiave antirussa), ciò portò poi alla cessione di Cipro e dell’Egitto alla Corona inglese. 3 L’ultimo autocrate La prima riforma costituzionale era partita nel dicembre 1876 quando alle potenze europee radunate a Costantinopoli per decidere il futuro dell’Impero a causa della violenta repressione ottomana della rivolta bulgara del 1875, venne annunciato che l’Impero era divenuta una moderna monarchia costituzionale. Ciò non dissuase ma anzi incoraggiò la Russia ad aprire le ostilità. La

guerra con la Russia del 1877/1878 si concluse con una sconfitta, le potenze occidentali non intervennero nel contrastare la Russia come era avvenuto nel 1854, l’opinione pubblica europea era sconvolta ancora dai massacri in Bulgaria. Il parlamento tra l’altro, si era riunito il 19 marzo 1877 e subito sciolto il 14 febbrai 1878. La costituzione tecnicamente non era stata abrogata ma solo sospesa, sospesa per i seguenti 30 anni! Il governo costituzionale restò un postulato ideologico che ci si riservava di applicare al momento giusto. Il sultano Abdülhamid II puntò su un ritorno all’autocrazia e sull'Islam come collante identitario (rispolverando il titolo di Califfo), come estremo tentativo di fermare le spinte centrifughe nell’Impero. A posteriori si può sentenziare che non vi erano strade diverse da percorre in quel dato momento. Nella Rumelia, che diede i natali a Mustafa Kemal, i mussulmani erano meno di un milione e mezzo su poco più di tre milioni di abitanti, i cristiani divisi tra loro in diverse confessioni e nazionalità spesso erano in contrasto. La popolazione mussulmana era composta non solo da turchi, ma anche da circassi e rifugiati fuggiti dai territori che l’impero perdeva a favore dei Regni cristiani. Il nazionalismo turco quindi, se deve molto agli esuli che il sultano allontanava in occidente, deve altrettanto a quei rifugiati turcofoni che, come i tatari dell’Impero Zarista si rifugiavano in territorio Ottomano. Tale processo si intensificò durante le guerre balcaniche del 900 a seguito delle quali quasi tutta la Rumelia venne perduta. La Salonicco di Mustafa, dopo la pace di Berlino era rimasta fuori dalla Grande Bulgaria che stava prendendo forma, ma non era uscita dalle mire bulgare. Nel 1893 nacque L’Organizzazione Rivoluzionaria Interna Macedone, malgrado il suo programma indipendentista i Bulgari la sostennero, al contrario dei Greci per cui la Macedonia ancora oggi è ragione di scontro con gli slavi. Le varie nazionalità erano unite sollo dal comune intento di cacciare i mussulmani e liberarsi dal dominio Ottomano. Ciò era percepito dalla popolazione turca e mussulmana in generale, aggravata dalle condizioni socio economiche più arretrate rispetto alla popolazione cristiana (eccezione la Bosnia dove gli Asburgo appoggiavano i mussulmani in chiave anti serba e anti croata). Quello che accadeva in Rumelia, con l’avanzata delle idee irredentiste greche, portò l’Impero a favorire gli Armeni in Anatolia come coadiutori, le condizioni migliorarono e molti di loro fecero strada in diplomazia e come funzionari di governo. Le élite intellettuali armene però a partire dalla seconda metà del secolo cominciarono a domandarsi se non fosse il caso di seguire la strada di bulgari e greci e puntare più in alto per il loro popolo, fiduciosi che provocando l’Impero anche nel loro caso le potenze occidentali sarebbero intervenute ed avrebbero portato alla formazione di uno stato autonomo. Riuscì la prima parte del piano, la provocazione, a cui seguirono stragi e saccheggi messi in atto da reggimenti irregolari, composti soprattutto da curdi. Le potenze occidentali si indignarono, ma per non favorire la Russia, non ci fu molto altro. In nessuna zona dell’Impero gli armeni erano poi maggioranza, e le aree rivendicate erano quelle anatoliche, considerate l’ultimo bastione di cultura turca. Abdülhamid II guardava con sospetto anche il nascente nazionalismo turco conflittuale col sentimento religioso a differenza di quello dei popoli della Rumelia, come si è detto puntò sull’Islam come collante, ma non chiuse completamente le porte alla modernizzazione. L’Impero cerca affannosamente di modernizzarsi e secolarizzarsi, ma non per spinta interna, più come tentativo difensivo. Ricorrendo tra l’altro a concetti del tutto in antitesi come le coppie Ottomanismo e Islamismo e turchismo e turanesimo.

Il ritorno alla sacralizzazione califfale ne è un esempio (parallelismo con la dignità imperiale giapponese). Tutto sommato l’impressione che però si aveva lì dove non vi erano tensioni interetniche era più di uno stato in ripresa che in sfacelo, visto dagli occhi di osservatori esterni. Il ricorso ad esperti tedeschi come il generale Von Der Goltz portò anche ad una riorganizzazione dell’esercito che concesse anche vittorie militari. Nelle minoranze non mussulmane si stava creando una moderna borghesia, commerciale, imprenditoriale, finanziaria, mentre per i turchi le possibilità di crescita e realizzazione restavano legate agli apparati dello stato e militari. 4 Un bambino turco a Salonicco La Salonicco che diede i natali a Mustafa, l’antica Tessalonica greca e romana, era ottomana dal 1430. Cosmopolita e ricca ospitava una fiorente comunità ebraica, una città in ascesa demografica e economica di almeno 100 mila abitanti. Una Istanbul in scala ridotta, con innovazioni tecnologiche dall’occidente, scuole missionarie, la stampa, le logge massoniche, con solo il 28% della popolazione di religione islamica. Col comune nome arabo di Mustafa (it. prescelto), il nostro futuro gazi, nacque quarto di sei figli, in una data difficile da indicare a causa della confusione coi calendari in uso nell’Impero, e per via della tendenza ottomana a non annotare giorni e mesi. Tuttavia il suo anno nel calendario rumi è il 1269, equivalente al periodo che intercorre tra marzo 1880 e marzo 1881. Il padre, Ali Rıza appellato come Efendi (nato nel 1839, il titolo da una radice greca sta per rispettabile, signore, ad indicare una certa autorità culturale), era un impiegato statale e commerciante di legnami, figlio e fratello di insegnanti coranici; la madre, Zübeyde Hanım, si occupava della casa e della famiglia. Anche dal ramo materno la famiglia di Mutafa deteneva ruoli religiosi ed amministravano tenute agricole. Per via della numerosa comunità ebraica di Salonicco nel periodo ottomano, molti degli oppositori islamisti di Atatürk hanno sostenuto che egli avesse antenati Dunmeh, ossia ebrei convertiti all'Islam, in realtà si trattava solo di tentativi di danneggiarne l’immagine. Una famiglia quindi nel complesso più che benestante. Dei fratelli e delle sorelle solo una giunse all’età adulta, Makbule. Nel 1888 il padre morì, la situazione economica era leggermente meno favorevole. Nella formazione di Kemal importante fu l'involontario apporto dell'ambiente famigliare. Come testimonia lui stesso, una delle sue prime memorie infantili riguarda la disputa tra i genitori per la scelta della scuola. Con un compromesso riuscì a spuntarla il padre, e si optò per una scuola moderna (la madre voleva la scuola del quartiere di impostazione tradizionale) in cui restò poco a causa di un trasferimento in campagna proprio a seguito della morte del genitore. Ritornato in città, presso una sua zia paterna, fu iscritto alla scuola di avviamento alla carriera amministrativa, dove però non si trovò bene, e complice la nonna che non amava le scuole moderne questa esperienza terminò. Era attratto dalle divise militari di stampo occidentale dei cadetti, a nulla servì il tentativo della madre tornata a Salonicco di farlo desistere, il giovane Kemal sviluppa da subito una predisposizione verso le scuole militari, ispirato anche dalla carriera dei cugini, più o meno suoi coetanei e futuri collaboratori: Salih (Bozok), Nuri (Conker) e Fuat (Bulca). Senza il padre, garante delle sue ambizioni militari e moderniste dovette combattere contro le spinte tradizionaliste delle donne della famiglia, in particolare della madre, sviluppando questa idea dualista di ribellione ed al contempo rispetto per la tradizione, evitando sottomissione ma

anche rotture aperte. La dicotomia tra la figura del padre, simbolo di apertura al mondo e progressista, e della madre, vissuta come depositaria di tradizioni superate, determinò la sua formazione giovanile e il suo futuro, Mustafa introietta l'idea di un padre la cui autorità non aveva il minimo carattere di ingiusto autoritarismo, grazie alla magnifica sintonia con le esigenze e le propensioni del figlio, e l'idea di una vecchia Turchia, incarnata dall'universo femminile superstite, che meritava il massimo rispetto e il massimo amore, ma che al contempo doveva essere tenuta a bada e ignorata nelle sue passatistiche illusioni. 5 Verso la carriera militare L’apprendistato militare presso la scuola di avviamento durò 13 anni, e qualificava Mustafa come “moderno” a differenza di chi aveva fatto carriera militare partendo dalla coscrizione. Moderno era anche il suo vestiario, questione quella dell’abbigliamento, che non sarà mai secondaria nella sua visione. Nel periodo della scuola di formazione prende il nome Kemal (perfezione) per meriti scolastici, ma anche per evitare l’omonimia con lo stesso professore a cui doveva tale titolo o forse da un compagno. Evidentemente la cosa lo compiacque tanto che all’adozione del cognome sceglierà di tenere solo il nome Kemal e lasciare Mustafa. In quegli stessi anni, la madre di Mustafa Kemal si risposò con un vedovo di nome Ragip Efendi, profugo della Tessaglia (persa nel 1881), padre di 4 figli/e e di condizione impiegatizia. Malgrado aver instaurato buoni rapporti sia col patrigno che con figli e figlie di lui colse l’occasione ...


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