Breve Storia della Radio e della televisione italiana PDF

Title Breve Storia della Radio e della televisione italiana
Course Storia della radio e della televisione
Institution Università degli Studi di Bergamo
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BREVE STORIA DELLA RADIO E DELLA TELEVISIONE - FRANCESCA ANANIA LA MATURITA' LA RICOSTRUZIONE Un decreto dell'aprile 1947 cerca di riorganizzare la RAI appena emersa dalla crisi del dopoguerra: il presidente e il consigliere delegato sono nominati direttamente dal ministro delle Poste e delle Telecomunicazioni , al loro fianco si forma un organo consultivo, il Comitato per la determinazione delle direttive di massima culturali, artistiche ed educative; esso predispone dei piani di massima per le trasmissioni che sottopone all'approvazione del ministro. Il decreto istituisce anche una Commissione parlamentare che dovrebbe provvedere alla alta vigilanza per assicurare l'indipendenza politica e l'obiettività informativa delle radiodiffusioni. Il decreto contiene anche altre norme relative al rapporto fra stato e società concessionaria che integrano quelle già disposte nel codice postale del 1936 e nella convenzione con l'EIAR del 1927. La radio è ovviamente il messo di comunicazione più potente del tempo, insieme al cinema. Dal 1948 A.Piccone Stella, direttore del giornale radio, trasforma l'informazione politica e culturale; sulla rete rossa spicca il convegno dei 5 : ogni mercoledi 5 illustri esponenti della politica, dell'arte e delle scienze vengono chiamati a rispondere su un tema di grande attualità e nasce così il primo esempio di dibattito politico/culturale che prefigura la futura Tribuna politica. Nel 1949 Andreotti formalizza in un documento la richiesta che la RAI si attenga alla riservatezza nelle questioni che riguardano la politica internazionale e nazionale; ciò vuol dire che almeno fino all'avvento della tv, nel 1954, la propaganda è presente solo in maniera marginale a ridosso delle elezioni e i partiti non sembrano considerare questa auto emarginazione con la dovuta preoccupazione. Le piazze sono il vero luogo dove la battaglia delle idee si esprime al meglio e la radio sembra essere un medium più adatto alla cultura e all'intrattenimento piuttosto che al discorso elettorale. Il medium è strettamente collegato dal partito di maggioranza e, nonostante il 30 dicembre 1951 venga varata la riforma delle reti RAI che porta alla suddivisione in tre programmi nazionali differenti la programmazione non muta di molto. D'altro canto la DC e la Chiesa sembrano volerne smussare le potenzialità, almeno per quel che riguarda la politica a causa di una pericolosa influenza che poteva essere esercitata sulle masse, in un paese il cui tasso di analfabetismo era ancora molto alto. L'obiettivo principale della RAI rimane comunque ripristinare le trasmissioni per l'estero in un paese di emigranti come era in quegli anni l'Italia. Sono a disposizione della radio due soli trasmettitori, a Busto Arsizio; si incomincia con programmi di 15 minuti ma in 5 anni circa si ricostituisce il Centro a onde corte di Prato Smeraldo con 5 trasmettitori e poco dopo un sesto trasmettitore radiodiffonde per gli italiani all'estero residenti in Europa. L'AVVENTO DELLA TELEVISIONE La convenzione tra Stato e RAI del 1952 prevede già il rinnovo della concessione del monopolio sulla radiodiffusione per altri vent'anni e stringe i legami fra RAI e governo. Inizia una nuova fase di controllo dell'emittenza da parte della DC che coincide con la nascita della televisione e con il mutamento della denominazione sociale della RAI in RAI-Radiotelevisione italiana. Con la convenzione si vuole attirare sempre più la società in mano pubblica dando la maggioranza assoluta delle azioni all'IRI e vietando di avere pacchetti azionari in altre società senza l'autorizzazione del ministero. Riprendendo il controllo censorio sulle trasmissioni radiotelevisive, la DC dimostra di non sottovalutare l'impatto dei nuovi media, in particolare della televisione, su un paese che si caratterizza per un'estrema conflittualità politica e sociale. La televisione dunque per il governo non sembra doversi discostare molto dalle regole che fin qui hanno connotato l'altro medium che si è ormai affermato in tutto il paese. Emerge netta la volontà di insegnare al popolo italiano la democrazia e il mezzo più idoneo sembra al momento la radio. Il sottolineare, da parte della Presidenza del Consiglio, l'intento pedagogico ed educativo insito nei mass media è dovuto anche alla scelta di seguire le indicazioni provenienti dalle fonti americane, che in questo periodo sono ben attente a non sottovalutare l'impatto della radio e della televisione su una popolazione che ancora sfiora un analfabetismo di massa. In Parlamento intanto la sinistra presenta interpellanze x una maggiore obiettività dell'informazione radiotelevisiva e per una sottovalutazione culturale e sociale dei media. Allo stesso tempo nei TG mancano le notizie sugli scioperi o sulle battaglie sindacali e manca fino ai '50 una battaglia per la presenza in video dell'opposizione. IL MODELLO EUROPEO I sistemi nazionali europei si sviluppano in maniera diversificata seguendo i vari modelli istituzionali. In Francia, con l'avvento della televisione, i governi della Quarta Repubblica mantengono il monopolio pubblico e non incoraggiano lo sviluppo dell'emittenza. Sotto la quinta Repubblica, il controllo del sistema radiotelevisivo è ulteriormente centralizzato. In altri paesi, con etnie diverse si introduce un sistema multilingue che tenga conto della presenza di diversi gruppi; la maggiorparte delle emittenti pubbliche possono contare su fondi pubblici oppure sul pagamento di un canone o ancora sull'insieme di entrate derivanti dal canone e dalla pubblicità, infine su un sistema duplice basato sul canone e sulle sovvenzioni pubblicitarie.

La televisione pubblica è una televisione nazionale che permette agli spettatori di riconoscersi come cittadini dello Stato e fra i suoi obiettivi si pone quello di promuovere un senso di appartenenza comune. Le emittenti pubbliche hanno la responsabilità di offrire una vasta programmazione che copre tutti i generi dall'intrattenimento all'informazione e all'educazione. I governi usano la televisione come mezzo attraverso cui educare e formare la società; diventa per ciò stesso il mezzo principale per la propaganda politica e le campagne elettorali. L'informazione politica viene regolata da una serie di linee guida che garantiscono la diffusione delle varie opinioni. E la televisione è il mezzo principale attraverso il quale i cittadini possono dar senso alla loro vita e comprendere la natura del cambiamento economico e sociale. Altre forme di comunicazione tradizionale sono quindi relegate a passatempi secondari come il cinema che subisce un rapido crollo. La televisione diviene quindi agente unificatore della società, mantiene stabilità e coesione sociale in un momento in cui molti paesi attraversano una rapida crescita economica. Ciò che accomuna tutti i paesi dell'Eu occidentale e di conseguenza anche l'Italia è la gestione politica dell'interesse nazionale, stabilito in tv attraverso un compromesso tra i partiti di governo. LA SCELTA DELL'ITALIA In Italia non vi è stata programmazione nello sviluppo perchè hanno interagito continuamente processi spontanei ed è difficile individuare quindi un singolo attore di mutamento: l'industrializzazione, l'avvento delle grandi reti autostradali, l'innalzamento dell'obbligo scolastico; i media attivano una serie di effetti di diversa natura ed infatti esplodono i bisogni culturali e comunicativi indotti e nello stesso tempo questi stessi bisogni condizionano i media. I mutamenti che si verificano nella condizione economica delle famiglie italiane nella prima metà del '900 contribuiscono, attraverso l'incremento del reddito, alla diffusione dei beni lanciati dall'immaginario collettivo internazionale che diventano indicatori di status. L'Italia si connota per un'offerta culturale nuova,fondata sull'azione e sull'influenza esercitata dai mezzi di comunicazione. I media diventano i più importanti diffusori e ripetitori delle mete socio-culturali condivise. La battaglia per una televisione pubblica, controllata dall'esecutivo si apre immediatamente. Nascono varie commissioni presso la Presidenza del Consiglio e presso il ministero delle Telecomunicazioni che si interrogano sui modelli migliori, privilegiando il sistema pubblico che si avvale del canone ma non disdegna la pubblicità. Gli esperimenti effettuati a Milano in occasione della prima esposizione internazionale (1951) hanno fatto sorgere un grande interesse nell'opinione pubblica che esercita una vera e propria pressione sui governi per l'immediata introduzione della televisione. Tutto questo fa sì che il governo si muova velocemente ma tenendo ben presente la pericolosità del medium; radio e televisione rappresentano delle incognite nell'Italia del tempo perchè possono diventare dei persuasori occulti. LA POLITICA Dal secondo dopoguerra il sistema dei media e il sistema politico cominciano a interagire e a condizionarsi reciprocamente sopratutto nei paesi che hanno scelto la democrazia. L'opinione pubblica acquista un peso crescente; il popolo ha accesso a questioni di interesse comune, è composto da gruppi sociali con un'identità comune e ha possibilità di esercitare un'influenza nei confronti dello stato e dei mass-media. Raggiungere un pubblico così vasto e nello stesso tempo così eterogeneo non è un'impresa facile : il meccanismo attraverso cui si costruisce l'immagine di un partito o di un uomo politico è gia in nuce negli anni venti e trenta e segue le fasi che presiedono al lancio di un prodotto. La tv rivoluziona gli usi e i costumi della società e della politica, perchè mette in scena una realtà che fino allora non era stata né visibile ne udibile : cambiano i rapporti fra vita privata e pubblica e si trasformano le condizioni del gioco politico. Eppure passeranno sei anni (54-60) perchè il governo, non il Parlamento, decida di assicurare l'uso della radiotelevisione durante le campagne elettorali; dopo le elezioni del 1958, con il governo Fanfani, la questione dell'accesso di tutti i partiti alla RAI si ripropone con forza, suffragata da una sentenza della CC del 1960 dove si afferma che lo stato ha l'obbligo di assicurare in condizione di imparzialità e obiettività la possibilità potenziale di goderne a chi sia interessato ad avvalersene per la diffusione del pensiero. Il PdC proclama la nascita di una Tribuna elettorale che viene concessa a tutti i partiti politici sulla rete nazionale della radio e della televisione dopo il giornale serale. Tutti i partiti con eccezione del PC accolgono la proposta favorevolmente. La RAI decide così di trasmettere, tanto alla radio che alla televisione una serie di conferenze stampa e di conversazioni per tutti i partiti che hanno una rappresentanza in Parlamento. Le trasmissioni politiche tendono a rafforzare drasticamente le opinioni del pubblico e hanno una funzione positiva nel far scaturire il dibattito fra posizioni diverse; i politici però sono ancora impreparati a questo genere di comizio televisivo ed hanno per la prima volta milioni di telespettatori davanti a loro. L'11 ottobre 1960 va in onda la prima puntata di Tribuna elettorale condotta da Gianni Granzotto e aperta da Mario Scelba (Ministro Interni). Fin dalle prime battute le tribune s'infiammano su temi di politica generale come l'alleanza fra DC e MSI o i rapporti fra l'U.Sovietica e il PCI.

Le trasmissioni dunque iniziano l'11 ottobre e finiscono il 4 novembre ma visto il successo, un anno dopo Tribuna elettorale si trasforma in tribuna politica introdotta ancora una volta da Granzotto; la classe politica italiana dovrà rispondere non solo ad argomenti di questione nazionale ma a temi di carattere internazionale quindi l'opinione pubblica si fa più attenta e si sprovincializza. Lo spettacolo televisivo allarga gli orizzonti di ognuno verso i problemi sociali dell'epoca, porta informazioni su ambienti e modi di vita diversi e scardina valori tradizionali e profondamente radicati. IL LINGUAGGIO La televisione controllata dall'esecutivo con le Tribune elettorali degli anni sessanta comincia ad aprirsi ai primi spazi di democrazia mass-mediatica in presenza di un voto che è ancora fortemente suddiviso attorno alle principali scelte ideologiche. L'agenda setting della classe politica italiana tratta non solo argomenti inerenti alla questione nazionale ma temi di carattere internazionale: si parla di spartizione del mondo in due blocchi, del Vietnam, del muro di Berlino ecc.. Gli argomenti sono sempre definiti e imposti dal dibattito politico interno ai partiti e al Parlamento, mentre le grandi questioni ideologiche e di alleanza sono al centro di questo dibattito; allo spettatore viene chiesto esplicitamente di schierarsi a favore di uno dei due blocchi. Le strategie comunicative sono attivate dal sistema politico che marcia parallelamente al sistema dei media e durante le campagne elettorali individua i temi prioritari su cui attuare la propaganda senza lasciarsi condizionare dal ruolo che la televisione va assumendo nella società. Il linguaggio politico rimane quello delle piazze ma condizionato dai moderatori televisivi. Si riconosce il ruolo trainante della televisione per la propaganda ma nello stesso tempo si affida ancora ad altre forme parallele e tradizionali come manifesti, volantini, comizi. I partiti si fanno dunque più consapevoli della capacità del medium di stravolgere il rapporto fra leader ed elettori, si va rompendo il legame con il cosiddetto elettorato d'appartenenza o d'identificazione proprio tramite il medium che non la sua capacità di penetrazione investe l'intera società. SPETTACOLO E INCHIESTE Il trinomio educare, informare e intrattenere resterà per lungo tempo lo strumento di un progetto culturale legato alla tradizione storica del cattolicesimo italiano. Nasce così il primo giornale televisivo di informazione su scala nazionale e nascono le prime grandi inchieste su una realtà ancora del tutto sconosciuta. Cultura umanistica e intento pedagogico sono i pilastri su cui si basa la neonata televisione. L'obiettivo principale è diffondere questa cultura in strati di popolazione non ancora toccati da processi di scolarizzazione ma la vera affermazione popolare del nuovo medium si avrà con un genere importato dagli stati uniti : il telequiz mentre l'altra novità drammatica televisiva è costituita dal romanzo sceneggiato che connoterà il palinsesto per tutti gli anni '50 e '60. Il 4 novembre 1961 si inaugura il secondo canale e in poco più di un anno, la RAI con la convenzione del 63 estende la rete in modo da raggiungere i capoluoghi di provincia e coinvolgere nel 1966 l'80% della popolazione. In questo periodo la DC controlla la RAI e il 5 gennaio '61 Bernabei diviene direttore generale e governa l'azienda per più di un decennio. I nuovi dirigenti non si accorgono che il medium ha un impatto sul paese diverso da quello che la DC e lo stesso Bernabei si prefiggono. Gli italiani chiedono alla tv di divertirli, informarli ma sopratutto di partecipare alla cerimonia del video, di partecipare al dibattito. La fame di informazione, in un paese che va mutando i suoi valori quotidiani a causa delle grandi emigrazioni fa si che si imponga dentro e fuori dai confini nazionali, un genere fino ad allora inesplorato dalla tv di stato, il programma-inchiesta. L'inchiesta dilaga all'interno della stessa televisione di Stato come una ricerca di un'attualità, come informazione legata ad una realtà sociale, a una cronaca quotidiana. Il giornale televisivo ha la possibilità di mostrare in diretta lo svolgersi dei conflitti, di raccogliere testimonianze dal vivo e di penetrare in luoghi in cui la maggiorparte dei telespettatori non è mai stata. La rottura epocale fra la fine dei '50 e l'inizio dei '60 si riassume in trasmissioni come Cronache di un anno che racconta con belle immagini il boom economico, la crescita edilizia e l'industrializzazione del Mezzogiorno, l'incremento dell'età scolastica ecc.. Emerge un'informazione televisiva discontinua e piena di grosse lacune ma pur sempre significativo per una diffusa mentalità, che si protrarrà ben oltre la fase del miracolo economico. I temi sono quelli di un consumo ricercato, di uno sviluppo economico che non permette allo stato di rispondere in maniera organizzata alle spinte più diverse del paese. LE PREMESSE DELLA RIFORMA La radio, con l'avvento della televisione, perde importanza e la riacquista solo nel 1975, con la riforma della radiotelevisione e la concorrenza delle radio private. Nel 1966 viene attuata una riforma dei programmi : la radio tenta di offrire un palinsesto più dinamico e si struttura con appuntamenti stabili nel quale l'ascoltatore possa ritrovare i suoi generi preferiti. Il rapporto che si stabilisce con il pubblico è basato sulla ripetitività: si può parlare in questo caso di relazione comunicativa. Si velocizza l'informazione e si dà grande spazio alla musica. Si verifica un cambiamento del ruolo della

radio che si trasforma da protagonista del tempo libero a colonna sonora, rumore di fondo della giornata. Per capire come cambia la strategia radiotelevisiva bisogna capire come cambia lo spettatore. L'offerta si razionalizza alla ricerca di uno speciale rapporto con l'audience. Nelle caratteristiche del pubblico dell'epoca si intravede una tendenza all'aumento con un ampliamento della fascia serale. Anche il pubblico si trasforma e gli standard scolastico-culturali si abbassano. Non si tratta tanto di strati marginali, come contadini o analfabeti ma di nuovi gruppi come le donne e i giovani. A questa trasformazione del pubblico non viene data una risposta soddisfacente da parte della RAI: si passa da una televisione di tipo pedagogico-educativo a un'industria del divertimento che però non ha ancora i mezzi per soddisfare il suo pubblico. La politica dal 1696 al 1974 è caratterizzata dal prevalere dell'intrattenimento, da una netta separazione di generi, dalla concorrenza fra il primo e il secondo canale e fra i tre canali radio, da un'accentuata professionalità e dall'incremento costante della pubblicità. La televisione negli anni '50 precorre i cambiamenti della società, opera in direzione di una modernizzazione che coinvolge gli strati più diversi, dai ceti urbani a quelli agricoli ma il cambiamento è troppo veloce : la forte crescita economica, l'intensa urbanizzazione e l'elevato livello di vita suscitano nuovi bisogno e nuovi consumi. L'ampiezza della rivoluzione in atto pone il problema di una politica culturale che non può essere solo una scelta di qualità ma deve fare i conti con nuovi processi di comunicazione e di partecipazione del pubblico. Si pensa sempre di più in termini di domanda e offerta e l'indice di ascolto diviene l'elemento principale per valutare il successo o meno di una trasmissione. Nel luglio 1974 la CC interviene definendo illegittimo il decreto sullo smantellamento delle tv straniere e con un'ulteriore sentenza, conserva allo Stato la riserva delle concessioni per le tv via etere ma liberalizza le tv via cavo in ambito locale. Le condizioni minime per il monopolio comportano trasmissioni che rispondano all'esigenza di offrire al pubblico una gamma di servizi caratterizzati da obiettività e completezza di informazioni e da ampia apertura a tutte le correnti culturali. LA MODERNITA' LA RIFORMA La legge di riforma della RAI-RADIOTELEVISIONE italiana viene approvata il 14 aprile 1975. La legge si muove in un'ottica di garanzia che consente a tutti i soggetti politici e sociali di essere rappresentanti all'interno dell'ente. L'obiettivo di fondo non sarà mantenuto e si tramuterà in una spartizione da parte dei partiti dell'intera programmazione e informazione radiotelevisiva, a scapito del punto di vista imprenditoriale. La RAI è una società per azione a totale partecipazione pubblica di interesse nazionale e in virtù della riforma modifica la propria struttura azionaria a favore dell'IRI. I tre organi principali sono l'assemblea generale dei soci, il Consiglio d'amministrazione e il presidente. Non è prevista invece la figura dell'amministratore delegato. La società ha per oggetto l'esercizio dei servizi di diffusione circolare di programmi radiofonici via etere, su scala nazionale, via filo e via etere su scala nazionale. Il Consiglio d'amministrazione è composto da sedici membri, sei eletti dall'assemblea dei soci e 10 dalla Commissione Parlamentare che ha un carattere politico. Il Consiglio elegge il preside...


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