Burlador de Sevilla y convidado de piedra PDF

Title Burlador de Sevilla y convidado de piedra
Author Federica Licciardi
Course Letteratura spagnola II
Institution Università degli Studi Suor Orsola Benincasa
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Burlador de Sevilla y convidado de piedra Tirso de Molina è una frate mercedario importante e in questo testo come in altri testi affronta con determinazione i testi teatrali tanto che ad un certo punto viene accusato dall’ordine di dedicarsi troppo alla letteratura e troppo poco alle questioni religiose, anche se non era vero, di fatto nei suoi testi pur essendo dei testi di grande impatto teatrale, affronta problematiche legate a questioni teologiche molto dibattute all’epoca. È un testo di Tirso de Molina, terzo grande autore del teatro del siglo de oro, la cui originalità sta nell’aver avuto l’intuizione di fondere due tradizioni letterarie autonome e popolari. La ragione per la quale il personaggio del don Giovanni, che diventa poi così noto, che viene considerato mito della modernità (mito portatore di categoria antropologica assolute). E perciò un testo diventa un mito perché i personaggi delle tragedie incarnano dei problemi antropologici generali. Quindi il don Giovanni diventa mito della modernità perché portatore di una categoria che è dell’umanità tutta, che è il desiderio sessuale nello specifico; nonostante molti protagonisti di altre opere siano portatori di questo desiderio, ma non sono per questo considerati miti, la questione è che è l’atteggiamento del don Giovanni rispetto al proprio desiderio quello che lo costituisce come un mito. Il don Giovanni incarna quello che tutti desidererebbero essere e che non sono perché l’umanità ha scelto di vivere in una società regolata da una serie di norme. Per cui non è possibile infrangere sistematicamente le norme pensando di farla franca e di restare impunito. Il don Giovanni invece parte dal presupposto che desidera quindi si appropria dell’oggetto del proprio desiderio, burlandosi quindi delle donne, ingannandole, e tendenzialmente non volendo assumersi nessuna responsabilità per le conseguenze delle sue azioni. Si può consentire un atteggiamento di questo tipo perché vive in una società che secondo il testo è quello di un re, che non rispecchia quello del suo tempo reale perché secondo le regole scritte nell’opera di Lope de Vega, non è possibile mettere in scena il re del momento in cui si scrive, non è possibile fare di quella figura, che nell’immagine collettiva è una figura sacra, oggetto e che venga interpretato da un attore. Quindi molti autori mettono in scena problematiche del tempo nel quale scrivono, però ambientano il testo sul piano cronologico interno al testo, in un momento storico diverso e lontano, perché mette distanza tra lo spettatore e l’immediata attualità. Nel caso del don Giovanni i luoghi sono reali, riconoscibili, (Napoli, Tarragona e Siviglia), però dal punto di vista dell’organizzazione politica a Napoli c’è il re, mentre nel periodo in cui Tirso scrive Napoli era spagnola ma c’è il vice re e ovviamente il re si chiama in un altro modo. Ciò che invece è riconoscibile è la società descritta, di fatto il testo è rappresentativo dei comportamenti di una classe sociale, delle donne in quel momento storico, della potenza dell’aristocrazia che ancora esercita nel contesto della gestione del regno, del fatto che esiste la figura del privado, che è tipica di Filippo III e IV (lerma e olivares). Don Juan è nobile, appartiene ad una famiglia di altissimo lignaggio, la famiglia dei Tenorio di Siviglia, il padre è il privado del re; quindi in virtù della propria sangre, del prorpio ruolo sociale e del fatto che il privado del re è colui che esercita una grossa influenza e che lo consiglia in privato, don Juan è convinto che qualsiasi malefatta dovesse compiere rimarrebbe impunito. L’impunità di don Giovanni si può dare perché evidentemente si muove in una società che gli consente questa impunità e di fatto all’interno del testo non c’è nessuno esente dal peccato. C’erano delle regole nella società in cui viveva il don Giovanni, ma lui deroga alle regole, in quanto rappresentante dell’alta aristocrazia del ‘600 spagnolo, una persona come lui avrebbe dovuto rispettare, non è esente da seguirle, al contrario proprio perché rappresentante di quella classe dovrebbe essere portatore dei valori più alti della nobiltà cortesia, galanteria e cavalleria e cioè rispetto per le donne

e per Dio, difesa dei più deboli. Tutti questi sono deroghe per don Giovanni e lo fa con una simpatia e leggerezza accattivante per il lettore e per lo spettatore, onde poi alla fine pagare un conto. Don Giovanni è accompagnato da un personaggio che è il gracioso, personaggio tipico del teatro del siglo de oro, che è molto spesso deuteragonista di questi testi, personaggio più o meno importante, non è solo l’elemento comico, ma è attivo e interagisce in modo significativo sull’esperienza del protagonista del testo. Il gracioso, Catalinon, ha un importanza enorme in questo testo, è un fifone ma comunque cerca di redimere il don Giovanni, di fargli notare che sta esagerando, sarà trattato ovviamente come servo, quindi male, ma alla fine sarà il testimone unico della fine di don Giovanni, colui che racconterà bene cosa è successo. La società descritta da Tirso in questo testo è una società di profondissima crisi, non c’è una persona esente dal peccato, don Giovanni è l’apoteosi del peccato, ma perché il peccato di don Giovanni è l’impudenza nei confronti di tutte le regole e che lui manifesterà nei confronti di regole che non andrebbero mai erogate. Le donne sedotte dal don Giovanni sono quattro: la duchessa Isabella, una pescatrice di nome Tisbea, Aminta e Dona Ana figlia del commendatore de Ulloa che diventerà poi il convidado de piedra e utilizza due tecniche diverse di seduzione, mette in atto con le nobildonne una modalità di seduzione attraverso il travestimento, si spaccia per qualcuno che non è, quando la seduzione è operata ai danni delle popolane il don Giovanni si presenta esattamente per colui che è, nome cognome e stato sociale, promettendo il matrimonio alle fanciulle e fuggendo poi la notte sistematicamente e in quei casi la sensazione di impunità è ancora più forte, perché se nel caso del travestimento è impunito poiché non è riconosciuto, nei casi in cui si presenta quando seduce la donna e poi fugge, sta millantando la propria impunità, è convinto che nulla potrà mai scalfire il suo stato. Si trovano a Napoli, a Palazzo Reale, e Napoli viene immaginata come un regno indipendente, che in un certo senso dà anche il senso dell’importanza che aveva la città partenopea nell’immaginario collettivo spagnolo. Isabella ha accolto nella sua camera il duca Ottavio, si è svolta una scena di seduzione, ella aspetta nella sua stanza clandestinamente il duca Ottavio, lo ha ricevuto, hanno giaciuto insieme e quando lei vuole accendere la luce ma lui la ferma e quindi lei chiama le guardie del palazzo. Quando chiama aiuto, arriva il re e lei è preoccupatissima, il re chiede chi è e don Giovanni risponde che sono un uomo e una donna, il re quindi sceglie di non vedere ed è una scelta sbagliata perché non può scegliere di non esercitare un principio di giustizia, e chiama dunque chiama una guardia. Isabella ha quindi perso l’onore, per causa di non sa ancora chi. Arriva don Pietro Tenorio ambasciatore del re di spagna, fratello del privado del re quindi zio di don Giovanni, al quale viene affidato il compito di capire cosa sia successo. Pietro decide di restare solo con l’uomo che scopre essere poi il nipote e così si fa rivelare cosa ha fatto e don Giovanni quindi gli dice che ha ingannato e goduto della duchessa Isabella fingendosi il duca Ottavio, lo zio quindi sapendo che se fosse arrestato macchierebbe il nome della famiglia decide di coprirlo e lo aiuta a scappare, dicendogli di recarsi o a Milano o in Sicilia, nonostante abbia promesso di recarsi lì allo zio, decide comunque di ritornare in Spagna. Don Pietro mente al re dicendogli che è scappato e rivela poi che Isabella è stata sedotta dal duca Ottavio, il quale però non è a conoscenza di tutto ciò, viene arrestato ignaro di tutto e portato in carcere nonostante la sua innocenza, mentre il don Giovanni, colpevole, torna a casa tranquillo. Don Giovanni gioca con le debolezze umane prima con Isabella, con il re, poi con suo zio: il comportamento di Isabella va contro una regola in quel momento (matrimonio doveva essere

consumato dopo il rito), il re perché nonostante sia una cosa normale che un uomo e una donna stiano insieme, non può permettere che si diffonda la notizia che due nobili nel suo castello siano stati insieme e di fatto lui sceglie di non vedere, nonostante viene meno al ruolo del re e lo zio che avrebbe dovuto arrestarlo e quindi non solo macchiare un nobile qualunque, ma uno della sua stessa famiglia e quindi esporsi pubblicamente al disonore. Quando il duca Ottavio, ignaro di tutto viene accusato e viene arrestato, rompe il fidanzamento e dopo aver ricevuto una lettera che conferma la sua innocenza verrà liberato e si recherà poi in Spagna al cospetto del re per chiedere giustizia. Fuggito da Napoli, don Giovanni approda sulle spiagge insieme a Catalinon e qui incontra Tisbea fanciulla vergine e bellissima, molto amata dai pescatori di Tarragona, la quale però ha deciso di non accettare le offerte d’amore di nessuno e la scena decima si apre con un suo monologo bellissimo, davanti al mare, nel quale ribadisce di essere una donna libera in amore. Mentre Tisbea sta tenendo questo monologo vede due uomini uno dei quali sta salvando l’altro che sta annegando facendo riferimento ad Anchise padre di Enea portato sulle spalle dello stesso (concepto, poesia barocca) e chiama aiuto. Una volta approdati sulla riva Catalinon maledice il mare e chiunque ha inventato la navigazione poiché pensa che don Giovanni sia morto, Tisbea gli dice che in realtà respira ancora e a quest’altezza si scopre un po’ di più della persona di don Giovanni. A questo punto mentre Catalinon è andato a chiamare gli altri pescatori, Tisbea è rimasta sola con don Giovanni, prende la sua testa e se lo prende in grembo, che si sveglia e subito colpito dalla bellezza di Tisbea cerca di accattivarsela, ma Tisbea non cade subito nella trappola poiché non crede sia sincero. Però Tisbea inizia a cedere alle parole di don Giovanni, ma più che alle parole, allo status; lei sta cedendo all’amore e quindi si rende conto dall’affetto che le dimostra Coridone, era sincero e comincia a riscaldarsi di fuoco dell’amore per don Giovanni. Successivamente lei lo porta nella sua capanna e a parte raccomanda Catalinon di non dire a Tisbea chi è e gli dice inoltre che vuole godere di lei. Lui riuscirà a godere di Tisbea, farà preparare dei cavalli e fuggirà con Catalinon verso Siviglia. Catalinon però cerca di mettere in guardia don Giovanni ma don Giovanni risponde “que largo me lo fias” presa dal gergo mercantile che significa c’è’ tempo perché si debba pagare il debito, poiché si paga prima della morte, don Giovanni essendo forte, giovane e in salute non si preoccupa, non pensa mai alla morte. Catalinon interagisce con il galan, lo rimprovera e in questo caso si preoccupa della scorrettezza di venir meno al principio dell’ospitalità. Tisbea però non ci casca subito perché sa che non è nobile, e quindi non è previsto il passaggio da uno stato all’altro, c’è un’immobilità sociale che non prevede che un nobile, per lo più già promesso dal re ad un’altra nobildonna, di sposarsi con una donna di un ceto sociale diverso. Don Giovanni con la promessa di sposarla riesce a convincere Tisbea a passare la notte con lui, le porge la mano giurando il falso però. Passano la notte insieme e don Giovanni quindi riesce nel suo intento, la mattina dopo Tisbea vede che è fuggito e chiama aiuto, ma ormai lei è disonorata, ma Anfrisio nonostante sia ferito per amore, vigila insieme a Coridone, sul suo stato di salute. Nel frattempo a Siviglia ci sono il Re Alfonso e don Gonzalo de Ulloa che conversano sull’armata portoghese e sulla città di Lisbona, alla fine di questa conversazione il re grato a don Gonzalo per i servizi come ambasciatore e dopo la relazione così dettagliata decide di voler sposare la figlia per sua mano. Il re è l’unico deputato a stabilire i matrimoni tra nobili, per cui don Gonzalo accetta e chiede il futuro sposo che è don Giovanni a sua insaputa. È arrivata una lettera da parte di don Pedro, l’ambasciatore a Napoli, che ha fatto scappare don Giovanni, ha accusato momentaneamente il duca Ottavio per prendere tempo e ha scritto una

lettera segreta al re di Spagna e al fratello per comunicare l’atto che ha compiuto don Giovanni a Napoli nei confronti della duchessa Isabella. Il re Alfonso quindi informerà il re di Napoli sul vero colpevole, e dato che don Giovanni ha già sposato Isabella, la sposerà riparando e portando pace nel cuore del duca Ottavio e poi venga esiliato. Per riparare al danno decidono di rendere don Gonzalo maggiordomo maggiore del re, gli danno quindi un titolo nobiliare; nel frattempo arriva il duca Ottavio e il re immagina che sia andato lì perché ha saputo di don Giovanni e si vuole vendicare, chiedendo al re il permesso di sfidarlo a duello. Don Diego chiede di graziare il figlio e di non permettere che avvenga il duello. Il duca Ottavio dice al re che sta fuggendo dopo aver subito un tradimento di una donna e l’offesa di un cavaliere e il re gli dà un matrimonio più conveniente; dovendo sciogliere il matrimonio tra don Giovanni e dona Ana decide di far sposare il duca Ottavio con Ana. Questo è un comportamento molto poco regale, tant’è vero che il re del don Giovanni è stato soprannominato il re casamentero, che organizza cioè i matrimoni, di fronte a tutto quello che sta vedendo si sta comportando più da alcaueta che da sovrano, perché tutti sono venuti meno alle regole vigenti. Il duca Ottavio subito accetta subito e dimentica subito le due offese subite, quindi nessuno si comporta nel modo corretto, nessuno è legato ai valori di cui dovrebbe essere portatore. Sono arrivati a Siviglia e camminano per le strade Catalinon e don Giovanni incontrano il duca Ottavio e si scusa con lui per non averlo salutato quando è andato via da Napoli; nel frattempo li raggiunge il marchese della mota, miglior amico di don Giovanni e il duca si congeda, offrendogli i suoi servizi, essendo molto nobile. Parlano della situazione in città e soprattutto delle donne, decidono poi di andare la sera de perros muertos, che era una pratica molto crudele che facevano i nobili spagnoli, andavano dalle prostitute, godevano dei servizi delle dame e poi andavano via senza pagare, perché la prostituzione pur essendo tollerata, non era ammessa, era un peccato e quindi non avrebbero potuto farsi giustizia. Il marchese però gli confessa di non essere molto interessato in quanto era innamorato di sua cugina tornata dal portogallo che era dona Ana de Ulloa. Allora don Giovanni gli dice di sposarla, ma lui gli dice che il re l’ha già promessa, anche se non sa che è stata promessa a don Giovanni, perché don Gonzalo non sa che in realtà è stato promesso alla duchessa Isabella, per salvare l’onore della donna. Don Giovanni però gli dice di non fermarsi, ma di rapirla e di giacere con lei, in modo tale da doversi sposare e il marchese gli confessa che sta aspettando una risposta da parte della donna. Il marchese poi va via e si avvicina a don Giovanni una donna la quale, vedendolo parlare con il marchese, gli affida una lettera da parte di donna Ana, da far recapitare al marchese. Don Giovanni legge la lettera di donna Ana nella quale lei confessa il suo amore e se lui ricambia il suo amore lei lo aspetta alle 11 per giacere insieme e di vestirsi con un mantello rosso, in modo tale da essere riconosciuto e lasciato passare dalle donne della casa. Don Giovanni sta per violare un altro principio sacro l’amicizia, dice al marchese che mentre lui era via, una donna gli aveva lasciato un messaggio di recarsi a mezzanotte a casa di dona Ana e il marchese dice a don Giovanni, poiché la sera doveva andare de perros muertos, di scambiarsi i mantelli in modo che la donna con la quale doveva giacere lo faceva entrare. C’è un dialogo tra don Giovanni e don Diego dove il padre amareggiato dal suo comportamento gli parla della decisione del re di esiliarlo e che per quanto sembri non arrivare, Dio infliggerà castigo in punto di morte e qui don Giovanni compie il peccato vero e più grande, questo è uno degli apici maggiori. Dopodiché si reca all’appuntamento con il marchese per le strade di Siviglia e ci sono tutta una serie di musicisti che sono quasi un presagio di quello che accadrà poi, si scambiano i mantelli e il don Giovanni si reca da donna Ana, la quale riconosce l’inganno, si rende conto che quello non è il marchese de la Mota e chiama aiuto, giunge il padre che vuole vendicare

la figlia, il padre però si preoccupa che qualcuno la sente, sfida a duello don Giovanni e muore. Arriva dopo un’ora il marchese della mota ignaro di tutto, soprattutto quando don Giovanni è scappato aveva addosso il mantello del marchese e quindi i testimoni che l’hanno visto lo accusano di essere l’assassino. Don Giovanni parte per andare in esilio e nel tragitto incappa nel matrimonio di due pastori, Aminta e Batrizio, e Aminta è talmente bella che don Giovanni non resiste e deve averla, inizia a sedurla, le fa la corte, Batrizio è molto nervoso perché non vuole nobili al suo matrimonio, in quanto sostiene che sia un malaugurio. Lui sedurrà anche Aminta promettendole così come alle altre di sposarla, facendo credere a Batrizio che lei gli ha già dato l’onore e quindi Batrizio rinuncerà a lei, dopodiché si recherà nuovamente a Siviglia e nella strada si imbattono in un Pantheon dove c’è la statua del commendatore di Ulloa, con un’incisione scritta che dice “il più onesto cavaliere aspetta dal Signore il castigo di un infame”, e poi don Giovanni commette il secondo grave errore, invita la statua a cenare a casa sua, sta sfidando la morte. Mentre cenano bussano alla porta ed è il convidado de piedra ovviamente Dio è giusto e misericordioso, don Giovanni sfida la misericordia di Dio. Quando Catalinon va ad aprire e si ritrova la statu, si spaventa e non riesce a spiegarlo a don Giovanni il quale scende con la candela e si incontra con la statua e con la spada in mano arretra quando vede la statua avanzare verso di lui. Don Giovanni lo invita a sedersi e cenare con lui e alla fine di tutto don Gonzalo se ne va e invita don Giovanni a cena da lui, che accetta poiché è un cavaliere honrado. Quando la sera si reca con Catalinon al sepolcro, è spaventato perché all’entrata del sepolcro è tutto in movimento. Don Gonzalo gli chiede la mano, con la stessa frase che dice lui alle donne e gli promette di andare l’indomani alle dieci a cena da lui, al sepolcro, insieme a Catalinon. Alla fine dell’incontro è madido di sudore, ha dissimulato ma in realtà si è spaventato, quando gli ha preso la mano non capisce perché sentiva un calore assurdo, quando invece la pietra è fredda. Arriva la sera e i due si recano dal commendatore, si siedono a cena e nel frattempo si alza un canto che dice che non c’è scadenza che non arrivi, ne debito che non si paghi e la scadenza dell’uomo è la morte, ma il problema è che la morte avviene quando meno te l’aspetti. Sempre può giungere la morte e quel tan largo me lo fiais di don Giovanni è il suo peccato più grande. Alla fine don Gonzalo chiede nuovamente a don Giovanni la sua mano e non gliela lascia più, cerca di liberarsi dalla stretta e gli confessa che non è riuscito a giacere perché lei si era accorta dell’inganno, ma la statua dice che non gli importa perché l’intenzione era quella. Don Giovanni chiede di poter chiamare qualcuno che lo confessi e lo assolva dai peccati, ma don Gonzalo gli dice che non può perché è ormai troppo tardi e così don Giovanni brucia e cade a terra morto, poi ad un certo punto tutti e due sprofondano e vengono inghiottiti. Nel frattempo Isabella è sbarcata a Tarragona insieme a Fabio i quali si dovranno recare poi a Siviglia per celebrare le nozze, sulla costa sentono ad un certo punto i lamenti di una donna che scopriranno essere Tisbea, la quale le confida la pena e di fronte al dolore della pescatrice, Isabella decide di prenderla sotto la sua protezione e le rivela che la causa del dolore è don Giovanni Tenorio. Quando lo scopre decide di portarla con sé a palazzo decisa a denunciare tutte le malefatte. A palazzo arrivano tutti coloro che sono stati beffeggiati da d...


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