El burlador de Sevilla. Tirso de Molina PDF

Title El burlador de Sevilla. Tirso de Molina
Author Mirella Corrado
Course Letteratura Spagnola
Institution Università degli Studi di Salerno
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Summary

El burlador de Sevilla, descrizione dell'opera, analisi, ed informazioni generali circa l'autore Tirso de Molina....


Description

12/04/2018 El “Burlador de Sevilla” è un’opera che appare in una raccolta miscellanea del 1630 pubblicata a Barcellona, (con la parola “miscellanea” si intende un’opera di vari autori) sotto il titotlo di “Doze comedias nuevas de Lope de Vega Carpio y otros autores”. All’interno di questa raccolta troviamo El burlador de Sevilla a nome di Tirso de Molina, per certi versi però, questa raccolta di opere non è molto affidabile in quanto ci sono vari errori, ma soprattutto abbiamo notizia di un altro testo che si intitola “tan largo me lo fiais” che è un’opera che non fa parte di nessuna raccolta, senza indicazione di data, senza editore e attribuita a Calderon de la Barca. Quindi in realtà l’opera per cui Tirso di Molina è conosciuto è un’opera la cui paternità ha ancora dei forti dubbi. Non possiamo sapere se quella di Calderon è anteriore o posteriore a quella di Tirso in quanto non abbiamo a disposizione una data precisa. TIRSO DE MOLINA Il vero nome era Gabriel Tellez nato a Madrid nel 1579 e morto a Soria nel 1648. Era un autore della scuola di Lope de Verga, aveva ricevuto , quindi, la lezione dell’arte nueva, aveva umili origini. Abbiamo poche notizie della sua vita, nel 1599 lo troviamo come frate e scrittore presso il convento madrileno della Mercede, qui inizia la sua attività di frate e di scrittore, dall’insediamento fino al 1616 vive a Toledo, quindi non ebbe degli studi universitari veri e propri ma si formò attraverso il noviziato. Intorno al 1606 è conosciuto come poeta e nel 1610 l’attore e scrittore di teatro Andres de Claramonte (uno dei più importanti capocomici della scena teatrale dell’epoca) parla di Tirso de Molina come “poeta comico”. Nel 1616 parte per il “Nuovo Mondo” in missione pastorale a Santo Domingo, dove si trattiene fino al 1618 con il ruolo di “definidor general”. Le sue prime opere sono o commedie agiografiche , ovvero sulle vite dei Santi, oppure degli autos sacramentales, che sono due tipologie di opere molto legate al mondo della religione; poi continua con il teatro “profano”. 1615 va in scena “Don Gil de las calzas verdes” e ad interpretare uno dei personaggi femminili c’era “Jeronima de Burgos”. Mentre la sua produzione teatrale si fa sempre più consistente subisce l’attacco da parte della “punta de reformacion de las costumbres” in cui si dice che Tirso scrive :”comedias profanas y de malos incentivos” ovvero che incitano al male. Si trasferisce quindi a Siviglia in seguito a questa critica e nel 1627 viene pubblicata la sua “primera parte de comedias ” ovvero la prima raccolta a nome suo, in realtà non sappiamo se è effettivamente la prima, anche perché all’epoca quasi tutte le opere venivano spacciate per nuove in modo da poterne vendere di più. In questa produzione teatrale limitata, spiccano due grandi opere: “El Burlador de Sevilla” e “El condenado por desconfiado”. Scrive anche “comedias palatinas” ovvero un tipo di commedie in cui i personaggi sono “Palatina da Palacio” e l’ambientazione è quella del palazzo, in cui si mettono in scena amori contrastati tra principi e principesse, di drammi per la successione e spesso ha anche un’ambientazione esotica (per ambientazione esotica non bisogna pensare alle Maldive, all’epoca veniva considerata esotica anche l’Italia, quindi tutto ciò che non riguadava la Spagna). Un altro genere che Tirso tratta è la commedia de “capa y espada”, in questo caso i personaggi non fanno parte dell’alta nobleza ma di quella urbana e l’ambientazione è pressoché contemporanea sia nel tempo che nello spazio, infatti era ambientata a Madrid,Toledo o Salamanca.

EL BURLADOR DE SEVILLA L’opera più importante di Tirso è “El burlador de Sevilla”, sappiamo che viene messa in scena per la prima volta a Napoli nel 1625 e che probabilmente il testo venne pubblicato a Siviglia tra il 1628 e il 1629 tuttavia questo testo è andato perso, quindi la prima testimonianza che abbiamo è quella del 1630 all’interno della raccolta miscellanea.

E’ un testo diviso in 3 atti, ed è perfettamente costruito, presenta 4 sequenze tematiche basate sull’alternanza tra l’inganno di una donna da parte di Don juan e la fuga di quest’ultimo, queste quattro sequenza quindi ripetono lo schema inganno-fuga. Quattro sono le donne burlate, 2 sono nobildonne (Donna Anna e Donna Isabella) e 2 popolane (Anilta e Tisbea). Le seduce attraverso 2 meccanismi, uno utilizzato per le nobildonne e l’altro per le popolane, per quanto riguarda le nobildonne don Juan usa la tecnica del “travestimento”, ovvero si traveste facendosi passare per l’innamorato delle due mentre per quanto riguarda le popolane le inganna con la parola, facendo credere ad entrambe di essere follemente innamorato di loro e che dopo essersi date a lui sarebbero diventate le sue spose. Il testo sembra studiato su uno schema di opposizioni (popolane/nobili ,inganno/fuga, travestimento/parola) e anche geograficamente è ambientato tra due paesi : la Spagna e L’italia; e tra due spazi : la campagna e la città. Tutto ciò risponde ad uno SCHEMA BINARIO. Sono state fatte varie ipotesi sulla presunta identità di Don Juan Tenorio e sulle fonti di questa storia, una di queste ipotizza che sia Don Miguel de Manara, un nobiluomo sivigliano conosciuto come seduttore durante il secolo 17, però troppo giovane durante gli anni in cui viene scritta l’opera, si è poi parlato del secondo duca di Osuna, del conde de villamediana, tanti nomi sono stati fatti in generale ma nessuno di questi è stato accreditato come la fonte di ispirazione di Tirso. Si è parlato anche delle fonti letterarie, ma anche qui nessuna di queste ipotesi sembra acquisire spessore ed è Tirso in primis a delineare con la figura del seduttore impenitente. Quello che è stato documentato ampiamente, è l’altra parte del titolo, ovvero “el convidado de piedra”, che fa riferimento a un altro nucleo tematico del testo che ha a che vedere con la tracotanza di Don Juan rispetto alla notte e al pentimento. Chi è il convidado de piedra? Don Juan a Napoli si trova nella stanza di una dama e sta per compiere l’atto, interviene il padre di lei Don Gonzalo de Ulloa e don Juan lo colpisce a morte, successivamente lui continua questo meccanismo di inganno e accade che lui si prende gioco della statua di questo uomo morto “el convidado de piedra” e lo invita a cena; il convidado va a cena, quindi Don Juan cena con la statua del morto. Il nucleo fondamnetale del testo è il Don Juan seduttore, ma se teneniamo conto anche della seconda parte del titolo, capiamo che don Giovanni non muore perché seduce donne ma perché si prende gioco della morte, poiché non solo lo uccide ma si prende gioco di lui, quindi viene punito per questo suo essere empio. Questa seconda trama è molto attestata come leggenda nel folclore europeo spagnolo, circolava infatti già la leggenda di un uomo che invita per due volte a cena un morto. La leggenda narra di quest’uomo che mentra va in chiesa incontro un morto e lo invita a mangiare, il morto accetta l’invito però siccome l’uomo si era preso gioco di lui lo castiga, questa leggenda in Spagna presenta anche la variante del convidado de piedra. DOPPIA TEMATICA: seduttore ed empio. INIZIO DELL’OPERA Don Juan si trova di notte a Napoli nel palazzo ed entra di nascosto nella stanza di Isabella, si traveste e finge di essere l’innamorato con cui Isabella doveva sposarsi, lei non si fida e prende una candela per poter suggellare quest’amore alla luce, don Juan si rifiuta ed Isabella capisce che non era il suo amato, a questo punto urla e accorrono il re e succesivamente Don pedro che è lo zio di don Juan e matador di Spagna e Napoli. Il re consegna don Juan a suo zio. Don Juan si trovava a Napoli per intercessione del padre perché in spagna ha sedotto un’altra nobildonna ed è dovuto fuggire. Don pedro dice al re che don Juan è scappato, ovvero dice che colui che si è macchiato di questo inganno è scappato, il problema è che Don Pedro riferisce al re che la donna macchiata è donna Isabel e che colui che l’ha macchiata è il suo stesso amato, quindi fa ricadere la colpa sul duca Ottavio. Dall’altra parte però il duca Ottavio era all’insaputa di tutto, lo ritroviamo nella scena ottava intendo a parlare con il suo criado Ad un certo punto mentre il criado e il signore stanno in casa arriva Don Pedro con delle guardia con l’ordine di catturare il duca Ottavio colpevole di essersi macchiato di questo peccato. Alla fine il duca ottavio decide di scappare in Spagna per sfuggire alla giustizia del Re, in fuga verso la spagna è anche Don Juan, la scena decima del primo atto presenta quella che sarà la futura vittima della seduzione di Don Juan, Tisbea, una pescatrice, che recita un soliloquio prima che Don Juan faccia irrusione nella sua vita. Questo è uno dei monologhi più consociuti del testo in cui Tisbea si presenta come una pescatrice libera e felice perché lontana dall’amore, si vanta anzi, di essere riuscita a

sottrarsi alla follia amorosa e di potersi svagare al sicuro da questo pericolo perché l’anima gode di libertà quando “l’ago” dell’amore non innietta veleno, è anche orgoliosa del suo onore mantenuto intatto nonostante il continuo interesse di questi pescatori nei suoi confronti. E’ felice di vivere lontano dalle pericolose reti dell’amore. In seguito ad un naufragio Catalinon (servo di don Juan) e Don juan approdano su una spiaggia della Spagna, dove incontrano Tisbea. Catalinon è un personaggio che intruduce alla vicenda elementi comici, lo stesso nome in spagnolo significa “fifone”, o meglio “cacasotto” , va a chiamare aiuto e rinforzi in quanto don Juan sta male. Lei dice che sembrano il cavallo di troia, ovvero apparentemente innocui ma in realtà pericolosi, il fuoco che arde dentro don Juan coinvolge subito Tisbea che decide di trasportarlo nella sua capanna per farlo riprendere e per festeggiare il suo recupero, però don Juan riferisce subito quelle che sono le sue reali intenzioni, e decide di disonorarla la notte stessa. Nella scena successiva abbiamo Don Gonzalo che a Siviglia riferisce al Re dei suoi ultimi viaggi, in particolare la bellezza di Lisbona, una volta ascoltate le parole di Don Gonzalo, per dimostrargli la sua gratitudine il re gli riferisce che vuole fargli un onore, ovvero, vuole dar sposa la figlia a un nobile di corte, questo nobile di corte è Don Juan Tenorio, a questo punto Don Gonzalo va ad avvisare sua figlia. Si ritorna a Tarragona, dove Don Juan ha già in mente il piano per burlare Tisbea, dalle parole di Don Juan emerge che egli ancora prima di consumare il rapporto con la donna pensa già alla fuga, Catalinon cerca di dissuaderlo, ma egli risponde dicendo che “burlare” è qualcosa che gli appartiene da sempre e a cui non può rinunciare. Don Juan si rende doppiamente colpevole in quanto non solo si burla di una donna, ma la donna in questione è colei che gli ha salvato la vita e lo ha ospitato....


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