Tirso DE Molina PDF

Title Tirso DE Molina
Course Letteratura spagnola i
Institution Università degli Studi Gabriele d'Annunzio - Chieti e Pescara
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Appunti dettagliati del corso...


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TIRSO DE MOLINA VITA Tirso de Molina viene collocato tra i drammaturghi di secondo piano del Seicento Spagnolo, ma una certa tradizione lo aveva in passato, considerato una parte integrante nella triade del teatro aureo iberico (con Lope e Calderòn). A Tirso, si deve la CRISTALLIZZAZIONE DELLA FIGURA DI DON GIOVANNI. I dati biografici di Gabriel Tèllez (scrive sotto pseudonimo di Tirso de Molina) erano pochi e scarsi. Le ultime ricerche, hanno messo alcuni punti fermi nella sua vita. Il ritrovamento del certificato di nascita nella parrocchia di San Sebastiàn, dimostra che Tirso nacque nel 1579, da genitori di umile origine. Secondogenito, Tirso viene avviato alla carriera ecclesiastica: in seguito diventa membro della Mercede. Nulla si sa sulla sua formazione intellettuale. Presto, si affaccia il talento di commediografo. Tirso (che usa lo pseudonimo solo a partire dal 1615) esordisce come autore di autos e di commedie agiografiche, ma presto si lancia nel filone più tipico della commedia, quella dell’intreccio, con testi come “Marta la devota”, “Il timido a palazzo”, “Il geloso saggio” ecc… Lo scrittore si cimenta anche nel genere storico o di ispirazione storica. Nel 1615 va in scena, nel teatro ufficiale di Toledo, la commedia “Don Gil dalle brache verdi”, uno dei testi più famosi di Tirso. Il 1616 è un anno significativo per Tirso: lo aspetta un’esperienza oltreoceanica, che lascerà tracce del suo percorso artistico e umano. Va a Santo Domingo per predicare, per insegnare teologia e per fondare scuole. Rimane lì per alcuni anni e, il rientro in patria non è proprio felice: muore prima suo padre e poi sua madre. A questo punto, le preferenze di Tirso sono ben delineate. I tratti tipici della sua arte sono: la capacità di creare tipi umani, il gusto per meccanismi teatrali ben oliati, basati su un intreccio perfetto, sulla cura assoluta dei personaggi e su una lingua vivacissima, ricca di registri e stili. In seguito, si aprirà per lo scrittore un quinquennio spledido. Risiede nel convento della Mercede, ove scrive nuovi testi teatrali e in prosa, approva scritti di altri e dedica versi ad amici e conoscenti. Dopo aver pubblicato tantissime opere, lo scrittore sembra quasi affievolirsi: la Junta de Reformaciòn, voluta dal conte de Olivares per rifondare i costumi iberici, propone non solo il divieto di stampa alle opere di Tirso, ma addirittura l’esilio dalla capitale del colpevole frate. Per fortuna, la Junta de Reformaciòn ha solo un ruolo propositivo e non può passare all’atto pratico, quindi è sufficiente che il poeta si allontani da Madrid. Nel 1625 viene rappresentato a Napoli, dalla compagnia di Pedro Osorio, “El burlador de Sevilla”. Si tratta di uno dei vertici drammaturgici di Tirso, insieme al “El condenado por desconfiado” in cui lo scrittore tratta temi di grande peso, come la predestinazione e il libero arbitrio, o la Grazia. Nonostante queste due opere ebbero un successo strepitoso, si è dubitato della loro parternità.

Il 1632 è un anno fertile per Tirso, che porta a termine l’opera “Dilettare utilmente”, che sfrutta il modello boccacesco del Decameron: alcune dame e alcuni cavalieri, si ritrovano durante il periodo di Carnevale, per intrattenersi con le letture di novelle. Fino al 1640 vive stabilmente a Madrid, dove conclude la Historia dell’ordine mercedario, poi si trasferisce a Toledo. In seguito, viene nominato Comendador della Mercede di Soria, ma ha breve carriera in quanto viene eletto “Definidor Provincial”. Si avvia allora a Madrid per svolgere l’incarico ricevuto ma la morte lo coglie lungo la strada verso la capitale, probabilmente nel 1648. CARATTERISTICHE Tirso de Molina  metodo della trilogia  seguace delle innovazioni Era un uomo di grossa formazione intellettuale, il suo era un teatro divertente, che, oltre a divertire doveva insegnarci qualcosa (come quello di Orazio, ecc). E’ presente una forte profondità psicologica che caratterizza quasi tutti i personaggi. DIFFERENZE CON LOPE LOPE: Nel suo teatro, i personaggi sono persone, non sono piatti e ognuno ha una sua psicologia. Questa profondità psicologica caratterizza specialmente le donne (siamo in una società maschilista). TIRSO: Nel suo teatro, le donne hanno una personalità e un ruolo. Oltre a fare il prete, faceva anche il confessore di donne. Attraverso queste confessioni ebbe la capacità di approfondire proprio la loro psicologia. TIRSO: Un’altra caratteristica è il realismo, è un autore realista. Tirso si occupa della realtà che lo avvolge. Inoltre, nelle sue opere affronta problemi sociali. Sappiamo che il “Burlador de Sevilla” non trattava solo la storia di un donnaiolo, proprio per questo è realista. E’ profondamente umano, siamo esseri umani e tutti noi abbiamo delle debolezze. Lui cerca di spiegarcele. LOPE: Lope no. SENSO DELL’UMORISMO  Nel teatro aureo compariva sempre qualcuno che faceva ridere, in genere il servo gracioso in quanto apparteneva ad una classe inferiore. In tutte le opere del teatro classico, invece, c’è una piccola parcella di umorismo. Tirso ci presenta un umorismo gracioso che va oltre il farci ridere, ci fa anche riflettere. EL BURLADOR DE SEVILLA – L’INGANNATORE DI SIVIGLIA “El burlador de Sevilla” è stata scritta da Tirso de Molina ma ci sono alcuni critici che, in realtà, pensano che non sia sua. L’opera è ambientata nel 14esimo secolo, si potrebbe pensare che è un’opera classica, ma i personaggi parlano come gli spagnoli del 18esimo secolo. Tirso, sceglie il 14esimo secolo come tempo narrativo per due motivi:

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1 motivo: a Siviglia nel 14esimo secolo c’erano due famiglie: gli Ulloa e i Tenorio. I due protagonisti appartengono ciascuno ad una famiglia. Anna appartiene agli Ulloa (i buoni) e Juan appartiene ai Tenorio (i cattivi). Tirso retrocede in questo secolo. 2 motivo: Napoli, ha un ruolo fondamentale. Ci viene raccontato che a Napoli c’è un vice re nel 17esimo secolo ma non c’era nel 14esimo secolo (prima degli aragonesi).

Arco in cui si svolge la storia: 14esimo secolo. Ci sono tre tempi marcati dal procedere della trama: il tempo narrativo della peripezia, il tempo teatrale dell'inganno, e il tempo letterario della parola. E tutti e tre saranno destinati a confrontarsi alla fine con l'assenza di tempo, con l'eternità, davanti alla quale il disordine mondano, la rottura delle leggi dell'equilibrio sociale, diventerà ordine divino». Così Maria Grazia Profeti sintetizza, nella prefazione, l'opera che inaugura la ricchissima tradizione europea del “mito” di Don Giovanni, fondendo due leggende popolari: quella del convito macabro e quella del profanatore, per amore, del luogo sacro. Il protagonista è Don Juan Tenorio  che si rispecchia nel Mito di Don Giovanni; nasce nella letteratura spagnola e poi viene trattato nella letteratura in italiano, inglese ecc.. Don Juan Tenorio è: -

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Giovane  bellezza, bello, irrazionale. Si lascia trascinare dagli istinti, dalle passioni, è forte. Tirso non ci dirà mai com’è. Nobile  nobiltà d’animo o come divisione sociale. Lui è nobile socialmente ma non si comporta socialmente. I parametri sociali non coincidono con quelli morali, privilegio sociale, ricchezza. I nobile non pagavano le tasse. Spagnolo  c’era l’impero spagnolo nel 17esimo secolo. Don Juan si vanta di essere cittadino di un grande impero.

Tirso ci racconta come vengono utilizzati questi parametri. Don Juan in ogni avventura seduce una donna. 1 AVVENTURA - 1 DONNA SEDOTTA: La donna sedotta in questa prima avventura è la Duchessa Isabella. Si svolge a Napoli. Don Juan si trova a Napoli perché è stato cacciato da Siviglia in quanto aveva fatto uno scherzo alla Duchessa di Siviglia. Se non fosse stato nobile, sarebbe stato ucciso. Ci troviamo nel palazzo reale di Napoli, al buio, non si vede nulla. In questa oscurità sentiamo la voce di una donna che dice “Allora, farai quello che mi hai promesso?” e l’uomo risponde “Si, lo farò.” Quindi, in questa prima scena abbiamo un uomo e una donna che fanno sesso. Questa prima scena ci inganna perché l’argomento non è quello. Isabella, prende un lume e Don Juan lo spegne. A quel punto, la Duchessa Isabella chiede la sua identità e lui risponde “Soy un hombre sin nombre”  cioè un uomo che non si vuole rivelare. In genere, quando qualcuno chiede chi è, risponde dicendo il suo nome. Noi identifichiamo chi siamo con il nome che ci hanno attribuito, ma dicendo il nome non diciamo niente di noi. In realtà, a questa frase viene attribuito qualcosa di più complesso: cioè “sono un uomo qualunque”, “sono un uomo”, è indifferente come mi chiamo. Quello che ha fatto Don Juan, lo avrebbe potuto fare qualsiasi altro uomo. Ha ingannato una donna

perché lei pensava fosse un altro uomo, cioè il suo promesso sposo. UOMO + SEXO = INGANO. Don Juan ha rubato il cappotto del fidanzato della duchessa, cioè il Duca Ottavio. Era buio e lei pensava fosse il suo promesso sposo (all’epoca esisteva il matrimonio davanti a Dio). Quando la Duchessa vide Don Juan, si mise ad urlare e intervenne un sacco di gente tra cui il Re e l’ambasciatore di Spagna a Napoli  è proprio lui a capire la situazione: la Duchessa è stata oltraggiata, riesce a localizzare il colpevole e lo rinchiude in una stanza. E’ Don Juan, suo nipote, sangue del suo sangue. Don Juan confessa e l’ambasciatore, non potendolo ammazzare, lo lascia fuggire. Dopo di che, quest’ultimo si reca dalla Duchessa e le dice: - o tutti pensano che sei una poco di buono – o che sei stupida – o la passi liscia  incolpando il Duca Ottavio, dicendo che a violentarla fosse stato davvero lui. La Duchessa accetta quest’ultima possibilità, accusa Don Ottavio e vanno a prenderlo. Don Juan l’ha ingannata, lei pensava fosse Duca Ottavio. Proprio a quest’inganno Tirso allude al titolo “El burlador”, colui che beffa, che prende in giro le donne. Don Juan inganna ma non seduce, la passa liscia perché è nobile. Società maschilista e corrotta, senza principi  Tirso ci descrive proprio una società fortemente corrotta, solo in una società corrotta possono esistere i Don Giovanni. MACHISTA  SEXO = Don Juan ha tolto alla Duchessa l’innocenza, non è più vergine. Ha perso l’essere donna che, a quel tempo, era un valore. La società puntava tutto su questo = lei è morta socialmente. Quello che piaceva fare a Don Juan, non era il sesso, ma il “togliere qualcosa”, vuole trasgredire. PIACERE DELLA TRASGRESSIONE = colpisce un tabù. Ogni avventura è come un corpo in movimento contro un corpo fermo, immobile. Persone che si fanno trascinare da Don Juan. Lo schema è sempre lo stesso: le persone, da fuori, si rivolgono al re, e Don Juan scappa. 2 AVVENTURA – 2 DONNA SEDOTTA: La seconda donna sedotta si chiama Tisbea, è una pescatrice. QUESTO CI FA CAPIRE CHE DON GIOVANNI E’ CAPACE DI INGANNARE QUALSIASI DONNA. Tisbea mentre pescava, cantava, dicendo “son padrona della mia vita e dell’amore… quando sono libera non sono fregata dall’amore” = Tisbea era una donna libera, non amava nessuno e l’amore non l’aveva vinta. Ci sono pescatori che la corteggiano ma lei vuole essere libera. Accade che c’è un nubifragio, vede due uomini che stanno uscendo dal mare: Don Juan e il suo servo Catalinòn (coniglione). Don Juan finge di annegare in modo che Tisbea possa salvarlo, però, dice al suo servo di non svelare la sua identità. Tisbea rimane da sola con Don Juan, che comincia subito a corteggiarla. Catalinòn va a chiamare altri pescatore. La ragazza capisce subito che Don Juan appartiene alla nobiltà, soprattutto da come parla. Don Juan vuole fare sesso con lei. Lei, invece, vuole la nobità. DOPPIO INGANNO: tu mi dai quello che voglio e io ti dò la classe sociale, la nobiltà. Tisbea non è scema, capisce che se lui si trova lì è sicuramente per qualche motivo. Lei comunque accetta e si concede a lui sperando che la sposerà. Dopo aver promesso amore eterno Tisbea, i due trovano una capanna sul mare e consumano il loro amore. Mentre si dirigeva verso la capanna, si rivolge al serve dicendo “Prepara i

cavalli” = aveva già intenzione di fuggire, già la sta ingannando. Catalinòn lo mette in guardia, gli dice che prima o poi la pagherà. Infatti, seduce Tisbea e scappa. Lei non lo trova più e si rivolge dal re. Anche lei ha perso la sua innocenza. 3 AVVENTURA – 3 DONNA SEDOTTA: La terza donna sedotta da Don Juan è Anna de Ulloa. Avventura molto importante. Nel Palazzo della Spagna, il padre di Anna de Ulloa è il Commendatore, Don Gonzalo. Quest’ultimo sta parlando con il Re di Spagna, il quale lo ringrazia per i suoi servizi. E per premiarlo, gli dice che sua figlia Anna de Ulloa, si potrà sposare con Don Juan Tenorio. Il padre di Anna, non conosce Don Juan, non sa com’è realmente. Anna de Ulloa era innamorata del Marchese de la Mota, ed era disposta a fare qualsiasi cosa pur di sposarlo, così, compie una pazzia. Il Marchese è l’alter ego di Don Giovanni, prima era come lui ma appena conobbe donna Anna de Ulloa, cambiò. Non era più come prima. Quando Anna viene a conoscenza di tutto questo, scrive una lettera in cui afferma che ama il Marchese de la Mota e che lui la rapirà  lei lo fa per salvare il suo amore. Dalla sua finestra, vede il Marchese con un altro uomo, Don Juan. Anna chiede a Don Juan di consegnargli la lettera, ma lui ovviamente la legge, e decide di approfittarsene. Ruba il cappotto del Marchese e gli dice che a mezzanotte dovrà andare a rapirla. Don Juan vuole che il Marchese assisti alla scena. Anna  è il primo personaggio che troviamo con dei principi. Non è casuale che questo caso di seduzione abbia caratteristiche simili alla prima avventura: Don Juan ha rubato il cappotto, c’è sempre il buio. Anna, si accorge che non è il Marchese, comincia ad urlare, come la Duchessa. Il padre della ragazza è il primo ad arrivare, e capisce che sua figlia è in pericolo. Il Commendatore si mette davanti alla porta per non fare uscire Don Juan (comportamento diverso dal Re della Spagna, verginità della figlia). Don Juan gli dice di farlo passare sennò farà una brutta fine e così fu: Don Juan lo ammazzaIl Commendatore antepone la sua personalità, è disposto a dare la sua vita, rappresenta un esempio dei vecchi principi della Castilla. Questa è una scena piena di significati, la Spagna che fu e la Spagna che era. In seguito, Don Juan scappa e subentra il Marchese, il quale capisce subito che lui è il responsabile della morte (sociale) di Anna de Ulloa. Secondo la legislazione del tempo, si poteva uccidere in duello, ma questo tra il Commendatore e Don Juan non era un vero e proprio duello perché Don Gonzalo era vecchio. . Il Commendatore è un uomo vecchio, Don Juan è giovane = scontro ingiusto. Fino ad adesso, Don Juan aveva trasgredito culturalmente, uccidendo il Commendatore ha trasgredito un principio universale: non si può togliere la vita alle persone. TRASGRESSIONE, SALTO DI QUALITA’. Ha trasgredito anche un principio religioso, un comandamento della chiesa. Quando noi picchiamo o facciamo del male a qualcuno, sfidiamo Dio  Don Juan sfida Dio, in quanto Dio ha dato la vita al Commendatore, quindi solo lui può togliergliela. Si è appropriato del compito di Dio. Ha peccato due volte: ha sfidato Dio e, si è preso un suo compito. Fino ad adesso, Don Juan non aveva nessuna relazione con Dio, uccidendo entra proprio in conflitto con lui. Don Juan non è solo in disaccordo con le regole della Spagna del tempo ma anche con le regole di Dio. Il morto va nell’aldilà, quindi, Don Juan stabilisce una relazione che va oltre il morto.

Concetto fondamentale : AMOR/MUERTE (DINERO) grandi temi dell’umanità. Il mito di Don Juan affronta questi due temi. “El burlador de Sevilla” in seguito, diventa il mito di Don Juan. Si ha una versione dell’amore e una della morte. Don Juan è visto come una mantide religiosa. Dà amore e poi uccide le donne socialmente. Ha ucciso per amore, ma non l’amore come lo intendiamo noi. 4 AVVENTURA – 4 DONNA SEDOTTA: La quarta donna che viene sedotta da Don Juan, si chiama Aminta, è una contadina. Don Juan utilizza sempre lo stesso schema: le donne burlate sono per due volte i prototipi della dama (Isabella, Anna) e della contadina/pescatrice (Tisbea, Amita). Don Juan arriva in un paese dove stanno festeggiando le nozze di Batrizio e Aminta. A quel tempo, se alle tue nozze si presentava un nobile, era visto come un mala augurio. Quando Batrizio vede Don Juan si inizia a sentire male. Don Juan vede Aminta, ha tre ostacoli da superare: 1) Batrizio  Don Juan gli dice che dopo quello che c’è stato tra di loro, tra lui ed Aminta, gli sembra strano che ora si sposi con lui. Batrizio si sente preso in giro, così rifiuta Aminta. Don Juan ha giocato sul maschilismo perché sa che Batrizio non crederà mai ad Aminta. 2) Il padre di Aminta  Don Juan parla con suo padre e lo informa che lui, nobile, vorrebbe sposare sua figlia. Il padre accetta, ha scelto la nobiltà, i soldi (diverso da Tisbea). 3) Aminta  accetta anche lei, lo aspetta nel letto. DISCORSO DI AUTORITA’ Ovviamente, anche Aminta viene inganna, Don Juan scappa e lei va dal re. Dopo tutte queste avventure, Don Juan scappa e ci ritroviamo nel centro, è lui che cerca di fuggire. Rimane a Seviglia e si nasconde in una chiesa (perché la chiesa aveva la sua giurisdizione, la polizia lì non poteva andarlo a prendere). Passeggiando per la chiesa, Don Juan vede una lapide con sopra una statua, quella del Commendatore Don Gonzalo, padre di Anna de Ulloa. La statua rappresenta fedelmente il Commendatore  è la rappresentazione del morto quando era vivo, resurrezione del morto attraverso l’arte. La lapide rappresenta il morto. Don Juan si avvicina alla statua e scherza con lei, la prende in giro, gli tocca il pizzetto. A quel tempo, la barba era sacra, non si toccava; quindi fa un oltraggio alla statua pensando di oltraggiare il vivo = consapevolezza di un aldilà. In più, Don Juan, lo invita a cena = invitando un morto a cena, Don Juan sta sfidando Dio perché lui è l’unico che può resuscitare il Commendatore. La sera, Don Juan va a cena con dei suoi amici. Mentre cenevano, bussarono alla porta, 3 colpi pausati. Catalinòn non vuole andare ad aprire perché ha paura, Don Juan lo minaccia e lui va. Catalinòn si fa letteralmente addosso perché davanti la porta c’è la statua. Appena la statua entra in casa, svengono tutti, rimangono solo la statua e Don Juan. Ma chi ha dato la vita alla statua? Dio. Perché gli ha dato la vita alla statua e non al morto? Perché Don Juan si è rivolto alla statua, Dio anima la statua perché è la rappresentazione del vivo e non del morto; per dimostrare la sua onnipotenza anima la statua. Dio sta dicendo a Don Juan di non sfidarlo, per questo anima la

statua, lo prende in giro. Dio resuscita i buoni. Il resuscitare la statua e non il Commendatore potrebbe essere connesso al fatto che il Commendatore non meritava di essere resuscitato. La pietra/la statua  non ha sentimenti, non sente nulla (diverso dal Commendatore). Don Juan, quando vede la statua, la invita a sederli e a prendere qualcosa da mangiare, ma la statua non mangia nulla proprio perché è una statua. Finita la cena, la statua invita Don Juan a cena, la sera successiva.  altra sfida, Dio invita Don Juan. La casa della statua è la chiesa  Dio invita Juan nel regno dei morti e lui accetta. La sera dopo, Don Juan va a cena con il morto. Per cena ci sono scorpioni, unghie, ecc.. Verso la fine della cena, il morto prende la mano di Don Juan e lo inizia a trascinare verso la tomba. Quando se ne rende conto, Don Juan chiede confessione: si pente, confessandosi potrà essere salvato. La statua non accetta, Dio è misericordioso, avrebbe dovuto dire di si. Per cui, se la statua è Dio, come mai dice di no? In realtà, la statua non è Dio ma il Commendatore, è lui quello che non lo perdona. Se la sua risposta è no, dobbiamo pensare che si trova nell’Inferno, oppure nel Purgatorio. E’ come se Dio gli desse una possibilità, “decidi tu”, e lui non lo perdona. Nell’ultima scena si vede il Commendatore che lo trascina nell’Inferno, insieme scendono nell’Inferno. Catalinòn vede la scena e la racconta a tutti. Concetti fondamentali: 1- Justicia  quando i potenti della terra non fanno il loro dovere (il padre di …) c’è sempre la giustizia divina. Tirso non voleva raccontarci principalmente una storia d’amore, ma voleva raccontarci storie di ragazzi nobili, di...


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