Caio mario - riassunto PDF

Title Caio mario - riassunto
Author Michela De Luca
Course Storia del diritto romano
Institution Università Telematica Pegaso
Pages 4
File Size 108.2 KB
File Type PDF
Total Downloads 13
Total Views 135

Summary

riassunto...


Description

Caio mario

In via introduttiva non va dimenticato che l’esperienza giuridica romana si articolò in ben tredici secoli, in cui la dottrina distingue quattro o al più cinque periodi: arcaico (Fondazione di Roma-367 a.C.), preclassico (367 a.C.-27 a.C.), classico (27 a.C.-284 d.C.), postclassico-giustinianeo(284-565) ovvero postclassico (284-527) e giustinianeo (527-565). Ciò detto, dobbiamo contestualizzare la figura di Caio Mario a cavallo tra il II e il I secolo a. C., a partire dagli anni successivi alla repressione del movimento di Caio Gracco (tribuno della plebe nel biennio 123-122 a.C.). Le importanti riforme di Caio Gracco furono in vario modo vanificate, e prima fra tutte quella agraria. Restò invece il coinvolgimento dei cavalieri (equites) nella politica romana. Testimonia Appiano ne Le guerre civili che dopo la tragica uccisione di Caio Gracco le sedizioni erano numerose, spesso i cittadini si dividevano tra loro in fazioni, guerreggiavano ‘a parole’ contro i loro avversari e ‘di fatto’ contro la patria, compiendo stragi di cittadini, condanne a morte, esilii, confische e torture (1.2.8). Constata lo storico ‘una violenza sfrenata ed un vergognoso disprezzo delle leggi e della giustizia’ (1.2.5, trad. L. Labruna). Nel 115 a.C. viene fondata la colonia di Narbona dal console Lucio Licinio Crasso, i Cimbri due anni dopo, nel 113, sconfiggeranno pesantemente i romani nel Norico. L’anno dopo, siamo nel 112 a.C., Giugurta espugna Cirta e massacra mercanti romani ed italici. Nel 111 a.C. viene eletto al tribunato della plebe Gaio Memmio, che nel 109 a.C. sempre tribuno della plebe istituirà una quaestio extraordinaria allo scopo di individuare e punire favoreggiatori romani di Giugurta. La corte era composta da cavalieri. Venne condannato anche il console dell’anno 121 a.C. Lucio Opimio.

Caio Mario, la riforma dell’esercito e il comando della guerra giugurtina (111-105 a.C.) e la vittoria sulle tribù germaniche La guerra contro Giugurta che nel 112 a.C. aveva espugnato Cirta trucidando mercanti romani e italici ebbe inizio nell’anno 111, e si protrasse fino al 105 a.C. Il comando della guerra era stato affidato nel 109 a.C. a Quinto Cecilio Metello detto Numidico. Quando al consolato pervenne nel 107 Caio Mario il comando delle truppe romane passò in mano a questo homo novus. Fu proprio in occasione dei preparativi per la guerra che tradizionalmente si colloca in seno all’arruolamento dell’esercito una riforma del meccanismo di reclutamento, non più timocratico. Caio Mario, durante il suo consolato dell’anno 107 a.C. infatti, come ci dicono le fonti, arruolò tra i volontari i capite censi (= nullatenenti, censiti solo in base al caput, non alle ricchezze). Mentre in precedenza facevano parte dell’esercito solo i cittadini in grado di armarsi a proprie spese, a partire da questo momento si aprirà la strada alla formazione degli eserciti personali, che saranno fedeli non più alla Repubblica, ma al comandante che li ha arruolati e li paga. Caio Sallustio Crispo, nel Bellum Iugurthinum scrive: [86.1-3] Huiusce modi oratione habita Marius, postquam plebis animos arrectos videt, propere commeatu, stipendio, armis aliisque utilibus navis onerat, cum his A. Manlium legatum proficisci iubet. Ipse interea milites scribere, non more maiorum neque ex classibus, sed uti libido cuiusque erat, capite censos plerosque. Id factum alii inopia bonorum, alii per ambitionem consulis memorabant, quod ab eo genere celebratus auctusque erat et homini potentiam quaerenti egentissimus quisque opportunissimus, cui neque sua cara, quippe quae nulla sunt, et omnia cum pretio honesta videntur…

Sallustio (86-34 a.C.) testimonia che Mario pronunciata un’orazione per incitare la plebe alla guerra contro i Numidi fece caricare le navi di ogni cosa utile alla guerra e iniziò (86.2) ad arruolare l’esercito ‘non secondo l’antico costume in base alle classi ma secondo il desiderio di ognuno’. Precisa Sallustio che si trattava per lo più di capite censi. Si trattava di una chiara rottura con la tradizione. In passato si temeva ad arruolare chi non avesse la forza economica di andare in battaglia. In ordine all’arruolamento dei capite censi, le considerazioni di Sallustio sono diverse da quelle di Valerio Massimo nei Detti e Fatti memorabili. Il primo, infatti, forse perché più vicino ai fatti storici, pone l’accento sulla condizione di povertà dei capite censi, attratti da Mario alla guerra allo scopo di guadagno (B.I. 86.3). L’altro (2.3.1) pose l’accento sulla libera determinazione del popolo romano che si offrì senza risparmiarsi alle fatiche ed ai pericoli della milizia. La guerra contro Giugurta, dal 112 a.C., si protraeva con sorti non sempre favorevoli ai Romani in battaglia. In quegli anni si affacciava sulla scena politica Silla nominato nel frattempo nel 107 questore dal console Caio Mario, di cui era parente, il cognato, avendo sposato la sorella minore della moglie di Mario, Giulia, nel periodo in cui Mario stava assumendo il comando della spedizione militare in Numidia. Nel 106 a.C. i Romani, guidati da Caio Mario vinsero, soprattutto grazie all’intervento di Silla, che indusse i familiari del re numidico al tradimento, consegnando Giugurta ai Romani. In quell’anno una lex Servilia Cauepionis mutò la composizione delle corti giudicanti, consentendo anche ai senatori di sedervi. Dopo una campagna vittoriosa in Africa contro il re Giugurta, Mario fu eletto ininterrottamente console dal 104 al 100, derogando dalla legge che vietava l’iterazione delle magistrature, per altre necessità belliche contro i Cimbri e i Teutoni che stavano cercando di penetrare in Italia. Nella guerra contro le tribù germaniche, sotto il consolato di Mario e di Quinto Lutazio Catulo si distinse ancora una volta Silla per capacità ed abilità, contribuendo in modo decisivo ad assicurare la vittoria romana presso Vercelli nel 101 a.C.

Gli appoggi politici di Mario, il tribuno Saturnino, e le guerre sociali Dopo le vittorie conseguite contro queste popolazioni germaniche, a Sextiae Rubriae nel 102 a.C. e a Vercelli nel 101 a.C., Mario, che non era molto amato dall’aristocrazia per le sue origini da una famiglia nella quale nessuno aveva ricoperto magistrature (era un homo novus, uomo nuovo) cercò appoggio presso dei tribuni della plebe, Caio Servilio Glaucia e Lucio Apuleio Saturnino . Ma la politica demagogica condotta dai due personaggi portò il senato a proclamare un senatus consultum ultimum, e Mario, abbandonando i suoi alleati, eseguì l’invito senatorio reprimendo il movimento popolare; Glaucia e Saturnino furono linciati. Testimonianza di questi scontri tra cives è riportata da Appiano (b.c. 1.58.257 ss.). Lo storico scrive che si ebbe ‘un vero e proprio combattimento fra nemici, il primo a Roma, non più con l’aspetto di una sedizione ma propriamente con trombe e insegne secondo le regole di guerra’, e constata ‘a tal rado di rovina erano arrivati i Romani per non aver impedito i contrasti civili’ (trad. L.Labruna) Ma chi era Lucio Apuleio Saturnino (Caes. B.c., 1.7.6; Cic. In Verr. II 1.151; Brut. 1.224)? Questore nel 104 a.C., ebbe l'incarico di sovraintendere all'importazione di grano a Ostia. Destituito dalla carica da parte del senato in favore del nominato Marco Emilio Scauro, capoparte degli Ottimati, indusse Saturnino a passare ai populares, ed in quell’occasione strinse forti legami con Gaio Mario, col quale era oppositore di Metello Numidico. Eletto al tribunato della plebe nel 102 a.C., ed ancora, nonostante l’avversione del Senato, nel 100 a.C. con Gaio Servilio Glaucia alla pretura. Tra i provvedimenti di Saturnino nel 102 a.C. vi furono una lex frumentaria, in base alla quale la Repubblica doveva vendere il grano alla gente al prezzo di cinque sesti di assi al moggio ed una lex coloniaria che promuoveva la fondazione di colonie in Africa.

Promosse Saturnino nel 100 a.C. una lex coloniaria che promuoveva la fondazione di colonie in Sicilia, Acaia e Macedonia; una lex agraria, che prevedeva la distribuzione delle terre della Gallia già occupate dai Cimbri e recentemente sconfitti da Mario. Una clausola di questa legge obbligava ogni senatore a giurare di farla rispettare entro cinque giorni dalla sua promulgazione, pena l'espulsione dal senato e una pesante ammenda: la causa era stata inserita per mettere in difficoltà Metello, il quale non aveva intenzione di far rispettare questa legge (sanctio con la clausola del giuramento). Abrogò la lex Servilia Caepionis. Se passiamo a parlare della guerra sociale, in quegli anni vi era il problema degli alleati italici, che fornivano truppe a Roma ma non godevano dei benefici di cives, era sempre rimasto sullo sfondo dell’operato di Mario e dei suoi alleati. Di li a poco sarebbero scoppiate le guerre sociali (91-88 a.C.). Una significativa testimonianza è in Appiano, ne Le Guerre Civili, 1.49.211-215. Nel 91 un altro tribuno della plebe, Livio Druso, cercò di proporre una serie di riforme che dovevano culminare con la soluzione del problema degli alleati. Il suo programma cercava di mediare tra le varie forze politiche, comprendendo leggi frumentarie, monetarie, agrarie, e una legge giudiziaria con la quale si restituivano ai senatori le giurie dei tribunali, ma immettendo nel senato 300 nuovi membri scelti fra gli equites (il senato, dunque, fu composto da 600 membri): di fatto le giurie erano composte da senatori e cavalieri. La legge che conferiva agli alleati italici (socii) non fu mai approvata; le altre leggi furono abrogate e Druso stesso fu assassinato. Gli alleati non sopportarono questo scacco, si ribellarono a Roma conducendo una guerra che fu detta “sociale” (dai socii, alleati) o “italica” (in quanto gli Italici, Sanniti e Marsi, erano i più numerosi). La situazione era grave, perché per la prima volta Roma doveva combattere contro avversari che avevano lo stesso addestramento, quindi si fecero gradualmente delle concessioni, immettendo i nuovi cittadini in alcune tribù urbane create appositamente (per non sconvolgere gli equilibri politici in sede di votazioni). Vi furono diversi e svariati interventi legislativi: una lex Iulia de civitate Latinis et sociis danda concedeva la cittadinanza ai Latini, da sempre alleati ovvero ai nemici che si arrendessero a Roma, deponendo le armi. Nell’anno 89 a.C. abbiamo altri interventi di concessione della cittadinanza: una lex Calpurnia de civitate sociis danda, una lex Pompeia Strabonis de Transpadanis de civitate danda ed una lex Plautia Papiria che estese la cittadinanza romana a tutti gli Italici che ne avessero fatto richiesta al pretore urbano entro 60 giorni. Testimonianza su questa legge è tra le altre in Cicerone, pro Archia, 4.7: la legge sulla cittadinanza fu concessa a chi iscritto nelle città federate avendo il domicilio in Italia nel momento in cui fu rogata la lex facesse una dichiarazione al pretore entro 60 giorni (cfr. Cic. pro Balbo 8.21).

Declino e morte di Caio Mario Mario era ancora presente sulla scena politica: nell’88, quando si rese necessario inviare un esercito in oriente per combattere Mitridate VI (guerra mitridatica, 88-85 a.C.), re del Ponto (in Asia Minore), tuttavia, il comando fu affidato a Lucio Cornelio Silla, che era console quell’anno. Cavalcando il malcontento degli alleati, che, come si è detto, erano stati inseriti in 10 tribù appositamente create, ed avevano quindi un ridotto peso politico, il tribuno plebeo Servio Sulpicio Rufo propose con un plebiscito di inserire gli ex-alleati in tutte le tribù territoriali (lex Sulpicia de novorum civium libertinorum suffragiis). Mario lo appoggiò chiedendogli in cambio la revoca del comando ottenuto da Silla, una lex Sulpicia altera. Le proposte di Sulpicio Rufo furono approvate in modo irregolare. Privato del comando militare, allora Silla, in procinto di partire per la guerra in Oriente, tornò a Roma, alla testa di 6 legioni, a lui fedelissime e dispensando gli ufficiali di prendervi parte: compì un atto inaudito, entrò a Roma alla testa del suo esercito (mentre avrebbe dovuto deporre le insegne dell’imperium militiae, del comando militare). Sulpicio Rufo e Mario vennero dichiarati “nemici della patria’’. Il primo trovò la morte, l’altro fuggì. Una testimonianza della ferocia degli scontri è restituita da Appiano (b.c. 1.58.257-270)

Silla assunse quindi poteri straordinari, probabilmente con un senatoconsulto de re publica deferendenda, e immise nuovi senatori in senato. Innanzitutto col collega Quinto Pompeo Rufo Silla stabilì che l’auctoritas patrum fosse preventiva alle deliberazione dei tribuni abrogando di fatto la lex Publilia Filonis del 339 a.C. Promosse la deduzione di colonie ed abrogò la riforma graccana sul suffragium. Si allontanò poi per condurre la guerra contro Mitridate, lasciando una situazione ancora confusa. Nell’anno 87 a.C. furono eletti consoli l’antisillano Lucio Cornelio Cinna e Gneo Ottavio, ucciso dal primo. Cinna abroga la legislazione sillana, impone l’iscrizione degli alleati nelle 35 tribù. Con una lex Cornelia de exulis revocandis Cinna fece rientrare a Roma Mario, eletto poi per l’anno 86, a.C. console per la settima volta insieme a Lucio Cornelio Cinna, suocero di Giulio Cesare, la cui figlia aveva sposato. Mario Mario morì pochi giorni dopo aver assunto la carica, al suo posto fu nominato Lucio Valerio Flacco. L’altro console Cinna, nominato anche gli anni a venire dall’87 all’84 a.C., per quattro volte,, e strenue oppositore di Silla ripropose la legge di Sulpicio sull’immissione degli alleati in tutte le 35 tribù. Legato di Cinna, assassinato nell’anno 84 a.C., era quinto Sertorio, destinato a scontrasi con Silla tornato a Roma nell’83....


Similar Free PDFs