Capitolo 7 - Riassunto Tempi del diritto: età medievale, moderna, contemporanea PDF

Title Capitolo 7 - Riassunto Tempi del diritto: età medievale, moderna, contemporanea
Author Pamela Dose
Course Storia del diritto italiano I /II / History italian law I/II 
Institution Università degli Studi di Udine
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UN SECOLO GIURIDICO. LEGISLAZIONE, CULTURA E SCIENZA DEL DIRITTO IN ITALIA E IN EUROPA ...


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CAPITOLO VII UN SECOLO GIURIDICO (1814-1916) LEGISLAZIONE, CULTURA E SCIENZA DEL DIRITTO IN ITALIA ED EUROPA 1. Premessa L'ottocento è descritto come il secolo giuridico, per segnalare l’importante sviluppo della scienza del diritto in Germania, della scuola storica, della pandettistica, della germanistica e del movimento del dritto libero. Il 19esimo secolo, è il tempo del Codice Civile, che assunse valenze politiche. Esso rappresentò il simbolo del processo di secolarizzazione dell’ordinamento, infatti secolarizzare il diritto privato significava separazione tra Chiesa e Stato, perché si concepisce la famiglia il vivaio dello Stato. Il Codice Civile fu considerato un indizio della modernità/progresso di un paese. !

2. La recezione del Code Civil nel mondo: Ratione imperii o Imperio rationis? La Concordance Entre Les Codes Civils Etrangers et Le Code Napoleon di SaintJoseph diventò il vero e proprio vade mecum del legislatore. In Europa, vi furono paesi che successivamente alla caduta di Napoleone utilizzarono il Code Civil perché presentava il vantaggio di essere già stato applicato; appariva il deposito della razionalità scientifica millenaria del diritto romano e dello ius commune. Questo tipo di retorica imponeva di offuscare il legame del Code Civile con la Rivoluzione. Era difficile optare per il codice asburgico del 1811, in quanto esso era considerato piuttosto antiquato. Il codice prussiano del 1794 era troppo legato alla specifica politica del diritto e alla società di quello stato, per poter essere tenuto in considerazione. Il Codice francese presentava l’incontestabile qualità di un testo legislativo redatto attraverso formule assai flessibili. !

3. Savigny versus Thibaut. Una polemica sul codice destinata a fare il giro del mondo Esisteva una controversia tra Savigny e Thibaut (1814) sull’opportunità di dotare l’Europa di un unico codice. La tesi sostenuta da Thibaut nel Pamphlet sulla necessità del diritto civile generale necessario per la Germania (1814) fece ampiamente ricorso alla retorica nazionalistica. L’unico strumento in grado di preservare l’ethos nazionale era individuato in un codice civile autoctono. La formula Codice Civile si imponeva per agevolare l’unità territoriale (scopo politico), per formare un genuino sentimento tedesco (motivo etico/politico) e per favorire l’unificazione del diritto privato e l’emersione di un diritto germanico (obiettivo di politica del diritto). L’unificazione del diritto subspecie codicis avrebbe assicurato la felicità della Nazione. Si mostrò al quanto ottimista e i materiali contenuti nella

Legislazione prussiana, austriaca, sassone, bavarese e nel codice francese erano materiali ricchi e perfetti. Thibaut si mostrava illuminista e nazionalista. ! Savigny scrisse il trattato sul possesso (1803) e queso era stato accolto positivamente. Egli era stato cooptato dal ministro nell’Università di Berlino e per un biennio era stato rettore di queso ateneo, e, nel 1814, nominato precettore del futuro imperatore. Per Savigny il diritto era parte del tessuto di una società (cioè creato prima dei costumi e delle credenze popolari, opera di forze interiori). Lo strumento del codice avrebbe arrestato l’evoluzione del diritto e questo è unica fonte del diritto, sostituendosi a tutto il resto che vigeva finora. Egli ammoniva che ciò poteva essere conseguito unicamente se i giuristi fossero provveduti di senso storico e metodo sistematico. !

4. “Riannodare la catena dei tempi”. L’esperienza giuridica in Italia durante la restaurazione: a) premessa Eccezione fatta per la Sicilia e la Sardegna, in tutta la penisola era stato applicato (1796 in poi) l’ordinamento transalpino, vale a dire: ! • Nei dipartimenti annessi all’Impero! • Nel regno d’Italia! • Regno di Napoli! • Provincie illirche ! • A Lucca ! Il Code Civil era stato introdotto con minime variazioni e avevano tentato di modificarlo per renderlo conforme alle caratteristiche sociali ed economiche dei diversi territori, come ad esempio la richiesta di espungere il divorzio. L’Imperatore disse ai sovrani che se si fosse rimangiato il codice di Napoleone, non sarebbe più stato lo stesso. % !

b) I codici civili della Restaurazione A Napoli, Donato Tommasi affermò che il Code Civil era lo strumento imprescindibile per il consolidamento del potere monarchico. Nel regno delle due Sicilia e nello stato sabaudo furono approntati nel 1819 e nel 1837, due codici civili esemplati su quello francese. Anche nel Ducato di Parma, Piacenza, Guastalla e Modena, i sovrani seguirono la stessa politica legislativa. Fu Ludovico Bosellini ad accogliere un elemento che li accomunava, e cioè che ciascuno di essi era stato nazionalizzato, ossia adattato alla realtà politica, sociale ed economica dei territori a cui erano destinati. ! I giuristi impegnati nell’opera di codificazione evitarono di riferirsi in maniera diretta al Code. Essi adoperarono la retorica della continuità, dichiarando di essersi ispirati al diritto romano e alla tradizione di diritto comune. Gli avversari del Code lo presentarono come l’eversivo Codice della Repubblica e questa azione rallentò il processo di codificazione. Nazionalizzare il Code civil significò formare un codice che risultasse il più possibile aderente alla realtà economica del territorio, in cui esso venne applicato. Il lavoro degli artefici della restaurazione e della

codificazione si era limitato ad un esplica adattamento del testo francese alla penisola. !

C) il diritto privato nel lombardo veneto, nel Granducato di toscana e nello Stato Pontificio Dal 1816, nel lombardo veneto, entrò in vigore il codice civile austriaco. Questo non seguiva il principio del consenso traslativo accolto dal Code Civil e rimase nel solco di una tradizione romanistica-aggiornata. Nel Granducato di Toscana e nello stato pontificio, i sovrani decisero di tornare parzialmente all’antico pluralismo normativo. !

D) La presenza di Savigny nel dibattito sulla codificazione in Toscana e Piemonte Nel granducato di Toscana, la persuasione che la gestione del diritto andasse affidata ad un sistema giurisprudenziale era parte dell’habitus mentale dei giureconsulti e veniva rafforzata dai docenti che avevano assimilato il pensiero di Savigny come Pietro Ponticini e Pietro Capei.! Dagli anni ’40 divampò una vera e propria polemica, poiché il sovrano aveva incaricato una commissione di preparare un codice civile. Questo progetto sarebbe finito negli archivi. Anche a Torino, Savigny vene evocato nella lotta el codice civile. Federico Sclopis decise di sostenere la causa della codificazione, tenendo quattro discorsi all’Accademia delle scienze. Nell’ultimo entrò in polemica diretta contro Savigny. Ciò che stava più a cuore a Sclopis era invero contestare l’assunto savignano che il codice avrebbe impedito l’adeguamento del diritto alla società. Sclopis concepiva il codice come uno strumento a maglie larghe e permetteva al giudice/interprete di colmare le lacune attraverso il diritto naturale. ! Augusto di Cossilla riuscì a superare la perplessità dei colleghi circa il richiamo ai principi di diritto naturale. Questi propose di sostituirlo con la formula “principi generale di diritto”, che sarebbe stata poi trasfusa nel primo codice civile dell’Italia unita e avrebbe subito una torsione statualistica nel 1942. !

5. Un nuovo mos gallicus iura docendi? Il metodo esegetico in Francia In Francia continua a far discutere la scuola dell’esegesi, espressione utilizzata dal civilista Bonnecase, per indicare quei giuristi dell’Ottocento che nei loro commenti avevano interpretato il Code Civil. L’obiettivo era quello di contrapporre la civilistica contrassegnata dal messaggio di Saleilles e Geny a quello precedente. Metodo scientifico versus canone esegetico, laddove l’aggettivo esegetico mirava a denunciare un’analisi passiva e legalistica e tendenzialmente improduttiva. Bonnecase tacciò la dottrina giuridica francese di legalismo; egli non volle evidenziare che solo a partire dagli anni ’40, la maggior parte dei civilisti avrebbe professato un culto radicalmente positivistico. Fino a quel momento la dottrina francese aveva sì interpretato le norme sotto la dominanza della legge, ma aveva individuato un temperamento suggerendo di utilizzare in caso di lacuna, il diritto naturale. I civilisti mostravano di muoversi sulla scia di Portalis, che aveva tentato

di mediare tra antico regime e rivoluzione. Per Demante, nell’ipotesi in uccisa volontà del legislatore non fosse stata evidente, il magistrato poteva fare ricorso alla consuetudine e alla legislazione previgente. Nel caso di silenzio assoluto, il giudice era legittimato a utilizzare sia i principi generali del diritto, sia l’equità naturale. Con Marcadè, la concezione dualistica dell’ordinamento volgeva al tramonto. Egli aveva innumerato le fonti extralegali alle quali l’interprete avrebbe potuto attingere. Mourlon affermava che per il giudice esiste solo il diritto positivo ed evidenzia che in civilibus era ammessa un’eccezione importante. Il positivismo scientifico di Comte stava prendendo il sopravvento. Laurent recuperava le disposizioni dell’Livre Preliminaire, ma con un uso inconsueto. Interpretare voleva dire ricostruire il pensiero del legislatore. !

6. Da Savigny a Windscheid. Scuola storica e Pandettistica in Germania Savigny identificò nel diritto romano, il diritto del popolo tedesco. Non si oppose mai ad uno studio delle fonti giuridiche germaniche e anzi lo incoraggiò. Fu in seno alla scuola storica che nacque la scuola germanistica del diritto con Grimm e Eichhorn, destinata successivamente ad entrare in conflitto con i pandettisti. Allo scopo di ordinare teoreticamente il diritto privato romano, era indispensabile selezionare i principi accolti in Germania. Rispetto all’ideale sistematico dei giusrazionalisti, quello di Savigny era agli antipodi. Esso veniva concepito su due livelli, il rapporto giuridico e l’istituto giuridico. Savigny fece prevalere il sistema sulla storia ed è certo che la torsione in senso concettualistico-dogmatico, che condurrà all’ascesa della pandettistica, si invera completamente in Puchta. Egli metteva in luce che il compito della scienza era quello di riconoscere le regole giuridiche nel loro legame sistematico, al fine di ripercorrere la genealogia delle singole regole fino al loro principio. Con Puchta, si assiste ad una soggettivizzazione del sistema giuridico che è lo spiegamento del principio della personalità nei diversi ambiti della vita. ! La scienza giuridica pandettistica fu bollata dal Von Jhering con “Giurisprudenza dei concetti”. Al di là dell’atteggiamento formalistico e postivistico, è innegabile che la pandettistica seppe offrire uno strumentario e un lessico giuridico nuovo. Larenz affermò che la legge andava conosciuta nella sua verità e Savigny intendeva sostare che l’interprete dovesse scoprire dietro i pensieri del legislatore.!

7. Mixtum compositum: cultura e scienza della Restaurazione in Italia In Italia durante la restaurazione esistevano molti luoghi di elaborazione del sapere giuridico. Le università in crisi, perché considerate l’epicentro della sedizione politica. Quanto alla didattica, i docenti si limitavano a dettare le lezioni. Luogo di formazione del giurista erano le scuole private (Napoli). Ruolo importante accademie e circoli. Anche le riviste giuridiche concorsero nella divulgazione del sapere giuridico e divennero luogo di vivaci scambi. Quanto la cultura giuridica della restaurazione, si articola su più livelli e si differenzia nei contesti della penisola. Fino agli anni ’50, prevalenza di attività di traduzione delle opere straniere. Fine anni ’30, comparvero le prime traduzioni delle opere della scuola storica e della pandettistica. A Napoli, Savigny si giustappose a quello vichiano. !

Nel lombardo veneto, le traduzioni delle opere tedesche furono realizzate in un momento successivo e prestarono attenzione alle implicazioni metodologiche della concezione dogmatica all’interno dell’ordinamento privatistico austriaco italiano. Con riguardo alla produzione scientifica, l’obiettivo dei docenti del scuole private era coniugare i saperi giuridici seguendo il metodo dogmatico/storico/filosofico. !

8. Il tempo del codice civile nell’Italia Unita: a)premessa Nel 1859 si prospettò la possibilità di procedere all’unificazione del diritto privato. Dal 1848, si affronta la questione del codice civile unitario. Il Code Civil appariva tutt’al più come un primus inter pares. la via maestra era l’edificazione di un codice nazionale. Nella comune consapevolezza che il codice servisse per “accumunare gli spiriti”, i civilisti manifestarono orientamenti eterogenei: ! • Vi fu chi identificò nel solo diritto comune e nel diritto romano il genuino diritto italiano; ! Chi si richiamò ai progetti autoctoni realizzati durante la dominazione • napoleonica; ! Altri che indicarono nelle opere della Pandettistica i tesori ai quali riferirsi • proponendo di redigere una parte generale del codice; ! Altri proposero di far tesoro della scientia iuris europea nel suo complesso;! • La maggior parte concordò sull’opportunità di mirare ad un obiettivo degno della migliore tradizione scientifica italiana e conforme alle esigenze della nazione. Il codice doveva “portare veramente l’impronta dell’epoca e della nazione da cui emana”. Appariva necessario elaborare un testo rispondente alle esigenze di una società in evoluzione. ! b) armonizzazione o assimilazione (1859-1861)? Il codice civile del 1865 si genera nel biennio successivo all’armistizio di Villafranca. Il governo subalpino si trovava in una prospettiva di armonizzazione degli ordinamenti. All’indomani delle dimissioni di Cavour, il governo subalpino decise di imboccare la via dell’assimilazione legislativa. Il governo puntò a riformare i codici piemontesi vigneti. Il legislatore si orientò a sottoporre a revisione del testo piemontese del 1837. Fu così istituita da Rattazzi alla fine del 1859 una commissione nella quale i membri delle buon provincie erano stati posti in un rapporto di inferiorità numerica risiero ai giuristi del regno sardo. Il dicastero della giustizia fu affidato a Cassinis, assieme a Cavour. La formula del codice civile si caricò di un significato simbolico: rappresentava il sigillo dell’unità politica, lo strumento essenziale per consolidare il peso della nazione difronte alle potenze europee. Cassinis diceva: “Meglio avere un pessimo codice che non avere un codice uniforme”. Si doveva risolvere il problema dell’Emilia. Il dittatore Farini aveva ritenuto opportuno accelerare la fusione con il regno sardo attraverso la ricezione della legislazione piemontese. La Commissione aveva preferito ragionare in prospettiva nazionale. Per questi giuristi prendere a modello il codice Albertino significava dotare la Penisola di un vestito corto e stretto. Appariva conveniente mantenere le specificità regionali. In due mesi di lavoro la commissione aveva prodotto un “piccolo codice” (327 articoli), riempito di nuovi materiali tratti dal

codice parmense, napoleonico, del regno siciliano, dal codice austriaco, dalla legislazione toscana, belga e portoghese. Scoppiò il caso toscano. Poggi, Savagnoli e Ricasioli si orientarono a frenare il processo di unificazione legislativa, dichiarando di desiderare di partecipare al processo di codificazione in maniera graduale, purché si tenesse in considerazione la tradizione. Stanislao Mancini riuscì a tranquillizzare Emiliani e Toscani, istituendo una commissione mista a Torino incaricata di redigere un codice civile unitario (Palazzo Carignano, 1860). La commissione lavorò in limiti di tempo. Il ministro Cassinis ottenne che la camera e il Senato nominassero in via ufficiosa due commissioni per esaminare il contenuto del progetto, per accelerare l’iter legislativo. Il 15 marzo 1861, la Camera dei Deputati intimò l’Altolà (stop ai lavori). Il progetto del 1860 contiene tutte quelle innovazioni che la dottrina e la storiografia avrebbero giudicato tutti gli aspetti tipizzanti del Codice del 1865. Il progetto di revisione del codice civile Albertino del 1860 è già il codice del 1865. Non poche di queste innovazioni provengono dal codice “sardo-emiliano”. !

C) L’elaborazione del codice civile (1861-1865) Cassinis lavorò per un novo progetto, prendendo come modello il Code Napolèon. Non fu in grado di illustrarlo perché non venne riconfermato a guidare il dicastero della Giustizia. Gli subentrò Miglietti, che nel 1862 presentò in senato un nuovo progetto. Il progetto venne inoltrato anche alle corti giudiziarie del mezzogiorno. Il Ministro Pisanelli presentò un suo progetto al senato nel 1863. Il primo aspetto riguarda l’atteggiamento tenuto da lui in relazione al problema dell’unificazione del diritto privato. Fece intendere che era stato un passo errato essersi riferiti a un codice pre-unitario, ipotizzare l’edificazione di un codice del tutto nuovo. A coloro che volevano applicare il codice napoleonico, rispose: “ il codice francese è certamente uno dei più splendidi monumenti di questo secolo; ma credemmo noi che, se la Francia avesse oggi a pubblicare un codice, non vi apporterebbe grandi e sostanziali cambiamenti?”. Pisanelli voleva dare rilievo alla circostanza che i giuristi di tutta la penisola avevano conosciuto il progetto Miglietti ed erano stati posti nella condizione di correre al perfezionamento del testo. Il governo e i politici diedero segni di insofferenza. Il 19 novembre 1864, venne approvato l’ordine del giorno Boggio che invitò il governo “a presentare un progetto che provvedrà alla più pronta unificazione legislativa ed amministrativa del regno”. Il ministro Vacca presentò un disegno di legge volto a impedire la discussione parlamentare, poiché chiese l’autorizzazione a pubblicare per decreto i codici. Il codice civile si presentò come l’emblema dell’unità politica e appariva come uno strumento di stabilizzazione sociale e politica. Vagliato da una commissione di coordinamento, il codice fu promulgato nel 1865 ed entrò in vigore nell’anno successivo. !

D) la costituzione dell’Italia liberale: uno sguardo al contenuto del codice civile del 1865 Il codice costituisce una sintesi dell’esperienza giuridica dell’età della Restaurazione. Nel 1859, la commissione dell’Emilia era stata obbligata a

coordinare il Codice di Parma , quello estense e l’ordinamento pontificio con il codice Albertino; la commissione Cassinis era costretta a lavorare seguendo la traccia del lavoro subalpino. La sintesi è un prodotto degli eventi storici, non frutto di una scelta pianificata ab origine. Nel codice vi è la presenza del modello napoleonico e austriaco. Il Code Civil fu l’icona laica per eccellenza. L’introduzione della matrimonio civile indusse un dibattito. Anche lo ius corrigendi muta: si abbandona la facoltà prevista nel testo del 1804 di far incentrare i figli ribelli per un maggiore o minore numero di mesi a seconda dell’età. Il legislatore recupera la disciplina delle persone giuridiche, che non ritroviamo nel Code Civil. Le disposizioni preliminare sono di origine piemontese. Quanto alle obbligazione e ai contratti si coglie la maggiore aderenza dell’archetipo francese. Sopravvive l’istituto dell’incarcerazione per i debiti civili. La disciplina del rapporto del lavoro risulta organista sulla trama della locatio romanistica. !

9. La scienza del diritto privato italiano nell’età postunitaria: a) i tradizionalisti, ovvero dei commentatori del codice civile del 1865 Precerutti ritenne che il legislatore non avesse realizzato veramente un codice italiano. I commentatori del testo si adoperarono per legittimare il codice civile come prodotto autenticamente patrio. Il legislatore non avrebbe fatto altro che riconoscere ex post un diritto fissato dalla tradizione. La prima strategia discorsiva fu quella della retorica della continuità. I civilisti evidenziarono l’identità tra codice e diritto romano, oppure ne segnalarono le continuità con lo ius commune. I civilisti espressero due orientamenti:! 1. Alcuni misero il ricorso al diritto romano;! 2. Mazzoni individuò i principi generali di diritto all’interno dell’ordinamento positivo vigente. Secondo lui, chi si riferiva al diritto naturale, non si rendeva conto di aprire le por...


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