Capitolo 9 Politica Microeconomica PDF

Title Capitolo 9 Politica Microeconomica
Author Giacomo Ingrasciotta
Course Politica economica
Institution Università degli Studi di Palermo
Pages 12
File Size 198 KB
File Type PDF
Total Downloads 302
Total Views 505

Summary

Warning: TT: undefined function: 32 Warning: TT: undefined function: 32EFFICIENZA E FALLIMENTI DEI MERCATISe per il futuro non ci si aspettasse nessun progresso tecnologico allora sarebbe ottimale impedire tutti i brevetti in modo che tutte le imprese possano utilizzare le tecniche più efficienti pe...


Description

CAPITOLO 9 POLITICA ECONOMICA EFFICIENZA E FALLIMENTI DEI MERCATI Se per il futuro non ci si aspettasse nessun progresso tecnologico allora sarebbe ottimale impedire tutti i brevetti in modo che tutte le imprese possano utilizzare le tecniche più efficienti per arrivare alla massima concorrenza e alla massima efficienza tecnica. In una prospettiva dinamica però lasciare il libero accesso a tutte le tecnologie o tecniche porterebbe ad una riduzione dell’efficienza dinamica perché si eliminerebbe l’incentivo all’innovazione visto che i costi di ricerca e sviluppo peserebbero solo sulle imprese che la fanno ma poi tutte le altre imprese potrebbero usare le stesse scoperte senza pagare nulla. Nelle dispense sono presenti gli esempi con grafici. Gli esempi rendono chiaro quindi che non sempre meno competizione in un mercato significa meno efficienza, anzi dare la possibilità alle imprese di ridurre la competizione è proprio il modo migliore di rafforzare la concorrenza stessa. Perché se per esempio supponiamo che un’impresa monopolistica possa impedire l’accesso al mercato ai concorrenti tramite adeguate barriere all’entrata; se il profitto di monopolio è più che doppio rispetto a quello di duopolio un’imprese ritiene che sia profittevole rimanere in monopolio fin quanto il costo per le barriere sia inferiore al profitto di duopolio. È poi vero che se le barriere siano il frutto di ricerca e sviluppo e quindi usati per la creazione di nuove tecniche o prodotti questo giovi pure ai consumatori mentre se sono usati per pubblicità questo non giova affatto ai consumatori. La struttura del mercato quindi diventa endogena e non è detto che l’efficienza massima sia raggiunta necessariamente in una struttura di mercato con numerose imprese. L’endogenità della struttura del mercato comporta in genere tante spese che poche imprese possono sostenere (solitamente quello oligopolistico). Se si considera quindi il legame tra concorrenza ed efficienza statica è possibile identificare alcune situazioni che rendono la struttura del mercato meno concorrenziale che giustificano un intervento sanzionatorio automatico(per se rules) Se si considera il legame tra concorrenza ed efficienza dinamica esso è più labile ed è necessaria la valutazione caso per caso di costi e benefici dell’intervento ANTITRUST (rules of reason).

CAPITOLO 9 POLITICA ECONOMICA IL MERCATO RILEVANTE Nella pratica delle decisioni ANTITRUST, la definizione del mercato rilevante è uno degli aspetti rilevanti. Sia per le autorità antitrust europee che americane il mercato rilevante è costituito da tutti da tutti i beni e servizi che i consumatori giudicano tra loro simili o equivalenti in termini di caratteristiche, prezzo e utilizzo. La valutazione avviene identificando i prodotti piuttosto omogenei e l’ampiezza geografica. In genere il mercato rilevante viene identificato tramite il valore dell’elasticità incrociata della domanda dei beni a fronte di un incremento del prezzo dei beni. Il mercato rilevante viene individuato come quello in cui la maggior parte dei consumatori non cambia prodotto o fornitore anche a fronte di un piccolo ma significativo aumento di prezzo rispetto al livello corrente. Proprio per questo è giusto che il mercato rilevante debba essere definito caso per caso poiché si modifica nel tempo e nello spazio a causa di variazioni dei costi di trasporto o innovazioni tecnologiche.

IL POTERE DI MERCATO E IL SUO ABUSO Il passo successivo alla definizione di mercato rilevante è la valutazione del potere di mercato delle imprese. In generale un’impresa ha potere di mercato se può agire in modo diverso dai concorrenti riguardo a prezzo, qualità, ecc. Se un’impresa ha tanto potere di mercato allora quell’impresa potrebbe da sola fare il mercato (monopolio) e quindi avere potere di decidere prezzo, qualità, canali di distribuzione mentre in mercati concorrenziali un’impresa che ha meno potere deve uniformarsi al mercato stesso. L’efficienza allocativa può essere misurata tramite l’indice di Lerner, indice che calcola la differenza percentuale tra il prezzo ed il costo marginale. Dove la concorrenza è molto elevata l’indice tende a zero perché P = CM mentre nei monopoli quest’indice tocca il livello massimo. Per calcolare quest’indice però sorgono due problemi: 1. Definizione di mercato rilevante 2. Calcolo del costo marginale che non è visibile al Policy maker 3. Differenza tra domanda di breve e lungo periodo Dall’esempio nella dispensa viene fuori che l’efficienza aumenta con la concorrenza, la quale aumenta con il numero delle imprese, è necessario dunque che il governo attui delle manovre per contrastare le fusioni o le concentrazioni in generale che

CAPITOLO 9 POLITICA ECONOMICA portano una diminuzione del numero delle imprese e favorire l’entrata nel mercato di nuove imprese. Le indicazioni per il governo sono chiare: per l’efficienza del mercato è cruciale l’intensità della competizione, che dipende dal comportamento delle imprese e non dal numero di queste. Se la concorrenza del prezzo è molto intensa anche soltanto due imprese bastano per raggiungere P = C e non è necessario nessun intervento ANTITRUST, poi se il mercato è contendibile anche un’impresa monopolistica non ha potere di mercato. L’efficienza statica si trova con una maggiore concorrenza mentre in quella dinamica questa cosa non funziona così, questo impone un altro vincolo all’analisi antitrust. Infatti se identificato il mercato rilevante e stabilito il numero di imprese che hanno potere di mercato, l’azione ANTIMONOPOLISTICA è giustificata solo se si abusa del potere di mercato. Quindi la normativa antitrust intende colpire non il “MONOPOLIO” di per sé ma la “MONOPOLIZZAZIONE “, cioè soltanto il tentativo dell’impresa dominante di abusare della sua posizione per ridurre artificiosamente la concorrenza sul mercato. A livello logico distinguere le due cose è semplice ma praticamente diventa più difficile, l’elemento fondamentale da attenzionare è il comportamento delle imprese. Un’ impresa dominante può restringere la concorrenza attuando pratiche che invece sono permesse ad un’impresa non dominante. L’abuso di questa posizione comprende diverse pratiche: • • • • •

Intesa fra imprese Fusioni fra imprese Acquisizioni di imprese Discriminazione dei prezzi Politiche predatorie

Le politiche ANTITRUST quindi diventano efficaci se riescono nel dissuadere le imprese ad abusare del proprio potere di mercato, quindi quando si richiedono meno interventi espliciti che si concretizzano: ➢ Nella proibizione (ex-ante) o nell’annullamento (ex-post) degli effetti di alcuni comportamenti lesivi nella concorrenza, come accordi intese, concentrazioni. ➢ Nel comminare sanzioni a seguito di danni subiti da consumatori ed imprese.

CAPITOLO 9 POLITICA ECONOMICA INTESE E CONCENTRAZIONI NELLA LEGISLAZIONE ANTITRUST Le imprese hanno due modi per acquisire potere di mercato, eliminare i concorrenti oppure mettersi d’accordo con loro tramite intese che riguardano prezzo e qualità del bene. Altri tipi di intesa quali l’introduzione di altri beni o altre tecniche pur riducendo la concorrenza e quindi l’efficienza statica, in certi casi accrescono l’efficienza dinamica quindi sarebbe meglio per il bureau analizzare i relativi costi e benefici. Le intese possono essere di tre tipologie: 1. Le intese orizzontali, cioè quelle che riguardano due o più imprese dello stesso mercato che si accordano sui prezzi o sulle quantità da offrire. Queste intese sono quelle maggiormente vietate dalle leggi antitrust anche se spesso diventa difficile scovarle visto che possono anche essere tacite (segrete). Una difesa che le imprese propongono in caso di accordi di prezzi è che essi evitano la concorrenza distruttiva in mercati con elevati costi fissi, figura dispense 9.3. Per alcune intese orizzontali che mirano al miglioramento della qualità dei beni, tipo le joint venture, è opportuna una valutazione dei costi e benefici ma tuttavia la loro valutazione sui prezzi di mercato sarà negativa. Ma in presenza di continui mutamenti tecnologici la fissazione dei prezzi è inutile in quanto tenderebbe a ridurre le motivazioni per introdurre avanzamenti tecnologici e questa grande impresa sarebbe impigrita visto che non c’è incentivo all’innovazione. 2. Per Le intese verticali tra imprese che non riguardano prezzi non c’è la minima presunzione di comportamento anticoncorrenziale e quindi, in presenza di bassi livelli di concentrazione, solitamente non vengono introdotte limitazioni al processo di auto-organizzazione del mercato. L’accordo verticale può avere una giustificazione tecnologica e può consentire di migliorare la qualità dei prodotti offerti al consumatore e quindi l’efficienza del mercato. Accordi verticali sui prezzi di rivendita invece sono proibiti solo se riducono in modo significativo l’accesso al mercato e la concorrenza.

3. L’intesa segreta è attuata tacitamente proprio perché comporta comportamenti lesivi della concorrenza, come la fissazione dei prezzi. Queste intese sono molto dannose all’efficienza del mercato però non sono facilmente sanzionabili perché la loro individuazione non si può basare su elementi oggettivi. Uno dei possibili segnali di quest’intesa è la similarità dei comportamenti dell’imprese, siccome la collusione si riduce con l’aumento

CAPITOLO 9 POLITICA ECONOMICA delle imprese allora il governo si concentra maggiormente sui mercati dove ci sono poche imprese, tipo l’oligopolio. Ma non sempre è corretto perché se la concorrenza e poca a volte capita che le imprese attuino variazioni in contemporanea non per accordi ma come reazione individuale e non coordinata. Non è quindi semplice trovare chiare prove della collusione tacita. 4. Fusioni e acquisizioni fra imprese sono un altro campo di applicazione antitrust. Si distinguono tra fusioni orizzontali, verticali e conglomerali. L’acquisizione di un’impresa potrebbe essere giustificata dalla inefficiente gestione dell’impresa oggetto di acquisizione che ne accresce la curva dei costi, ne riduce i profitti e il valore di mercato. La concentrazione permette di migliorare la posizione competitiva di questa impresa accrescendone l’efficienza, riducendone i costi di produzione, di pubblicità ecc. In questi casi quindi la concentrazione riflette la supposizione darwinistica per cui nei mercati le imprese meno adatte soccombono sotto la spinta concorrenziale, con un mercato che quindi perviene al suo assetto più efficiente. L’aumento però della dimensione e del potere di mercato delle imprese che rimangono attive sul mercato è un aspetto negativo delle fusioni. L’aumento del potere di mercato è valutabile nel caso di fusioni orizzontali tramite un aumento della concentrazione. Per valutare tutto ciò al meglio la normativa antitrust richiede una valutazione di vantaggi e svantaggi della manovra, ed è tutto illustrato nella figura 9.4 Gli effetti delle fusioni verticali possono essere quelli di riduzione della concorrenza sui mercati a valle o a monte dove è avvenuta la fusione, oppure aumentando il livello di capitale minimo richiesto per entrare su un mercato. Anche le fusioni conglomerali possono ridurre la concorrenza su diversi mercati; per esempio l’impresa conglomerata potrebbe finanziare a condizioni favorevoli una sua suddivisone che opera su un secondo mercato dove c’è più concorrenza, in modo da mantenere prezzi bassi per eliminare la concorrenza ed acquistare più potere di mercato. Non sempre però la fusione è conveniente per le imprese, quindi ci sono tante cose da dover valutare anche perché alcuni studi dicono che dopo un certo periodo si preferisce tornare alla situazione precedente. La valutazione caso per caso quindi sembra una scelta obbligata per chi deve applicare le normative antitrust.

CAPITOLO 9 POLITICA ECONOMICA REGOLAMENTAZIONE DIRETTA E INDIRETTA Le politiche antitrust per regolare il processo concorrenziale potrebbero non essere adeguate per alcuni fallimenti del mercato, in questi casi il policy maker potrebbe decidere di regolare DIRETTAMENTE O INDIRETTAMENTE il mercato. Molto spesso il controllo del mercato è in mano alle imprese che riescono ad ottenere vantaggi informativi tramite i quali possono imporre prezzi, quantità e qualità dei beni (Maggior potere di mercato), se il governo invece decidesse i prezzi allora si ridurrebbe il potere di queste imprese che sarebbero meno incentivate a rimanere sul mercato. Per questo la regolamentazione può assumere forme diverse: ➢ Creazione di un’impresa pubblica (regolamentazione diretta) ➢ Regolamentazione indiretta dell’impresa privata tramite agenzie specializzate Il primo metodo consente di eliminare sia le differenze tra obiettivi della società e dell’impresa, sia il problema dell’asimmetria informativa tra impresa e stato che rende difficile la regolazione. Gli studi però hanno portato alla conclusione che la proprietà privata piuttosto che pubblica porti ad una maggiore efficienza dell’intero sistema economico quindi la regolamentazione diretta dell’impresa si è dimostrata incapace di ridurre l’impatto dei fallimenti di mercato. L’inefficienza deriverebbe dalla non chiara definizione della funzione obiettivo, soprattutto dei manager pubblici che spesso hanno poche responsabilità ed elevata discrezionalità, utilizzata per i propri obiettivi. Il manager pubblico rispetto al privato non risponde ad un solo responsabile quindi il suo comportamento è molto avverso al rischio (cioè preferisce salario minore ma meno responsabilità), riducendo l’efficacia degl’incentivi indotti dal contratto. (perdita di efficienza) Il manager di un’impresa privata dovendo rispondere ad un capo e a certi obiettivi è più propenso a fare bene per evitare il fallimento dell’impresa quindi la scelta corretta è quella di affidarsi alla proprietà privata sotto però il controllo dell’allocation bureau, così l’efficienza è garantita dall’impresa privata mentre la regolazione a salvaguardia dei consumatori è affidata all’allocation bureau.

CAPITOLO 9 POLITICA ECONOMICA ATTUAZIONE DEI CONTROLLI La soluzione di second best per i monopoli naturali è data dal prezzo di Ramsey del bene, che rende massimo il benessere sociale sotto il vincolo di un dato livello dei profitti. Un semplice caso è nella figura 9.5 della dispensa e dice che: la quantità che allora è possibile raggiungere applicando la regola di Ramsey nel caso dei profitti utili è Qr ma questo comporta una perdita di efficienza rispetto al caso massima efficienza allocativa, Q2 in cui il prezzo eguaglia il costo marginale. Se il regolatore consente la discriminazione del prezzo è possibile ridurre ulteriormente l’inefficienza allocativa di Qr (utilizzo di P1 e P2). Nella realtà il regolatore segue spesso un comportamento soddisfacente, le due regole del pollice più seguite sono: ➢ La fissazione del tasso di profitto ➢ La fissazione dei prezzi di vendita La fissazione del tasso di profitto: il regolatore stabilisce il tasso di profitto dell’impresa ( r ) in modo da garantire un adeguato incentivo a investire: se r è troppo basso, gli investitori non finanzieranno la crescita dell’impresa e la domanda sarà insoddisfatta, se r è troppo alto, il potere di mercato dell’impresa sarà troppo elevato. Poiché il tasso di profitto dell’impresa regolamentata è uguale o superiore al costo capitale del resto del mercato, emerge un incentivo a sovrainvestire (effetto AVERCH-JOHNSON), per accrescere i profitti sul capitale stesso, con una riduzione dell’efficienza dinamica. Infatti il costo del capitale percepito dall’impresa è pari al tasso di mercato r’ meno lo sconto che l’imprese riceve in termini di eccesso di rendimento rispetto al resto del mercato. La conseguente creazione di capacità produttiva in eccesso rispetto a quella chesi avrebbe in assenza di regolamentazione è una distorsione che comporta tuttavia un avvicinamento all’ottimo sociale. L’incertezza dovuta alla regolazione esterna potrebbe esercitare un effetto opposto a quello di AVERECH-JOHNSON: se l’impresa teme in futuro una riduzione del tasso di profitto garantito è portata a ridurre l’investimento al di sotto del livello ottimale. La regolazione del tasso di profitto non crea incentivi all’efficienza dell’impresa, l’eventuale riduzione dei costi indotta dai miglioramenti tecnologici si traduce in prezzi minori, onde mantenere costante il tasso di profitto, il managment evita di introdurre miglioramenti. Anzi, se il mantenimento degli standard di efficienza iniziali comporta uno sforzo, è possibile che nel tempo si creino inefficienze sempre maggiori: poiché la regolazione mette al riparo l’impresa dal rischio di fallimento, il tasso di profitto vieni conseguito nel modo più “rilassato” da parte del managment e dei dipendenti. L’authority segue la regola ed è costretta a mantenere e ragantire lo status quo, pure sapendo che crea inefficienza.

CAPITOLO 9 POLITICA ECONOMICA La fissazione dei prezzi di vendita: Può in linea teorica evitare queste distorsioni. All’inizio si stima il costo del capitale del settore o dell’impresa e si determina l’ammontare dei profitti minimi chiesti per la remunerazione degli azionisti, cui vengono aggiunti altri costi. Infine sulla base di una data previsione della domanda l’autorità del governo stabilisce il prezzo del bene o del servizio nel periodo. Evidentemente, affinché la regolazione abbia senso, il prezzo stabilito deve essere inferiore a quello di monopolio. Se il regolatore procede continuamente al ricalcolo del prezzo eventuali guadagni di efficienza vengono incamerati dagli utenti in termini di costi minori. Se invece il prezzo di vendita viene fissato per un adeguato periodo di tempo, tutte le riduzioni di costo conseguenti all’utilizzo di miglioramenti tecnologici sono incamerate dall’impresa sotto forma di maggiori profitti. In pratica, stabilito il prezzo del periodo iniziale della regolamentazione, la soluzione adottata è quella di aumentarlo in base all’inflazione o di ridurlo in base all’incremento previsto della produttività dell’impresa. In questo modo l’impresa viene premiata con maggiori profitti se consegue aumenti di efficienza superiori al previsto e viene penalizzata in caso contrario. Il compito del regolatore non è semplice, se impone un incremento di produttività eccessivo i profitti saranno troppo bassi e l’impresa si troverà in difficoltà finanziarie mentre se le richieste di miglioramento sono troppo basse, i profitti saranno troppo elevati per come la vede il governo. Alla scelta del prezzo è quindi legata anche la lunghezza del periodo di regolazione: un periodo troppo corto scoraggia l’introduzione di nuove tecniche produttive più efficienti delle attuali oppure richiede elevati extra-profitti in modo da permettere un ammortamento accelerato. Stabilire quindi l’evoluzione dei prezzi per un periodo adeguato accresce l’efficienza dinamica della regolazione, poiché le riduzioni di costo si trasformano in maggiori profitti. Tuttavia sia l’impresa che il regolatore hanno l’incentivo a ricontrattare le tariffe prima del previsto, l’uno a fronte di un aumento imprevisto dei costi che tenta di passare sui prezzi, l’altro a fronte di profitti considerati eccessivi. Il risultato è l’aumento dell’incertezza: ciò accresce in modo significativo il costo del capitale per l’impresa e quindi rappresenta un forte disincentivo all’investimento. Altre difficoltà rendono problematica la regolamentazione del mercato, una di queste è identificare l’effettivo costo del capitale. Sono difficili da valutare anche gli altri costi da aggiungere a r0k in quanto riflettono eventuali inefficienze dell’impresa regolata. Se il governo potesse effettuare dei confronti tra le strutture dei costi di eventuali monopolisti locali, imputare a ciascuna impresa una media dei costi delle altre,

CAPITOLO 9 POLITICA ECONOMICA l’impresa avrebbe l’incentivo a cercare di ridurre i costi più degl’altri monopolisti, concorrenti indiretti, per poter accrescere il proprio profitto. Tuttavia il confronto con imprese simili appare difficile. Analoghe difficoltà emergono nella valutazione delle prospettive di crescita del mercato e quindi nella previsione della domanda. Viste queste difficoltà, in alcuni casi è possibile creare dei meccanismi che costringono le imprese stesse a rivelare tutta l’informazion...


Similar Free PDFs