Charles Taylor, L'età secolare, 2009 (a cura di Paolo Costa) PDF

Title Charles Taylor, L'età secolare, 2009 (a cura di Paolo Costa)
Author Paolo Costa
Pages 530
File Size 3.9 MB
File Type PDF
Total Downloads 134
Total Views 285

Summary

01_192_08_FELTR_Età secolare 11-03-2009 10:38 Pagina 1 01_192_08_FELTR_Età secolare 11-03-2009 10:38 Pagina 2 01_192_08_FELTR_Età secolare 11-03-2009 10:38 Pagina 3 Campi del sapere / Feltrinelli 01_192_08_FELTR_Età secolare 11-03-2009 10:38 Pagina 4 01_192_08_FELTR_Età secolare 11-03-2009 10:38 Pag...


Description

01_192_08_FELTR_Età secolare

11-03-2009

10:38

Pagina 1

01_192_08_FELTR_Età secolare

11-03-2009

10:38

Pagina 2

01_192_08_FELTR_Età secolare

11-03-2009

10:38

Pagina 3

Campi del sapere / Feltrinelli

01_192_08_FELTR_Età secolare

11-03-2009

10:38

Pagina 4

01_192_08_FELTR_Età secolare

11-03-2009

10:38

Pagina 5

CHARLES TAYLOR L’età secolare Feltrinelli

Edizione italiana a cura di Paolo Costa

01_192_08_FELTR_Età secolare

11-03-2009

10:38

Pagina 6

Titolo dell’opera originale A SECULAR AGE (The Belknap Press of Harvard University Press, Cambridge, Massachusetts, and London, England 2007) © 2007 by Charles Taylor Alla rights reserved Traduzione dall’inglese di PAOLO COSTA (parti I, II, III) e MARTA C. SIRCANA (parti IV, V) Revisione di PAOLO COSTA © Giangiacomo Feltrinelli Editore Milano Prima edizione in “Campi del sapere” maggio 2009 ISBN 978-88-07-10443-5

Le poesie di Robinson Jeffers sono citate da The Collected Poetry of Robinson Jeffers, a cura di Tim Hunt (Stanford University Press, 2001). Copyright © 1927, 1955 by Robinson Jeffers, copyright Jeffers Literary Proprieties. All right reserved. Used with the permission of Stanford University Press. “Rock and Hawk”, copyright 1934 and renewed 1962 by Donnan Jeffers and Garth Jeffers, è citata da Selected Poetry of Robinson Jeffers, di Robinson Jeffers. Used by permission of Random House Inc. www.feltrinellieditore.it Libri in uscita, interviste, reading, commenti e percorsi di lettura. Aggiornamenti quotidiani

01_192_08_FELTR_Età secolare

11-03-2009

10:38

Pagina 7

a mia figlia Gretta

01_192_08_FELTR_Età secolare

11-03-2009

10:38

Pagina 8

01_192_08_FELTR_Età secolare

11-03-2009

10:38

Pagina 9

Prefazione

Questo libro nasce dalle Gifford Lectures che ho tenuto a Edimburgo nella primavera del 1999 col titolo “Living in a Secular Age?”. Da allora è trascorso un bel po’ di tempo e in effetti l’orizzonte del lavoro si è allargato. Nella sostanza, le conferenze del 1999 coprivano le parti I-III del presente lavoro, mentre le parti IV e V affrontano questioni che avrei voluto discutere allora, ma mi mancarono il tempo e la competenza per esaminarle nella maniera opportuna. (Mi auguro che gli anni trascorsi siano serviti a tale scopo.) Il libro è cresciuto dal 1999 e ha anche ampliato la sua prospettiva. Il primo processo, tuttavia, non è andato di pari passo col secondo: l’estensione della prospettiva avrebbe richiesto un libro molto più grande di quello che sto offrendo al lettore. Sto per raccontare una storia – la storia di quella che nell’Occidente contemporaneo in genere chiamiamo “secolarizzazione”. E, a tal fine, proverò a chiarire in che cosa consista tale processo, spesso evocato, eppure per nulla chiaro. Per farlo in maniera adeguata, avrei dovuto raccontare una storia più ricca di dettagli e più continua, un’impresa per cui mi mancano sia il tempo sia la competenza. Chiedo perciò al lettore che si trova questo libro tra le mani di non considerarlo come una sequenza continua di storia e ragionamenti, bensì come un insieme di saggi intrecciati che si illuminano reciprocamente e fungono da contesto di pertinenza l’uno per l’altro. Mi auguro che il succo della mia tesi emerga da questa disamina schematica e suggerisca a chi legge altri modi di sviluppare, applicare, modificare e trasporre il mio ragionamento. Mi preme ringraziare il comitato organizzatore delle Gifford Lectures per avermi fornito lo stimolo iniziale per dare il via a

01_192_08_FELTR_Età secolare

10

11-03-2009

10:38

Pagina 10

PREFAZIONE

questo progetto. Ho anche un debito di gratitudine verso il Canada Council che mi ha assegnato una Isaac Killam Fellowship negli anni 1996-1998, dandomi la possibilità di muovere i primi passi, e anche verso il Social Science and Humanities Research Council of Canada per il suo Gold Medal Award del 2003. Ho tratto grande beneficio da due soggiorni presso l’Institut für die Wissenschaften vom Menschen di Vienna nel 2000 e nel 2001. Infine, il Wissenschaftskolleg zu Berlin mi ha accordato una borsa di studio nel 2005-2006 che mi ha permesso di portare a compimento il progetto nelle migliori condizioni possibili, grazie anche alle discussioni con José Casanova e Hans Joas che stavano lavorando su progetti analoghi. Devo anche esprimere la mia gratitudine verso le persone che gravitano intorno al Centre for Transcultural Studies. Alcuni dei concetti cruciali di cui mi servo in quest’opera sono emersi durante le nostre discussioni. Nella preparazione di questo libro sono stato grandemente aiutato da Bryan Smyth, che ha eseguito o rintracciato molte delle traduzioni, oltre a preparare l’indice finale.

01_192_08_FELTR_Età secolare

11-03-2009

10:38

Pagina 11

Introduzione

1. Che cosa significa dire che viviamo in un’età secolare? Più o meno tutti concordano che questo è in un qualche senso vero, e con “tutti” intendo noi occidentali, o forse noi nordoccidentali o, in altri termini, coloro che vivono nell’area nordatlantica – sebbene la secolarizzazione si estenda anche parzialmente, e in modi diversi, oltre questa regione geografica. E il giudizio appare ancora più fondato quando paragoniamo queste società con qualsiasi altra creazione della storia umana: cioè con quasi tutte le altre società contemporanee (ad esempio i paesi islamici, l’India, l’Africa), da un lato, e con il resto della storia umana (atlantica o meno), dall’altro. Non è chiaro, però, in che cosa consista questa secolarizzazione. Ai fini della sua caratterizzazione si offrono due alternative principali, o forse meglio due classi di alternative. La prima si concentra sulle istituzioni e le pratiche comuni – lo stato è la più ovvia, ma non l’unica. La differenza consisterebbe perciò nel fatto che mentre l’organizzazione politica di tutte le società premoderne era in certa misura legata, garantita o basata su una qualche devozione o fede in Dio, o su una qualche idea della realtà ultima, l’Occidente moderno è privo di questo legame. Le chiese sono ormai separate dalle strutture politiche (con un paio di eccezioni come la Gran Bretagna e i paesi scandinavi, che sono così sommesse e accomodanti che è difficile considerarle come delle autentiche eccezioni alla regola). La religione o la sua assenza è in larga misura una questione privata. La società politica include allo stesso titolo i credenti (di tutte le confessioni) e i non credenti.1 Per dirla altrimenti, nelle nostre società “secolari” ci si può

01_192_08_FELTR_Età secolare

12

11-03-2009

10:38

Pagina 12

INTRODUZIONE

impegnare pienamente in politica senza mai incontrare Dio, senza cioè mai giungere a un punto in cui l’importanza cruciale del Dio di Abramo per questo tipo d’impresa si manifesti come ovvia e indiscutibile. Ai nostri giorni i rari e residuali momenti di rito o preghiera ben difficilmente potrebbero costituire un simile incontro, mentre esso sarebbe stato inevitabile solo alcuni secoli fa nella cristianità. Questo modo di impostare la questione ci consente di capire che in tale cambiamento è coinvolto qualcosa di più dello stato. Se risaliamo di qualche secolo nella storia della nostra civiltà, possiamo notare come Dio fosse presente nel senso appena menzionato in un’intera gamma di pratiche sociali – non solo quelle politiche – e a tutti i livelli della società. Per esempio quando la parrocchia era il perno del funzionamento del governo locale, ed essa era anzitutto una comunità di preghiera; o quando le corporazioni mantenevano una vita rituale non solo formale; o quando le feste religiose, come ad esempio la processione del Corpus Domini, erano gli unici modi in cui la società poteva manifestarsi a se stessa in tutte le sue componenti. In quelle società era impossibile impegnarsi in una qualsiasi attività pubblica senza “incontrare Dio” nel senso summenzionato. Ma oggi la situazione è completamente diversa. E se si risale ancora un po’ più indietro nella storia umana, si giunge fino alle società arcaiche in cui l’intero spettro di distinzioni che noi utilizziamo tra gli aspetti religiosi, politici, economici, sociali ecc. della nostra società perde qualsiasi senso. In queste società antiche, la religione era “ovunque”,2 era intessuta con tutto il resto, e non costituiva in nessun senso una “sfera” separata e autonoma. La nostra comprensione della secolarizzazione avviene dunque in termini di spazi pubblici. L’idea generale è che essi siano stati svuotati di Dio o di qualsiasi riferimento alla realtà ultima. Oppure, assumendo un’altra prospettiva, le norme e i principi che seguiamo, le deliberazioni in cui ci impegniamo allorché operiamo all’interno delle diverse sfere di attività – economica, politica, culturale, educativa, professionale, ricreativa – in genere non fanno riferimento a Dio o alle credenze religiose; le considerazioni su cui basiamo le nostre azioni restano all’interno della “razionalità” di ciascuna sfera – il massimo profitto all’interno dell’economia, il maggior beneficio del maggior numero nell’ambito politico ecc. Tutto ciò è in stridente contrasto con quanto avveniva in epoche precedenti, quando la fede cristiana stabiliva in tutti questi ambiti, spesso per bocca del clero, delle norme imperative che non potevano essere ignorate, come ad

01_192_08_FELTR_Età secolare

INTRODUZIONE

11-03-2009

10:38

Pagina 13

13

esempio la proibizione dell’usura o l’obbligo di far osservare l’ortodossia.3 Ma sia che la comprendiamo in termini di norme, o in termini di presenza rituale o cerimoniale, questa rimozione della religione dalle sfere sociali autonome è ovviamente compatibile con il fatto che la stragrande maggioranza della popolazione continui a credere in Dio e pratichi la propria religione intensamente. Il primo esempio che salta alla mente è quello della Polonia comunista. Ma questa potrebbe essere una scelta fuorviante, perché lì la secolarizzazione pubblica era stata imposta da un regime impopolare e dittatoriale. Gli Stati Uniti, però, rappresentano un caso piuttosto sorprendente in materia. Una delle prime società ad adottare la separazione tra stato e chiesa è anche la società occidentale con le percentuali più alte di credenza e pratica religiosa. Eppure questo è proprio ciò che le persone hanno in mente quando definiscono la nostra come un’epoca secolarizzata e la contrappongono, con nostalgia o sollievo, a epoche precedenti dominate invece dalla fede o dalla devozione. In questa seconda accezione, la secolarizzazione consiste nella diminuzione della credenza e della pratica religiosa, nell’allontanamento delle persone da Dio e dalla Chiesa. In questo senso, i paesi dell’Europa occidentale sono nel complesso secolarizzati – anche quelli che conservano dei residuali riferimenti a Dio nello spazio pubblico. Ora, sono personalmente convinto che esista un terzo senso, strettamente connesso al secondo e non slegato dal primo, in cui è opportuno parlare della nostra come di un’epoca secolarizzata e su cui vale la pena di soffermarsi. In questo caso bisogna concentrarsi sulle condizioni della credenza. Qui il passaggio alla secolarizzazione consiste, tra le altre cose, nella transizione da una società in cui la fede in Dio era incontestata e, anzi, non problematica, a una in cui viene considerata come un’opzione tra le altre e spesso non come la più facile da abbracciare. In questa terza accezione, a differenza della seconda, per lo meno molti ambienti statunitensi sono secolarizzati, e sarei dell’opinione che gli Stati Uniti nel loro insieme lo siano. Nella contemporaneità un esempio chiaramente opposto è fornito invece dalla maggioranza delle società musulmane o dall’ambiente in cui vive la stragrande maggioranza degli indiani. E le cose non cambierebbero se qualcuno dimostrasse che le percentuali di frequenza alla chiesa/sinagoga negli Stati Uniti, o in alcune regioni degli Stati Uniti, si avvicinano per esempio a quelle della frequenza alla moschea il venerdì in Pakistan o in Giordania (o questa sommata alle preghiere giornaliere). Questo sarebbe un buon motivo per classificare tali società come uguali nel senso 2.

01_192_08_FELTR_Età secolare

14

11-03-2009

10:38

Pagina 14

INTRODUZIONE

Ciò nonostante, mi sembra evidente che esistano grandi differenze tra queste società per quanto concerne il significato del credere, che dipende in parte dal fatto che la credenza è un’opzione, e in un certo senso un’opzione tormentata nelle società cristiane (o “post-cristiane”), e non (o non ancora) in quelle musulmane. Il mio intento, pertanto, è di esaminare la nostra società alla luce di questa terza accezione di secolarizzazione che potrei forse riassumere così: il mutamento che vorrei definire ed esplorare è quello che ci ha condotti da una società in cui era virtualmente impossibile non credere in Dio, a una in cui la fede, anche per il credente più devoto, è solo una possibilità umana tra le altre. Posso magari ritenere inconcepibile l’idea di abbandonare la mia fede, ma esistono altre persone, ivi comprese alcune che mi sono particolarmente care, e il cui stile di vita non posso in tutta onestà respingere semplicemente come depravato, cieco o indegno, che non ne hanno (o quantomeno non hanno fede in Dio o nel trascendente). La credenza in Dio non è più assiomatica. Esistono alternative. E questo può anche significare che almeno in certi ambienti potrà essere difficile conservare la propria fede. Esisteranno persone che si sentono costrette ad abbandonarla, pur compiangendone la perdita. Si tratta di un’esperienza tipica nelle nostre società, quantomeno a partire dalla metà dell’Ottocento. Ce ne saranno molte altre a cui la fede non è mai nemmeno parsa una possibilità praticabile. Ne esistono sicuramente molte oggi per le quali vale questo discorso. In questa accezione la secolarizzazione è un processo che riguarda l’intero contesto di comprensione entro cui avvengono la nostra esperienza e ricerca morale, spirituale o religiosa. Per “contesto di comprensione” intendo qui sia quei temi che probabilmente saranno stati formulati esplicitamente da quasi tutti, come la pluralità di opzioni, e alcuni che formano invece lo sfondo implicito, in larga misura non tematizzato, di questa esperienza e ricerca: la sua “pre-ontologia”, per usare un termine heideggeriano. Perciò un’epoca o una società saranno più o meno secolarizzate a seconda delle condizioni di esperienza e ricerca dello spirituale. Ovviamente, sotto questo rispetto la loro situazione avrà molto a che vedere con la loro secolarizzazione nella seconda accezione, relativa ai livelli di credenza e pratica religiosa, ma tra le due non esiste una correlazione diretta, come dimostra il caso degli Stati Uniti. Per quanto riguarda invece il primo senso, concernente lo spazio pubblico, esso può anche essere slegato dagli altri due (questo è verosimilmente il caso dell’India). Personalmente, vorrei comunque sostenere che di fatto, nel ca-

01_192_08_FELTR_Età secolare

INTRODUZIONE

11-03-2009

10:38

Pagina 15

15

so occidentale, il passaggio alla secolarizzazione pubblica rientra in quel processo che ha contribuito alla nascita di un’epoca secolarizzata nel terzo senso della parola.

2. Articolare le condizioni dell’esperienza è però più difficile di quanto si potrebbe supporre. Questo dipende in parte dal fatto che le persone tendono a focalizzarsi sulla credenza stessa. In genere è la seconda questione ad accendere il loro interesse, e insieme a esso gran parte dell’angoscia e del conflitto. In che cosa credono e a quali pratiche si dedicano le persone? Quanti credono in Dio? In che direzione stiamo andando? L’interesse per la secolarizzazione pubblica si ricollega spesso alla questione della credenza o della pratica personale e al modo in cui le persone vengono trattate di conseguenza: è vero o no che lo stato laico marginalizza i cristiani credenti, come sostengono alcuni negli Stati Uniti? O a essere discriminati sono forse i gruppi non ancora riconosciuti, come gli afroamericani, gli ispanici, oppure i gay o le lesbiche? Tuttavia, nelle nostre società la vera disputa sulla religione viene solitamente formulata in termini di credenza. Il cristianesimo stesso si è sempre definito in relazione a enunciati di fede. E la secolarizzazione nel senso 2 è stata spesso intesa come il declino della credenza cristiana; e questo declino a sua volta come in larga misura l’effetto della comparsa di altre credenze – scientifiche o razionali – o delle scoperte di scienze particolari, come ad esempio la teoria dell’evoluzione o le spiegazioni neurofisiologiche del funzionamento mentale. In parte il mio desiderio di spostare l’attenzione sulle condizioni della credenza dipende dal fatto che non mi convince questa spiegazione della secolarizzazione 2, secondo la quale la scienza avrebbe confutato e quindi messo fuori gioco le credenze religiose. Non mi convince per due motivi collegati. In primo luogo, non capisco dove stia la forza dell’argomento secondo cui, per fare un esempio classico, le scoperte di Darwin avrebbero condotto alla confutazione della religione. E in secondo luogo, più o meno per la stessa ragione, non mi sembra una spiegazione adeguata del vero motivo per cui molti abbandonarono la fede, anche quando erano loro stessi a spiegare gli eventi dicendo, come si racconta abbia fatto uno studente di Harrow negli ultimi anni dell’Ottocento,4 che “Darwin aveva confutato la Bibbia”. I cattivi argomenti possono ovviamente svolgere un ruolo cruciale in spiegazioni storiche o psicologiche assolutamente

01_192_08_FELTR_Età secolare

16

11-03-2009

10:38

Pagina 16

INTRODUZIONE

valide. Tuttavia, pessimi argomenti come questi, che escludono così tante alternative percorribili tra fondamentalismo e ateismo, devono quantomeno spiegare perché queste altre strade non siano state percorse. A mio avviso, una simile spiegazione più profonda va ricercata proprio al livello che mi propongo di esplorare e su cui ritornerò tra breve. Per chiarire un po’ meglio la natura di questo livello, intendo parlare della credenza e della non credenza non come teorie rivali, cioè come modi in cui le persone spiegano l’esistente o la moralità, appellandosi a Dio, a qualcosa di naturale o a quant’altro. Il mio obiettivo, piuttosto, è focalizzare l’attenzione sui differenti tipi di esperienza vissuta che sono all’opera nella comprensione della propria vita in un senso o nell’altro, su che cosa significhi cioè vivere come un credente o un non credente. Come prima provvisoria indicazione della direzione verso cui sto faticosamente cercando di muovermi, potremmo dire che si tratta di modi alternativi di vivere la nostra vita morale/spirituale, nel più ampio senso del termine. Tutti noi concepiamo le vite e/o lo spazio in cui viviamo le nostre vite come dotati di una certa forma morale/spirituale. Da qualche parte – in una qualche attività o condizione – c’è una sorta di pienezza, di ricchezza; in quel posto (attività o condizione) la vita è cioè più piena, più ricca, più profonda, più degna, più ammirevole, più come dovrebbe essere. Si tratta forse di un luogo dotato di forza: lo sperimentiamo spesso come qualcosa che ha la capacità di ispirare e motivare. Magari questo senso di pienezza è qualcosa di cui cogliamo solo dei barlumi da molto lontano; proviamo la sensazione intensa di che cosa potrebbe essere la pienezza, se solo ci...


Similar Free PDFs