Odissea a cura di Maria Grazia Ciani PDF

Title Odissea a cura di Maria Grazia Ciani
Course Letteratura greca
Institution Università degli Studi di Trento
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riassunto libro...


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ODISSEA – Omero

a cura di Maria Grazia Ciani

L’eroe dalla mente accorta: polymetis I Greci distinguevano tra intelligenza attiva da quella inattiva. Intelligenza attiva → metis. Prima di agire prevede e calcola, è dotata di abilità e prudenza, astuzia e pazienza. Intelligenza inattiva → nous. Polymetis → molto astuto Polymechanos → molto abile Polytlas → molto paziente Polymetis e polymechanos sono termini che in Omero indicano un’intensificazione della qualità. L’apporto con la metis è necessaria. Solo la metis potrà portare alla conquista di Troia. Ogni atto di Odisseo non si esaurisce in se stesso, ma si carica di significati. Odisseo trova sempre una soluzione, il suo gesto è decisivo e determinante. Decisive e determinanti sono anche le imprese furtive non registrate dall’Iliade, perché non rientrano nel codice guerriero, ma sono tramandate dai mitografi. Nell’Iliade, la metis di Odisseo si coniuga con quella di Nestore. La metis di Odisseo si eguaglia anche con quella di Zeus. Il protagonista dell’Odissea non è diverso dall’eroe dell’Iliade, è diversa la qualità della metis. La metis si serve dell’imganno, dei doloi e ha come fine la salvezza personale. Il dolos è il frutto naturale di metis. Lo scarto si definisce nell’opposizione fra polymetis, epiteto esclusivo di Odisseo, e dolometis, che connota per contrasto la cattiva metis di Egisto e Clitennestra. I travestimenti e i racconti bugiardi servono per la sopravvivenza e per il mantenimento di un’identità minacciata. Il calcolo dell’imbroglio, è sottile e appare precario anche in molti punti dell’Odissea. Essere polymetis e famoso per gli inganni può assumere una valenza negativa. Subito dopo Omero, Odisseo trova una nuova connotazione. Nel V secolo la crisi politica travolge Atene e Odisseo diventa simbolo di tutte le devastazioni prodotte dall’uso corrotto della parola. Si esaltano, invece, Aiace e Filottete, le vittime pure. Nel II secolo d.C., Filostrato vuole ridare un nome e un volto alla buona metis e dovrà resuscitare l’ombra di Palamede, il principe cretese. Le sue vicende si erano intrecciate con quelle di Odisseo. Palamede è un alter ego di Odisseo. Odisseo ordì un complotto contro di lui. Omero non accenna a questo episodio: sopprimere un compagno d’arme con l’inganno non è un gesto eroico. Filostrato istituisce un confronto fra Odisseo, uomo invidioso e maligno, e un Palamede idealizzato per sapienza e virtù belliche. Possiede tutte le virtù che in passato erano di Odisseo. In questo confronto fra i due si misura il rovesciamento totale dell’Odisseo di Omero.

L’uomo del lungo viaggio: polytropos Odisseo compie un lungo viaggio per tornare in patria. Fra i tanti nostoi (ritorni in patri) questo ha un eroico lieto fine. Glia altri, di solito, si concludono tragicamente. L’Odissea si modella sull’Iliade. Odisseo impiega 10 anni per conquistare Troia, e 10 anni per tronare in patria. In entrambi i casi utilizza uno stratagemma: il cavallo e la gara con l’arco. Il racconto dei suoi vari “errori” è uno dei tanti temi. I due aspetti fondamentali sono il viaggio e la vendetta. Il viaggio è come un lungo naufragio in cui l’unica terraferma è Itaca. Per raggiungerla 1

Odisseo si fa polytropos, una parola chiave. Il suo significato è incerto: da un lato può prendere una connotazione generica di “multiforme” che favorisce il sospetto di polivalenza e mutevolezza; dall’altra parte l’assimilazione a polyplanktos, “colui che ha molto errato”. Gli epiteti di Odisseo, polymetis, polytlas, anche ptoliporthos (distruttore di città) e polytropos (colui che ha errato tanto). Odisseo non desiderava viaggiare in un mondo che era ancora troppo poco conosciuto. I greci non amavano il mare. solo una necessità molto grande li spingeva in mare. odisseo non voleva lasciare Itaca. La gloria non era un suo sogno. Finita la guerra voleva solo tornare a casa. Nessuna terra che incontra è Itaca, nessuna casa è la sua casa, nessuna donna è Penelope. L’itinerario è un cerchio, da Itaca a Itaca. Troia è una tappa intermedia. Odisseo torna a Odisseo tanto più padrone della propria identità quanto più è costretto a nasconderla, ad annullarla. I suoi ideali sono terreni e l’immortalità non gli interessa. Il sonno lo aiuta a collegare con naturalezza paesaggi ambigui e straordinari.

Il conquistatore di città: ptoliporthos Quando conclude il Viaggio, gli aspetta un ultimo percorso nella sua patria. Dalla spiaggia di Itaca, alla capanna di Eumeo, e dalla capanna alla reggia. Alla reggia viene riconosciuto da Euriclea. Dalla Grecia partendo verso Troia, i re si fanno guerrieri. Quando tornano in patria, tornano ad essere re. Molti principi achei erano morti a Troia, altri erano tornati, Agamennone era stato vittima di una congiura. Odisseo deve vendicarsi dei Proci per riconquistare la sua città, la sua casa e sua moglie. Odisseo è seguito dall’ombra di Agamennone. Se nell’Iliade il rapporto fra Agamennone e Achille è uno dei fattori importanti, non meno significativo è il legame che nell’Odissea si stabilisce tra odisseo e il fantasma di Agamennone. Agamennone è il simbolo della dinastia usurpata e dell’antico potere abbattuto. Nell’Ade Achille e Agamennone appaiono affiatati e concordi. Odisseo portando a termine i disegni incompiuti della sorte, ristabilisce l’ordine tra morti e vivi. Ha conquistato Troia realizzando un sogno di Achille. Ha ucciso i Proci riscattando Agamennone. L’ultimo canto del poema celebra l’Odisseo guerriero e conquistatore. Ptoliporthos è epiteto eroico, già riferito nell’Iliade ad Achille e allo stesso Odisseo, ma nell’Odissea è solo di Odisseo. Il linguaggio in questo ultimo libro dell’Odissea è iliadico. Affiora la nostalgia del glorioso passato. La battaglia finale, che sigla il trionfo di Odisseo è un punto di svolta. L’ultimo canto dell’Odissea appare quindi sdoppiato in due distinte dimensioni dal valore emblematico. Il mondo degli eroi è relegato nell’Ade. Sulla terra non è più tempo di battaglie eroiche. Ancora una volta Odisseo si pone al limita, mentre “chiude” il passato e “apre” la nuova era. Odisseo guerriero Omero impone le armi dell’areté: a Troia egli combatte, come tutti gli eroi, con lancia e spada. I Proci però vengono uccisi a colpi di freccia. L’arco con cui Odisseo uccide i Proci ha una sua storia. Fu donato a Odisseo da Ifito. Era di grandi dimensioni. Non è un arco da usare in battaglia, e non ha mai lasciato l’isola. Nessuno l’ha mai toccato. Come la lancia di Achille, per brevi istanti anche quest’arma è eroica, ma, come il cavallo di legno, è strumento della metis che giunge dove la forza non ha potere di arrivare.

Oltre Itaca Odisseo stermina i Proci, ma la vicenda non è ancora compiuta. C’è l’ipotesi di un altro viaggio. Posta al centro dell’odissea, nell’undicesimo canto, ripetuta prima della fine, la profezia di Tiresia ha innescato una spirale senza fine nella leggenda occidentale di Odisseo. Ha rafforzato il mito del viaggiatore e dell’errante e ha moltiplicato i viaggi. 2

Da Dante in poi Ulisse è costretto a riprendere il mare dell’infinito, venne condannato a un eterno ultimo viaggio oltre ogni limite conosciuto. Non è questa la fine che Teresia pronostica. L’ultimo breve viaggio serviva per placare Poseidone e per esorcizzare il mare odiato e temuto. Dimenticare il mare per sempre è lo scopo dell’ultimo viaggio. È un percorso rituale. Il remo è un pezzo di legno piantato nella terra.

PRIMO CANTO – A ITACA Omero invoca la dea. Le chiede di narrare qualcosa di Odisseo, che bramava il ritorno, ma la maga Calipso lo tratteneva. Poi gli dei decisero di farlo tronare a Itaca. Gli dei avevano pietà di lui, ma Poseidone serbava un’ora feroce. Ma Poseidone ora era lontano fra gli Etiopi. Gli altri dei si erano riuniti nella dimora di Zeus. Zeus dice che gli uomini accusano sempre gli dei per le loro sventure, ma è per i loro errori che soffrono. Atena si dispiace per Odisseo. Calipso cerca di sedurre l’eroe perché si scordi della sua patria. Ma Odisseo vuole solo tornare a casa. Atena suggerisce di mandare Ermes, il messaggero, sull’isola. Odisseo deve tornare a casa. Atena, invece, sarebbe andata a Itaca, per esortare suo figlio Telemaco. Lei doveva esortarlo a mandar via i Pretendenti. Lo avrebbe mandato poi a Lacedemone e poi a Pilo, a chiedere notizie del padre. Atena arrivò a Itaca sotto le sembianze di uno straniero. Telemaco la vide e la accolse. La fece sedere su un trono e le servì cibo e bevande. La dea disse di aver navigato in cerca di bronzo e di essere arrivato a Itaca. Gli dissero che suo padre fosse tornato, ma forse gli dei pongono ostacoli al suo cammino. Assicurò a Telemaco che Odisseo era ancora vivo. Disse che non sarebbe rimasto lontano ancora per molto, perché troverà il modo di tornare. Disse a Telemaco che somigliava molto al padre. Il mendicante chiese chi fosse la gente alla reggia. Sembravano arroganti e superbi. Telemaco disse che Odisseo era stato dimenticato, e a lui aveva lasciato molto dolore. I principi aspiravano a sposare la madre e nel mentre sperperavano i suoi averi. Atena esortò Telemaco di allontanare i pretendenti dalla casa. Gli disse di indire un’assemblea con i principi achei. gli intimò di allontanare la madre dalla reggia e mandarla da suo padre. A lui disse di preparare una nave e partire in cerca di notizie di Odisseo. Prima doveva passare da Pilo e interrogare Nestore. Da lì doveva recarsi a Sparta per parlare con Menelao. Se avesse scoperto della morte del padre, sarebbe dovuto tornare e innalzargli una tomba, offrirgli doni e dare un marito alla madre. Dopo avrebbe dovuto pensare a come uccidere i Proci, se a viso scoperto o con l’inganno. Infine, disse che sarebbe dovuto partire. Telemaco invitò lo straniero a trattenersi e prendersi un dono. Atena sparì veloce come un uccello. Ma nel cuore infuse forza e audacia a Telemaco. Telemaco aveva capito che si trattava di una dea. Un aedo stava cantando il ritorno da Troia. Penelope dalle sue stante sentì il canto e scese. Chiese all’aedo di interrompere il canto perché la faceva soffrire. Telemaco disse che l’aedo non aveva colpe, era Zeus a distribuire le sorti. Disse alla madre di tornare nelle sue stanze. Penelope si ritirò e pianse fino a quando Atena non le posò sulle palpebre il sonno. Telemaco iniziò a parlare e invitò i Proci ad andarsene dalla sua casa. A lui si rivolse Antinoo, figlio di Eupite, dicendo che era certo che erano gli dei a farlo parlare con tanta insolenza. Telemaco disse che sarebbe stato lui il padrone della casa, visto che il padre era morto. Eurimaco, figlio di Polibo, chiese notizie dello straniero. Telemaco proseguì dicendo che suo padre non sarebbe più tornato. Scese la notte e i Proci si ritirarono. Anche Telemaco andò nella sua stanza, seguito dalla fedele Euriclea, che lo aveva allevato. Telemaco pensava al suo viaggio.

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SECONDO CANTO – IL VIAGGIO DI TELEMACO Telemaco riunisce un’assemblea e si siede sul trono del padre. Prende la parola Egizio, il vecchio eroe che insieme a Ulisse navigò verso Troia. Antinoo rispose dicendo che Telemaco era superbo. Non sono i pretendenti ad avere colpe, ma è Penelope che conosce ogni sorta di inganno. Sono già tre anni, quasi quattro, da quando illude tutti. Nella sua stanza tesseva una grande tela. La donna disse che avrebbe scelto il marito una volta finita. Ma di giorno tesseva e di notte disfaceva. Dopo quattro anni una delle donne parlò e Penelope fu costretta a finirla. Antinoo dice a Telemaco di rimandare la madre a casa e sposare un uomo. Fino a che gli dei le mettono nel cuore idee come questa, le sostanze di Telemaco sarebbero state mangiate dai Proci. Non sarebbero andati via fino a quando lei non avesse scelto uno di loro. Telemaco rispose che non poteva mandare via sua madre. Li invita a uscire dalla sua casa. Se fossero rimasti a distruggere i suoi beni avrebbe invocato gli dei: sarebbero morti nella casa di Telemaco e non avrebbero avuto nessuna vendetta. Zeus mandò due aquile. Quando furono giunte sopra l’assemblea girarono intorno volgendo su tutti uno sguardo di morte. Tutti si stupirono e compresero ciò che sarebbe successo. Aliterse, figlio di Mastoro, interpretava il volo degli uccelli. Disse che sui pretendenti incombe una grave sciagura. Odisseo on resterà lontano a lungo e porterà rovina e morte. Replicò Eurimaco, il figlio di Polibo, dicendo che sono molti gli uccelli che volano alla luce del sole e non segnano il destino. Poi ricordò che Odisseo era morto. A Telemaco ricordò di mandare la madre alla casa paterna per scegliere lo sposo. Prima di allora i pretendenti non rinunceranno alla corte. Non temevano nessuno e non si curavano della profezia. Telemaco rinunciò a pregarli, perché gli dei sapevano già tutto. Chiese una nave e 20 uomini per un viaggio. Voleva andare a chiedere notizie del padre. se Odisseo è vivo, torna in patria e sopporta per un anno. Se Odisseo è morto, costruirà una tomba, offrirà doni funebri e darà alla madre un nuovo marito. Mentore, amico fraterno di Odisseo, dice che si indegna con il popolo perché resta in silenzio senza fermare i pretendenti. Leocrito, figlio di Evenore, dice che se anche Odisseo tornasse non riuscirebbe a battere i Proci da solo. L’assemblea si sciolse e Telemaco invocò Atena. La dea disse che se Telemaco ha il sangue del padre, il suo viaggio non sarà inutile. Se invece non ha il suo sangue, non compirà mai il viaggio. Lo invita a non badare al comportamento dei Proci. Gli dice di andare a prendere le provviste, mentre lei sarebbe andata a radunare i marinai. Telemaco tornò a corte e incontrò Antinoo che ridendo lo invita a unirsi al loro banchetto. Telemaco rifiuta dicendo che avrebbe scaglio un destino amaro su di loro. I Proci continuarono a insultare Telemaco tra di loro. Telemaco scese della dispensa paterna, dove erano custoditi oro e bronzo. Lì trovò Euriclea, la balia. Telemaco le chiese di preparare vino e grano per il viaggio. Lui sarebbe passato la sera. Euriclea pianse e chiese al ragazzo di non partire, perché i proci avrebbero tramato contro di lui. Telemaco la rassicurò dicendo di avere un dio dalla sua parte. Le fece giurare di non dire niente alla madre per i primi giorni. La nutrice giurò e preparò il cibo. La dea percorse la città sotto le sembianze di Telemaco per riunire i marinai. La sera collocò nella nave gli attrezzi necessari e incitava i rematori. Poi si avviò verso la casa di Telemaco e fece addormentare i Proci. Telemaco la seguì e salirono sulla nave. Atena mandò un vento propizio per il viaggio.

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TERZO CANTO – A PILO Telemaco giunse a Pilo. Scese dalla nave e lo precedeva Atena. La dea disse al figlio di Ulisse di andare da Nestore. Telemaco era preoccupato perché non conosceva l’arte del discorso. La dea lo rassicurò dicendo che un dio gli avrebbe suggerito le parole. Quando gli abitanti videro gli ospiti accorsero. Dopo aver banchettato, Nestore chiese chi fossero. Telemaco si fece coraggio: coraggio che gli infuse nell’animo Atena. Telemaco disse che cercava notizie del padre Odisseo che insieme a Nestore aveva combattuto a Troia. Telemaco voleva sapere come fosse morto il padre. Nestore iniziò a raccontare. Per nove anni hanno combattuto a Troia con ogni sorta di inganno. Nessuno voleva, però, misurarsi con Odisseo, che su tutti eccelleva in ogni astuzia. Nestore notò che Telemaco parlava come il padre. dopo aver conquistato Troia partirono alla volta di casa. Menelao invitava tutti a pensare al ritorno; mentre Agamennone voleva trattenersi ancora. L’esercito si divise. Alcuni si imbarcarono e altri restarono. Odisseo e altri dopo un po’ tornarono indietro per compiacere Agamennone. Nestore invece fuggì. Dopo la sua fuga non ebbe più notizie degli altri achei. accennò al fatto che Agamennone venne ucciso da Egisto. Telemaco sperava che gli dei gli concedessero tanto potere da vendicarsi dei proci. Ma per ora doveva sopportare. Nestore aveva sentito che i Proci abitavano alla reggia di Itaca. Nestore aggiunse che se Atena lo amava davvero, non avrebbe permesso che i Proci si insediassero a casa sua. Atena ricordò a Telemaco che per un dio è facile, se vuole, portare un uomo in salvo. Ma la morte crudele neppure gli dei possono tenerla lontana da un uomo che amano, quando il triste destino mortale lo coglie. Telemaco è convinto che il padre non sarebbe più tornato. Allora chiese a Nestore di raccontare come fosse stato ucciso Agamennone. Nestore disse che Egisto corteggiava Clitennestra, ma in un primo momento lei lo rifiutava. Poi acconsentì. Partiti da Troia, Nestore naviga con Menelao. A Sunio, Apollo uccise il pilota di Menelao, il quale decise di fermarsi per seppellire il compagno. Quando riprese il mare, Zeus gli preparò un viaggio tremendo. Le navi di Menelao si divisero. Alcune andarono verso Creta e gli uomini evitarono a stento la morte. Cinque navi, tra cui quella di Menelao, andarono in Egitto. In patria, Egisto compiva orrendi misfatti. Ucciso il figlio di Atreo, sottomise il popolo, e per sette anni regnò Micene. L’ottavo anno tornò Oreste che vendicò la morte del padre. Nestore invitò Telemaco a fare visita a Menelao che era tornato da poco. Infine, invitò Telemaco a dormire nella sua casa. La dea invece tornò alla nave per raccontare tutto ai marinai. La dea disse a Nestore di far partire Telemaco con un carro e uno dei suoi figli. Ci fu anche un sacrificio, a cui partecipò anche Telemaco. Poi, Nestore ordinò ai figli di preparare il carro per il viaggio. Partirono e viaggiarono tutto il giorno. Giunsero a Fere, alla dimora di Diocle figlio di Ortiloco che fu generato da Alfeo. Diocle li ospitò.

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QUARTO CANTO – A LACEDEMONE Giunsero a Lacedemone e si diressero alla dimora di Menelao. il re stava banchettando per il matrimonio del figlio e della figlia. Uno scudiero vide i due e li annunciò a Menelao. lo scudiero chiese se farli entrare o mandarli via. Menelao si adirò per il comportamento del servo e li condusse a mangiare. Il re disse che li avrebbe interrogati dopo pranzo. Telemaco si stupì di tanta ricchezza. Menelao rispose che avrebbe fatto a meno dei suoi beni, purché fossero in vita gli eroi che perirono a Troia. lui piange e soffre per tutti, ma per Odisseo di più. Da tanto tempo vaga e non si sa se sia vivo o morto. Telemaco a sentire quelle parole pianse. In quel momento uscì Elena. La donna disse che Telemaco assomigliava molto a Odisseo. Nestore confermò che si trattava proprio del figlio di Odisseo. Tutti iniziarono a piangere. Allora, Elena mise nel vino un farmaco che placava furore e dolore, che faceva dimenticare ogni pena. Per un giorno intero non avrebbero versato una lacrima. Elena raccontò un episodio. Odisseo si inflisse delle ferite per somigliare a uno schiavo e penetrò a Troia. Nella città nessuno lo riconobbe, tranne Elena. L’eroe poi svelò tutti i piani dei troiani ai greci. Telemaco osservò che tutte queste imprese non lo salvarono dalla morte crudele. Ma poi si ritirarono tutti per dormire. Il giorno dopo Telemaco chiede notizie della morte del padre a Menelao. il re disse che se l’eroe dovesse tronare a Itaca, la vita dei Proci sarebbe molto breve. Menelao iniziò a raccontare il suo viaggio di ritorno. Gli dei lo trattennero in Egitto per venti giorni. Il vento non soffiava e le navi non potevano partire. Una dea aveva avuto pietà di lui. Si trattava di Eidotea. La dea disse che lì viveva il Vecchio del mare, Proteo d’Egitto. Se fosse riuscito a catturarlo con agguato gli avrebbe rivelato la via del ritorno e quello che era successo in patria durante la sua assenza. Il vecchio usciva a mezzogiorno da mare e si metteva a dormire tra le foche. La dea gli disse di scegliersi tre compagni. Il vecchio prima conta le foche e poi si mette a dormire. Il re avrebbe dovuto tenerlo stretto, anche se avesse provato a trasformarsi. Quando lui gli avrebbe rivolto la parola, avrebbero dovuto liberarlo e fargli le domande. La dea gettò sugli uomini la pelle di foca e l’ambrosia per coprire la puzza e poi procedettero con il piano. Il vecchio disse che Menelao doveva salire sulla nave solo dopo aver offerto sacrifici agli dei. Menelao chiese se gli altri greci fossero tornati vivi in patria. Il vecchio rispose che molti erano morti e molti erano vivi. Aiace era morto. Agamennone era riuscito a tornare in patria, ma...


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