Ciclo di Aspasia - Ginestra- LEO 10 PDF

Title Ciclo di Aspasia - Ginestra- LEO 10
Author Eugenia Sanfilippo
Course Letteratura italiana ii
Institution Università degli Studi di Palermo
Pages 5
File Size 149.1 KB
File Type PDF
Total Downloads 32
Total Views 138

Summary

Download Ciclo di Aspasia - Ginestra- LEO 10 PDF


Description

L’ultimo Leopardi: dal “ciclo di Aspasia” alla “Ginestra” Nel 1830, Leo abbandona definitivamente Recanati e in questa data si conclude la seconda fase della poesia leopardiana, vale a dire la fase dei Canti pisano- recanatesi, il cui ultimo componimento è il Canto notturno del pastore errante dell’Asia, anche se nell’ordine dei Canti la lirica viene anticipata e non posta alla fine. Via da Recanati, Leo trascorre in primo periodo a Firenze, dove stabilisci dei rapporti con gli intellettuali della rivista Antologia, ma è proprio a Firenze che Leo vive un’intensa passione amorosa per una donna, la bellissima Fanny Targioni Tozzetti, pur non essendo ricambiato. Tale passione dà vita a 5 liriche che fanno parte del cosiddetto “Ciclo di Aspasia”, il quale apre l’ultima fase della poesia leopardiana. A queste liriche si aggiungono, nel periodo napoletano dove trascorre gli ultimi anni della sua vita, gli ultimi canti, ovvero: la Palinodia al marchese Gino Capponi e La ginestra, che rappresenta il testamento finale del poeta. Tutta la fase finale, sia i testi del periodo fiorentino, sia quelli del periodo napoletano, rappresentano delle novità sia dal punto di vista tematico, sia dal punto di vista stilistico: 

dal punto di vista TEMATICO vi è un accentuarsi del pessimismo della filosofia materialistica; è soltanto iniziale il tener conto dell’amore come passione che può rappresentare un motivo fondamentale di vita per gli uomini e in generale vi è un rifiuto dell’ottimismo spiritualistico di quegli anni e quindi è presente un ironico contrasto con la società in cui Leo vive, proprio in virtù dell’atteggiamento che gli uomini avevano nei confronti del progresso;



dal punto di vista STILISTICO, Leo continua nella scelta della canzone libera, ma sceglie molto spesso la strofa unica (A se stesso) e accentua la frattura della sintassi che manifesta ancora di più l’accentuazione del pessimismo e del rifiuto della società. Nello stile vi è una duplice tendenza: da una parte attua la scelta di periodi molto brevi, addirittura costituiti da una sola parola( A se stesso) , dall’altra parte, invece, utilizza periodi lunghissimi (la Ginestra). Si tratta di tendenze contraddittorie che danno vita ad uno stile nuovo rispetto al passato che rifiuta, ad esempio, l’aspetto idillico delle prime liriche leopardiane dove l’aspetto paesaggistico era particolarmente presente, mentre l’ultima fase della poesia di Leo non ha la presenza di elementi paesaggistici che richiamano al mondo degli antichi: vi è un allontanamento dalla poetica della rimembranza.

Molti critici per lungo tempo avevano sottovalutato l’ultima fase della poesia leopardiana, ad esempio Benedetto Croce aveva considerato molte di queste liriche troppo filosofiche ed intellettualistiche, non ritenendole esattamente poetiche. In realtà, verso la fine delll’800 vi è stata una grande rivalutazione dell’ultima parte della poesia leopardiana soprattutto da parte di Walter Binni, che ha considerato in maniera estremamente positiva questa ultima fase della poetica leopardiana considerandola una poetica eroica, cioè una scelta poetica completamente diversa che nasce da parte di Leo dall’accettazione della verità: Leo è

consapevole dell’infelicità degli uomini e accetta in maniera eroica la verità che è sottesa alla vita degli uomini, ovvero che la Natura rende gli uomini infelici e vuole rendere questa verità universale affinché tutti gli uomini prendano consapevolezza di questa verità e che non si nascondino dietro questa verità, ma che assumano degli atteggiamenti non di rinuncia, non di nichilismo, ma di grande unione e umanità e di resistenza, stringendosi in una “social catena” come affermerà nella Ginestra. Questa poetica rappresenta un passo avanti rispetto alla poetica precedente.

Il ciclo di Aspasia Per quanto riguarda il Ciclo di Aspasia, Leo compone 5 testi tra il 1831 e il 1834, il cui tema centrale è il forte amore nei confronti di Fanny: una passione molto intensa che inizialmente fa riprendere al poeta la scrittura poetica, tuttavia all’immediata illusione dell’amore, segue l’immediata disillusione. Tale ciclo di liriche prende il nome di “Ciclo di Aspasia”, poiché l’ultima di queste 5 liriche si intitola proprio “Aspasia”; si tratta del nome della prostituta amata da Pericle.

A se stesso - analisi La lirica che manifesta chiaramente la disillusione è A se stesso che presenta un’innegabile trasformazione anche dal punto di vista stilistico: la lirica può intendersi come un’unica strofa. Sebbene sia un’unica strofa vi è l’alternarsi dei settenari e degli endecasillabi e questo alternarsi è assolutamente equilibrata (7-11-11-7-11-7-11-11-7-11-7-11-11-7-11-7). La strofa è ben equilibrata e può dividersi in tre momenti, tutti i tre momenti cominciano con il poeta che si rivolge al proprio cuore e quindi la lirica è un monologo ideale che l’io poetico sviluppa con il proprio cuore.

PRIMA PARTE vv.1-5

il poeta si accorge che è finito dentro di lui non soltanto la speranza delle illusioni ma anche il desiderio di illudersi; nel suo cuore non alberga più alcuna forza.

SECONDA PARTE vv.6-10

l’io poetico esorta il cuore a riposare perché ha palpitato molto. Il termine “Assai”, e “Palpitasti” sono fortemente separati da un enjambement. Nessuna cosa merita i sentimenti del cuore, né la terra ( altro enjambement) è degna delle sofferenze del cuore. Queste due espressioni, ovvero il fatto che non ci sia nulla al mondo che vale la sofferenza del cuore e il fatto che la terra non è degna dei suoi sospiri, rappresentano la forte consapevolezza della grande consapevolezza che il poeta ha della sua esistenza e della sua fierezza e della sua grandezza, egli si pone con grande forza rispetto a tutto il resto del mondo, scontrandosi con il resto del mondo. Ciò è sottolineato dal forte enjambement tra “degna” e “terra”. Ritorna la concezione

pessimistica di Leo: la vita non è altro se non amarezza, dolore e noia. Il mondo è FANGO. TERZA PARTE vv.11-16

l’io poetico si rivolge nuovamente al suo cuore, esortandolo a tranquillizzarsi e a fare in modo che questa disillusione sia l’ultima che prova. Il destino non ha riservato altro agli uomini se non la morte: si tratta proprio della concezione pessimistica della vita di Leo, ma nella lirica non sono presenti immagini, non vi è nulla che possa richiamarci al passato e riportare il poeta alla felicità del passato. Vi è semplicemente il vuoto, la fine delle illusioni e la presa di coscienza dell’infelicità totale degli uomini, della quale il poeta ha grande consapevolezza e la affronta con grande coraggio. Mentre nel passato, quell’infelicità lo portava alla necessità di richiamarsi al mondo dell’infanzia per immaginare e avere un attimo di felicità, adesso la presa di coscienza dell’infelicità è eroica e lo richiama alla necessità di affrontare l’infelicità con fierezza: è cambiata la sua posizione difronte all’infelicità. La Natura disprezza Te ( separati da un enjamb.) e il “brutto potere”, cioè il potere negativo della Natura, che domina e determina il danno comune per tutti gli uomini, porta alla vanità di tutte le cose.

Due sono le novità sostanziali presenti in questa lirica: 

l’atra novità della lirica è quella STILISTICA, vi sono periodi molto brevi rappresentati da una sola frase o da una sola parola (Stanco mio cor. Perì l’inganno estremo, ch’eterno io mi credei. Perì. ), vi è una punteggiatura insistita che interrompe il verso e il ritmo che appare franto, frammentato.



la novità del cambiamento dell’atteggiamento del poeta, non della sua filosofia, già presente nel Canto notturno del pastore errante dell’Asia, dove il poeta si era posto delle domande di senso, poste proprio alla Luna, la quale forse conosceva quale fosse la ragione del destino degli uomini. La Luna non poteva rispondere, ma nel pastore era rimasto il dubbio che proprio perché la Luna sta in alto, avesse la percezione del senso della vita degli uomini. Si era posto la seconda domanda di senso: è probabile che questo significato possa conoscerlo il gregge di pecore, le quali neanche si pongono certe domande di senso, proprio perché vivono serenamente e sono più vicine alla felicità. Il pastore, non avendo risposta né dalla Luna, né dalle BEGORE, continua a porsi le domande di senso ma non sa trovare la risposta.

Quella risposta Leo la trova alla fine della sua esistenza proprio nella consapevolezza dell’infelicità degli uomini, che lo porta all’accettazione dell’infelicità, alla considerazione che si tratta di un’infelicità universale e che difronte alla sua posizione di infelicità, l’uomo deve REAGIRE accettando la sofferenza in modo EROICO e unendosi a tutti gli altri uomini che come lui subiscono le stesse vessazioni da parte della Natura e che con lui si devono unire per contrastare la forza della Natura. Non fingendo, non considerando la Natura benevola ma aprendo gli occhi alla verità. Difronte a questa consapevolezza, a questa filosofia, l’uomo non deve nascondersi, non deve rinunciare alla vita. Leo non ha mai rinunciato alla vita, anzi le liriche di Leo sono un’esaltazione della vita (tranne il Canto notturno…, che è una domanda di senso, ma d’altro canto egli ha sempre un momento filosofico di ricerca poiché la sua poesia è una poesia-pensiero), ma le altre liriche vi è sempre l’esaltazione della vita, vi è il richiamo al passato e si tratta di momenti di poesia altissimi, dei quadri naturali di alta poesia e che testimoniamo il forte desiderio di vita del Leopardi.

La Ginestra Nella ultima fase della sua esistenza, che corrisponde al periodo napoletano, Leo compone alcune opere estreme tra le quali la Palinodia al marchese Gino Capponi e soprattutto la Ginestra nella quale Leo afferma che gli uomini non devono chiudere gli occhi davanti alla verità. La Ginestra è una lirica lunghissima di 317 versi, nella quale protagonista è questo umile fiore, la ginestra, che si trova sul pendio del Vesuvio, espressione della potenza della Natura poiché si tratta di un vulcano attivo che da un momento all’altro può seppellire interi paesi e sulle falde del Vesuvio, nel passato, hanno abitato intere ed intere città e civiltà che adesso non esistono più, poiché distrutte dalla lave del Vesuvio. Leo afferma ironicamente che gli uomini credono di essere capaci di dominare il mondo e la natura e di avere in mano le “magnifiche sorti e progressive”, ovvero il progresso; ma in realtà gli uomini non devono convincersi di essere così potenti, di essere capaci di dominare la Natura, sono soltanto illusi, poiché basta il soffio della Natura che distrugge tutte le loro illusioni. Quell’umile fiore della ginestra verrebbe distrutto dalla lave del Vesuvio, e tuttavia nonostante questa realtà profonda, l’umile fiore, per tutto il tempo che gli è dato di vivere e stare lungo il pendio del Vesuvio, deve allietare tutti coloro che la guardano e deve diffondere il suo profumo, NON RINUNCIANDO MAI ALLA VITA. Allo stesso modo gli uomini, pur essendo consapevoli della loro sofferenza e del loro triste destino di morte, devono stringersi in una “social catena” e devono lottare, combattere e affermare la loro umanità e devono ergersi con tutto il loro eroismo contro la Natura. Si tratta di una poetica eroica e utopistica, ma pur sempre una forma di contrapposizione alla forza della Natura; questa è proprio la novità dell’ultimo Leopardi e rappresenta il testamento che il poeta lascia a tutte le generazioni future, che non è un testamento di rinuncia e nichilismo, ma al contrario è un testamento eroico che esorta gli uomini ad aprire gli occhi a non fingere di essere ciò che non sono perché gli uomini non

sono così potenti come credono, perché la Natura è più forte dell’uomo e basta un soffio della Natura non l’uomo non esiste più. “ TU SEI BIGGOLO BIGGOLO” L’esempio che Leo porta nella Ginestra, è quello di albero di mele, i cui frutti cadono sopra un formicaio, causando la morte di tutte le formiche; è simbolicamente ciò che può succedere agli uomini. È chiaro che gli uomini devono combattere contro la Natura, ma è anche vero che tutti gli uomini devono essere consapevoli della loro debolezza e fare di tutte per aiutarsi; diversamente da ciò che Leo pensava si può affermare che si tratta anche di un messaggio “religioso”, si tratta di un messaggio di vita, non di morte. È pessimista come lo sono tutti coloro che hanno consapevolezza nel mondo, ma è un pessimismo attivo ed eroico ha grande fiducia nella poesia!...


Similar Free PDFs