La Ginestra - Analisi della poesia di Giacomo Leopardi PDF

Title La Ginestra - Analisi della poesia di Giacomo Leopardi
Author Roberta Ilaria Giusti
Course Lingue e letterature per la comunicazione interculturale
Institution Università degli Studi Roma Tre
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Analisi della poesia di Giacomo Leopardi...


Description

La Ginestra Composta nel 1836 presso Torre del Greco (valle alle falde del Vesuvio), fu pubblicata da Antonio Ranieri nell’edizione postuma dei Canti nel 1845. Una svolta essenziale si presenta proprio con questo componimento, testamento spirituale di Leopardi, lirica che chiude il suo percorso poetico. Qui però il poeta non nega più la possibilità di un progresso civile, cerca anzi di costruire un’idea di progresso proprio sul suo pessimismo. Leopardi sviluppa qui l’aspra critica nei confronti del suo tempo. L’input gli viene dato dalla vista della ginestra, un docile fiore che vede crescere sulle pendici del Vesuvio, lì dove città ed esseri umani sono stati distrutti dalla crudeltà della Natura che non si cura dei propri figli. Da qui, Leopardi sviluppa tutto la propria polemica e il proprio scetticismo verso gli uomini a lui contemporanei che credono di essere immortali, mentre in realtà sono impotenti di fronte alla smisurata potenza della Natura. Dalla consapevolezza della propria misera condizione deve nascere, secondo Leopardi, un sentimento di solidarietà umana. La consapevolezza della condizione umana, indicando la natura come la vera nemica, può introdurre gli uomini a unirsi in “solidal catena” per combattere la sua minaccia; questo legame può far cessare le ingiustizie della società, dando origine a un più “onesto e retto conversar cittadino”, a “giustizia e pietade”, al “vero amore” tra gli uomini. La filosofia leopardiana, che non è mai stata misantropica, si apre a una generosa utopia, basata sulla solidarietà fraterna tra gli uomini. (1° strofa). È insistente l’opposizione tra deserto/ginestra, aridità/profumo Il primo elemento dell’opposizione, il deserto, propone un paesaggio decisamente antiidillico. Il confronto con i paesaggi di “A Silvia”, delle “Ricordanze” e degli antri idilli fa sentire tutta la novità di questa poesia. Il paesaggio si specifica in tre quadri:

“formidabil monte” immagine della potenza distruttiva della natura “erme contade” (intorno a Roma) immagine di desolazione e abbandono “ceneri feconde” e “impietrata lava” immagine di morte, obiettivazione sensibile del destino delle creature, vittime della malvagia potenza della natura. Nel fiore egli proietta la sua pietà per le vittime della natura , anticipando già dalla prima strofa il tema della solidarietà tra gli uomini. La ginestra rappresenta la vita che resiste ad ogni costo al deserto, alla potenza devastante della natura; vi si proietta perciò anche quell’atteggiamento coraggioso e no rassegnato di opposizione e sfida alla natura nemica, che caratterizza l’ultimo Leopardi. Per descrivere il Vesuvio viene usato un linguaggio che tende ad una sublimità grandiosa ed orrida; mentre per descrivere la ginestra scrive versi di grande musicalità che viene espressa attraverso un linguaggio di pietà e non di illusione come negli idilli. Nell’ultima parte della prima strofa si ha un passaggio brusco dal motivo lirico a quello polemico contro l’ottimismo di chi esalta la potenza dell’uomo, giocando sui toni del sarcasmo. (2° strofa) Seguono due ampie strofe di argomento polemico. Bersaglio della polemica è il ritorno di concezioni di tipo spiritualistico e religioso che si verifica nell’epoca presente. Il poeta attribuisce il trionfo della visione religiosa a vigliaccheria. Secondo Leopardi, l’età attuale non ha il coraggio di guardare in volto “il vero”, la sorte infelice e il posto meschino assegnati all’uomo dalla natura e rifugge dalla filosofia che lo svela, aggrappandosi agli inganni della religione.

A questi atteggiamenti contrappone la propria figura eroica e solitaria, con atteggiamento combattivo e orgoglioso della propria nobiltà spirituale che caratterizzano le opere di questo ultimo periodo. (3° strofa) Il poeta definisce la vera nobiltà spirituale che consiste nel guardare coraggiosamente in faccia il destino comune e nel dire il vero sulla condizione infelice dell’uomo. Mentre nelle precedenti opere il poeta polemizzava contro l’ottimismo progressista dei suoi tempi limitandosi a posizioni critiche e negative, in questo componimento propone con vigore una parte costruttiva, una sua alternativa alle idee che combatte. Nella Palinodia negava che il cosiddetto progresso potesse assicurare felicità e giustizia; qui il poeta continua ad escludere la felicità ma afferma la possibilità di un progresso che assicuri una società più giusta. Se nella Palinodia negava il progresso in assoluto, nella Ginestra ammette una forma di progresso ovvero il progresso autentico, civile e morale. Esso si fonda sul proprio pessimismo e sulla consapevolezza della tragica condizione umana. Se gli uomini avessero coscienza della loro infelicità e miseria, e del fatto che la responsabile è la natura, sarebbero indotti a coalizzarsi contro la vera nemica. Grazie alla fraternità della “social/solidal catena”, nonostante l’infelicità perpetua e incessante, non ci sarà più quell’ostilità tra gli uomini anzi, l’uomo sarà soccorso e confortato dai suoi simili quando la natura malvagia si accanirà su di lui. Leopardi delinea esplicitamente che il ruolo dell’intellettuale nella creazione di questa società: rendere “palesi al volgo” questi concetti e diffondere la consapevolezza del vero indicando inoltre il vero nemico da combattere.

(4° strofa) Segna un netto distacco tonale dalla precedente. Essa si apre con uno scorcio paesistico e in questo paesaggio si affaccia anche la figura del poeta. È noto che negli idilli il poeta non è mai immerso nella realtà naturale esterna ma è sempre separato da una sorta di diaframma fisica (finestra); qui invece l’io è immerso nella natura esterna, non sfugge più ma la affronta eroicamente. Ed è una realtà scabra, orrida e funebre, e rappresentata in tutta la sua tragica terribilità la vera condizione dell’uomo. La prospettiva paesistica si allarga poi al cielo, descritto come stellato nelle poesie idilliche creando immaginazione, e qui come cielo che non evoca nulla nell’io lirico. Non è più l’infinito dell’immaginazione ma l’infinito del vero. L’idea della piccolezza dell’uomo offre poi lo spunto per la ripresa della polemica contro le posizioni religiose che favoleggia su un uomo superiore a tutti gli altri. La reazione e l’atteggiamento del poeta è incerto tra “risa” e “pietà”. (5° strofa) Riprende il motivo della prima la potenza distruttiva della natura. Essa non si cura dell’uomo più di quanto si curi delle formiche. Come un pomo cadendo da un albero schiaccia un formicaio, così i vulcano con la sua eruzione distrusse nel I secolo d.c. le città di Pompei ed Ercolano. Grande rilievo ha la metafora dell’ “utero tonante” che dà urgenza concentrata all’idea di una natura “madre di parto e di voler matrigna”, dal cui grembo esce la vita ma può indifferentemente uscirne la morte. (6°strofa). È tutta giocata sul motivo del tempo, sul contrasto tra l’insignificanza del tempo umano e l’immobilità del tempo eterno della natura. Mentre il tempo umano scorre vario, trasformando incessantemente le cose, la natura maligna incombe immutata, ferma

nella sua minaccia. Infatti, nonostante il tempo passato, la cima del vulcano minaccia ancora distruzione sugli stessi luoghi. La prima metà della strofa è impostata sul contrasto tra un quadro potenzialmente idillico e l’immagine grandiosa e sinistra della natura distruttrice. La seconda parte della strofa insiste sul motivo delle rovine delle antiche città che tornano alla luce grazie agli scavi archeologici, con una descrizione giocata su un gusto romantico per le rovine e per i notturni lugubri. (7° strofa) Ritorna in primo piano la ginestra. Del fiore viene richiamato il significato simbolico , la pietà per la desolata condizione delle creature. Ma poi esso acquista una somma di nuovi significati: la ginestra diviene un modello di comportamento nobile ed eroico per l’uomo. La fragile pianticella dovrà inevitabilmente piegare il capo dinanzi all’onnipotenza della natura distruttrice, ma questa sconfitta non cancella la sua dignità: la ginestra non ha mai piegato codardamente il capo per supplicare l’oppressore, né lo ha eretto con orgoglio per eguagliarsi al cielo. Nella ginestra si proietta dunque l’immagine ideale della nobiltà dell’uomo....


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